giovedì 10 novembre 2022

Lo strano caso dei migranti, tra fragilità e resilienza

Lo sbarco in massa dei migranti dalle navi delle ONG a Catania, in quanto ritenuti fragili, ha suscitato il disappunto del presidente del Consiglio, che ha giudicato la decisione "bizzarra".

La conclusione della vicenda, con lo sbarco non selettivo di tutti i migranti, più che una bizzarria è l'esito inatteso di una gestione poco accorta che al lato pratico si è rivelata una via di mezzo tra una profezia che si autoavvera e una nuova versione del comma 22: con la selezione avevano diritto allo sbarco i migranti fragili ma è stata la lunga permanenza in mare al largo, per il divieto di attracco, a renderli tali, per via dello stress psicofisico patito per essere stati forzatamente ammassati sulle navi.

Bisogna considerate anche i potenziali effetti collaterali della selezione dei fragili: anche ammettendo una valutazione "diagnostica" oggettiva, non proprio scontata, lo sbarco selettivo in caso di separazione tra un minore e un genitore rischia di peggiorare la fragilità dell'uno e di provocare quella dell'altro più ancora delle traversie del viaggio. E così via con gli effetti perversi di un provvedimento dalle fragili basi concettuali.

Peraltro e ad onor del vero, a leggere le cronache delle migrazioni si tratta di persone tutt'altro che fragili, anzi resistentissime che hanno affrontato viaggi avventurosi della durata di mesi e mesi, superando prove durissime e subendo terribili angherie, in quella che non è esagerato definire una vera odissea (altro che i viaggi organizzati degli europei!). Più che altro hanno dimostrato di possedere formidabili doti di resilienza, che ricordano quelle dei sopravvissuti ai vari Lager del novecento, e motivazioni altrettanto forti per fuggire da pessime condizioni di vita e raggiungere l'Europa. Per le ONG invece la condizione stessa di esule configura, ipso facto, uno stato di vulnerabilità e fragilità, se non altro psicologica (https://www.saluteinternazionale.info/2022/11/il-potere-disumano/).

Per giunta gli antropologi riferiscono che per arrivare sulle coste del mediterraneo hanno dovuto giocoforza imparare 2 o 3 lingue parlate dalle popolazioni che hanno incontrato lungo il viaggio. Chi di noi sarebbe in grado di cavarsela in circostanze analoghe e reggere un simile stress culturale?

Il dubbio sorge spontaneo: sono quindi intrinsecamente fragili, oppure lo sono diventati per il rischio di essere respinti e ricacciati indietro nel loro "inferno", proprio quando stavano per salvarsi. Ovvero, lo erano già o sono stati "fragilizzati" dalla condizione psicofisica di rifiutati e ricacciati indietro cui si sono trovati a seguito del blocco dei porti alle navi e dell'impossibilità di concludere il viaggio?

Paradossalmente è stato il respingimento a favorire il loro sbarco, per l'eterogenesi dei fini e una condizione forzata che a mo' di boomerang si è ritorta contro l'intento selettivo; per uscire dall'impasse il governo non ha trovato di meglio che la soluzione dello sbarco selettivo, delegando all'autorità tecnico-sanitaria la via d'uscita ad una situazione intricata sul piano politico con una soluzione ambigua e discriminante.

Termini come fragilità e vulnerabilità sono per loro natura fuzzy, polisemici e danno adito a svariate interpretazioni, come è normale per concetti astratti e sfaccettati in base ai quali sono state prese le decisioni che si sono rivelate controintuitive per il decisore politico, che evidentemente non aveva messo in conto questa ambiguità semantica ei suoi risvolti pragmatici.

P.S. La vicenda è l'ennesimo esempio della propensione politica a scaricare scelte delicate e scottanti sui medici, come ad esempio nel caso delle Note Aifa. In realtà vi sono importanti differenze.

Le Note vengono talvolta applicate obtorto collo perché rifilano al medico la sgradevole seccatura di far pagare al paziente i farmaci che rientrano nei criteri prescrittivi. Il prescrittore ha comunque buone ragioni tencniche per rispettare le note, se non altro per evitare le sanzioni, mentre con i migranti è successo il contrario: i medici hanno potuto addurre buone ragioni deontologiche per non applicare lo sbarco selettivo per via del rischio delle conseguenze psicologiche correlate da una generalizzata fragilità indotta dalla permanenza sulle navi. Ragion per cui lo scaricabarile non è andato a buon fine, sia perché mal congegnato sia perché in conflitto con le logiche sistemiche.

L'esito del contrasto tra volontà politica e applicazione "tecnica" nel decreto spiega lo stupore del premier, che immaginava una classe medica disponibile a seguire le indicazioni politiche più che i principi etico-deontologici ordinistici. Come si spiega tale esito? E' andato in scena a reti unificate un classico conflitto tra diversi criteri/codici decisionli - che resta abitualmente sotto traccia - tipico delle società complesse frammentate in sotto sistemi. Ogni sotto sistema è guidato nelle scelte dal propio codice comportamentale e dai propri criteri di valutazione, che sono distinti e incompatibili in quanto operano in base a diverse cornici concettuali ed etico-valoriali. I codici sono autonomi e non riducibili l'uno all'altro - incommensurabili nel gergo della sociologia sistemica - da qui la rivendicazione della legittimità dell'operato dei medici ribadita dal presidente dell'ordine, basata su valutazioni e motivazioni "tecniche" specifiche entrate in conflitto con le ragioni e le motivazioni della politica.

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