La MG vive da sempre
in una specie di limbo, in una sorta di terra di nessuno e di confine
tra salute e malattia, rapporto di dipendenza e libera professione, apprendimento
teorico e sapere pratico, istituzioni sanitarie e comunità locali,
organizzazione formale e informalità relazionale, regole/vincoli
normativi ed adattamenti pratici, livello macro e micro etc…
Dal punto di vista
del profilo giuridico il rapporto di lavoro autonomo coordinato e
continuativo del medico convenzionato con il SSR è stato in passato
connotato come parasubordinato, a rimarcare la posizione di confine
dal medico del territorio nell'ambito della sanità pubblica. La
recente riforma del SSR lombardo, legge 23 dell'agosto 2015, non fa
eccezione e ripropone nell'attuale fase di implementazione pratica
delle nuove norme la dicotomia di cui sopra.
Lo sdoppiamento
delle funzioni tra ATS o Agenzia Territoriale per la Salute (ex ASL provinciale) e le ASST (Azienda Socio Sanitaria Territoriale) ha fatto emergere il problema della
collocazione dei MMG nel nuovo assetto della sanità Lombarda, da
definire con chiarezza al più presto pena il rischio di
sovrapposizioni di compiti e disorganizzazione pratica, peraltro
inevitabile entro certi limiti nella fase di transizione dalla
vecchia organizzazione alla nuova.
In particolare il
settore della formazione sembra essere il primo banco di prova e di
rodaggio della riforma nell'attuale fase di decollo in quanto si pone
trasversalmente e a cavallo tra le due Agenzie sanitarie. Da un lato
infatti le iniziative formative in grande gruppo a dimensione
provinciale non possono che passare al vaglio organizzativo dell'ATS,
al fine di garantire quell'indispensabile omogeneità degli eventi
formativi ECM che hanno come destinatari la platea dell'intera
popolazione di MMG, in sintonia con i piani formativi regionali e
provinciali.
Dall'altro se uno
degli obiettivi prioritari della riforma è la promozione
dell'integrazione tra ospedale e territorio, per migliorare la
continuità assistenziale, le ASST non possono essere ritenute
marginali o addirittura emarginate dalla formazione che, per essere
efficace a livello organizzativo, deve farsi carico anche di queste
tematiche. Per di più il luogo ideale per promuovere l'integrazione
sanitaria è la dimensione distrettuale e soprattutto quella
funzionale delle AFT, che di fatto fanno riferimento all'ASST locale
e non all'ATS provinciale.
Ad esempio
iniziative formative “dal basso” e in piccoli gruppi, come quelle
previste dalla delibera sulla Formazione sul Campo (Audit, gruppi di
miglioramento, ricerca etc..), trovano la loro collocazione ideale
nella dimensione sociale e relazione della AFT ed assai meno negli
eventi formativi tradizionali in grande gruppo. Perchè è sul
territorio che è possibile realizzare interventi efficaci, di
integrazione socio-sanitaria ed assistenziale, tra le figure
professionali che interagiscono a livello di cure primarie e con i
servizi specialistici ed ospedaliere locali.
Tuttavia la
separazione istituzionale e giuridica tra ATS e ASST comporta inediti
problemi di coordinamento nell'attuazione pratica degli eventi
formativi sul territorio, per via di un'inedita frammentazione della
catena gerarchica ed operativa, che distingue le due organizzazioni e
gli addetti della formazione.
La legge 23, che
aveva l'obiettivo di migliorare l'integrazione tra i vari comparti e
favorire la continuità ospedale-territorio, sta muovendo i primi
passi e per ora ha avuto un effetto contro-intuitivo: la separazione
tra ATS e ASST si riverbera per ora sull'organizzazione della
formazione ECM, che appare più frammentata e meno integrata rispetto
a quanto accadeva con legge 31.
In linea di massima
è possibile ipotizzare un collocazione su due livelli gestionali
delle cure primarie:
1-Il livello
provinciale dell'ATS è il contesto istituzionale per gestire le
dinamiche e le negoziazioni a livello macro e top-down, vale a dire
l'applicazione degli ACN nazionali, degli AIR regionali e locali, la
formazione ECM a dimensione sovra-ASST etc..
2-Le ASST dovranno
coordinare le iniziative a dimensione locale micro e dal basso, a
misura di AFT/UCCP, attinenti al coordinamento e all'erogazione dei
servizi socio-sanitari, alla formazione sul campo, alle iniziative
per migliorare l'integrazione tra MMG e medici di CA e tra cure
primarie, infermieristiche e specialistiche presenti sul territorio
etc...
Il problema della
legge 23 è che non si intravvede per ora una chiara indicazione del luogo fisico in
cui si possa realizzare concretamente l'integrazione tra i vari
attori della sanità territoriale, né le indispensabili risorse e il disegno organizzativo specifico per le cure primarie, necessariamente
flessibile, adattabile ai contesti locali e a matrice reticolare.