IL PROBLEMA E LA TESI. Il fatto che l'80% delle lombalgie sia di origine meccanica non significa pensare che possa ritenersi sufficiente la visita dal proprio medico di base con richiesta, da parte di quest’ultimo, di accesso diretto del paziente alle prestazioni riabilitative senza la valutazione clinica del medico fisiatra per ridurre le liste di attesa, come da professionisti sanitari in fisioterapia è stato proposto.
LE ARGOMENTAZIONI. "Ragion
per cui, così come il medico di base non si sognerebbe mai di
sostituirsi per la diagnosi del paziente e per l’approccio terapeutico
mirato, ad esempio, ad un cardiologo o un radiologo, altresì non si può
sostituire ad uno specialista in medicina fisiatrica. E’ impensabile
proporre di consentire al medico di famiglia di ‘sorvolare’ la visita
del paziente presso uno specialista in fisiatria, ed inviarlo
direttamente alla terapia di riabilitazione dal fisioterapista.
Seguire un percorso diagnostico rigoroso che preveda in prima battuta la
valutazione clinica da parte del medico è sicuramente importante, il
quale solo sulla base di quanto riscontrato dovrebbe poi
responsabilmente decidere se è realmente necessario effettuare
accertamenti e quali siano quelli più appropriati.
Troppo spesso ci troviamo di fronte a pazienti che, al primo episodio di
lombalgia, vengono immediatamente sottoposti ad esami costosi come la
RM. Anche in questo caso le linee guida parlano chiaro: solo in presenza
di ‘red flags’ (segnali d’allarme) è necessario effettuare
approfondimenti di imaging.
Quindi attenzione a sottovalutare il processo complesso che sta alla
base della prescrizione di un trattamento: la diagnosi specialistica. L’associazione nazionale fisiatri fermamente vuole che ci sia chiarezza
per gli assistiti. E fare chiarezza significa ricordare che solo un
medico può refertare una diagnosi".
La frasi riportate sono state estrapolate dall'intervento della fisiatra dottoressa Caredda sul Quotidiano Sanità, avente per oggetto la disputa tra fisiatri e fisioterapisti sulla giurisdizione professionale riguardo alla prescrizione della fisioterapia nelle
lombo/sciatalgie senza un preliminare piano riabilitativo fisiatrico.
La fisiatra per accreditare la propria tesi tira in ballo il MMG e in particolare una rigida suddivisione dei compiti tra I e II livello riguardo alla diagnosi, considerata una prerogativa dello specialista e preclusa al MMG: "il medico di base non si sognerebbe mai di
sostituirsi per la diagnosi del paziente e per l’approccio terapeutico
mirato, ad esempio, ad un cardiologo o un radiologo". Per analogia con questa tesi, che accomuna diagnosi e approccio terapeutico "mirato", la fisiatra giudica inappropriato l'invio al fisioterapista senza una preventiva valutazione fisiatrica.
La medesima tesi viene implicitamente ribadita con l'utilizzo dell' espressione "diagnosi specialistica", come se quella formulata da un generalista fosse di rango inferiore o addirittura irrilevante in quanto "diagnosi non specialistica", ovvero non suffragata dall'autorità di un esperto/specialista.
Sulla base di questa tesi un MMG non sarebbe legittimato a diagnosticare e iniziare una terapia in un paziente con ipertensione arteriosa essenziale, senza una
visita specialistica e quindi tutti i gli ipertesi dovrebbero essere inviati
al cardiologo. Analogamente
per diagnosticare un diabete mellito servirebbe una visita diabetologica, per una faringite una visita dell'otorino, per
una bronchite quella dello pneumologo, per un'anemia l'ematologo, per un reflusso gastro-esofageo un gastroenterologo, una cistite un urologo, una crisi gottosa un reumatologo, un'emicrania catameniale un neurologo e così via. Basterebbero queste banali considerazioni - a prescindere dai compiti formalmente attribuiti al MMG dall'ACN - circa le numerose diagnosi poste quotidianamente dalle decine di migliaia di generalisti territoriali, per bollare l'argomentazione della fisiatra cone inappropriata e inconsistente: la presunta diagnosi "specialistica" semplicemente non esiste, al massimo si può attribuire al fisiatra la competenza per prescrivere un piano riabilitativo, peraltro poco mirato quando la sintomatologia è di natura aspecifica come la lombalgia acuta meccanica (l'approccio terapeutico è tanto più mirato quanto più è preceduto da una diagnosi specifica).
Ma c'è altro, che attiene all'equiparazione retorica tra lo specialista e il radiologo, nel "refertare la diagnosi", altrettanto inappropriata della "diagnosi specialistica". E' noto che lo specialista in radiologia raramente è in grado di riscontrare segni patognomonici di una specifica diagnosi ma spesso descrive e propone interpretazioni delle immagini ricavate dalla tecnica utilizzata, in relazione al quesito clinico del prescrittore, che vanno inserite nel più ampio contesto del caso, assieme all'anamnesi, alla storia naturale, all'esame clinico, agli esiti di altre indagini e alle ipotesi diagnostiche generate dal medico, sia esso specialista o di MG. Come afferma Alessandro Stasolla (Popper e il radiologo, Metodo scientifico e fallibilità del medico, Rubbettino, 2009, p. 68-73) il referto radiologico è il frutto di una circolo ermeneutico e, in quanto esito dell'interpretazione di immagini, non è il risultato di un'analisi ma è un'opinione qualificata dello specialista che
-consente spesso giudizi di normalità sulle strutture anatomiche esplorate;
-opinione basata spesso sul rilievo di segni difficili da cogliere e difficili da comunicare in forma verbale;
-segni che, chiamati a testimoniare sulla presenza di una malattia, talora dicono molto e spesso invece si comportano come testimoni reticenti;
-è un'opinione che può essere espressa il più delle volte solo con l'approssimazione di un linguaggio qualitativo, che spesso non può contenere alcuna conclusione e può sempre contenere impressioni;
-è un'opinione infine che dovrà essere interpretata da un altro medico, il medico richiedente qualificato al compito in quanto laureato, che ha acquisito "la capacità di interpretare i referti delle indagini per immagini.
Quello che conta non è la presunta autorità diagnostica dello specialista ma il metodo razionale utilizzato dai professionisti chiamati a risolvere il problema, chiunque essi siano, che consiste nell'avanzare ipotesi differenziali, valuarne le probabilità, escluderene alcune fino a confermarne una con il procedimento critico per tentativi ed errori. Tutti i professionisti, assieme al paziente, possono contribuire con le loro idee ed esperienze al buon esito di questo percorso, più o meno lungo ed accidentato, a prescindere dalle etichette professionali formali.
Le
diagnosi vengono poste dai diversi professionisti in base alle
informazioni in loro possesso e alla loro competenza, nella situazione
particolare di tempo e di luogo, e non sempre richiedono un contributo
specialistico o di accertamenti per immagine o di laboratorio: basta pensare a tutte le
diagnosi ispettive "visive", da quelle dermatologiche a quelle del
distretto ORL, per non parlare di quelle psichiatriche. In
una logica inferenziale bayesiana la progressione della probabilità
parte dagli indizi anamnestici che possono essere rafforzati dai
riscontri dell'esame clinico, come sufficienti prove per la conferma di
una patologia, senza bisogno di ulteriori indagini o
consulenze specialistiche.
A
questa logica non sfugge nemmeno l'approccio alla lombalgia e
soprattutto alla lombosciatalgia, orientato alle famose red flex che
possono essere percepite e valutate da qualsiasi medico, specialista o generalista, come qualsiasi medico è in
grado di valutare un deficit neurologico radicolare meritevole di
approfondimento diagnostico (per i dettagli si veda il post precedente al link). Altre ipotesi diagnostiche esplicative di una lombalgia cronica possono essere escluse con una semplice radiografia della colonna lombosacrale, cosi come quelle più rare richiedono accertamenti sempre più approfonditi in regione delle precedenti tappe dell'itinerario diagnostico. Semplicemente non esiste un'esclusività
diagnostica dello specialistica, se non nel mercato sanitario che
prescinde dalla distinzione in livelli del SSN che prevede invece l'approccio
generalista.
L'approccio generalista in realtà è, per la dottoressa Caredda, insufficiente e inadeguato per formulare una diagnosi che resta di esclusiva pertinenza e monopolio specialistico e
guai al MMG chi si azzarda a diagnosticare autonomamente una lombosciatalgia. A parte il fatto che vi sono MMG specialisti in neurologia piuttosto che ortopedia, reumatologia o terapia fisica, ciò
che fa difetto alle argomentazioni della dottoressa Caredda è
l'articolazione del SSN su più livelli, organizzativi, epidemiologici
e di complessità, per intenderci l'assistenza primaria e quella
specialistica di secondo o terzo livello, la cui distinzione è il punto chiave per dirimere la question della presunta "diagnosi specialistica".
Queste polemiche pubbliche sono utili perché fanno emergere pregiudizi, immagini
stereotipate, valutazioni e premesse cognitive che restano perlopiù implicite o inconfessabili;
in genere queste convinzioni vengono autocensurate o tenute per sé e raramente esternate in pubblico in modo
così politicamente scorretto e direttamente squalificante, agli antipodi della trita retorica sul ruolo centrale della MG. Il MMG è visto come un passivo recettore delle "diagnosi specialistiche", al massimo un trascrittore delle indicazioni e delle terapie mirate dei consulenti, a cui ha inviato di routine e di necessità i pazienti per una diagnosi a lui preclusa.
Il post non può che terminare con una citazione del filosofo della scienza Karl Popper in tema di autorità degli esperti
"E diventato oggi di moda nella scienza invocare la conoscenza specialistica e l'autorità degli esperti, e in filosofia denigrare la scienza e la razionalità. Molto spesso tale denigrazione è generata proprio da una teoria che si esprime in termini di specializzazioni, esperti e autorità. Ma la scienza e la razionalità hanno in realtà ben poco a che fare con la specializzazione e l’appello all'autorità degli esperti. E vero il contrario: queste mode intellettuali rappresentano un ostacolo effettivo per entrambe. Proprio come il pensatore alla moda è prigioniero del suo mondo l'esperto è schiavo della sua specializzazione, laddove è la libertà dalle mode intellettuali e dalle specializzazioni a rendere possibile la scienza e la razionalità”.
Popper KR, Il mito della cornice, Il Mulino, 1993, p.7
Nessun commento:
Posta un commento