lunedì 19 maggio 2025

Ecco l'ultima puntata della telenovela della dipendenza: il doppio modello a discrezione delle regioni

La prima versione della riforma dell'AP era stata anticipata dal Dataroom del 3 febbraio 2025, con alcune indiscrezioni sui punti principali della bozza in discussione, successivamente mai circolata per intero.

Nei successivi tre mesi si erano succedute le dichiarazioni del Ministro che lamentava di non aver ancora ricevuto la proposta di riforma delle regioni e quelle del Governatore laziale Rocca che il 26 marzo assicurava: la riforma dei medici di famiglia è in fase di sviluppo e che si sta valutando l'introduzione di un'opzione che permetta ai medici di scegliere tra un rapporto di dipendenza o di convenzionamento con SSN.

Il 28 aprile l'assessore regionale toscano alla Sanità Simone Bezzini rilascia la seguente dichiarazione: “Ci sono tante indiscrezioni che emergono periodicamente sulla stampa, ma il governo non ha presentato nessuna riforma sui medici di famiglia da discutere con le Regioni e con le organizzazioni sindacali della medicina generale”.

Lo stesso giorno veniva diffuso il documento contenente le proposte delle Regioni per risolvere la crisi del personale del Ssn. Nella premessa spiccava un'ammissione sorprendente: "In assenza di un piano strategico nazionale, le Regioni e le Province Autonome ritengono urgente e necessario definire una posizione condivisa e propositiva, con l’obiettivo di stimolare un confronto istituzionale costruttivo e di promuovere misure normative, organizzative e contrattuali coerenti con le reali esigenze del sistema".

Il documento partiva dalla definizione dei problemi ma dall'analisi delle cause non derivavano soluzioni coerenti e concrete, se non quella di trasferire sul territorio i medici dipendenti. Inoltre mancavano accenni alle proposte di rinnovo dell'ACN, al ruolo unico e all'attivazione della specializzazione in MG, precondizione per il ventilato passaggio alla dipendenza dei 60mila medici convenzionati.

In compenso contemporaneamente il Dataroom del Corriere della Sera assicurava:  "La riforma è in discussione da almeno tre mesi e ora è pronta: se approvata i nuovi medici di famiglia diventeranno dipendenti del Servizio sanitario  nazionale  Il documento deve ottenere il via libera dalla Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni, per poi approdare sul tavolo del ministro Orazio Schillaci". 

Passano pochi giorni e l'11 maggio il quotidiano La Repubblica anticipa i contenuti del progetto di legge elaborato da tre Regioni - Veneto, Friuli e Lazio - che dovrà essere condiviso con tutte le altre, discusso con il ministero per avere l'OK finale del CdM. Il testo prevede cambiamenti nello status - con il naturale esaurimento della formula dell'ACN per via del ricambio generazionale - negli orari, nella remunerazione e nella formazione, che da regionale dovrebbe diventare Universitaria e nazionale passando da tre a quattro anni.

Dopo altri tre giorni il QS rivela cosa bolle nella pentola degli assessori regionali, ovvero il doppio modello. Da un lato verrebbe confermata l’attuale convenzione, rafforzata da un maggiore coinvolgimento dei medici nelle Case della Comunità, a cui verrebbero affiancati i futuri medici dipendenti dell'AP, previa frequenza al corso quadriennale di specializzazione. La scelta del modello viene lasciata all'autonomia organizzativa delle regioni. Alcune potrebbero optare per i convenzionati, altre puntare sui dipendenti ed altre ancora mantenere un mix tra i due modelli a seconda delle specificità territoriali.

«Questa opzione viene incontro proprio alle esigenze di flessibilità che hanno le Regioni e salvaguarda anche le richieste dei sindacati nonché lo spirito della proposta iniziale del ministero» assicura l'assessore alla Sanità del Piemonte. 

COMMENTO. Non è difficile immaginare le conseguenze di questa varietà di opzioni contrattuali. Oltre ad avere già 20 diversi modelli di SSR avremo anche una distribuzione ad Arlecchino dell'Assistenza primaria, con ulteriori problemi e rischi di disomogeneità organizzativa, normativa e disparità di trattamento economico dei medici di MG, CA e dei pediatri. 

Di fatto il livello centrale se ne laverebbe le mani, scaricando sulle regioni la scelta, con annessi problemi per garantire la copertura finanziaria del passaggio alla dipendenza, che peraltro nessuno ha ancora quantificato. Una soluzione pilatesca che è difficile capire come possa essere accettata dai governatori, visto il cronico definanziamento dei 20 SSR, e di cui si fatica a comprende il "razionale".

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