Nel nonopsonio l'unico datore di lavoro fa il bello e cattivo tempo dettando le sue condizioni a chi offre un servizio o prestazioni professionali come i MMG (si veda per i dettagli il post precedente). Il SSN sfrutta la sempre la sua posizione dominante sul mercato del lavoro in modo spregiudicato con la sistematica dilazione del rinnovo degli ACN, negoziati e sottoscritti dopo anni dalla scadenza triennale (c’è voluto un decennio per recepire la riforma Balduzzi, ultima occasione perduta per rilanciare la MG).
Il concreto disinteresse verso il decantato
ruolo centrale della MG, testimoniato dal sistematico rinvio dei rinnovi contrattuali,
equivale ad una squalifica della categoria, con l’aggiunta di un miope accanimento
burocratico che ha raggiunto l'acme proprio nel momento più critico, ovvero nel pieno della pandemia, con la produzione di nuove Note AIFA che il sistema ospedaliero era incapace di rinnovare se non con ulteriore allungamento delle liste d'attesa. Questo circolo vizioso invece di suggerire l'eliminazione o l'allentamento di Note su farmaci prescritti da anni ed ormai diventati di uso corrente riguardanti milioni di diabetici, bronco- e cardiopatici, ha sortito la soluzione di "scaricare" sulla medicina del territo un'ulteriore carico di lavoro burocratico per i MMG.
Complice
la sostanziale inefficacia dello sciopero i sindacati
della MG hanno fatto buon viso a cattivo gioco accettando passivamente
relazioni sindacali squilibrate e di sapore consociativo. Il continuo
rinvio della contrattazione avvantaggia la controparte e indebolisce il
sindacato, fino a quando l'annoso ritardo nel rinnovo mette con le spalle
al muro l'interlocutore, che con l'acqua alla gola accetta condizioni
sfavorevoli pur di portare a case qualche cosa. L'uso strumentale e
pervicace di questa tattica dilatoria ha contrassegnato dall'inizio del secolo relazioni sindacali asimmetriche e di sudditanza verso la controparte, con ritardi che hanno sfiorato il decennio, accettati passivamente.
I MMG essendo legati ad unico datore di lavoro hanno poche alternative professionali, specie quelli prossimi all’età della pensione, a differenza dei dipendenti che possono migrare dall’ospedale al territorio. Ma ora la situazione è evoluta per il combinato disposto tra gobba pensionistica e deficit di accesso alla convenzione che ha rotto equilibri consolidati ma disfunzionali: sono questi gli effetti sociali perversi del monopsonio, rispetto al fisiologico gioco della domanda-offerta ignorato proprio in virtù della posizione di vantaggio di chi detiene tutto il potere contrattuale. A disincentivare nuovi ingressi ed incentivare ulteriori uscite contribuiscono l’incertezza politica e quella sul futuro rapporto di lavoro parasubordinato nelle strutture del PNRR, le crescenti tensioni con gli assistiti fino ai conflitti aperti, la campagna di delegittimazione mediatica in atto dall'inizio della pandemia, l'accanimento burocratico a base di inutili Note AIFA e da ultimo la fiammata inflattiva a rischio di recessione economica per il 2023 che mette in dubbio anche la Missione 6 del PNRR.
Fino a quando l'inflazione era attorno all'1% la tattica del rinvio continuo delle trattative era tollerabile perché un rinnovo della convenzione avrebbe comportato nuovi compiti isorisorse. Ma ora con incrementi dei prezzi dell'ordine del 10% e con la nuova formula della parasubordinazione, che prevede un debito orario da svolgere nelle Case della Comunità, un nuovo ACN sarà svantaggioso sia economicamente sia sul piano normativo (peraltro il rinnovo dell'ACN 2019-2021 non terrà conto dell'inflazione dell'anno in corso con ulteriore penalizzazione economica). Una tenaglia che renderà sempre meno conveniente e più gravoso continuare a lavorare rispetto ad un pensionamento anticipato una volta raggiunta la soglia minima dei 62 anni (anche perché la pensione garantisce perlomeno un parziale recupero dell'inflazione).
Gli ultra 60enni che restano in servizio subiranno un sovraccarico di lavoro e di stress, che ha raggiunto il picco nell'ondata pandemica di inizio 2022, mentre i giovani dovranno affrontare un nuovo gravoso impegno professionale, che spaventa molti per il livello di coinvolgimento e la mancanza di tutele contrattuali, specie per i carichi familiari delle colleghe. Una parte di iscritti al CFSMG era stata allettata dalla proposta di passaggio alla dipendenza, prospettata da una composita alleanza con la contrarietà dei sindacati storici della MG. Nonostante le campagne promozionali portate avanti dalla "lobby" della subordinazione, anche assecondando implicitamente l'opera di delegittimazione mediatica della categoria in atto da 2 anni, la proposta non è approdata ad un ben definito progetto per un semplice fatto: è mancato un serio studio di fattibilità economico-finanziaria, senza il quale il cambiamento prospettato finisce per assomigliare ai mirabolanti programmi elettorali, privi di un'esplicita copertura finanziaria a garanzia della promessa della luna nel pozzo .
Archiviata la proposta di passaggio alla dipendenza, per palese incompatibilità finanziaria, anche la strada per il rinnovo dell'ACN in parasubordinazione non appare meno impervia, per due ordini di motivi:
- non esistono le condizioni logistiche, organizzative e le risorse economiche per varare un ACN a doppio binario - rapporto a scelta per l'assistenza individuale + debito orario per compiti professionali di popolazione - per carenze di strutture finanziate dal Pnrr e dedicate alla componente oraria, se tutto va bene che saranno disponibili solo tra 2-3 anni;
- nell'attuale fase di carenza generalizzata di MMG sul territorio, destinata a toccare il 20% nel prossimo anno, è materialmente impossibile per i medici in servizio far fronte ad ulteriori compiti come quelli richiesti dalla parasubordinazione, specie se il massimale verrà innalzato a 1800 scelte proprio per venire incontro ai cittadini rimasti senza assistenza.
La proposta di parasubordinazione è stata avanzata poche settimane prima dello scoppio della guerra e a distanza di 6 mesi i suoi effetti destabilizzanti si fanno più evidenti sul piano economico fino a prospettare una possibile recessione. Per ora la generalizzata crisi energetica sta mettendo in seria difficoltà molti apparati produttivi, oltre alla famiglie. Questi contraccolpi non tarderanno a riverberarsi sulla pianificazione delle strutture del Pnrr e sugli accordi contrattuali fino a pregiudicare la realizzazione delle strutture e soprattutto la possibilità di reperire sul mercato del lavoro un numero sufficiente di operatori sanitari per farle funzionare a pieno regime. Dopo lo stress della pandemia quello bellico si annuncia non meno gravido di conseguenze per tutto il sistema. In questo scenario appare improbabile che venga varato un ACN in grado di imprimere una svolta significativa alla governance del territorio, se non con un aumento ulteriore dei compiti a fronte di un minomo incremento dei compensi già annullati da un inflazione che non si registrava da decenni.
Per i sindacati una ACN in perdita secca, sia sul piano economico sia normativo, segnerebbe un arretramento storico, per i medici in servizio un ulteriore incentivo all'uscita pensionistica di massa appena possibile e per i corsisti un ulteriore disincentivo ad accedere ad una professione sempre meno appetibile. L'unica
soluzione percorribile appare il mantenimento dello status quo, ovvero
il varo di un ACN 2019-2021 come fotocopia di quello 2016-2018
sottoscritto a gennaio 2022 ed entrato in vigore a maggio, con poche novità tipo l'innalzamento del massimale, ulteriori incentivi per collaboratori e per le forme organizzative da poco introdotte. Altre soluzioni sono proponibili solo con generose dosi di autoinganno.
Le contraddizioni del sistema e gli effetti perversi di una gestione miope, cognitivamente incapace di cogliere la radicalità dei problemi, si sono concentrati nel tempo e nello spazio in modo ormai irrimediabile e perseverare con gli errori commessi nel recente passato per il sistema sarebbe esiziale.
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