martedì 27 giugno 2023

Dipendenza e specializzazione: incertezze, problemi pratici e tempi dell'attuazione

Il prof. Mapelli sul QS ha evidenziato alcune criticità normative riguardo all'ipotesi di trasformazione del CFSMG in specializzazione universitaria: "La specializzazione universitaria in medicina di base è vietata da una Direttiva dell’UE (86/457/CEE), perché la formazione dei Medici di Medicina Generale deve “essere più pratica che teorica” e impartita per almeno 6 mesi presso un ospedale e per 6 mesi presso un ambulatorio di medicina generale (art. 2)".

lunedì 12 giugno 2023

Come recuperare la legittimazione sociale e professionale perduta?

ll dibattito sul futuro stato giuridico e contrattuale dell’Assistenza Primaria è interessante, anche se sconta i limiti dell’impostazione top down di matrice giuridico-formale che, senza l’apporto bottom-up delle risorse professionali ed economiche, rischia di esaurirsi in disegni astratti e poco spendibili al lato pratico. Perché quando si discute di MG è bene tenere presente che si ha a che fare con un nodo della rete sociosanitaria immersa nel mondo della vita, a differenza dell’organizzazione “razionale” ospedaliera concentrata sulla difesa del nucleo tecnico dalle perturbazioni ambientali.

domenica 11 giugno 2023

Appuntamenti in MG: pro e contro.

Dall'inizio del secolo l’organizzazione della MG è evoluta per fronteggiare la “pandemia” di condizioni croniche: la gestione dello studio si è progressivamente “ospedalizzata”, nel senso che si è passati da un modello assistenziale artigianale, permeabile rispetto all’ambiente grazie ad un accesso libero e illimitato, ad un sistema differenziato con una sorta di nucleo tecnico e alcune barriere all’accesso.

Fino alla prima riforma sanitaria del 1978 non vi era di fatto separazione tra la medicina generale e il suo ambiente in quanto il “generico” vi era completamente immerso: o meglio il rapporto con l’ambiente era caratterizzato da una porosità fatta di disponibilità H24, visite in studio senza appuntamento, assenza di collaboratori, stretto legame con l’ambiente sociale e la comunità locale, scarsi vincoli prescrittivi ed ampia autonomia professionale per una sorta di delega in bianco nella gestione della sanità sul territorio.

Fino agli ultimi decenni del secolo scorso, gli unici servizi che garantivano ai cittadini un’accessibilità incondizionata, senza alcun filtro al contatto, erano il pronto soccorso in ospedale e la MG sul territorio. A partire dagli anni Novanta e con un’accelerazione all’inizio del ventunesimo, anche la medicina del territorio ha avviato una ristrutturazione organizzativa in due direzioni: da un lato con una più ampia gamma d’offerta di prestazioni, per venire incontro alla varietà della domanda e, dall’altro, con una maggiore selettività dei rapporti con l’ambiente. La spinta al cambiamento è stata sia endogena (necessità di rispondere all’aumento dei carichi di lavoro per la prevalenza delle patologie croniche) sia esogena (incremento della componente burocratico-amministrativa e dei vincoli prescrittivi). 

La diversificazione ha significato anche una ristrutturazione delle relazioni con l’ambiante, nel senso della regolazione dell’accesso al “nucleo tecnico”, ovvero la consultazione ambulatoriale con il MMG. Con la progressiva introduzione degli appuntamenti, della piccola tecnologia o degli ambulatori per problemi anche la medicina generale si è allineata alle modalità di consultazione tipicamente ospedaliere, con due effetti collaterali: allungamento dei tempi d’attesa per le visite su appuntamento e difficoltà di gestione delle urgenze e soprattutto delle pseudo-urgenze ambulatoriali e domiciliari, spesso fonte di richieste inappropriate (le cosiddette “prestazioni non rinviabili”).

Progressivamente la mission professionale delle cure primarie si è spostata dalla risposta alle situazioni acute e pseudo-emergenziali alla presa in carico e alla gestione della cronicità seppure in modo informale, sia a livello ambulatoriale sia domiciliare in caso di non-autosufficienza o fragilità. Parallelamente la domanda per problematiche urgenti o percepite tali dagli assistiti si è spostata sulle strutture di pronto soccorso, meglio attrezzate tecnologicamente per valutare e rispondere alle condizioni di rischio, mentre il territorio, per un incolmabile dislivello di tecnologia diagnostica, si è indirizzato verso il basso rischio. 

In pratica l’evoluzione della medicina generale ha tentato di ricomporre il dilemma tra la difesa del nucleo tecnico e l’apertura all’ambiente: è aumentata la varietà dell’offerta per venire incontro alla domanda e in parallelo è aumentata la selettività dell’accesso, per indirizzarla verso il percorso organizzativo più appropriato tra quelli disponibili. Con l' "esplosione" del Covid-19 la diffusione degli appuntamenti ha avuto un'accelerazione, specie nelle zone a maggior incidenza, onde evitare rischi di contagio in sale d'attesa affollate.

Tre sono le possibili modalità di consultazione:

  • accesso libero degli assistiti senza appuntamento;
  • consultazione mista, ovvero in parte libera e in parte su appuntamento;
  • accesso esclusivamente su appuntamento e/o con ambulatori per problemi.

 Naturalmente ogni soluzione presenta vantaggi e svantaggi per medico e paziente: certamente la modalità di accesso su appuntamento in modo esclusivo comporta un allungamento, talvolta eccessivo, dei tempi di attesa per una visita o l'utilizzo improprio del tempo di consultazione per atti che sono prevalentemente ripetitivi o burocratici. Secondo il mio parere, in base al principio generale della diversificazione dell'offerta per venire incontro alla varietà della domanda (legge di Ashby), la soluzione ideale per poter affrontare la varietà dei bisogni e della domanda è la formula mista, ad esempio con un 1/4 circa del tempo ad accesso libero per le incombenze burocratiche e le pseudo-urgenze, in 2-3 sedute settimanali una delle quali il lunedì, e i restanti ¾ del tempo su appuntamento, per problemi emergenti e soprattutto per la gestione della cronicità, talvolta con orari dedicati ad alcune specifiche categorie.

Insomma sul territorio conta prima di tutto la diversificazione quali-quantitativa dell’offerta e la divisione dei compiti per una gestione razionale ed integrata del tempo, grazie ai collaboratori sempre più presenti e necessari negli studi dei MMG. Ma per rendersene conto bisogna aver avuto esperienza diretta del contesto, dell'organizzazione e delle gamma di pratiche dell’assistenza primaria, senza ridurre il giudizio al solo dato quantitativo delle 20 ore, che evoca una logica prestazionale e parcellare, piuttosto che una continuità relazionale e temporale che si concretizza in diverse modalità di contatto, presa in carico globale e gestione del tempo e della relazione sul lungo periodo.

giovedì 8 giugno 2023

Il medico convenzionato, immaginario libero professionista corporativo (II)

Il profilo giuridico del medico convenzionato configura un rapporto di lavoro ibrido, cioè una via di mezzo tra libera professione in senso stretto e la vera e propria subordinazione, definito para-subordinato, che tra l’altro è stato esteso agli infermieri di famiglia e comunità incaricati negli ultimi anni. Il riferimento alla subordinazione del neologismo sottolinea la contiguità del convenzionato con lo status di dipendente - ad eccezione del regime fiscale e delle tutele - che risalta ancor di più con la retribuzione oraria dei medici di Continuità Assistenziale che esercitano in locali messi a disposizione dall'ente e non in uno studio "privato". 

In parallelo all'arrivo degli Infermieri di famiglia libero-professionisti un numero consistente di dipendenti ospedalieri rinuncia alle garanzie del posto fisso statale (malattia, maternità, ferie, assicurazioni su infortuni, rischio e malattia professionale, strumenti e costi dell'attività, collaboratori, permessi retribuiti, indennità di fine rapporto, congedi straordinari, trattamento fiscale e previdenziale etc..)  per diventare "convenzionato" e godere di maggiore autonomia rispetto al rapporto di subordinazione gerarchica. 

Un parte dei dipendenti si è invece dimessa per esercitare la libera professione come "gettonista", in una delle Cooperativa che fornisce professionisti per coprire i vuoti di organico degli ospedali pubblici, a costi esorbitanti rispetto a quelli irrisori della quota capitaria (in un'ora di servizio un gettonista percepisce più della quota capitaria annuale dell'assistito del MMG): come ha dichiarato l'assessore Bertolaso "sono oltre 10mila i turni in ambito ospedaliero affidati a medici esterni; in ambito di anestesiolgia e pronto soccorso". 

Il MMG in caso di breve malattia o per una vacanza deve trovare un sostituto retribuito con un compenso giornaliero concordato tra i due; paradossalmente quindi il convenzionato para-subordinato si deve avvalere di un collega in veste di "vero" libero professionista a partita IVA, con relativa fatturazione e trattenuta IRPEF. All’opposto la para-subordinazione ha consentito l’inserimento dei medici nella rete hub&spoke di case della comunità di alcune regioni, ben più appropriata dall'unico modello di mega casa della comunità da 45mila abitanti del DM77, destinate a restare disabitate per carenze logistiche e di professionisti sanitari sul mercato del lavoro. 

Il rapporto di para-subordinato non è esente da ambiguità e contraddizioni, come quelle relative ai vincoli prescrittivi delle Note Aifa e dei Lea sugli accertamenti che paradossalmente possono essere ignorate dei dipendenti, al pari delle mancate certificazioni di malattia INPS o dell'utilizzo del ricettario del SSN per le prescrizioni da parte degli specialisti dipendenti o convenzionati. Per non parlare dei controlli sulle prescrizioni farmaceutiche, divenuti via via asfissianti sul MMG anche quando le terapie sono iniziate in ospedale o consigliate dopo una visita specialistica e ricadono quindi sul budget del generalista. In pratica solo con la distribuzione del ricettario del SSN a tutti gli iscritti all'Ordine professionale, a prescindere dal rapporto di convenzione o di dipendenza, si potrebbe configurare una medicina generale autenticamente libero-professionale, come erano a suo tempo i medici mutualisti convenzionati con enti come Inam, Enpas, Inadel etc..

Non a caso agli specialisti che operano in intramoenia è vietato l'utilizzo del ricettario del SSN per la prescrizioni di accertamenti dopo la visita a pagamento. Gli unici operatori sanitari che svolgono attività in regime prettamente libero professionale sono i "gettonisti" che lavorano per conto delle cooperative, alle quali viene esternalizzato un servizio come da prassi degli ultimi decenni in tutto il SSN. Va precisato che il regime convenzionale, inaugurato all'indomani della prima riforma sanitaria del 1978, ha anticipato di decenni la formula dell'esternalizzazione ma con parametri e vincoli contrattuali per la fornitura delle prestazioni professionali ben più rigidi ed economicamente convenienti per il SSN, tant'è che il passaggio alla dipendenza dei medici dell'AP è stato bocciato per la sua onerosità e insostenibilità finanziaria.

Come si può facilmente constatare la reiterata accusa “ontologica” rivolta al MMG di essere un libero professionista corporativo non regge alla verifica dei dati di fatto e si rivela tanto inconsistente quanto strumentale, frutto di generalizzazioni, bias cognitivi autoreferenziali venati di pregiudizio ideologico vetero novecentesco, giustificato tutt'al più ai tempi del medico della mutua.

La prima parte al link: http://curprim.blogspot.com/2023/06/il-medico-convenzionato-libero.html

lunedì 5 giugno 2023

Il medico convenzionato, immaginario libero professionista corporativo (I)

Dall’inizio della pandemia la MG è oggetto di critiche ricorrenti, da parte di giornalisti ed opinion leader professionali, alle quali ad esempio si dedica Roberto Polillo sul QS con un'insistenza degna di miglior causa e sintomatica di un pregiudizio ideologico di base. Le criticità della medicina territoriale vengono attribuite al suo status libero professionale, ovvero all’eccessiva discrezionalità ed autonomia gestionale rispetto alla dipendenza e al presunto carattere corporativo della categoria. Vale quindi la pena di precisare “tecnicamente” le differenze tra il rapporto di lavoro autonomo coordinato e continuativo dei “convenzionati” con il SSN e l'ideal tipo del libero-professionista “puro”, regolato dalle norme del CC (articoli dal 2229 al 2238 del Titolo III).