Le giornaliste dal Dataroom del Corriere negli innumerevoli interventi pubblicati nell'ultimo quadriennio partono dal presupposto che i medici convenzionati siano assimilabili ai libero-professionisti, e per questa motivazione dovrebbero essere trasformati in dipendenti, dato per scontato ma scorretto almeno per 4 motivi
- in primo luogo lo stato giuridico del convenzionato è di tipo parasubordinato coordinato e continuativo e non prestazionale, come attestano numerose sentenze;
- secondariamente il medico è soggetto ad una serie di vincoli organizzativi, amministrativi, prescrittivi e normativi, sconosciuti e ignorati dai veri libero-professionisti;
- non ha alcun potere di determinare autonomamente il proprio compenso, in quanto stabilito da un Accordo Collettivo Nazionale, corrisposto non dal "cliente" ma dal SSN come terzo pagante della quota capitaria fissa;
- infine i medici di MG con l'entrata in vigore dell'ultimo ACN a livello regionale sono tenuti a partecipare alle Aggregazioni Funzionali Territoriali, obbligo che contrasta con la libera professione.
Insomma, la premessa da cui muovono le reiterate critiche del Dataroom non corrisponde alla realtà in quando viziata da un deficit di informazioni e distorta da opinioni basate su pregiudizi e stereotipi novecenteschi privi di riscontri empirici. Il libero-professionista favoleggiato è così privilegiato, in quanto autonomo e ben remunerato, che non si trovano candidati al corso di formazione e in alcune zone la MG è avviata all'estinzione.
Il vero motivo dei continui rinvii delle annunciate proposte di passaggio alla dipendenza, peraltro mai rese pubbliche, è la questione economica ignorata dalle giornaliste del Dataroom, come ha sottolineato il presidente Cimo il 21 maggio scorso sul Quotidiano Sanità, a proposito dei 40mila medici di MG:
"si stima che la riforma dei medici di famiglia possa costare almeno 2,5 miliardi di euro: dove si intende trovare questi soldi? E con il passaggio alla dipendenza chi sosterrà le spese necessarie, ad esempio, al mantenimento degli studi dei medici di famiglia?”.
Per la prima volta viene resa pubblica una stima dei costi dell'operazione dipendenza, anche se non è chiara la fonte (a proposito, qual è la valutazione del MEF?). Tuttavia i numeri reali dei professionisti convenzionati con il SSN sono più consistenti: ai 37mila MMG bisogna aggiungere circa 10mila medici di CA, 7mila pediatri, 13mila specialisti ambulatoriali e 7mila infermieri di famiglia e comunità (senza contare i medici del 118 e dell'emergenza territoriale, quelli penitenziari, della medicina dei servizi e i veterinari convenzionati). Insomma il numero totale è doppio rispetto ai soli MMG, il che comporta anche un raddoppio del fabbisogno finanziario.
Ma anche qualora si reperissero le risorse finanziarie necessarie per il passaggio alla dipendenza i problemi logistici non sarebbero inferiori a quelli finanziari, mentre quelli previdenziali legati alla gestione ENPAM sono meno rilevanti. Con poco più di 1000 Case della Comunità, che avranno una decina di locali per le visite, dove lavoreranno i 70mila mila futuri professionisti sanitari dipendenti?
È illusorio che potranno avere come sede di lavoro le CdC, se non ammassati negli stessi locali e senza contare lo spazio per il personale di segreteria: al massimo le CdC ne potranno accogliere 1/4, non certo sufficienti a garantire la capillarità e la prossimità dell'assistenza sul territorio.
Ma la situazione più critica è quella del ricambio generazionale che dovrebbe essere garantito dal Corso di Formazione Specifica regionale. Tra i giovani medici l'accoglienza riservata al Ruolo Unico, introdotto con l'ultima convenzione e che prevede un consistente impegno orario nelle Case della Comunità, è a dir poco fredda e non è detto che la dipendenza sarebbe più appetibile.
Per giunta da alcune regioni giungono segnali a dir poco allarmanti sulle adesioni dei futuri generalisti allo stesso Corso Regionale. In Umbria rispetto ai 28 partecipanti al test di ingresso, su 40 posti disponibili, hanno accettato di frequentarlo solo in 16. In Veneto è andata un po' meglio: per il quadriennio 2024/2027 su 248 posti a disposizione i candidati ammessi sono stati 270 ma hanno terminato la prova solamente 146, tra i quali 45 hanno ottenuto un punteggio inferiore a 60, insufficiente prima della pandemia; non è noto il numero effettivo di chi ha iniziato a frequentare ai seminari. A Padova nei primi cinque mesi del 2025, ben 26 medici di famiglia hanno lasciato il loro incarico: 21 sono andati in pensione, mentre altri 5 si sono dimessi anticipatamente. E' chiaro che con questi numeri salta completamente il ricambio generazionale nel prossimo quinquennio.
Insomma se questo trend interesserà altre regioni sarà palese una crisi vocazionale tanto inattesa quanto preoccupante: nessuno vuole fare più il medico di MG, con tutte le intuibili conseguenze sistemiche sottovalutate dai decisori pubblici!
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