La principale novità è l'applicazione pratica del Ruolo Unico dell'Assistenza Primaria, già introdotto dall'ACN 2016-2018 in ottemperanza della riforma Balduzzi, ovvero l'inquadramento comune di tutti i medici sia che abbiano in carico un certo numero di pazienti, cioè a ciclo di scelta/revoca come il MMG, sia che lavorino a rapporto orario come i medici di Continuità Assistenziale. Tutti i medici dell'AP saranno inseriti in un'unica AFT o UCCP nella zona in cui operano.
Rientrano nel ruolo unico (si veda il PS) medici di MG, di CA, della medicina dei servizi, dell'Emergenza Sanitaria e penitenziaria; il ruolo unico era già stato introdotto con il precedente ACN e con il nuovo accordo vengono precisati gli aspetti pratici, le compatibilità e la modulazione normativa tra l'assistenza a ciclo di scelta e quella ad attività oraria. Per tutte le categorie professionali è previsto un certo numero di ore di lavoro da svolgere presso una struttura pubblica (debito orario) come il Distretto Sanitario, Casa od Ospedale di Comunità, sede di Continuità assistenziale etc.. Per i medici con doppio incarico il debito orario varia in funzione del numero di assistiti in carico come riporta l'articolo 38, a partire dal tetto di 38 ore per il medico di CA con 400 assistiti fino alle 6 ore per il MMG con 1200-1500 scelte. Cosa cambia rispetto al passato?
Per
il medico di CA che inizia l'attività in MG sul territorio cambia poco,
visto che anche prima vi era compatibilità tra l'impegno orario e l'attività a ciclo di scelta fino a 650 assistiti in carico. Invece con il ruolo unico, per chi supera la soglia dei 400 pazienti, diventa obbligatorio mantenere alcune ore in CA o in altre attività ambulatoriali orarie all'interno di un'unica AFT.
Il cambiamento è più significativo per chi in futuro supererà le 1200 scelte e per coloro che in modo opzionale dal 2025 accetteranno il massimale a 1800 nelle zone in cui vi è una carenza assistenziale. Per questi ultimi è prevista l'apertura di 18 ore oltre al debito orario. Sarebbe stato logico, visto l'impegno assistenziale, un dimezzamento del debito per chi accetterà di incrementare il massimale.
Dal 2025 i nuovi inseriti, cui verranno informalmente attribuiti pazienti oltre
il massimale, saranno
tenuti a svolgere altre 6 ore di attività ambulatoriale in una struttura. Per gli attuali ultra massimalisti è previsto il blocco delle nuove scelte oltre le 1500, limite che attualmente viene spesso superato negli ambiti in cui vengono attribuiti di default pazienti rimasti senza medico. Il rapporto ottimale viene fissato a 1200 residenti, l'ambito territoriale comprende almeno 7000 residenti, dal 2025 l'incarico viene conferito in una sola azienda, comporta il tempo pieno con progressiva modulazione dell'attività su ciclo di scelta e su base oraria e l'articolo 38 sul mssimale dispone che "i compensi sono corrisposti fino al massimale cui al comma 1 (1500 scelte), fatto salvo quanto previsto al comma 2 (massimale di 1800 solo per chi dispone di collaboratori), o massimale individuale derivante da autolimitazione di cui al comma 5 (1200 scelte). Le scelte di cui al comma 3 sono retribuite nel limite indicato".
Dal 2025 pochi neo inseriti saranno propensi ad arrivare al tetto di 1800 assistiti, lavorando anche sei ore in un distretto oltre alle 18 dovute per l'incremento di 300 scelte, visto che il
beneficio economico sarà annullato dal debito orario. La prospettiva è quella di una riduzione dei medici disponibili sul territorio ad acquisire pazienti rimasti senza assistenza; riguardo ai massimalisti in attività sembra confermato che saranno esonerati del debito orario di 6 ore che toccherà quindi solo ai giovani che verranno incaricati dal 2025. Una differenza di condizioni normative e di carico di lavoro non di poco conto che, se confermata, potrebbe innescare un contrasto generazionale e probabili azioni giudiziarie.
Nel comunicato sindacale a commento della firma si afferma che l'ACN ha risolto alcune problematiche riguardo alla femminilizzazione della professione; tuttavia poche colleghe, che già ora incontrano difficoltà per conciliare il lavoro e la famiglia, saranno favorevoli in futuro ad accettare un incarico che comporterà altre 6 ore di lavoro oltre a quelle canoniche in una Casa della comunità o in distretto, con un aggravio professionale in aggiunta al normale carico di lavoro del massimalista.
E' strano che le due controparti non abbiano considerato il potenziale impatto di queste discrepanze normative e le conseguenze a livello sistemico per una categoria già in sofferenza, nel senso di un minore appeal della professione sui neo laureati, specie donne, e di un'ulteriore carenza di medici sul territorio.
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