giovedì 27 ottobre 2016

Prescrizioni con priorità Urgente: differibili o nel più breve tempo possibile?

Con l'avvio della dematerializzazione delle richieste di prestazioni ambulatoriali l'indicazione del codice di priorità compare per esteso sul promemoria cartaceo ed è fonte di problemi interpretativi della norma in vigore dall'estate del 2015. In caso di priorità Urgente la dizione presente sul promemoria è duplice ("nel più breve tempo possibile o, se differibile, entro 72 ore") in quanto riflette la pratica corrente:
   l'applicazione del "bollino verde" sulla ricetta cartacea indica che la prestazione può tranquillamente essere eseguita entro le 72 ore mentre
   viceversa senza il bollino la prescrizione è connotata dall'Urgenza nel senso dell'esecuzione entro il più breve tempo possibile, in genere tramite il PS.

A mio parere non si tratta di una questione puramente lessicale o di punteggiatura, ma il riflesso di due diverse valutazioni CLINICHE con le conseguenti decisioni PRATICHE. Questa distinzione temporale non è casuale o cavillosa in quanto corrisponde a due interpretazioni dell'Urgenza, abituali al tempo della "ricetta rossa" ma ora non distinguibili con la prescrizione su ricetta dematerializzata, dal momento che la priorità Urgente viene assimilata dalle Aziende Sanitarie alla sola forma differibile.

Nella pratica ambulatoriale le due forme di urgenza non sono equivalenti, come dimostrano i seguenti esempi pratici. Di fronte ad una precordialgia "sospetta" chiedo abitualmente una visita urgente in PS e non certo una consulenza con urgenza differibile, che riservo invece a casi più sfumati, tipo una precordialgia atipica con aritmia cardiaca, magari in un assistito asintomatico ma a rischio CV elevato.

Analogamente in caso di sospetta appendicite o colecistite non ricorrerò certo al bollino verde, ma chiederò una consulenza chirurgica urgente in PS, per il rischio di una rapida evoluzione in peritonite della patologia. D'altra parte può anche accedere il contratio, ovvero che lo specialista dopo una visita urgente differibile disponga l'invio dell'assistito in PS per un'urgenza non differibile, decisione giudicata più appropriata rispetto alla situazione contingente.

La riprova che la duplice tipologia della priorità U (quella "nel più breve tempo possibile" e quella "differibile") non sono pratiche equivalenti, ma la descrizione di scelte prescrittive difformi riguardo al tempistica della prestazione, è dimostrata anche dal livello amministrativo:
vi sono due distinti percorsi organizzativi (accesso in PS versus prenotazione tramite iCUP o sportello amministrativo, in caso di bollino verde) per le due tipologie di urgenza e dal fatto
che in PS il bollino verde non viene preso in considerazione ed anzi criticato, in quanto usato impropriamente per accedere alle strutture di emergenza/urgenza.

Questa interpretazione è avvalorata anche dalla normativa sul "bollino verde", che fa riferimento ad una prestazione da eseguire "entro 72 ore", senza citare la formula "nel più breve tempo possibile". Non è un caso, perchè l'urgenza differibile è stata introdotta, ormai 15 anni or sono, proprio con l'intento di ridurre l'accesso improprio al PS, deviando le urgenze inappropriate sul "bollino verde", cioè verso le strutture ambulatoriali ordinarie inadatte a fronteggiare le urgenze vere e proprie.

Inutile sottolineare i delicatissimi risvolti medico-legali delle due diverse tipologia di prescrizioni urgenti, e proprio per questo il parere di un esperto in materia sarebbe quanto mai opportuno.

mercoledì 26 ottobre 2016

Vaccinazioni tra scelta razionale ed emozioni

Le vaccinazioni sono sempre al centro dell'interesse e del dibattito pubblico. Alcuni fatti hanno riacceso i riflettori sul rifiuto delle vaccinazioni per i nuovi nati: da un lato alcune regioni stanno promuovendo normative per rendere obbligatorie le vaccinazioni ai fini dell'iscrizione alla scuola dell'infanzia e dall’atro vengono segnalati casi di provvedimenti disciplinari da parte degli Ordini dei medici di Treviso e Firenze verso camici bianchi anti-vaccini, mentre il presidente Mattarella ha espresso la sua opinione in un recente discorso giudicando pubblicamente "sconsiderato chi critica i vaccini".
Se i genitori decidessero solo in modo distaccato, a mo' di freddi statistici bayesiani, non si porrebbe la questione del calo delle vaccinazioni nei bambini, perchè il beneficio atteso è inequivocabilmente a favore della vaccinazione. A dimostrazione di quanto sia influente l’aspetto emotivo sulle decisioni riguardanti la salute, basta ricordare l'effetto che ebbero nel 2014 le notizie sui presunti decessi attribuiti al vaccino influenzale Fluad, con un calo del 30% circa delle adesioni alla campagna vaccinale. E in quel caso si trattava della salute del diretto interessato e non di decidere per un minore come il proprio figlio, con tutti i risvolti psicologici di tale decisione in termini di responsabilità genitoriale e di rammarico per eventuali conseguenze negative della vaccinazione, seppur rare.
Tra gli addetti ai lavori ci si interroga sulle motivazioni che spesso spingono i genitori a rifiutare di vaccinare i propri piccoli, e sulle dinamiche psicologiche alla base di tale decisione, nonostante siano noti i dati sul rischio di gravi complicanze da morbillo, come la temibile encefalite. Alla base di questa scelta vi è, a mio parere, un'asimmetria temporale del giudizio probabilistico e una distorta percezione degli effetti avversi della vaccinazione, evento “artificiale” attuale, rispetto al fatto "naturale" della futura ipotetica malattia. Dal punto di vista della teoria della scelta razionale, il decisore dovrebbe scegliere di sottoporsi o meno ad una pratica medica seguendo un processo decisionale scandito dalle seguenti tappe:
  • considerare i potenziali corsi d'azione da intraprendere;
  • per ognuno valutare le conseguenze, positive o negative, vantaggi e svantaggi;
  • per ogni esito calcolare la probabilità del suo verificarsi;
  • infine comparare le stime e scegliere l’azione che garantisce la massima resa (la massimizzazione dell’utilità attesa) sia oggettiva che soggettiva.
Nella prospettiva della scelta razionale la decisione si configura come un bivio attuale, come un'opzione alternativa al tempo presente, come un bilancio tra rischi e benefici con esiti immediati o a breve termine. Gli esempi in campo medico riguardano ad esempio la scelta tra una terapia medica ed una chirurgica, oppure tra due tecniche chirurgiche con diversi rapporti tra benefici e rischi, oppure ancora tra una terapia radiante ed una chirurgica, come nel caso della terapia del Ca prostatico. 

Nel caso della vaccinazione invece si deve confrontare, in termini matematico-statistici, un beneficio a lungo termine (prevenzione della malattia e delle eventuali gravi complicanze) con un rischio attuale (effetti collaterali e complicanze del vaccino). In pratica la decisione finale emerge dal raffronto tra i due ipotetici rischi, collocati su piani temporali sfasati, grazie ad un freddo ragionamento probabilistico, astratto e un po' astruso; purtroppo il computo razionale dei rischi non è proprio accessibile a tutti, ma anzi è a rischio (mi si passi il gioco di parole) di generare incertezze e dubbi. Per di più sul piatto della bilancia decisionale ha un peso determinante il beneficio sociale sovraindividuale (l'immunità di gregge) rispetto alle considerazioni utilitaristiche individuali. Tant'è che proprio le motivazioni di "salute pubblica" hanno giustificato l'introduzione dell'obbligo di legge, di chiara matrice paternalistica, a scapito del libero consenso individuale all'atto medico vaccinale precedentemente vigente. 
Aderendo alla proposta di vaccinazione il genitore espone deliberatamente e consapevolmente il proprio figlio ad un concreto rischio qui ed ora, sebbene molto piccolo; al contrario rifiutando la vaccinazione proietta lo speculare probabilità di contrarre la malattia, con l'eventuale complicanza, in un futuro indefinito ed aleatorio, com'è appunto il rischio di contagio in tempo imprecisato. Di contro la probabilità di gravi complicanze della malattia è più elevata degli effetti avversi da vaccino, senza tenere conto della "bufala" dell’autismo; nei confronti delle prime però i genitori non avvertono alcun tipo di responsabilità diretta, che invece peserebbe in caso di effetto collaterale del vaccino deliberatamente accettato, generando un rimpianto per aver esposto ad un rischio il proprio "cucciolo". 
In effetti nella scelta tra effetti preventivi della vaccinazione e rischi della malattia ha un ruolo preminente il fattore tempo che, come abbiamo visto sopra, non rientra nelle normali scelte tra due trattamenti medici di immediata attuazione. Lo scarto temporale tra vaccinazione immediata ed eventuale contagio futuro della malattia, con le ipotetiche conseguenze negative, influenza la valutazione dei rischi/benefici  e la scelta pro immunizzazione.  

E' in gioco un bias di valutazione probabilistica condizionato dall'asimmetria temporale dei due differenti rischi: da un lato vi è l’ansia per la messa a repentaglio qui ed ora del benessere del “cucciolo”, per via dei temuti effetti collaterali del vaccino, e dall'altro il rischio di un'ipotetica malattia proiettata in un futuro imprecisato. Ma oltre allo sfasamento temporale tra rischio di effetti collaterali attuali da vaccino e protezione dalle complicanze future della malattia, entra in gioco l'asimmetria cognitiva tra rimpianto per una perdita e vantaggio di un guadagno (quella che gli economisti comportamentali definiscono contabilità mentale). 

Come dimostra la teoria del prospetto il rimpianto per una perdita (ad esempio di denaro per un investimento) ha una valore doppio rispetto alla soddisfazione procurata da una simmetrica "vincita" finanziaria. Questa tendenza viene amplificata dal fattore fattore tempo che tende a svalutare i vantaggi e i benefici collocati in un orizzonte temporale indefinito rispetto a quelli immediati (scelta intertemporale).  Si può facilmente immaginare quanto conti questa asimmetria quando si tratta di decidere se aderire o meno ad una pratica sanitaria rischiosa, qui ed ora, a fronte di un beneficio "negativo" cronologicamente indeterminato!

Come suggerisce la psicologia evoluzionistica di fronte ad emozioni profonde e ancestrali, come la paura, c'è poco spazio per considerazioni e argomentazioni razionali, specie di natura probabilistica come il concetto di rischio, spesso fonte di equivoci e bias valutativi. Sulla bilancia decisionale a favore del rifiuto della vaccinazione pesa l'avversione per il rischio basata su due considerazioni concomitanti:
  • l'anticipazione del rammarico e del rimpianto per i paventati rischi di effetti avversi del vaccino (a parte naturalmente l'autismo mai dimostrato);
  • una sopravvalutazione quali-quantitativa degli effetti collaterali dei vaccini, in genere transitori e reversibili, ma erroneamente assimilati a quelli avversi più gravi e irreversibili, per fortuna rarissimi.
Per aderire con convinzione alla proposta di vaccinazione, ad esempio anti-morbillo, occorre superare l'asimmetria temporale, sopra descritta, che separa la vaccinazione dall'evento malattia, ma anche vincere lo "spettro" del rammarico per l'eventuale effetto avverso immediato del vaccino (l'avversione alle perdite). Se è vero che le mamme non sbagliano mai, parafrasando il titolo del libro del neuropsichiatra Bollea, in questo tipo di scelta le emozioni negative segnalano una differenza tra i due eventi non irrilevante: sui piatti della bilancia decisionale emotiva pesano, da un lato, un evento attuale e certo (la vaccinazione) che comporta un rischio attuale di effetti avversi - potenzialmente gravi, seppur rarissimi - mentre sull'altro piatto troviamo un evento futuro ed incerto (l’eventuale contagio della malattia) che a sua volta espone ad un rischio di complicazioni, ancor più aleatorie e improbabili rispetto al contagio stesso. Il confronto tra le due opzioni è influenzato dalla sinergia tra (i) l’asimmetria probabilistica temporale e (ii) il rammarico per il rischio di una perdita di salute; tale sinergia gioca psicologicamente a sfavore della decisione deliberata di accettare qui ed ora la vaccinazione, a fronte delle ipotetiche complicazioni di una ipotetica malattia lontana nel tempo.
Par superare la discrasia tra l’esposizione al rischio/rammarico per gli effetti avversi della vaccinazione e il futuro beneficio preventivo del vaccino, devono essere valutati gli effetti "ecologici" e sociali dell'immunizzazione, ovvero le cosiddette esternalità positive della vaccinazione di massa (l'immunità di gregge). Grazie alle campagne vaccinali su larga scala alcuni virus sono stati di fatto eradicati, come è accaduto con poliomielite, vaiolo etc.., mentre una bassa copertura vaccinale nella popolazione ne riattiva la diffusione, come invece pare stia avvenendo negli USA e in alcuni paesi europei. In questo senso l'immunizzazione di massa è equiparabile ad un bene comune, mentre nella decisione di non vaccinare prevalgono le motivazioni strettamente individuali ed "egoistiche". A mo’ di esempio contro-fattuale si immagini cosa sarebbe successo negli anni cinquanta se l'anti-polio non fosse stata obbligatoria!

Infine c’è un dato storico e culturale da non sottovalutare: quando le vaccinazioni erano per legge obbligatorie i genitori, specie le mamme, si sentivano deresponsabilizzati in partenza per eventuali effetti avversi, peraltro accettati e quasi fatalmente messi nel conto. La successiva volontarietà della vaccinazione ha enfatizzatola la percezione della responsabilità individuale per l’adesione alla campagna vaccinale e il conseguente rammarico in caso di problemi. A questo proposito si può quasi evocare il rischio di un effetto perverso e controintuitivo del principio di autonomia, del consenso informato e della responsabilizzazione individuale sulle decisioni riguardanti la propria salute.
In medicina hanno poco spazio i giudizi definitivi, irrevocabili e tanto meno una presunta certezza scientifica; contano solo le evidenze empiriche ed i dati di fatto, dai quali è doveroso partire per formulare valutazioni ponderate e razionali. Nessuno pretende di avere verità assolute e indiscutibili e tanto meno si illude e illude la gente che possa esistere il rischio 0, ad esempio di effetti collaterali a fronte di un'efficacia garantita a priori e senza alcun rischio. Forse coloro che contestano i vaccini sono invece convinti che esista una (presunta) scienza assoluta e deterministica, garante di esiti incontrovertibile priva di effetti collaterali, imprevisti e rischi minimi etc..
Tuttavia accanto ai dati di fatto empirici esistono le immagini/rappresentazioni della realtà, frutto di credenze culturali condivise ed influenzate dalle emozioni, ma spesso slegate dai fatti stessi; ad esempio, riguardo alle vaccinazioni, i dati di empirici le accreditano tra le pratiche mediche con il più solido bagaglio di prove di efficacia. Peraltro basta aver seguito un solo assistito affetto da esiti di poliomielite per rendersi conto della portata storica dei vaccini e dei loro spettacolari effetti sulla salute pubblica e sul benessere individuale, specie dei più piccoli. Infine si consideri l'importanza dell'immunizzazione di massa nei cosiddetti paesi in via di sviluppo: se solo in Africa si riuscisse a vaccinare tutta la popolazione infantile, contro le principali malattie infettive, si salverebbero tantissime vite umane!

sabato 22 ottobre 2016

Continua la querelle sul (non)utilizzo del ricettario da parte degli specialisti

Una lettera di garbata protesta al "Quotidiano sanità" ripropone la vaexata questio dell'uso del ricettario del SSR da parte degli specialisti accreditati, siano pubblici che privati (il libero-professionista non solo non ne è tenuto ma è oggetto di un esplicito divieto all'uso del ricettario "pubblico"):
http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=44207

Sia l'estensore della lettera che i colleghi citati nell'episodio, attinente alla titolarità della prescrizione di Rx-grafia e controllo ortopedico dopo una frattura, fanno un po' di confusione tra le diverse normative vigenti, ovvero:

1-l'obbligo per lo specialista, a norma degli ACN nazionali e di delibere regionali ad hoc, di utilizzare il ricettario del SSN, di cui è in possesso, nel caso in cui ritenga necessarie ulteriori indagini diagnostiche per rispondere al quesito clinico posto dal Medico di MG; questo semplice atto semplificherebbe e migliorerebbe la vita dei malati costretti, in caso contrario, a tornare dal proprio medico, fare la fila per avere la prescrizione negata dallo specialista, recarsi nuovamente in ospedale o passare mezze ore al telefono per la prenotazione al CUP;

2-l'obbligo di rispettare i vincoli del Decreto Appropriatezza nel momento in cui decida di prescrivere gli approfondimenti diagnostici di cui sopra. A mio avviso la richiesta della visita di controllo+ Rx grafia dopo una frattura, a distanza di alcune settimane dall'accesso in PS e dal confezionamento dell'apparecchio gessato, compete al medico curante, anche se la normativa non è univoca su questo aspetto. Tuttavia questa specifica incombenza nulla ha a che fare con il Decreto Appropriatezza, che peraltro è stato sospeso, e viene impropriamente evocato per supportare il rifiuto di una prescrizione di routine, a mio avviso dovuta come quella della radiografia, esame per di più non compreso tra le prescrizioni normate dal Decreto Appropriatezza.

3-Un terzo caso è quello dei farmaci. Va da se che la prescrizione dei farmaci in urgenza, ad esempio dopo un accesso in PS, è compito del medico che ha visitato l'assistito, posto la diagnosi e la conseguente indicazione terapeutica, mentre per quanto riguarda quelli cronici è altrettanto logico e di buon senso che sia il medico curante a farsene carico, per due ordini di motivi. Prima di tutto perchè non ha senso obbligare l'assistito a recarsi in ospedale per avere una prescrizione cronica - tranne i rari casi di distribuzione diretta dei farmaci da parte delle strutture - e secondariamente perchè fa parte dei compiti elettivi del MMG il monitoraggio e la sorveglianza della terapia cronica, in relazione alla patologia in atto, per la verifica dell'efficacia, di interazioni, eventuali controindicazioni o reazioni allergiche anamnestiche, effetti collaterali o avversi durante la terapia prolungata.

In buona sostanza le prescrizioni in caso di assistiti "in acuto", sia indagini di approfondimento che terapie, competono al medico specialista mentre le prescrizioni di controllo sul medio periodo restano a carico del MMG, anche se le normative in questo specifico settore non sono chiare.

mercoledì 12 ottobre 2016

In autunno entra in azione Google Trends, il nuovo servizio epidemiologico

Com’è tosta l’influenza quest’anno! Con questa espressione di sorpresa si aprono molte consultazioni negli ambulatori dei medici di MG nei due mesi invernali più "caldi" per via dell’epidemia influenzale. Lo stupore dell’influenzato si ripete puntualmente ogni anno dopo aver fatto esperienza dei sintomi generali che porta con se da sempre il virus, altrettanto puntualmente confuso con la pletora di altri virus responsabili della maggior parte delle infezioni delle prime vie aeree, complice i media che non distinguono gli sporadici focolai di adenovirus, rinovirus, virus respiratoci sinciziali etc.. dalla vera epidemia influenzale, generando una gran confusione quella si "pandemica".

Durante i mesi autunnali e invernali infatti circolano moltissimi virus, responsabili di sintomi come mal di gola, raffreddore con naso chiuso e gocciolamento, tosse secca etc., meno impegnativi del virus targato HN, di breve durata e quasi mai accompagnati da febbre elevata o persistente oltre 2-3 giorni. Nella sua forma tipica invece l’influenza presenta ben altra sintomatologia, soprattutto per l’interessamento sistemico.

Anche quest'anno puntualmente con la stagione autunnale è arrivata la prima ondata di virus respiratori para-influenzali, che hanno trovato terreno fertile negli asili e nelle scuole elementari per poi diffondersi in piccole epidemie familiari. Le virosi respiratorie sporadiche non vengono in genere intercettate dai sistemi di sorveglianza epidemiologica nazionali, come la rete influnet, rivolti alle vere influenze che solitamente iniziano a segnalare i primi casi dalla metà di dicembre, per poi seguire settimanalmente, passo passo, la diffusione dell'epidemia durante le abituali 6 settimane di incremento, più o meno rapido, picco e declino.

Ma da qualche anno a questa parte c'è un'inedito sistema di sorveglianza dell'epidemia influenzale che ha dimostrato, dati alla mano, di avere un'efficacia e un'attendibilità praticamente sovrapponibile a quelli tradizionali, ma praticamente in tempo reale: mi riferisco a Gooogle Trends, il servizio statistico dell'omonimo motore di ricerca che è in grado di fornire i dati dettagliati delle ricerche effettuate dagli utenti in base alle parole chiave immesse nel motore stesso (https://www.google.it/trends/ ) in tutto il globo, in ogni continente o nazione, anno per anno, mese per mese e addirittura ad ogni ora del giorno.

Il servizio prevede anche la possibilità di attivare un avviso di allerta in caso di aumento significativo delle ricerche su parole chiave, come appunto "influenza". Ebbene nelle settimane di passaggio da settembre da ottobre è stato rilevato un incremento del 57% e del 108% di ricerche con il termine "influenza", con un picco l'8 ottobre, che testimonia, appunto, la prima pseudo-epidemia della stagione autunnale. Così la ricerca su internet di uno specifico termine nosografico, usato impropriamente dai naviganti "pseudo-influenzati", permette di ricostruire l'andamento epidemiologico delle virosi respiratorie stagionali, rilevazione epidemiologica improponibile se non impossibile con sistemi di segnalazione più accurati ma più impegnativi, come quelli tradizionali.

domenica 9 ottobre 2016

Anche la guaritrice apprezza il reverendo scozzese!

Un tempo nei paesi di campagna la gente si rivolgeva per piccoli acciacchi fisici, in genere di natura ortopedica, alla guaritrce del posto dotata di abilità manuali per rimettere a posto "i nervi", ovvero tendini "accavallati" o articolazioni lussate o distorte, restituendo il benessere al "paziente". Molte sono ormai invecchiate e non praticano più, ma alcune sono rimaste in campo ed hanno anche saputo adeguare la loro metodologia all'evoluzione delle prassi mediche. Ecco ad esempio gli esiti di due consultazioni di una guaritrice popolare, ben nota nel paese della bassa lombarda, alle prese con alcuni tipici problemi della MG, come riferiti da un collega in una lista di discussione medica.
  • "Doveva venire da me prima, ora faccio ciò che posso, intanto vada dal suo medico e si faccia fare una Risonanza e prenda : Voltaren e Soldesam forte 2 volte al giorno. Lasci un' offerta libera e vedrà che la guarirò! Ah dimenticavo: protegga anche lo stomaco, si faccia ordinare una....pompa, non ricordo come si chiama..!"
  • "Ha mal di testa? Faccia subito, ma subito una TAC e si faccia mettere il bollino verde, il suo medico li ha...". "Non digerisce? Faccia un eco e meglio ancora una gastroscopia, non si sa mai!".
Anche a me è capitato qualche anno fa un caso simile. Di fronte ad una caviglia tumefatta e dolente, la signora che sistema i "nervi accavallati", aveva rinviato il paziente al medico per fare una radiografia. In sostanza si era tutelata da un possibile misconoscimento diagnostico, per la sottovalutazione di una lesione ossea scambiata per semplice distorsione. L'episodio segnalava un passo in avanti verso un approccio razionale e critico, per una diagnosi di certezza (relativa, ovviamente) e non solo di presunzione come quella manuale. La "guaritrice" dimostrava di aderire ad un impostazione (proto)fallibilista, che parte dalla differenza tra realtà e rappresentazione, tra mappa e territorio, per andare a verificare la fondatezza dell'ipotesi diagnostica.

Nei due episodi sopra citati invece mi pare che la guaritrice nostrana faccia un salto di qualità metodologico, in direzione di un approccio più sofisticato: prende in considerazione un ventaglio di ipotesi diagnostiche per arrivare alla conferma di una di queste, dopo aver raccolto alcune informazioni di base per una valutazione probabilistica delle ipotesi stesse. Gli esami che suggerisce segnalano un'ulteriore evoluzione anche se la prescrizione è rozza e applica, in modo meccanico, lo schema se...allora (lombalgia=RMN della colonna, cefalea=TAC encefalo). Ma non c'e' da disperare, prima o poi anche l'approccio bayesiano fara' breccia nel suo (ancora) sommario processo diagnostico.

Anzi, a ben vedere la guaritrice nostrana ha già adottato uno sguardo proto-bayesiano, perlomeno nel caso di probabile dispepsia funzionale. Grazie all'esperienza ha capito che il suo target ideale, i probabili responder alle sue tacniche curative, sono quei pazienti che hanno gia' provato tutti i rimedi dei medici ufficiali. Sono i cosiddetti MUS (Medically Unenxplaned Symptom), ovvero gli sfortunati affetti da disturbi inspiegabili con gli esami usuali e ancor più difficili da trattare con l'armamentario farmacologico a disposizione del MMG, ma in genere sensibili all'effetto placebo delle sua "terapia".

Per cui di fronte ad un problema come la dispepsia si guarda bene dall'intervenire subito ed imposta un iter diagnostico differenziale tra le due ipotesi più probabili, ovvero dispepsia di origine epato-biliare piuttosto che gastroduedenale. Solo dopo aver escluso la natura organica del disturbo, da curare in modo specifico da parte del medico, avrà una sufficiente probabilità a priori di aver a che fare con un caso di MUS e potrà quindi sfoderare le sue armi terapeutiche con discreto successo, grazie al suo primo alleato ovvero l'effetto placebo.

E' proprio vero quello che annotava lo stagirita: "tutti gli uomini per loro natura tendono alla conoscenza". A quanto pare accede pure alle guaritrici nostrane e questa è una buona notizia! C'e' speranza se cio' accade anche nella bassa padana, per parafrasare un'altro motto celebre della pedagogia lombarda!