venerdì 30 maggio 2025

L'assistenza primaria e il piano nazionale della cronicità: una sfida organizzativa, socioeducativa e culturale

                                                             Giuseppe BELLERI

  GUIDA AL PIANO NAZIONALE DELLA CRONICITA’

Dai fattori di rischio alle polipatologie croniche, una sfida organizzativa, educativa e culturale per l’assistenza primaria

  KDP Amazon, formato cartaceo ed elettronico, pag. 198

Prefazione di Silvana Quadrino, psicoterapeuta e docente di Medical Humanities

Una sfida a cui non si può sottrarsi, un libro per affrontarla meglio

 Che quella della cronicità sia la sfida che la medicina di territorio, e l’intera organizzazione sanitaria e assistenziale, si trovano ormai ad affrontare da anni è esperienza di tutti: medici, professionisti sanitari, professionisti sociali, pazienti e famigliari.

Che sia non solo una sfida organizzativa ma anche una sfida culturale è l’aspetto che questo libro mette in evidenza, a partire dall’esperienza dell’autore, che il lavoro di medico, e di medico di medicina generale, lo ha svolto coniugando la competenza clinica e organizzativa con un profondo interesse per gli aspetti umani della cura.

Quando si parla di aspetti umani non si parla di medici più “buoni” degli altri; non si parla di spontanea empatia ( dalla quale personalmente diffido) ma di cultura; di impegno formativo e autoformativo. Di una sensibilità coltivata praticando le medical humanities e la medicina narrativa in tutto il proprio operare professionale.

In questo nuovo libro di Giuseppe Belleri convivono la cultura scientifica – clinica, organizzativa, epidemiologica – e la cultura umanistica, antropologica, psicosociale dell’autore. Arricchite, e questa è una caratteristica preziosa del testo, da una attenzione profonda ai significati delle parole e dei concetti che attraversano sia le linee guida, i piani nazionali e regionali, le riunioni e gli incontri ufficiali, sia le conversazioni quotidiane fra medici e pazienti, fra medici e famigliari.

  Impossibile non riferirsi a questo proposito alla definizione emersa dalla Linee di indirizzo per l’utilizzo della Medicina Narrativa in ambito clinico assistenziale del 2014*: la narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura.

Il MMG si trova all’incrocio di questi diversi punti di vista; incontra narrazioni molteplici, in cui si parla in apparenza di qualcosa di condiviso: cura; assistenza; rischio; continuità; cronicità. Si potrebbe continuare elencando parole chiave e cercando di riflettere su tutte le differenze possibili che ciascuna di queste parole, di questi concetti, assumono per il politico, l’amministratore, l’economista sanitario, il medico, il paziente, il famigliare. Belleri ne approfondisce i significati mettendo in evidenza le possibili ambiguità e le conseguenti incongruenze possibili: cosa significa parlare di rischio, per l’organizzatore, per il divulgatore, per il MMG, per il medico specialista, per il paziente, per il famigliare? E parlare di salute, di guarigione, di cura? Parliamo della stessa cosa? E, soprattutto, esiste un modo per tenere conto di tutti questi significati e degli obiettivi che ne derivano? Per integrarli, o almeno per evitare che divergano disastrosamente?

Parliamo di differenze; di molteplicità; di complessità. La complessità, e la conseguente sfida a cui non è possibile sottrarsi, è una delle potenti linee su cui si sviluppa tutto questo libro. Complessità che nasce, per cominciare, dalla dimensione spazio-temporale che caratterizza la malattia cronica: una condizione che si sviluppa in tempi lunghi, con decorsi imprevedibili; che attraversa i diversi cicli di vita della persona e della sua famiglia.

Il MMG è coinvolto nel succedersi di fasi della vita del suo paziente e della famiglia che comportano modificazioni dei ruoli, delle relazioni, delle regole, delle aspettative, delle richieste. Cambiano gli attori e gli scenari, il paziente cresce – pensiamo a malattie croniche che debuttano in età evolutiva o giovanile - affronta impegni relazionali e lavorativi nuovi, o deve rinunciare quelli che hanno fatto parte della sua vita fino a quel momento; invecchia, perde competenze, peggiora. Oppure attraversa lunghi periodi di stabilizzazione in cui compaiono speranze e illusioni, e in cui può ridursi l’aderenza alle cure. I caregiver a loro volta invecchiano, si ammalano; muoiono.

Le strutture famigliari si modificano. E anche i curanti inevitabilmente si succedono, si perdono punti di riferimento con centri specialistici, con professionisti di fiducia, con operatori di assistenza conosciuti e fidati. Connettere i fili della rete dell’assistenza e della cura, ogni volta che è necessario condividere, o ricondividere, il progetto assistenziale, è un compito che il MMG avverte come proprio, ma che non è possibile se non si attua quello che nel Piano Nazionale per la Cronicità viene indicato come “macro-processo di integrazione nelle sue varie espressioni organizzative, gestionali, operative, tecnologiche, professionali e istituzionali”. Macro processo che va però tradotto in azioni concrete, in interventi che non possono essere solo tecnico/organizzativi, ma anche e soprattutto formativi e culturali.

Leggendo il testo di Belleri ho pensato che lo sviluppo del libro rappresenta una bella prova di fronteggiamento efficace della complessità: la complessità, scriveva e diceva spesso Giorgio Bert, il cui lavoro e pensiero ha incrociato spesso quello di Giuseppe Belleri, non può (non deve) essere semplificata: va vista ad occhi bene aperti, conosciuta e attraversata. Ciascuno dei capitoli del libro “attraversa” aspetti della complessità dell’intervento nella cronicità, esplodendone per così dire tutti i punti senza pretendere di semplificarli:

La prevenzione, con i conseguenti molteplici significati del concetto stesso di prevenzione, e di rischio, la cui condivisione fra professionisti e pazienti, e spesso fra gli stessi professionisti, è bene non dare mai per scontata.

- La “presa in carico”, con la necessità di dare senso e concretezza al termine “integrazione” che, come sottolinea Belleri, compare nel testo del Piano con scarsi riferimenti al concetto di “sistema”, che è il solo a poter rendere visibile e “attraversabile” la complessità della presa in carico da parte di professionisti e organizzazioni diverse.

- La cultura, intesa sia come conoscenza e condivisione di conoscenze fra il mondo sanitario e i cittadini, sia come formazione umana dei professionisti sanitari, indispensabile per saper affiancare i pazienti e i caregiver nei momenti decisionali, negli interventi di motivazione e di educazione terapeutica, nel fronteggiamento dei momenti critici.

- L’educazione sanitaria, ben distinta dall’informazione su cui tante energie e risorse vengono impiegate, con risultati scarsi poiché “fornire maggiori informazioni su argomenti sanitari è condizione necessaria ma non sufficiente per impegnarsi e promuovere cambiamenti comportamenti “

 L’autore dedica un intero capitolo alla riflessione sul “paradigma della semplificazione” descritto da Morin come il fondamento dell’approccio “scientifico” all’intervento sulle malattie acute, e ormai inadeguato alle nuove esigenze della cura. L’approfondimento di ciò che rende inadeguato quel modello a fronte delle esigenze di assistenza e di cura della malattia cronica  percorre tutto il libro e ne costituisce a mio avviso una delle griglie di lettura più arricchenti.

Considero particolarmente utili, nell’armonizzare la profondità delle riflessioni e dei riferimenti alla letteratura scientifica, sociologica, antropologica, filosofica, psicologica a cui Belleri attinge con competenza, i casi e le storie disseminati nel libro, che permettono al lettore di evocare il ricordo di situazioni ed esperienze simili e di cogliere il senso che acquistano attraverso la lettura che ne propone l’autore. Così la signora Franca, sessantenne convinta di poter sostituire la terapia farmacologica con l’esercizio in palestra; o la giovane donna sana e priva di sintomi che, utilizzando in modo disinvolto e creativo le teorie della probabilità e l’associazione mentale prevenzione/esami clinici approfonditi  perché “non si sa mai cosa si può trovare” , chiede la prescrizione di una immotivata  “TAC a tutto il corpo”,  non sono più macchiette su cui ridere con i colleghi nelle cene congressuali,  ma occasioni di riflessione, alla luce della domanda che sempre, nei corsi di comunicazione e di medicina narrativa, proponiamo ai medici: che cosa “rende possibile”, e in qualche modo sensate, convinzioni e richieste di questo genere?

E’ questo l’approccio narrativo alla complessità della relazione di cura: non una raccolta di aneddoti e di storie, ma la ricerca di senso in tutto ciò che percorre la relazione di cura fra i diversi attori coinvolti in quella relazione. Quel senso che è necessario “acquisire, comprendere e integrare”, come recita la definizione proposta dall’ISS.

Nella parte conclusiva del libro emerge l’aspetto politico a cui la riflessione di Belleri inevitabilmente conduce: la complessità di cui tutto il libro parla, e il diritto dei cittadini di poter contare in interventi adeguati se dovranno affrontare situazioni di cronicità (eventualità che tutti dobbiamo mettere in conto, legata anche all’aumento della durata della vita) richiede una “integrazione e continuità organizzativa tra settore sanitario e servizi socioassistenziali”. Integrazione che non sembra far parte dei progetti della attuale politica sanitaria.

Il progressivo smarcarsi delle politiche economiche sanitarie dai costi degli aspetti assistenziali di risposta alla cronicità e alla non autosufficienza, spostandone il peso su altri attori sociali come caregiver familiari, badanti, assistenti ad personam ed in generale servizi sociali comunali, fa emergere nuove esigenze a cui il Servizio  Sanitario dovrà sapere rispondere e per le quali dovrà (dovrebbe) destinare risorse e progettualità: in particolare, interventi formativi e organizzazione adeguata, che preveda tempi e modi  per la promozione e l’attuazione di buone pratiche di integrazione e conciliazione fra tutti gli attori coinvolti.

Cito dalle ultime pagine del libro: “la rete territoriale, orizzontale, informale e non gerarchica, è composta da attori con difformi status giuridici e professionali, ognuno con il proprio bagaglio di conoscenze, esperienze formative, schemi di valutazione, criteri e parametri decisionali nell’ambito delle regole deontologiche e della cultura professionale di riferimento”

Fare di queste differenze una ricchezza e non un ostacolo per la qualità della cura, per la qualità della vita dei pazienti e dei caregiver  e, non dimentichiamolo, per la qualità della vita e la dignità professionale dei medici e degli operatori sanitari e sociali è, in estrema sintesi, la grande “sfida culturale, educativa e organizzativa per le cure primarie” che il libro di Giuseppe Belleri propone. Una sfida urgente, per la quale questo libro rappresenta un contributo prezioso.

Al link l'introduzione

*https://www.medicinanarrativa.network/wp-content/uploads/2021/03/Quaderno_n._7_02_CONSENSUS-CONF-FINALE_compressed.pdf 


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