Di seguito i link ad alcune estrapolazioni dagli allegati del DPCM sui LEA 2017, di interesse per i medici del territorio:
Notizie, commenti e riflessioni sulla medicina del territorio. "Non c'è nulla di più pratico di una buona teoria" (K. Lewin)
lunedì 16 gennaio 2017
domenica 15 gennaio 2017
Nuovi LEA 2017: vantaggi e svantaggi per le prescrizioni di esami in MG
Per
una corretta valutazione delle novità contenute nel LEA 2017 e del
loro impatto sulla pratica ambultoriale del MMG si deve ricorrere
alla comparazione con quanto previsto nel DM del 9 dicembre 2016,
altrimenti detto decreto Lorenzin, che comprendeva l'elenco delle 174
prestazioni diagnostiche soggette alle Note per l'appropriatezza. Il
raffronto riguarda soprattutto due categorie di esami: quelli di
laboratorio e quelli per immagine (TAC, RMN, ECO e PET).
Vediamo
prima di tutto l'aspetto quantitativo, ovvero il numero di
accertamenti soggetti ad una delle due limitazioni prescrittive,
ovvero le "condizioni di erogabilità" e i "criteri di
appropriatezza prescrittiva", con una doverosa premessa semantica non
insignificante.
Nel
passaggio dal Decreto Lorenzin del dicembre 2015 al DPCM Gentiloni
del gennaio 2017 la tabelle degli allegati, contenenti gli elenchi
degli esami, hanno
subito una trasformazione lessicale:
sebbene nella relazione di accompagnamento al DPCM si faccia
esplicito riferimento alle "indicazioni di appropriatezza
prescrittiva" nell'intestazione delle tabelle non
compare questa
espressione me bensì la dicitura INDICAZIONI
PRIORITARIE, accanto alle CONDIZIONI DI EROGABILITA'. Questo
slittamento semantico segnale una sorta di edulcorazione
"regolatoria" rispetto al Decreto del dicembre 2015 in
quanto, oltre alle indicazioni primarie con precedenza, ve ne possono
essere evidentemente altre secondarie o accessorie, senza per questo
violare le indicazioni dei LEA.
CONDIZIONI
EROGABILITA'
2016 2017
|
INDICAZIONI
PRIORITARIE
2016 2017
|
|
Esami
ematici*
|
60 33
|
14 50
|
RMN
|
4 8
|
0 30
|
TAC
|
5 0
|
1 42
|
*Sono
compresi solo gli esami amatici di uso corrente in MG, con
l'esclusione dei test genetici e per malattie rare
Come
si evince dalla tabella il baricentro della normativa si è
decisamente spostato dalle condizioni di erogabilità (da 69 nel 2016
a 15 nel 2017) verso le indicazioni prioritarie (da 41 nel 2016 a 122 nel
2017) anche per l'incremento dei test per immagini entrati nella
lista “nera” degli accertamenti sotto sorveglianza (specie TAC e
RMN, quintuplicate le prime e triplicate le seconde) comprese le new
entry (Ecografie e PET). Nel complesso i test di laboratorio restano numericamente stabili. In pratica per tutte le principali categorie di accertamenti diagnostici
si sono allentati i vincoli prescrittivi previsti dal Decreto
Lorenzin, che avevano suscitato le vivaci reazioni critiche di
sindacati ed associazioni professionali di categoria.
Ad
esempio tra gli esami ematici, di prescrizione quotidiana, vale a dire transaminasi,
amilasi, calcio, lipidi, clearance della creatinina, ferro,
fosfatasi, LDH, lipasi, sodio, potassio, BNP, urato, PT,
PTT, ACE, NSE e antigeni oncologici rientrano tra i test con
indicazioni prioritarie, mentre nel Decreto appropriatezza erano
classificati tra gli esami sottoposti a condizioni di erogabilità.
Restano soggetti a condizioni di erogabilità, abbastanza lasche o
specifiche, alcuni Marker epatitici, esami colturali per patogeni
intestinali, testa allergologici IgE specifici, esami ormonali, test
per HPV e parvovirus B19, calprotectina, cromogranina, mioglobina,
test di vitalità del liquido seminale e dosaggio ematico dei
farmaci. Di seguito il link per i principali esami con condizioni di erogabilità o indicazioni prioritarie:
Più
o meno la stessa valutazione riguarda TAC e RMN dell'apparato muscolo
scheletrico, che conservano i medesimi criteri prescrittivi del
decreto Lorenzin, ma solo come indicazioni prioritarie non
vincolanti. Tra le TAC e RMN più prescritte in MG restano ancora
ambiguità per quanto riguarda quelle della colonna
vertebrale e al ginocchio.
Per le TAC del rachide cervico-lombare tra le indicazioni prioritarie non compare
il sospetto di una sofferenza neurologia periferica secondaria a
compressione radicolare da ernia discale, senza dubbio il quesito
clinico più comune che giustifica la prescrizione di questi esami
(indicazioni
previste per la TAC del rachide: patologia traumatica acuta;
complicanze
postchirurgiche). In compenso la
RMN della colonna lombare, dorsale o cervicale non ha indicazioni prioritarie
e
quindi è da preferire alla TAC nel sospetto di ernia discale
sintomatica.
Lo stesso discorso vale per le indicazioni
prioritarie della TC
DEL GINOCCHIO. Patologia
traumatica acuta: Non
indicata inizialmente. Solo per valutazione scheletrica
pre-chirurgica e per caratterizzare estensione o frammenti della
frattura. Post-chirugico:
Non
indicata inizialmente. Migliore valutazione dell’evoluzione ed
eventuali complicanze ossee.
Anche
nel sospetto di lesione meniscale o legamentosa prevalgono le
Indicazioni prioritarie della RM
DEL GINOCCHIO: patologia
traumatica acuta: Indicata
nel caso di sospette lesioni legamentose intraarticolari (legamenti
crociati) con dolore persistente associato o non a blocco dei
movimenti (valutazione dei menischi articolari) e come valutazione
preliminare all'artroscopia. Post
chirurgica: Non
indicata inizialmente. Migliore valutazione delle protesi legamentose
e delle eventuali complicanze. Sospetta
infiammazione: Non
indicata inizialmente. Solo dopo Rx negativa, ecografia positiva e
tests di laboratorio probanti per la malattia artritica per la
valutazione dell’estensione del processo flogistico articolare alla
componente cartilaginea e scheletrica (early arthritis). Non
ripetibile prima di almeno 3 mesi
ed in funzione del quadro clinico-laboratoristico. In sostanza i LEA sembrano favorire implicitamente lo spostamento della diagnostica per immagine muscolo-scheletrica dalle TC alle RMN, forse per ridurre l'impatto delle radiazioni sulla popolazione. Di seguito il link agli esami per immagini con indicazioni prioritarie:
Nel
complesso i LEA 2017 segnano una
decisa svolta rispetto al
Decreto Lorenzin, nel senso
di una minore intrusività delle norme regolatorie a favore di una
maggiore "liberalità" ed autonomia decisionale del prescrittore, che non può
non essere giudicata positivamente, anche
se permangono alcune aree di incertezza e di indeterminazione.
sabato 14 gennaio 2017
Accertamenti soggetti a vincoli prescrittivi compresi nei LEA 2017
In
precedenti post, a partire dall'estate 2015, sono stati analizzati i
risvolti metodologici, applicativi, relazionali e l'impatto
professionale dei criteri di appropriatezza prescrittiva diagnostica,
introdotti dal DM del dicembre 2015 e che hanno suscitato le reazioni
critiche delle associazioni mediche, fino al sostanziale congelamento
del Decreto Lorenzin nella primavera del 2016.
E'
stato finalmente firmato dal presidente del Consiglio il DPCM di
revisione e aggiornamento dei LEA, comprendente l'elenco delle
prestazioni soggette alle limitazioni prescrittive già previste dal
DM 9 dicembre 2015 sull'appropriatezza prescrittiva, che riguardano
alcune aree cliniche di pertinenza della MG, in particolare esami
ematici, diagnostica per immagine, gravidanza e nuove esenzioni.
Il
DPCM del 12 gennaio conferma i
precedenti “parametri” di
appropriatezza, così definiti:
-
“condizioni di erogabilità” (Note analoghe a quelle dell'AIFA per i farmaci): criteri di carattere vincolante ai fini della prescrizione ammessa dai Lea;
-
“indicazioni di appropriatezza prescrittiva”: indicazioni prioritarie meno stringenti, non vincolanti ed eventualmente sottoposte a verifica da parte delle ASL.
Per
tutte le prestazioni è previsto l’obbligo per il prescrittore di
indicare sulla ricetta la diagnosi o il sospetto diagnostico. In realtà nelle tabelle in allegato al DPCM sui LEA le “indicazioni di
appropriatezza prescrittiva” del Decreto Lorenzin sono state convertite in semplici "indicazioni prioritarie"; questo slittamento semantico segnale una sorta di edulcorazione "regolatoria" rispetto al Decreto del dicembre 2015 in quanto, oltre alle
indicazioni primarie con precedenza, ve ne possono essere
evidentemente altre secondarie o accessorie, senza per questo violare le indicazioni dei LEA. Di
seguito l'analisi dettaglia dagli allegati del DMPC, con le
prescrizioni di interesse per i medici del territorio soggette a vincoli di appropriatezza.
RISONANANZA
MAGNETICA
Sono
soggette a Nota limitativa una quarantina di prestazioni così
suddivise
-
Condizioni di erogabilità
N.4
RMN: colonna in toto senza contrasto e colonna in toto con contrasto
(stadiazione oncologica in ambito pediatrico), RM fetale e RM
spettroscopia (indicazioni specifiche).
- Indicazioni di appropriatezza
N.
13 RMN senza contrasto: spalla, braccio, gomito, avambraccio, polso,
mano, bacino coxofemorale, coscia, ginocchio, gamba, caviglia, piede
(in genere per patologia traumatica acuta, eventuali complicanze
post-chirurgiche, sospetta infiammazione dopo Rx negativa ed
ecografia e test di laboratorio probanti)
N.
17 RMN con e senza contrasto: rachide cervicale, dorsale,
lombosacrale, sacrococcigeo, spalla, braccio, gomito, avambraccio,
polso, mano, bacino, coxofemorale, coscia, ginocchio, gamba,
caviglia, piede (in genere per stadiazione locale di una patologia
oncologica accertata, per sospetta patologia oncologica ai fini della
valutazione delle strutture muscolari e tendinee, per sospetta
infezione in presenza di fattori di rischio).
Non sono soggette a limitazioni le RM di addome, torace ed encefalo.
Non sono soggette a limitazioni le RM di addome, torace ed encefalo.
TOMOGRAFIA
COMPUTERIZZATA
Sono
soggette solo a indicazioni di appropriatezza
-
N. 22 TAC senza contrasto: colon, rachide cervicale, toracico e lombosacrale, spalla, braccio, gomito, avambraccio, polso, mana, spalla e braccio, gomito e avambraccio, poso e mano, coxofemorale, coscia, ginocchio, gamba, caviglia, piede, ginocchio e gamba, caviglia e piede (prevalentemente per patologia traumatica acuta o complicanza post-chirurgia ma non inizialmente)
-
N. 20 TAC con e senza contrasto: rachide cervicale, toracico e lombosacrale, spalla, braccio, gomito, avambraccio, polso, mano, spalla e braccio, gomito e avambraccio, polso e mano, coxofemorale, ginocchio, coscia, gamba, caviglia, piede, ginocchio e gamba, caviglia e piede (in genere dopo Rx o RMN per valutazione delle strutture scheletriche in caso di patologia oncologica, per sospetta patologia oncologica in caso di reperto dubbio ai prioritari esami Rx, RM o scintigrafia ossea, per complicanze post-chirurgiche in caso di controindicazione alla RM).
Per la DENSITOMETRIA OSSEA CON TECNICA DI ASSORBIMENTO A RAGGI X Lombare, femorale, ultradistale o total body, valgono sempre le condizioni di erogabilità previste dell'allegato 2 DPCM 2005: http://wp.me/a4Tka1-4t
ECOGRAFIE
E PET
N.
4 Ecografie: ECO ostetrica incluso studio della
translucenza nucale, ECO delle anse intestinali in caso di M. di
Crohn o invaginazione, cistosonografia con mdc per reflusso
vescico-ureterale da 1 a 14 anni, agobiopsia ecoguidata di linfonodi
mediastinici per stadiazione di Ca polmonare o diagnostica di
linfoadenopatia
N. 3 PET: miocardica con FDG (diagnosi di
secondo livello di cardiopatia ischemica o grave scompenso),
miocardica o cerebrale con altri radiofarmaci secondo indicazioni
registrative o determine AIFA,
ESAMI DI LABORATORIO
Sono
quasi un centinaio i test di laboratorio inseriti nel Decreto e
soggetti a:
-
Condizioni di erogabilità
N.
33 test: coltura per Campylobacter, salmonella e shigella, ricerca
diretta di Clamydie, tossina dfterica e tetanica, anticorpi anti
tripanosoma, antigene e ed anticorpi anti-HbeAg, DNA e tipizzazione
genomica di HPV, IgG e IgN anti-parvovirus B19, test inibizione IgE
specifiche, IgE specifiche ed esame per orticaria fisica, 11
desossicortisolo, ac. 5-idrossindolacetico e delta-aminolevulinico,
ala deidrasi eritrocitaria, androstendiolo glucuronide, bilirubina
diretta, calprotectina fecale, cistinina C, colesterolo LDL diretto,
cobalto, cromogranina A, decarbossiprotrombina, HCG frazione libera,
dosaggio farmaci con cromatografia a altre tecniche, liquido seminale
test di vitalità, mioglobina e screening di sostanze d'abuso
-
Indicazioni di appropriateazza
Una
cinquantina di esami: DNA HBV, anticorpi IgG e IgM anti-HAV, IgE
specifiche allergologiche per alimenti o inalanti, ALT/GPT, albumina,
alfa amilasi, calcio totale, colesterolo LDL indiretto, colesterolo
totale e HDL, CPK, trigliceridi, clearance creatinina, ACE, NSE,
ferro, fosfatasi acida, alcalina e isoenzima osseo, fosfato, SHBG,
catene K e Lambda, LDH, lipasi, brushing nasale, magnesio,
metanefrine, BNP o NT-proBNP, potassio, proteine totali, sodio, test
del sudore, urato, urea, urine ricerca spermatozoi ed esame
morfologico a fresco, AbTPO, CA 125, CA 15.3, CA 19.9, CEA, Cyfra
21.1, proteina S100, PT, aPTT ed altre decine di test di laboratorio
per la diagnosi di malattia rara.
Nuovi LEA 2017, le novità per il medico di MG
E' stato finalmente firmato dal presidente del Consiglio il Decreto di revisione e aggiornamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), comprendente l'elenco delle prestazioni soggette alle limitazioni prescrittive già previste dal DM 9 dicembre 2015 sull'appropriatezza prescrittiva, che riguardano alcune aree cliniche di pertinenza della Medicina Generale, in particolare esami ematici, diagnostica per immagine, gravidanza e nuove esenzioni.
Il decreto conferma le precedenti indicazioni generali di appropriatezza, così definite:
Il decreto conferma le precedenti indicazioni generali di appropriatezza, così definite:
- “condizioni di erogabilità” (con Note analoghe a quelle dell’AIFA per i farmaci): criteri di carattere vincolante ai fini della prescrizione nei Lea;
- “indicazioni di appropriatezza prescrittiva”: indicazioni di priorità clinica meno stringenti ed eventualmente sottoposti a verifica da parte delle ASL.
- LEA 2017 sintesi delle slide:
- LEA 2017 nuove esenzioini:
- LEA 2017 diagnostica per immagini:
- LEA 2017 esami di laboratorio:
- LEA 2017 gravidanza:
- LEA 2017 densitimetria:
Rimando al un successivo post l'analisi dettagliata delle principali novità, in particolare per quanto riguarda le limitazioni prescrittive di esami di laboratorio e diagnostica per immagini: http://curprim.blogspot.it/2017/01/accertamenti-soggetti-vincoli.html
giovedì 12 gennaio 2017
Riduzione dei posti letto, influenza ed effetto collo di bottiglia in PS
Attorno all'influenza si registra una gran confusione tra la gente: da novembre a marzo tutte le virosi respiratorie, anche i banali raffreddori con lievi rialzi febbrili, vengono etichettate come "influenze", mentre la vera e propria epidemia inizia in genere nel periodo più freddo dell'anno, dura 6 settimane circa e soprattutto è caratterizzata da sintomi ben più impegnativi delle virosi respiratorie minori.
A causa della confusione concettuale sopra delineata, quando la vera influenza esordisce con il "febbrone" la gente viene presa alla sprovvista e in alcuni ricorre al PS per il timore di essere affetta da malattie ben più impegnative, ad esempio una polmonite o meningite come accede nelle ultime settimane. Ciononostante l'analisi del SIMEU, l'associazione dei medici dell'urgenza/emergenza sanitaria, sul sovraffollamento dei PS registrato all'inizio del 2017 precisa che "nei periodi di iperafflusso i cosiddetti accessi impropri incidono peraltro in piccola parte sull’affollamento (fino a meno del 5%) e non sono il fattore causale principale”.
L'ondata epidemica influenzale viene fronteggiata dalle cure territoriali e dalle strutture d'emergenza, a cui si rivolgono soprattutto pazienti influenzati affetti da patologie croniche a rischio di scompenso o complicanze infettive; i PS già di per se sovraccarici di accessi, non sempreappropriati, si "intasano" per l'impossibilità di deviare il surplus di domanda verso i reparti di degenza a causa del taglio dei di posti letto e del personale ospedaliero (posti letto -70.000 negli ultimi 10 anni; personale -26.000 dal 2007). Le astanterie dei PS risultano quindi sovraffollate per la difficoltà di smaltire il carico di accessi per un tipico effetto collo di bottiglia.
La riduzione dei posti letto è il modo più facile di razionare, seppur in modo occulto, le prestazioni sanitarie perchè colpisce alla cieca, in modo anonimo e senza alternative per le persone in stato di bisogno. L'eliminazione dei posti letto è contemporaneamente un razionamento del tempo di assistenza e cura, ma il cittadino non ne è consapevole se non quando avrà necessità di un ricovero, che gli verrà negato per causa di forza maggiore (l'indisponibilià i letti). Al contrario nel caso del farmaco non prescrivibile il bene scarso è pur sempre disponibile in farmacia, seppur a pagamento, mentre i posti letto eliminati garantiscono il razionamento, perchè banalmente il letto mancante non può essere occupato da chi ne avrebbe diritto e bisogno.
La rigidità dell'organizzazione, incapace di adattarsi all'emergenza epidemica, viene pagata dai servizi che stanno al confine tra ospedale e territorio, ovvero le strutture di emergenza sottoposte ad un sovraccarico di accessi per la forzata permanenza in PS degli assistiti più "impegnati". Inoltre il sistema di pagamento a DRG è un disincentivo per i reparti di medicina generale, a vantaggio di quelli chirurgici economicamente più "sicuri", mentre sarebbero più utili per fronteggiare le emergenze epidemiche. La tendenza all'iper-specializzazione dell'ospedale emargina i reparti "generalisti"che in queste circostanze potrebbero farsi carico dei casi di scompenso multiorgano.
L'emergenza influenza è la risultante del combinato disposto di decisioni top-down di politica sanitaria (riduzione dei posti letto ospedalieri e dei dipendenti) con le decisioni dal basso di una parte di assistiti (recarsi in ospedale) i cui effetti coinvolgono gli assistiti stessi e gli operatori delle strutture di emergenza/urgenza. Il caso del PS dell'ospedale di Nola, finito sulle prime pagine dei giornali e dei TG per la mancanza di barelle che ha costretto i medici ad assistere cittadini adagiati sul pavimento, è un esempio paradigmatico.
La spiegazione del sovraccarico del PS è intuitiva: dopo una valutazione generale del problema ed un'osservazione breve i codici bianco/verdi vengono dimessi dal nosocomio e quindi il turn-over degli accessi non “intasa” la struttura, che puo' quindi accettarne e gestirne altri non complessi e "brevi". Ben diverso è il caso dei pazienti più problematici dal punto di vista diagnostico e terapeutico, spesso anziani e/o multipatologici/fragili che si scompensano momentaneamente. In assenza della valvola di “sfogo” del ricovero in reparto di degenza per via della riduzione dei posti letto - come all'ospedale di Nola, a cui afferiscono 600000 persone con 105 soli posti di degenza - i pz. più "impegnati" devono essere trattenuti in PS per tempi prolungati al fine di una valutazione diagnostica completa e della stabilizzazione delle condizioni cliniche, in vista della dimissione.
Inevitabilmente il PS si sovraccarica dal punto di vista spazio-temporale, perchè non è in grado di "smaltire" l'eccesso di contatti in tempi ragionevoli e quindi il turn-over si inceppa con allungamento dei tempi e sovraffollamento. La riduzione dei posti letto ha squilibrato tutto il sistema e stravolto le tradizionali funzioni del PS, che un tempo forniva prestazioni in modo davvero pronto - la piccola traumatologia, le ferite con sutura, ustioni etc.. - ed ora invece deve per forza dilazionare nel tempo la gestione dei ricoverati vista la complessità delle situazioni cliniche. Insomma è un problema strutturale ed organizzativo di natura sistemica, perlomeno stando al SIMEU, ovvero all'associazione professionale di medici che vi lavorano.
Secondo alcuni il problema potrebbe essere risolto semplicemente potenziando le forme organizzazione delle cure primari (Aggregazioni Funzionali Territoriali e Unità Complesse) previste dalla riforma Balduzzi del 2012, peraltro rimasta al palo per l'ormai decennale blocco degli accordi nazionali del comparto territoriale. Ecco in proposito la posizione dell'ANAAO, il sindacato storico degli ospedalieri, che tramite il suo vicesegretario nazionale Carlo Palermo osserva: "Proprio in Inghilterra da almeno tre anni sono stati avanzati da importanti epidemiologi forti dubbi sulle politiche sanitarie seguite negli ultimi decenni. In un editoriale pubblicato sul BMJ il 20 maggio 2013 viene sostenuto che le evidenze a supporto del pensiero che l’incremento delle cure territoriali possa ridurre i ricoveri dei soggetti anziani e fragili e quindi la necessità di cure ospedaliere, sono scarse. Infatti, le persone anziane, fragili e spesso poli-patologiche sono soggette a frequenti episodi di instabilizzazione che è difficile trattare in un ambito di cure primarie per la complessità del quadro clinico e la necessità di supporti diagnostici e terapeutici adeguati".
L’editorialista del BMJ conclude affermando che “Nelle ultime decadi vi è stata una importante riduzione dei posti letto per acuti e molti ospedali ora lavorano con un indice di occupazione dei posti letto intorno al 90%. Ulteriori riduzioni nei posti letto nella vana speranza che aumentando i servizi territoriali si riducano i ricoveri potrebbe rivelarsi potenzialmente pericoloso per la cura dei pazienti”.
A causa della confusione concettuale sopra delineata, quando la vera influenza esordisce con il "febbrone" la gente viene presa alla sprovvista e in alcuni ricorre al PS per il timore di essere affetta da malattie ben più impegnative, ad esempio una polmonite o meningite come accede nelle ultime settimane. Ciononostante l'analisi del SIMEU, l'associazione dei medici dell'urgenza/emergenza sanitaria, sul sovraffollamento dei PS registrato all'inizio del 2017 precisa che "nei periodi di iperafflusso i cosiddetti accessi impropri incidono peraltro in piccola parte sull’affollamento (fino a meno del 5%) e non sono il fattore causale principale”.
L'ondata epidemica influenzale viene fronteggiata dalle cure territoriali e dalle strutture d'emergenza, a cui si rivolgono soprattutto pazienti influenzati affetti da patologie croniche a rischio di scompenso o complicanze infettive; i PS già di per se sovraccarici di accessi, non sempreappropriati, si "intasano" per l'impossibilità di deviare il surplus di domanda verso i reparti di degenza a causa del taglio dei di posti letto e del personale ospedaliero (posti letto -70.000 negli ultimi 10 anni; personale -26.000 dal 2007). Le astanterie dei PS risultano quindi sovraffollate per la difficoltà di smaltire il carico di accessi per un tipico effetto collo di bottiglia.
La riduzione dei posti letto è il modo più facile di razionare, seppur in modo occulto, le prestazioni sanitarie perchè colpisce alla cieca, in modo anonimo e senza alternative per le persone in stato di bisogno. L'eliminazione dei posti letto è contemporaneamente un razionamento del tempo di assistenza e cura, ma il cittadino non ne è consapevole se non quando avrà necessità di un ricovero, che gli verrà negato per causa di forza maggiore (l'indisponibilià i letti). Al contrario nel caso del farmaco non prescrivibile il bene scarso è pur sempre disponibile in farmacia, seppur a pagamento, mentre i posti letto eliminati garantiscono il razionamento, perchè banalmente il letto mancante non può essere occupato da chi ne avrebbe diritto e bisogno.
La rigidità dell'organizzazione, incapace di adattarsi all'emergenza epidemica, viene pagata dai servizi che stanno al confine tra ospedale e territorio, ovvero le strutture di emergenza sottoposte ad un sovraccarico di accessi per la forzata permanenza in PS degli assistiti più "impegnati". Inoltre il sistema di pagamento a DRG è un disincentivo per i reparti di medicina generale, a vantaggio di quelli chirurgici economicamente più "sicuri", mentre sarebbero più utili per fronteggiare le emergenze epidemiche. La tendenza all'iper-specializzazione dell'ospedale emargina i reparti "generalisti"che in queste circostanze potrebbero farsi carico dei casi di scompenso multiorgano.
L'emergenza influenza è la risultante del combinato disposto di decisioni top-down di politica sanitaria (riduzione dei posti letto ospedalieri e dei dipendenti) con le decisioni dal basso di una parte di assistiti (recarsi in ospedale) i cui effetti coinvolgono gli assistiti stessi e gli operatori delle strutture di emergenza/urgenza. Il caso del PS dell'ospedale di Nola, finito sulle prime pagine dei giornali e dei TG per la mancanza di barelle che ha costretto i medici ad assistere cittadini adagiati sul pavimento, è un esempio paradigmatico.
La spiegazione del sovraccarico del PS è intuitiva: dopo una valutazione generale del problema ed un'osservazione breve i codici bianco/verdi vengono dimessi dal nosocomio e quindi il turn-over degli accessi non “intasa” la struttura, che puo' quindi accettarne e gestirne altri non complessi e "brevi". Ben diverso è il caso dei pazienti più problematici dal punto di vista diagnostico e terapeutico, spesso anziani e/o multipatologici/fragili che si scompensano momentaneamente. In assenza della valvola di “sfogo” del ricovero in reparto di degenza per via della riduzione dei posti letto - come all'ospedale di Nola, a cui afferiscono 600000 persone con 105 soli posti di degenza - i pz. più "impegnati" devono essere trattenuti in PS per tempi prolungati al fine di una valutazione diagnostica completa e della stabilizzazione delle condizioni cliniche, in vista della dimissione.
Inevitabilmente il PS si sovraccarica dal punto di vista spazio-temporale, perchè non è in grado di "smaltire" l'eccesso di contatti in tempi ragionevoli e quindi il turn-over si inceppa con allungamento dei tempi e sovraffollamento. La riduzione dei posti letto ha squilibrato tutto il sistema e stravolto le tradizionali funzioni del PS, che un tempo forniva prestazioni in modo davvero pronto - la piccola traumatologia, le ferite con sutura, ustioni etc.. - ed ora invece deve per forza dilazionare nel tempo la gestione dei ricoverati vista la complessità delle situazioni cliniche. Insomma è un problema strutturale ed organizzativo di natura sistemica, perlomeno stando al SIMEU, ovvero all'associazione professionale di medici che vi lavorano.
Secondo alcuni il problema potrebbe essere risolto semplicemente potenziando le forme organizzazione delle cure primari (Aggregazioni Funzionali Territoriali e Unità Complesse) previste dalla riforma Balduzzi del 2012, peraltro rimasta al palo per l'ormai decennale blocco degli accordi nazionali del comparto territoriale. Ecco in proposito la posizione dell'ANAAO, il sindacato storico degli ospedalieri, che tramite il suo vicesegretario nazionale Carlo Palermo osserva: "Proprio in Inghilterra da almeno tre anni sono stati avanzati da importanti epidemiologi forti dubbi sulle politiche sanitarie seguite negli ultimi decenni. In un editoriale pubblicato sul BMJ il 20 maggio 2013 viene sostenuto che le evidenze a supporto del pensiero che l’incremento delle cure territoriali possa ridurre i ricoveri dei soggetti anziani e fragili e quindi la necessità di cure ospedaliere, sono scarse. Infatti, le persone anziane, fragili e spesso poli-patologiche sono soggette a frequenti episodi di instabilizzazione che è difficile trattare in un ambito di cure primarie per la complessità del quadro clinico e la necessità di supporti diagnostici e terapeutici adeguati".
L’editorialista del BMJ conclude affermando che “Nelle ultime decadi vi è stata una importante riduzione dei posti letto per acuti e molti ospedali ora lavorano con un indice di occupazione dei posti letto intorno al 90%. Ulteriori riduzioni nei posti letto nella vana speranza che aumentando i servizi territoriali si riducano i ricoveri potrebbe rivelarsi potenzialmente pericoloso per la cura dei pazienti”.
sabato 7 gennaio 2017
Corsi e ricorsi sanitari, il sovraffollamento del PS durante l'epidemia influenzale
Da almeno una decina di anni a gennaio, in corrispondenza del picco dell'epidemia influenzale, entrano in crisi le strutture ospedaliere che più soffrono per l'effetto "collo di bottiglia": posti di Pronto Soccorso (PS) sovraffollati e reparti di rianimazione con indisponibilità di posti letto. Puntualmente le cronache registrano proteste, malcontento e disagio dei cittadini per le lunghe attese e degli operatori per le difficili condizioni di lavoro che, nelle settimane di passaggio dal 2016 al 2017, si sono accentuati a causa dell'epidemia influenzale e per il concomitante "allarme" sociale correlato ai casi di meningite.
Sulla complessità della crisi del PS sono stati spesi i proverbiali fiumi di inchiostro, ma puntualmente rispunta l'idea di "dare la colpa" al Medico di Medicina Generale (MMG), come già proponeva la dott.ssa Carucci, direttore Ares del Lazio, nel 2014 in una dichiarazione sulla crisi dei PS della capitale: "Il medico di famiglia, dove dovrebbero andare, o non lo trovano o non gli da l'affidabilità necessaria, fatto sta che l'ospedale è molto attrattivo per i pazienti e la medicina territoriale molto meno".
La crisi del PS ha radici lontane, concause profonde e riguarda tutti le nazioni europee ( http://www.pulsetoday.co.uk/news/commissioning/commissioning-topics/emergency-admissions/red-cross-deployed-to-cope-with-nhs-humanitarian-crisis/20033586.article ). Sul PS convergono e si concentrano nel tempo e nello spazio le contraddizioni e i limiti del sistema, di cui fanno le spese per primi gli operatori, in termini di stress, sovraccarico di lavoro e concreto rischio professionale. In pratica medici e paramedici devono fronteggiare quotidianamente una continua emergenza organizzativa nell’ambito dell'emergenza sanitaria. Ecco un sommario elenco dei determinanti della crisi tratto da un documento ministeriale *:
Può capitare, ad esempio, che un assistito decida di recarsi in ospedale piuttosto che frequentare, magari a pochi minuti da casa, l'ambulatorio del medico di famiglia, dove potrebbe essere visitato in tempi brevi, a dispetto delle lunghe attesa in P.S., dovute proprio alla presenza dei "codici bianchi" in eccesso sfuggiti al filtro della Medicina Generale. La risposta alle interpretazioni semplificate sta nel ribadire che è impossibile per il singolo medico del territorio reggere la concorrenza dell’offerta tecnologica dell’emergenza sanitaria. Prima di tutto perchè non è il suo compito, essendo altra la mission della Medicina Generale negli ultimi anni, ovvero la gestione delle patologie croniche sul territorio sia a livello ambulatoriale che domiciliare per gli assistiti fragili o multiproblematici.
In secondo luogo è la disponibilità della tecnologia diagnostica e specialistica a fare la differenza rispetto all'offerta territoriale, attraendo la gente ed inducendo il medico del PS a prescrivere giustamente accertamenti, a prescindere dall'accesso più o meno appropriato dell'assistito. Lo spiega l’economia sanitaria con una delle sue leggi ferree. In sanità vale la regola che l’offerta organizzativa di servizi e prestazioni crea la propria domanda, a prescindere dall'intervento del singolo operatore, come recita un noto aforisma: mettete un ecografo nel deserto dopo qualche settimana si sarà formata una lista d'attesa.
E’ normale e “naturale” che si ricorra alla tecnologia diagnostica quando è prontamente disponibile, sia per venire incontro alla domanda implicita degli utenti sia per motivi clinici, specie se il professionista deve tenere conto di protocolli, linee guida aziendali, aiuti alle decisioni etc.., elaborati proprio per fare fronte a situazioni di incertezza, prevenire il rischio clinico e tutelare gli operatori stessi da eventuali conseguenze medico-legali. L'incertezza decisionale, specie quella diagnostica, si riduce ricercando nuove informazioni - vale a dire ricorrendo ad ulteriori accertamenti diagnostici prontamente disponibili solo nelle strutture ospedaliere - o ricorrendo al parere dello specialista, in particolare di fronte a nuovi casi o disturbi di dubbia interpretazione, all'esordio, atipici, inconsueti o sotto-soglia.
L'analisi del SIMEU sul caos PS sottolinea che "nei periodi di iperafflusso i cosiddetti accessi impropri incidono peraltro in piccola parte sull’affollamento (fino a meno del 5%) e non sono il fattore causale principale”. Il motivo è intuitivo: dopo una valutazione generale del problema ed un'osservazione breve i codici bianco/verdi vengono dimessi dal nosocomio e quindi il turn-over dei contatti non “intasa” la struttura. Ben diverso è il caso dei pazienti più “impegnati” e problematici dal punto di vista diagnostico e terapeutico, spesso anziani, multiptoblematici che, in assenza della valvola di “sfogo” del ricovero in un reparto di degenza, devono essere trattenuti in PS per tempi prolungati al fine di una valutazione diagnostica completa e della stabilizzazione delle condizioni cliniche.
Insomma è impossibile negare in PS un minimo di esami ematici, qualche accertamento per immagine o consulenze specialistiche, sia per motivi oggettivi sia per evitare di incappare in un errore diagnostico, date le difficoltà decisionali del contesto emergenziale, con il rischio di essere denunciati per malapratica, finire sui giornali e magari pure sul banco degli imputati pagando personalmente per deficit gestionali e strutturali. Come si può chiedere al singolo medico extra-ospedaliero di gestire sul territorio la medesima incertezza diagnostica a mani nude, ovvero senza il supporto decisionale della tecnologia, quando nessuno in PS giustamente vi può rinunciare? Gli assistiti hanno capito da tempo queste dinamiche e quindi si recano in P.S, anche a rischio di dover attendere ore ed ore e sborsare qualche decina di euri, ma con la sicurezza di by-passare le liste d'attesa ed eseguire accertamenti e visite in "tempo reale" che invece sul territorio richiederebbero tempi lunghi e farraginose procedure burocratiche.
Le cose potrebbero forse andare diversamente se si potenziasse l’offerta organizzativa delle cure primarie - ad esempio nel senso della continuità assistenziale ambulatoriale nelle 12 ore diurne - incentivando le forme associative previste dalla riforma Balduzzi, vale a dire le Unità Complesse che restano per ora al palo nella maggioranza delle regioni. L’obiettivo è quello di intercettare una parte dei codici bianchi prima che si rivolgano nosocomio e quindi ridurre parzialmente il loro impatto sulle strutture di emergenza-urgenza. Infine l'uso della tecnologia si impone da sè perchè il PS è un contesto professionale difficile, stressante, ad elevato rischio professionale e di errore cognitivo, come ammettono i professionisti che vi lavorano:
http://www.acemc.it/sito/eventi/doc/relazioni/strategie_cognitive.pdf
Insomma per la crisi del P.S. vale l'aforisma per cui sono improponibili soluzioni semplici e lineari per problemi di natura sistemica maledettamente complessi.
*http://www.agenas.it/psn_op/Doc/Normative/09_LINEE_GUIDA_ASSISTENZA_H24.pdf
Sulla complessità della crisi del PS sono stati spesi i proverbiali fiumi di inchiostro, ma puntualmente rispunta l'idea di "dare la colpa" al Medico di Medicina Generale (MMG), come già proponeva la dott.ssa Carucci, direttore Ares del Lazio, nel 2014 in una dichiarazione sulla crisi dei PS della capitale: "Il medico di famiglia, dove dovrebbero andare, o non lo trovano o non gli da l'affidabilità necessaria, fatto sta che l'ospedale è molto attrattivo per i pazienti e la medicina territoriale molto meno".
La crisi del PS ha radici lontane, concause profonde e riguarda tutti le nazioni europee ( http://www.pulsetoday.co.uk/news/commissioning/commissioning-topics/emergency-admissions/red-cross-deployed-to-cope-with-nhs-humanitarian-crisis/20033586.article ). Sul PS convergono e si concentrano nel tempo e nello spazio le contraddizioni e i limiti del sistema, di cui fanno le spese per primi gli operatori, in termini di stress, sovraccarico di lavoro e concreto rischio professionale. In pratica medici e paramedici devono fronteggiare quotidianamente una continua emergenza organizzativa nell’ambito dell'emergenza sanitaria. Ecco un sommario elenco dei determinanti della crisi tratto da un documento ministeriale *:
- un sempre maggior bisogno del cittadino di ottenere dal servizio pubblico una risposta ad esigenze urgenti o comunque percepite come tali;
- il miglioramento delle cure con aumento della sopravvivenza in pazienti affetti da pluripatologie che con sempre maggior frequenza necessitano dell’intervento del sistema d’emergenza-urgenza;
- il ruolo di rete di sicurezza rivestito dal Pronto Soccorso per categorie socialmente deboli;
- la convinzione del cittadino di ottenere un inquadramento clinico terapeutico migliore e in tempi brevi;
- la preminenza del modello di salute tecnologico centrato sull'Ospedale rispetto al modello preventivo-territoriale centrato sulla Medicina di Base.
- la ristrutturazione della rete ospedaliera, con la chiusura dei piccoli ospedali e la riduzione dei posti letto, che produce il cosiddetto “effetto imbuto” in PS, nel senso che non è possibile ricorrere al ricovero, come accadeva un tempo per il completamento delle indagini diagnostiche e le cure appropriate in caso di pazienti problematici e "fragili" affetti da complicanze influenzali ( http://www.simeu.it/blog/?p=1743 );
- l’aumento dei tempi d’attesa per prestazioni diagnostiche e specialistiche, con conseguente domanda inevasa dall'offerta pubblica sul territorio che, per effetto della legge dei vasi comunicanti, spinge in PS assistiti per poter accedere alle prestazioni diagnostiche prescritte;
- le difficoltà del sistema sanitario nel suo complesso, e in particolare del singolo medico del territorio, ad influenzare le decisioni autonome dagli assistiti di recarsi in PS, generalmente in preda all'ansia per la propria salute (i ben noti “codici bianchi”).
Può capitare, ad esempio, che un assistito decida di recarsi in ospedale piuttosto che frequentare, magari a pochi minuti da casa, l'ambulatorio del medico di famiglia, dove potrebbe essere visitato in tempi brevi, a dispetto delle lunghe attesa in P.S., dovute proprio alla presenza dei "codici bianchi" in eccesso sfuggiti al filtro della Medicina Generale. La risposta alle interpretazioni semplificate sta nel ribadire che è impossibile per il singolo medico del territorio reggere la concorrenza dell’offerta tecnologica dell’emergenza sanitaria. Prima di tutto perchè non è il suo compito, essendo altra la mission della Medicina Generale negli ultimi anni, ovvero la gestione delle patologie croniche sul territorio sia a livello ambulatoriale che domiciliare per gli assistiti fragili o multiproblematici.
In secondo luogo è la disponibilità della tecnologia diagnostica e specialistica a fare la differenza rispetto all'offerta territoriale, attraendo la gente ed inducendo il medico del PS a prescrivere giustamente accertamenti, a prescindere dall'accesso più o meno appropriato dell'assistito. Lo spiega l’economia sanitaria con una delle sue leggi ferree. In sanità vale la regola che l’offerta organizzativa di servizi e prestazioni crea la propria domanda, a prescindere dall'intervento del singolo operatore, come recita un noto aforisma: mettete un ecografo nel deserto dopo qualche settimana si sarà formata una lista d'attesa.
E’ normale e “naturale” che si ricorra alla tecnologia diagnostica quando è prontamente disponibile, sia per venire incontro alla domanda implicita degli utenti sia per motivi clinici, specie se il professionista deve tenere conto di protocolli, linee guida aziendali, aiuti alle decisioni etc.., elaborati proprio per fare fronte a situazioni di incertezza, prevenire il rischio clinico e tutelare gli operatori stessi da eventuali conseguenze medico-legali. L'incertezza decisionale, specie quella diagnostica, si riduce ricercando nuove informazioni - vale a dire ricorrendo ad ulteriori accertamenti diagnostici prontamente disponibili solo nelle strutture ospedaliere - o ricorrendo al parere dello specialista, in particolare di fronte a nuovi casi o disturbi di dubbia interpretazione, all'esordio, atipici, inconsueti o sotto-soglia.
L'analisi del SIMEU sul caos PS sottolinea che "nei periodi di iperafflusso i cosiddetti accessi impropri incidono peraltro in piccola parte sull’affollamento (fino a meno del 5%) e non sono il fattore causale principale”. Il motivo è intuitivo: dopo una valutazione generale del problema ed un'osservazione breve i codici bianco/verdi vengono dimessi dal nosocomio e quindi il turn-over dei contatti non “intasa” la struttura. Ben diverso è il caso dei pazienti più “impegnati” e problematici dal punto di vista diagnostico e terapeutico, spesso anziani, multiptoblematici che, in assenza della valvola di “sfogo” del ricovero in un reparto di degenza, devono essere trattenuti in PS per tempi prolungati al fine di una valutazione diagnostica completa e della stabilizzazione delle condizioni cliniche.
Insomma è impossibile negare in PS un minimo di esami ematici, qualche accertamento per immagine o consulenze specialistiche, sia per motivi oggettivi sia per evitare di incappare in un errore diagnostico, date le difficoltà decisionali del contesto emergenziale, con il rischio di essere denunciati per malapratica, finire sui giornali e magari pure sul banco degli imputati pagando personalmente per deficit gestionali e strutturali. Come si può chiedere al singolo medico extra-ospedaliero di gestire sul territorio la medesima incertezza diagnostica a mani nude, ovvero senza il supporto decisionale della tecnologia, quando nessuno in PS giustamente vi può rinunciare? Gli assistiti hanno capito da tempo queste dinamiche e quindi si recano in P.S, anche a rischio di dover attendere ore ed ore e sborsare qualche decina di euri, ma con la sicurezza di by-passare le liste d'attesa ed eseguire accertamenti e visite in "tempo reale" che invece sul territorio richiederebbero tempi lunghi e farraginose procedure burocratiche.
Le cose potrebbero forse andare diversamente se si potenziasse l’offerta organizzativa delle cure primarie - ad esempio nel senso della continuità assistenziale ambulatoriale nelle 12 ore diurne - incentivando le forme associative previste dalla riforma Balduzzi, vale a dire le Unità Complesse che restano per ora al palo nella maggioranza delle regioni. L’obiettivo è quello di intercettare una parte dei codici bianchi prima che si rivolgano nosocomio e quindi ridurre parzialmente il loro impatto sulle strutture di emergenza-urgenza. Infine l'uso della tecnologia si impone da sè perchè il PS è un contesto professionale difficile, stressante, ad elevato rischio professionale e di errore cognitivo, come ammettono i professionisti che vi lavorano:
http://www.acemc.it/sito/eventi/doc/relazioni/strategie_cognitive.pdf
Insomma per la crisi del P.S. vale l'aforisma per cui sono improponibili soluzioni semplici e lineari per problemi di natura sistemica maledettamente complessi.
*http://www.agenas.it/psn_op/Doc/Normative/09_LINEE_GUIDA_ASSISTENZA_H24.pdf