mercoledì 16 aprile 2025

Emergentisti contro generalisti per una lettera di ringraziamento

 E' perlomeno insolito che il consiglio direttivo di una importante Società Scientifica come la SIMEU si sia preso la briga di contestare, con un intervento sul Quotidiano Sanità, una lettera di ringraziamento di una collega di MG, indirizzata ai cittadini che in un sondaggio sulla soddisfazione degli utenti del SSN avevano espresso un giudizio favorevole per l’assistenza del MMG, e non per la qualità percepita o il gradimento di un professionista contrapposto ad un servizio. 

La gente giudica le prestazioni sanitarie in modo soggettivo e non in base a parametri clinici oggettivi, come sarebbe appropriato e come legittimamente gli emergentisti rivendicano circa la corretta gestione dei codici di maggior impegno, peraltro riconosciuta da tutti; giustamente il CD della SIMEU si stupisce per la scarsa soddisfazione media della gente, che notoriamente valuta l’assistenza in chiave esperienziale e relazionale, cioè "di pelle" e con la potenziale interferenza di vari bias cognitivi.

Tuttavia non è infrequente leggere di proteste degli utenti e di notizie/servizi TV sul disagio provocato dal sovraffollamento e dai lunghi tempi in sala d'attesa, dove stazionano in maggioranza codici minori, ed è quindi logico che gli stessi non siano molto soddisfatti e lo esprimano al momento di rispondere all’indagine. Sarebbe stato sorprendente il contrario, considerando l’ultradecennale stato di crisi dell’emergenza/urgenza.

Difficile interpretare l'esito del sondaggio, per quel che vale, contrapponendo setting organizzativo e singoli professionisti, senza affrontare la questione in modo analitico. Come noto i principali problemi del PS sono due ed interagiscono in modo complesso bloccando il regolare flusso nella filiera: in entrata l’iperafflusso, soprattutto per i 2/3 di pazienti che si autopresentano in PS senza la preventiva consultazione di un medico, e all’interno della struttura il boarding di quanti vi stazionano in attesa di ricovero, a causa della chiusura di ospedali, postazioni di PS e consistenti tagli dei posti letto che si riverberano su tutta la rete. Vediamoli schematicamente.

 

1.       Secondo il Policy Statment SIMEU del 2015 “La causa principale del sovraffollamento dei PS è il blocco dell’uscita, cioè l’impossibilità di ricoverare i pazienti nei reparti degli ospedali per indisponibilità di posti letto [..]; anche gli accessi inappropriati contribuiscono all’affollamento dei PS, ma solo in piccola parte”, tant’è che per il past president SIMEU de Iaco “individuare nel sovraffollamento l'effetto degli accessi impropri è più di un errore di approccio”. Anche perché “l’attività di gestione dei pazienti in boarding [..] assorbe anche fino al 40% delle risorse umane distogliendole dalle attività prioritarie d’istituto" (Documento SIMEU Piemonte e valle d’Aosta del 2021). Va da sé che senza questo 40% di surplus di tempo e lavoro il flusso nella filiera sarebbe più regolare ed efficiente e la pressione dei codici minori più gestibile. Per di più, come affermato recentemente dal presidente SIMEU, “ogni paziente fermo al pronto soccorso in attesa di trasferimento nel letto di un reparto causa un ritardo di almeno 12 minuti sugli accessi successivi, facendo anche crescere la mortalità dal 2,5 al 4,5% quando il cosiddetto boarding supera le 12 ore”. Questo rischio riguarda assai meno i codici minori che al massimo soffrono per i tempi lunghi in sala d’attesa. Insomma sorprende che la SIMEU, a dispetto di questa corretta analisi della complessità sistemica, accrediti la tesi del fallimento della medicina territoriale a cui viene imputato il sovraffollamento del PS, assieme ad altre disfunzione e criticità.

 

 2- Se il boarding è un ultradecennale e ben noto problema della struttura le autopresentazioni degli utenti riguardano in primis la rete territoriale e sono riconducibili all’interazione di molteplici fattori, così schematizzabile

  • Percezione di urgenza/ansia: Molti pazienti ritengono che i loro sintomi siano gravi e richiedano un intervento immediato.
  • Accesso Rapido alle Cure: Alcuni pazienti vedono il PS come il luogo più rapido per ottenere cure mediche in alternative ai lunghi tempi d’attesa extra-ospedalieri.
  •  Mancanza di Conoscenza: Alcuni pazienti non sono consapevoli delle alternative disponibili.
  •  Orari di Apertura: La chiusura degli ambulatori medici durante la notte e nei fine settimana può spingere i pazienti a recarsi in PS.
  • Strumenti Diagnostici: Alcuni pazienti credono che solo il PS disponga degli strumenti diagnostici necessari per risolvere il loro problema.
  • Supporto Sociale: La mancanza di supporto sociale o familiare può portare i pazienti a cercare assistenza immediata in PS.

In questa lista bisogna aggiungere i milioni di assistiti rimasti senza medico e a cui se ne aggiungeranno altrettanti nei prossimi anni, come attesta il recente report di GIMBE, per i quali l’autotopresentazione resta l’”ultima spiaggia”.

Di fronte a tale complessità di preferenze e di scelte cognitivo-comportamentali come si possono intercettare gli utenti prima che autonomamente si rechino in PS?

Per la loro matura le autopresentazioni sfuggono al controllo dei medici del territorio, come dimostrano episodi emblematici: non è infrequente che un paziente decida di recarsi in un dipartimento di emergenza dopo aver consultato un medico del territorio! La soluzione razionale sarebbe la diversificazione dei percorsi per i pazienti che non necessitano di ricovero o prestazioni urgenti. Considerato che il coordinamento degli orari di studi sparsi nel territorio della AFT non è efficace come si può affrontare il problema? Grandi speranze vengono riposte nelle Case della Comunità.

Tuttavia in Emilia, nonostante la più articolata e fitta rete di Case della Comunità Hub&Spoke, il problema non è stato risolto e quindi sono stati attivati i Cau, parzialmente imitati dalla Toscana. Insomma è perlomeno dubbio che si possano contenere le autopresentazioni con una rete a trama larga composta di sole mega CdC hub da 60mila utenti, per giunta non attrezzate per le (peudo) urgenze a bassa complessità, senza le connessioni con un network a maglie strette come quello composto da CdC spoke di prossimità o da Unità Complesse sul modello di quelle introdotte con la riforma Balduzzi. Il guaio è che sia il PNRR sia le policy post Balduzzi non hanno preso in considerazione questa soluzione.

Nessun commento:

Posta un commento