sabato 26 febbraio 2022

Confronto COVID-19 e Influenza: evoluzione al 25 febbraio

Prosegue il calo dell'ondata omicron anche se con minore intensità rispetto alla scorsa settimana

  • i nuovi casi sono 316mila rispetto ai 385mila della scorsa settimana, per una riduzione del 18% rispetto al 29% delle tre settimane precedenti
  • i ricoveri complessivi sono scesi sotto i 13mila: nei reparti ordinari sono diminuiti del 22% e del 32% in terapia intensiva, come meno di 1000 posti occupati; decessi sono diminuiti del 35%, scendendo sotto i 2mila e tornando al livello del 14 gennaio, con una letalità dello 0,5%
  • gli attualmente positivi e i soggetti in isolamento domiciliare sono diminuiti di oltre 220mila rispetto alla scorsa settimana e i dimessi guariti di oltre 540mila
Nel complesso i dati dimostrano un rallentamento della curva discendente della IV ondata e la minore gravità clinica della variante Omicron, testimoniata dalla continua riduzione dei ricoveri con chiusura di molti reparti Covid. In sede extra ospedaliera i malati hanno sintomi lievi, non vengono ricoverati e si negativizzano in breve tempo. 




ANDAMENTO DELL'EPIDEMIA INFLUENZALE

Per il secondo anno consecutivo non si è verificata l'epidemia influenzale - tranne con sindromi minori nella fascia d'età 1-4 anni fino alla fine di gennaio - che si era temuto potesse sovrapporsi alla pandemia provocando problemi diagnostici o addirittura una pericolosa sinergia epidemia tra i due virus.



lunedì 21 febbraio 2022

Dipendenza o convenzione pari sono, ovvero il lento tramonto della dominanza

Per analizzare e comprendere il braccio di ferro in atto da mesi tra Regioni e Ministero circa l’ipotesi di passaggio alla dipendenza dei medici delle cure primarie bisogna ricorrere alla dimensione storico sociale, senza la quale è difficile decifrare i contorni del problema e intravvederne gli esiti. L’attuale evoluzione della medicina segnala un malessere che pervade la categoria dall’inizio del secolo, appro-fondito nel 2003 in un testo di riferimento dal sociologo sanitario Guido Giarelli. Il presidente dell’ANAAO Troise nell’intervento della scorsa settimana sul QS ha tratteggiato un disagio profes- sionale che interessa in egual modo dipendenti e convenzionati, per un mal comune che non comporta il proverbiale mezzo gaudio, ma che a dispetto delle differenze di status giuridico a vantaggio dei primi esita in burn out e disaffezione comune ad entrambi.

I poteri controbilanciati e il declino della dominanza

Il punto di partenza dell’analisi è la descrizione delle forze in campo, ovvero dei tre poteri che si controbilanciano e si fronteggiano nell’arena sociale e sanitaria per spostare gli equilibri sistemici a proprio favore: la professione medica, il complesso sanitario-industriale di mercato e quello pubblico regolatore delle relazioni tra gli altri attori. Per tutto il Novecento e fino alla fine degli anni Settanta la “dominanza medica”, descritta dal sociologo americano Freidson, ha giocato un ruolo preminente per via di una delega di potere frutto di un contratto sociale stipulato idealmente tra stato, società e biomedicina.

Per mezzo secolo lo stato ha conferito un mandato in bianco ai medici per esercitare in autonomia un sorta di controllo monopolistico sul settore, giustificato da alcune garanzie fornite dalla professione organizzata: pratiche e compiti fondati su basi tecno-scientifiche e razionali, di matrice positivistica, e una assicurazione etica di servizio disinteressato ed altruistico verso i pazienti e la comunità, di matrice paternalistica, grazie alle quali poteva esercitare un’egemonia sulle altre professioni sanitarie, un controllo sul mercato, sui clienti, sulla formazione e inoltre un’influenza significativa sui decision maker pubblici.

Con la prima riforma sanitaria del 1978 la società, tramite gli organismi del Servizio Sanitario Nazionale, si riprendeva una parte del “potere” delegato alla medicina, controbilanciando con l’influenza della politica nelle USSL il “dominio” della professione. Da allora si è aperta una lunga fase di riequilibrio dei rapporti di forza tra i tre poteri, nel segno del progressivo declino dell’autonomia clinica e dell’autorevolezza professionale, fatta di crescenti interferenze e controlli esterni sull’attività. Ma è con la seconda riforma sanitaria del 1992 che viene inferto il colpo più rilevante alla dominanza, con l’aziendalizzazione e soprattutto con la managerializzazione del servizio sanitario, specie ospedaliero. Anche perché nel frattempo il terzo attore, ovvero il sistema industriale, era balzato in primo piano con un’espansione incontrollata dell’offerta che aveva messo in discussione i fragili equilibri finanziari del wellfare pubblico.

Così la forzatura manageriale trovava la strada spianata per mettere sotto tutela sia l’eccessiva espansione della medicina sia quella sinergica dell’apparato industriale, con una burocratizzazione e standardizzazione delle procedure e delle prestazioni mediate dagli agenti professionali mai attuata in precedenza. Gli interventi della prima CUF ne sono l’esempio emblematico: la riclassificazione del prontuario terapeutico attuata nel 1994 inaugurava la stagione dei vincoli prescrittivi, a base di Note e Piani Terapeutici, prolungata con alterne vicende fino ai nostri giorni, ed espressione del controllo burocratico sulle decisioni mediche, seppur supportato scientificamente dall’appropriatezza EBM. Bisogna considerare che in precedenza il mercato farmaceutico coincideva con il prontuario terapeutico del SSN per cui ogni nuovo prodotto messo in commercio diveniva automaticamente anche “mutuabile”.

Dalla seconda alla terza riforma e gli effetti della managerializzazione

Ben presto emergevano però i problemi di applicazione delle Note, con contraccolpi sulle relazioni tra I, II livello e assistiti, correlati alla “discrezionalità” di alcune prescrizioni, specie da parte degli specialisti, effetti che si riverberavano soprattutto sul generalista. L'effetto perturbante delle Note non è dovuto tanto al loro contenuto "tecnico", ovvero ai criteri inseriti nel dispositivo vincolante per il professionista, ma al loro impatto sul sistema di relazione del network sociosanitario, i cui attori interpretano a diverso titolo e in modo difforme la Nota.

La riforma Bindi ter del 1999 tentava di porre rimedio alle tensioni generate dalle note, introducendo il cosiddetto obbligo di appropriatezza per tutti i professionisti del SSN, ma con scarsi effetti pratici. Il tentativo di regolamentazione veniva reiterato dopo una quindicina di anni con i LEA per l’appropriatezza delle prestazioni diagnostiche e specialistiche, ma con analoghi risultati deludenti.

A fare le spese della razionalizzazione burocratica e dei controlli esterni, in termini di conseguenze sulla relazione con pazienti sempre più informati ed esigenti per un diffuso consumerismo, erano paradossalmente i medici convenzionati, che in teoria godevano di margini di manovra più ampi in quanto lavoratori autonomi rispetto ai colleghi subordinati. Le Note terapeutiche e diagnostiche avevano un impatto destabilizzante sulla relazione di cura, in dissonanza con la retorica prevalente che prescriveva ai medici di promuovere empatia, autonomia, empowerment, ascolto e partnership del paziente, olismo e integrazione in un sistema sostanzialmente dis-integrato per il disallineamento tra le regole ospedaliere e quelle vigenti sul territorio.

A questi ideali faceva da contrappeso il New Public Management nel tentativo di trasferire le logiche del libero mercato all’area sanitaria pubblica, a base di managed care e competition, libertà di scelta, sovranità del cliente, concorrenza amministrata, consumerismo e quasi mercato, accountability, separazione tra erogatori e acquirenti di prestazioni, come nel modello lombardo di SSR.

La promozione retorica dell’empowerment e della personalizzazione delle cure si scontrava con la standardizzazione tecnocratica iscritta nella deriva manageriale, mediata dall’imposizione di decisioni diagnostico-terapeutiche predeterminate e procedure routinarie verso tutti i pazienti, a prescindere dalla loro complessità, varietà e unicità, in nome della razionalizzazione delle cure. La burocratizzazione degli standard clinici presupponeva un ruolo di passivo esecutore del MMG in una cornice di compiti impiegatizi ed amministrativi delegati al territorio, in misura complementare alla proletarizzazione del medico salariato, incaricato di indurre la domanda e attivare la “catena di montaggio” per la mercificazione della salute a beneficio dei profitti delle grandi organizzazioni sanitarie private.

La medicina del territorio veniva stretta in una rigida tenaglia: da un lato le pressioni del paziente, grazie all’uso “ricattatorio” della revoca per ridurre a miti consigli il medico recalcitrante a soddisfarne i desiderata, e dall’altro la pressione del controllo burocratico-manageriale a base di budget, medie prescrittive, centri di costo, controlli contabili, protocolli, linee guida, report di spesa etc.. Con un declino della dominanza proporzionale alla stretta della morsa.

L'impatto della pandemia e la proposta di dipendenza

La pandemia ha assestato un ulteriore colpo all’autonomia di una medicina territoriale abbandonata a sè stessa nella maggioranza delle regioni - come nell’epicentro lombardo - ma ritenuta responsabile in prima persona dell’inefficace risposta organizzativa, a dispetto di una vacanza contrattuale ultradecennale e di una riforma Balduzzi rimasta inattuata. Anche il mercato sembrava messo da parte dal massiccio intervento pubblico durante la pandemia, moltiplicatore del deficit sanitario per fronteggiare l’emergenza tanto quanto impegnato a tagliare i finanziamenti negli anni precedenti.

Solo in apparenza però, perché gli imponenti stanziamenti pubblici sono andati alla socializzazione delle cure ospedaliere e soprattutto all’immunizzazione di massa, che ha incrementato gli utili delle grandi major farmaceutiche e del settore medicale in genere. Mentre sul versante delle prestazioni il mercato privato si è fatto avanti per colmare il gap tra domanda e offerta pubblica, alle prese con liste d’attesa infinite, effetto queste ultime del blocco delle prestazioni diagnostiche e specialistiche per fronteggiare a livello ospedaliero l’emergenza Covid-19, con una privatizzazione di fatto in settori chiave come la chirurgia e l’assistenza ai cronici.

Così la crisi pandemica è stata l’occasione per spingere in cima all’agenda pubblica il passaggio alla dipendenza dei medici convenzionati come soluzione dei problemi emergenti, complice un revival del centralismo statale nel coordinamento regionale della crisi e sull’onda di una campagna mediatica denigratoria verso la categoria, focalizzata sulla denuncia dei medici fannulloni, libero-professionisti estranei al SSN, inadatti ad arginare il covid per via di sole 15 ore di attività ambulatoriale, latitanti al telefono e spesso anche nell’assistenza ai cronici.

In questo contesto il passaggio alla dipendenza si configura come ultimo atto della progressiva erosione di una dominanza professionale peraltro debole, ma per alcuni ancora impregnata di corporativismo, di cui restano poche tracce sul territorio, come dimostra il percorso evolutivo sopra schematizzato. Il passaggio alla dipendenza segnerebbe il venire meno della residua autonomia organizzativa e professionale dei convenzionati, ormai confinata nella gestione del proprio studio e delle modalità di contatto e relazione con l’ambiente.

Le criticità della transizione

Infine la pandemia ha peggiorato la conflittualità latente tra MMG e pazienti sfiduciati, incerti e non raramente incattiviti, specie quelli dell’area no vax, fino all’intimidazione legale. In questo contesto la produzione di nuove Note AIFA corredate da Piani Terapeutici di dubbia utilità, nel pieno della peggiore ondata della peggiore pandemico dell’ultimo secolo, ha avuto un impatto perturbante su una categoria già nel mirino dei media, desiderosi di additare alla riprovazione pubblica i peones dell’assistenza primaria, oppressi da una burocrazia deprofessionalizzante ma colpevoli delle carenze nella gestione pandemica. Per giunta nel biennio pandemico sono proliferate le piattaforme informatiche a silos, monadi di una burocrazia elettronica che non scambia informazione e moltiplica le stesse procedure.

La componente giovanile e femminile della categoria, e i colleghi nei contesti più esposti alle tensioni con i pazienti, si sono dimostrati interessati allo scambio proposto dall’operazione dipendenza: in cambio del rapporto di subordinazione sarebbero state garantite maggiori tutele lavorative e previdenziali (malattia, ferie, gravidanza, assicurazioni etc..) e il disinnesco del ricatto della revoca, spada di Damocle brandita da pazienti ingovernabili, pretenziosi e conflittuali fino alla vera aggressività verbale o fisica.

In periodo di vacche grasse la transizione dall’autonomia al rapporto di subordinazione, sebbene di complessa attuazione, era proponibile. Ma con i chiari di luna per un debito pubblico al 150% del Pil lo scambio è a rischio di insostenibilità finanziaria, criticità normative, compatibilità logistico-organizzative, incertezza sugli esiti e possibili effetti collaterali. Da qui il braccio di ferro irrisolto tra regioni paladine della dipendenza e ministro propugnatore di un’evoluzione normativa incrementale rispetto allo status quo convenzionale, come la proposta di ACN delle 38 ore, peraltro di implementazione non certo più agevole.

Comunque il combinato disposto di questi incertezze sta già destabilizzando gli equilibri dei servizi territoriali per due fenomeni sinergici: da un lato il pensionamento anticipato degli ultra sessantenni, per il deteriorarsi delle condizioni di lavoro e per le incerte prospettive del futuro e, dall’altro, lo scarso appeal della professione sui neolaureati che potrebbero accedere al corso di formazione specifica in MG con una borsa di misera entità. Con il risultato pratico che i posti vacanti, lasciati liberi dai pensionati, vengono occupati solo in parte dai giovani privando milioni di cittadini dell’assistenza primaria.

In conclusione la dipendenza segnerebbe la revoca definitiva del mandato ricevuto a suo tempo e l’ultimo atto della parabola declinante di una “dominanza medica” quanto mai debole sul territorio e arrivata al capolinea del  suo ciclo storico, all’insegna della burocratizzazione e della deprofessionalizzazione, all’origine di un malessere comune a convenzionati e dipendenti nella frustrazione, nel risentimento e nello scoramento emerso con la defezione di massa dalla sanità pubblica.

sabato 19 febbraio 2022

COVID-19. Evoluzione settimanale al 18 febbraio

Tutti i parametri confermano la riduzione dell'ondata omicron iniziata a fine gennaio

  • i nuovi casi sono 385mila rispetto ai 542mila della scorsa settimana, per una riduzione del 29% per la terza settimana consecutiva
  • i ricoveri complessivi sono scesi sotto i 15mila: nei reparti ordinari sono diminuiti del 32% e del 59% in terapia intensiva, e i decessi sono diminuiti del 14,5%, pur restando sopra i 2mila con una letalità che ha toccato lo 0,52%
  • gli attualmente positivi e i soggetti in isolamento domiciliare sono diminuiti di circa 350mila rispetto alla scorsa settimana e i dimessi guariti sono 370mila
Nel complesso i dati confermano la minore gravità clinica della variante Omicron, testimoniata dalla riduzione dei soggetti in isolamento, dei positivi e dalla netta riduzione dei ricoveri con chiusura di molti reparti Covid degli ospedali. In pratica, nonostante il gran numero di casi, i malati hanno sintomi lievi, non vengono ricoverati e si negativizzano in pochi giorni. 





DATI NAZIONALI COMPLESSIVI E A 30 GIORNI






Novità dell'ACN 2016-2018 (2): regolamentazione delle UCCP

ART. 9 – PARTECIPAZIONE ALLA FORMA ORGANIZZATIVA MULTIPROFESSIONALE (UCCP).

1. La forma organizzativa multiprofessionale (UCCP) opera in forma integrata all’interno di strutture e/o presidi individuati dalle Aziende sanitarie, con una sede di riferimento ed eventuali altre sedi che, dislocate nel territorio, possono essere caratterizzate da differenti forme di complessità. Essa persegue obiettivi di salute e di attività definiti dall’Azienda sanitaria, secondo un modello-tipo coerente con i contenuti dell'ACN e definito dalla Regione. Opera, inoltre, in continuità assistenziale con le AFT, rispondendo, grazie alla composizione multiprofessionale, ai bisogni di salute complessi.

2. Tale forma organizzativa garantisce il carattere multiprofessionale attraverso il coordinamento e l’integrazione principalmente dei medici, convenzionati e dipendenti, delle altre professionalità convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale, degli odontoiatri, degli infermieri, delle ostetriche, delle professioni tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e del sociale a rilevanza sanitaria. La Regione definisce per le eventuali sedi dislocate nel territorio il livello di complessità organizzativo-strutturale, anche minimo, in relazione a specifiche caratteristiche geografiche.

3. Ogni AFT è collegata funzionalmente alla propria forma organizzativa multiprofessionale di  riferimento. I medici del ruolo unico di assistenza primaria si raccordano tramite le AFT alle attività della forma organizzativa multiprofessionale nel rispetto della programmazione regionale. Ferma restando la diffusione capillare dei presidi dei medici del ruolo unico di assistenza primaria, le Regioni, in relazione a specifiche caratteristiche demografiche e/o geografiche, possono prevedere la istituzione della AFT presso la sede della forma organizzativa multiprofessionale di riferimento.

4. La forma organizzativa multiprofessionale realizza i propri compiti attraverso:

  • a) la programmazione delle proprie attività in coerenza con quella del Distretto di riferimento;
  • b) la partecipazione a programmi di aggiornamento/formazione e a progetti di ricerca concordati con il Distretto e coerenti con la programmazione regionale e aziendale e con le finalità di cui al comma precedente;
  • c) la programmazione di audit clinici e organizzativi, coinvolgendo anche i referenti di AFT di medicina generale, pediatria di libera scelta e specialistica ambulatoriale.

5. Le attività, gli obiettivi ed i livelli di performance della forma organizzativa multiprofessionale sono parte integrante del programma delle attività territoriali del Distretto. Tra gli obiettivi va incluso anche il grado di integrazione tra i componenti. La valutazione dei risultati raggiunti dai medici di cui al presente Accordo operanti all’interno della forma organizzativa multiprofessionale costituisce la base per l’erogazione della parte variabile del trattamento economico degli stessi medici. 

Detta parte variabile è inclusa ed evidenziata nell’eventuale budget che l’Azienda sanitaria può decidere di adottare nei confronti dell’intera forma organizzativa multiprofessionale, come previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera b-ter del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 modificato dalla L. 8 novembre 2012, n. 189.

ART. 10 – IL COORDINATORE DELLA FORMA ORGANIZZATIVA MULTIPROFESSIONALE (UCCP).

1. L’Azienda individua il coordinatore della forma organizzativa multiprofessionale (UCCP) tra le
figure professionali operanti nell’Azienda stessa attraverso un avviso pubblico. Per i medici del ruolo unico di assistenza primaria la procedura di designazione del coordinatore dovrà tener conto dei seguenti criteri:

  • il coordinatore deve espressamente accettare l'incarico, essere disponibile a svolgere tale funzione e a garantirne il mantenimento per il periodo previsto;
  • l’incarico di coordinatore deve essere compatibile con l’attività assistenziale e non andare a detrimento della qualità dell’assistenza;
  • il candidato deve disporre di un adeguato curriculum che evidenzi competenze in assistenza territoriale, organizzazione dei processi di cura, governo clinico e integrazione professionale, incluse precedenti attività di responsabilità aziendale;
  • l'incarico ha una durata di norma triennale.

2. Al coordinatore della forma organizzativa multiprofessionale sono affidate, in particolare, le
funzioni di:

  • a) collaborazione con il Distretto alla organizzazione dei percorsi assistenziali;
  • b) relazione e confronto con la dirigenza distrettuale ed aziendale su tematiche assistenziali, progettuali ed organizzative;
  • c) raccordo con i referenti di AFT per la razionalizzazione di percorsi di cura, ottimale utilizzo delle risorse disponibili, raggiungimento degli obiettivi aziendali;
  • d) collaborazione alla definizione dei programmi di attività, alla gestione di budget assegnato, alla rilevazione e valutazione dei fabbisogni.

3. Il coordinatore predispone annualmente la relazione dell'attività svolta dalla forma organizzativa multiprofessionale per il raggiungimento degli obiettivi assegnati, sulla base degli indicatori di processo e di risultato definiti dall'Azienda sulla base delle priorità regionali.

4. Al coordinatore di UCCP di cui al comma 1 è riconosciuto un compenso commisurato alle funzioni assegnate e ai risultati ottenuti. Gli Accordi Integrativi Regionali definiscono l’entità della remunerazione destinata alla funzione di “coordinatore”, il cui onere è finanziato attraverso la quota assegnata agli Accordi Integrativi Regionali di cui all’articolo 47, comma 2, lettera B, punto II.

5. Il Direttore Generale dell’Azienda nomina il coordinatore della forma organizzativa  multiprofes- sionale, ne valuta annualmente i risultati e può procedere alla sua sostituzione, anche prima della scadenza, per mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati.

ART. 13 – PROGRAMMAZIONE DELLE ATTIVITÀ DELLA MEDICINA GENERALE.

1. Nell'ambito del Programma delle attività territoriali di cui all'articolo 3-quater del D.Lgs. 30
dicembre 1992, n. 502 e s.m.i. l'Azienda definisce gli interventi per la promozione e lo sviluppo
della medicina generale, in coerenza con il proprio modello organizzativo e secondo quanto previsto dall’articolo 4, individuando:

  • a) gli obiettivi di salute che si intendono perseguire, con particolare riferimento all’assistenza nei confronti delle persone affette da malattie croniche, anche in considerazione di quanto previsto all'Allegato 1;
  • b) le attività e i volumi di prestazioni per il raggiungimento degli obiettivi di cui alla precedente lettera a)

martedì 15 febbraio 2022

Il governo non impugna la riforma Moratti ma la regione non divulga le richieste di modifica

“Sono estremamente soddisfatta dell’approvazione positiva, da parte del Consiglio dei Ministri, della Legge 22/2021 di Regione Lombardia per il potenziamento territoriale del servizio socio sanitario lombardo - ha commentato - Con questa legge la Lombardia è la prima Regione italiana che dà piena attuazione al Pnrr attraverso una normativa di respiro nazionale ed europeo. Ringrazio il Governo, ed in particolare il ministro della Salute, Roberto Speranza, per la concreta e leale collaborazione istituzionale. L’Esecutivo, nel confermare pienamente l’impianto complessivo delineato dalla legge, ha consentito a Regione Lombardia di fare propri alcuni suggerimenti che apporteranno un ulteriore miglioramento del testo escludendo qualsiasi ipotesi di impugnativa”.

Ciononostante a distanza di quasi una settimana i rilievi del governo restano custoditi nei cassetti della regione Lombardia,  con un comportamento che evoca un'anacronistica censura da socialismo reale. Il tentativo di minimizzare le richieste di modifica del governo viene contraddetto dalla scarsa trasparenza della regione Lombardia, che blocca il dibattito pubblico sul documento che "censura" alcune parti della Legge 22, minimizzate dalla maggioranza regionale ma enfatizzate dall'opposizione. Per ora, vista l'impossibilità di valutare le critiche del governo, il giudizio resta sospeso in attesa che si sblocchi questa surreale situazione, come preannuncia un comunicato dell'opposizione (si veda il PS).

Com'è possibile che l'assessora lombarda Moratti, Forza Italia, lanci lodi sperticate al ministro Speranza, Liberi e Uguali? Tutto inizia, all'indomani dell'approvazione della Legge 22 che corregge la precedente riforma Maroni del 2015 sulla base dei rilievi critici di Agenas, con la richiesta al ministro di impugnazione della riforma Moratti avanzata da un variegato fronte, composto da partiti politici, associazioni e movimenti lombardi.

1-Sul piano formale la svolta (parziale) della legge 22 rispetto alle legge 23 accoglie in parte i rilievi critici di Agenas, come dimostra la mancata impugnazione della riforma Moratti e la contestuale richiesta di modifiche per correggere il provvedimento nelle parti meno appropriate. D'altra parte la richiesta di impugnazione dell'intera legge era poco probabile essendo presenti nel governo nazionale le stesse forze politiche che reggono la regione Lombardia: l'impugnazione era una dichiarazione di fallimento per gli estensori della LR 22. La ministra per le regioni, la forzista bresciana Gelmini avrebbe potuto bocciare la collega assessora lombarda Moratti? Si tratta di una domanda retorica circa gli equilibri politici, senza alcun risvolto valutativo sul merito delle vicende in oggetto. 

2-Sul piano sostanziale una legge così complessa non può essere valutata con il metro del bianco-o-nero, tutto-o-nulla, buono-o-cattivo ma considerando le singole tessere che compongono il mosaico normativo. Ebbene per quanto riguarda il territorio i cambiamenti sono significativi rispetto alla precedente gestione che, come ho già sottolineato, era impossibile da peggiorare, visto il sostanziale fallimento delle legge 23, sia sul piano pandemico che su quello della presa in carico della cronicità. Insomma per quanto la LR 22 sia parziale e non certo ideale ha segnato una svolta se confrontata con il disastro della riforma Maroni, questo se non si valuta in modo manicheo in base a parametri tutto-o-nulla ma con un metro sfaccettato e differenziato. 

Era praticamente impossibile peggiorare la legge Maroni anche se la 22 non è la migliore delle leggi possibili e immaginabili. La controprova logica di questo argomento verrò dai prossimi atti: i limiti e la parzialità del cambiamento indotto dalla LR 22 verranno superati dalle modifiche imposte dal governo, con il classico metodo riformatore incrementale e a spizzico come lo definiva Karl Popper.

Se queste modifiche saranno sostanziali, come afferma l'opposizione e non puramente "tecniche" come invece minimizza la maggioranza, la Legge 22 emendata sarà migliorata dal Consiglio regionale e quindi riallineata alle direttive del governo. Anche questa sarà una banale argomentazione logica a favore delle opposizioni, nonostante gli elogi un po' sospetti della Moratti al ministro Speranza per la correttezza e la lealtà istituzionale che stridono con la scarsa trasparenza della giunta Lombarda.

P.S. RIFORMA SANITARIA IN LOMBARDIA, USUELLI (+EUROPA/RADICALI): MORATTI ACCETTA LA NOSTRA RICHIESTA E CI CONCEDERÀ DI PRENDERE VISIONE DEL TESTO COI RILIEVI DEL GOVERNO SULLA RIFORMA SANITARIA.
TERMINERÀ IL BALLETTO CONTINUO DEI COMMENTI DA PARTE DEI VERTICI DELLA POLITICA SANITARIA REGIONALE, SENZA CHE NESSUNO CONOSCESSE IL CONTENUTO DI QUANTO VIENE COMMENTATO.
“Ormai da giorni è aperta la discussione sulle 7 pagine di rilievi che il Governo ha fatto alla legge di riforma sanitaria approvata lo scorso novembre in Regione Lombardia, ma di quelle obiezioni, non vi abbiamo alcuna traccia. Eravamo molto preoccupati, dato lo storico della mancanza di trasparenza sulla sanità in regione: le relazioni dei 5 saggi nominati da Fontana non mai giunte; mesi di audizioni in commissione Sanità senza avere una proposta di legge scritta su cui gli auditi potessero offrire un parere; gli indicatori che servivano a produrre Rt . La riforma della Sanità è l’atto politico più importante di questi 5 anni. I consiglieri hanno il dovere di conoscere e studiare il contenuto dei rilievi mossi dal Ministero. Terminerà il balletto continuo dei commenti da parte dei vertici della politica sanitaria regionale, senza che nessuno conoscesse il contenuto di quanto viene commentato.
Così Michele Usuelli, medico, consigliere regionale di +Europa/Radicali e componente della commissione sanità, che prosegue: “Oggi Moratti ha dichiarato che le modifiche legislative saranno inserite (discutibilmente) nel collegato ordinamentale. Il fatto che il Governo non abbia impugnato la legge, non puo’ essere considerato di per se un benchmark di qualità. Già in passato gli equilibri politici del governo centrale hanno prevalso rispetto ai bisogni sanitari dei cittadini: La legge Maroni fu non impugnata e dichiarata “sperimentale”, da un Governo Renzi politicamente fragile e sostenuto dal partito di Alfano, che in Lombardia era in maggioranza col centrodestra ed a cui apparteneva il relatore di tale legge. I risultati delle politiche sanitarie di quella legge li hanno conosciuti in questi anni sulla loro pelle i lombardi”.

sabato 12 febbraio 2022

Confronto COVID-19 e Influenza: evoluzione al 4 febbraio

Evoluzione settimanale dell'ondata omicron al 4 febbraio

Tutti i parametri confermano la riduzione dell'ondata omicron iniziata la scorsa settimana

  • i nuovi casi sono 541mila rispetto ai 765mila della scorsa settimana, per una riduzione del 29% 
  • i ricoveri complessivi sono scesi sotto i 20mila: nei reparti ordinari sono diminuiti dell'11% e del 12% in terapia intensiva, mentre i decessi sono aumentati del 1,6% con una letalità che ha toccato lo 0,44%
  • gli attualmente positivi e i soggetti in isolamento domiciliare sono diminuiti di circa 400mila rispetto alla scorsa settimana e i dimessi guariti sono di poco superiori al milione
Nel complesso i dati confermano la minore gravità clinica della variante Omicron, che ha superato il 95% dei campioni sequenziati, testimoniata dalla riduzione dei soggetti in isolamento, dei positivi e dalla sostanziale stazionarietà ricoveri. In pratica, nonostante il gran numero di casi, i malati hanno sintomi lievi, non vengono ricoverati, guariscono e si negativizzano in pochi giorni. 




ANDAMENTO DELL'EPIDEMIA INFLUENZALE

Per il secondo anno consecutivo non si verificata l'epidemia influenzale, tranne nella fascia d'età 1-4 anni alla fine del 2021 per probabili forme parainfluenzali, che si era temuto potesse sovrapporsi alla pandemia provocando problemi diagnostici o addirittura una pericolosa sinergia epidemia tra i due virus.






sabato 5 febbraio 2022

COVID-19: andamento mensile e settimanale

Evoluzione mensile al 31 gennaio 
  • Nell'ultimo mese la variante omicron ha contagiato quasi 5 milioni di persone sfiorando il 50% di tutti i casi mai registrati dall'inizio della pandemia, con una postività dei tamponi attorno al 15%.
  • Ciononostane sia i ricoveri ordinari sia quella in terapia intensiva sono stati contenuti sotto i 25 mila, mentre i decessi sono aumentati nelle ultime due settimane di gennaio, toccando la cifra di 9500 nel mese per una letalità inferiore allo 0,19%
  • Anche il numero di dimessi guariti è elevato segno di un decorso clinico meno impegnativo nonostante l'altissimo numero di casi.




Evoluzione settimanale dell'ondata omicron al 4 febbraio

Tutti i parametri sono in riduzione rispetto alla scorsa settimana consolidando la fase discendente dell'ondata pandemia dovuta alla variante omicron

  • i nuovi casi sono 765mila rispetto al milione e passa della scorsa settimana, per una riduzione del 29% 
  • i ricoveri nei reparti medici sono 19mila, diminuiti del 4% e del 14% in terapia intensiva, mentre i decessi sono aumentati del 2% con una letalità che ha toccato lo 0,34%
  • gli attualmente positivi e i soggetti in isolamento domiciliare sono diminuiti di mezzo milione circa rispetto alla scorsa settimana e i dimessi guariti sono 1,2 milioni
Nel complesso i dati confermano la minore gravità clinica della variante Omicron, che ha superato il 95% dei campioni sequenziati, testimoniata dalla riduzione dei soggetti in isolamento, dei positivi e dalla sostanziale stazionarietà ricoveri. In pratica, nonostante il gran numero di casi, i malati hanno sintomi lievi, non vengono ricoverati, guariscono e si negativizzano in pochi giorni. 




Andamento complessivo a negli ultimi 30 giorni








giovedì 3 febbraio 2022

NOVITA' ACN 2016-2018 (1) la svolta della AFT per il PNRR

La parte più innovativa dell'ACN 2016-2018 è senza dubbio quella che introduce e disciplina le forme organizzative previste dalla riforma Balduzzi alla fine del 2012 e rimaste sulla carta per ben 10 anni. Solo questo fatto dimostra quale livello di disinteresse abbia caratterizzato le politiche pubbliche nell'ultimo decennio. Di seguito sono riportati alcuni passi relativi alle Aggregazioni Funzionali Territoriale che della due forme organizzative della Balduzzi è quella di maggiore impatto e di facile implementazione, se non altro perchè non richiede particolari risorse e perchè potrebbe essere uno strumento chiave per l'attuazione delle missione 6 del PNRR dedicata alle Case della Comunità.

L'ACN attribuisce alle AFT due distinte funzioni vale a dire

  • la condivisione di percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi, secondo quanto previsto all’articolo 8 del presente Accordo
  • l’assistenza per l’intero arco della giornata e per sette giorni alla settimana ad una popolazione non superiore a 30.000 abitanti coinvolgendo tutti i medici del ruolo unico di assistenza primaria operanti sia a ciclo di scelta che su base oraria, vale a dire MMG e MCA

La prima parte è tratta pari pari dal testo della Balduzzi mentre la funzione assistenziale non è compresa nella riforma del 2012 e delle due è anche la meno convincente, come dimostra l'esperienza delle associazioni della MG operanti da oltre vent'anni che hanno inciso pochissimo sull'assistenza alla popolazione. Nel testo non vi sono riferimenti espliciti al PNRR ma è chiaro che l'impianto normativo ha come contesto pratico la ristrutturazione della medicina territoriale promossa dalla Missione 6 del recovery found italiano nel quinquennio 2022-2026. Di fatto con il PNRR si darà completa attuazione della riforma Balduzzi, dopo un decennio di vacanza contrattuale e normativa dalla sua entrata in vigore nel 2012.

Notevole sarà l'impatto anche a livello regionale lombardo, dove le future AFT potranno costituire lo strumento organizzativo per promuovere quella comunità professionale di formazione sul campo ed intervento incaricata di gestire la Presa in Carico della cronicità, in sostituzione dei Gestori organizzativi della cronicità dopo il fallimento della riforma del 2017 (si veda il post: https://curprim.blogspot.com/2022/01/buon-compleanno-pic-ebuona-pensione.html ). 

In Lombardia le future AFT sono destinate a sostituire e assorbire i CRT, attivati nell'autunno del 2020 per coordinare l'assistenza sul territorio alla pandemia; sarà così attuata finalmente una legge dello stato misconosciuta per un decennio in nome del "dogma" del quasi mercato, che metteva in concorrenza le cure primarie con quelle ospedaliera per la presa in carico della cronicità. Insomma con questo ACN e con il PNRR vi sono le premesse per archiviare un decennio di policy regionali all'insegna della marginalizzazione della MG e per innescare processi di innovazione e di recupero di un ruolo mortificato da scelte improvvide e sbagliate.

ART. 8. ISTITUZIONE DELLE FORME ORGANIZZATIVE

Le Regioni, entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente Accordo, definiscono ai sensi della normativa vigente gli atti di programmazione volti a istituire forme organizzative monoprofessionali (AFT) e le modalità di partecipazione dei medici alle forme organizzative multiprofessionali, osservando i seguenti criteri generali:

a) istituzione delle AFT in tutto il territorio regionale;
b) istituzione di forme organizzative multiprofessionali tenendo conto delle caratteristiche territoriali e demografiche, salvaguardando il principio dell’equità di accesso alle cure anche attraverso una gradualità della complessità organizzativa;
c) realizzazione del collegamento funzionale tra AFT e forme organizzative multiprofessionali tramite idonei sistemi informatici e informativi

La attuazione di quanto previsto dal precedente comma deve avvenire a seguito dei nuovi Accordi Integrativi Regionali da perfezionarsi entro dodici mesi decorrenti dalla definizione degli atti di programmazione di cui al comma 2.

ART. 29 – CARATTERISTICHE GENERALI DELLE AGGREGAZIONI FUNZIONALI
TERRITORIALI (AFT).

1. Le AFT, di cui all’articolo 1 del D.L. 13 settembre 2012, n. 158 convertito, con modificazioni, nella
L. 8 novembre 2012, n. 189, sono forme organizzative monoprofessionali che perseguono obiettivi di salute e di attività definiti dall’Azienda, secondo un modello-tipo coerente con i contenuti dell'ACN e definito dalla Regione.
2. Le AFT condividono percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi, secondo quanto previsto all’articolo 8 del presente Accordo.
3. La AFT garantisce l’assistenza per l’intero arco della giornata e per sette giorni alla settimana ad
una popolazione non superiore a 30.000 abitanti, fermo restando le esigenze legate alle aree ad alta densità abitativa, ed è costituita da medici del ruolo unico di assistenza primaria operanti sia a ciclo di scelta che su base oraria.
4. L’istituzione della AFT garantisce la diffusione capillare dei presidi dei medici del ruolo unico di assistenza primaria nell’ambito dei modelli organizzativi regionali.
5. La AFT è priva di personalità giuridica. I medici partecipanti possono essere supportati sia per l’acquisizione che per la gestione dei relativi fattori produttivi da società di servizi, anche cooperative; in ogni caso dette società di servizi non possono fornire prestazioni mediche proprie del medico di medicina generale regolamentate dal presente Accordo e dagli accordi
decentrati.

6. I compiti essenziali della AFT sono:
a) assicurare l’erogazione a tutti i cittadini che ad essa afferiscono dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza (LEA), nonché l’assistenza ai turisti ai sensi dell’articolo 46;
b) realizzare nel territorio la continuità dell’assistenza, estesa all’intero arco della giornata e per sette giorni alla settimana, per garantire una effettiva presa in carico dell’utente;
c) garantire la continuità dell’assistenza anche mediante l’utilizzo della ricetta elettronica dematerializzata, del fascicolo sanitario elettronico (FSE) e il continuo aggiornamento della
scheda sanitaria individuale informatizzata.
7. La AFT realizza i compiti di cui al precedente comma, secondo il modello organizzativo regionale, in pieno raccordo con la forma organizzativa multiprofessionale di riferimento, alla quale la AFT e i suoi componenti si collegano funzionalmente, integrando il team multiprofessionale per la gestione dei casi complessi e per specifici programmi di attività.

8. I medici del ruolo unico di assistenza primaria, oltre ad esercitare l’attività convenzionale nei confronti dei propri assistiti, contribuiscono alla promozione della medicina di iniziativa, ed in
particolare operano per:
a) garantire una effettiva presa in carico degli assistiti a partire, in particolare, dai pazienti cronici con bisogni assistenziali complessi di tutte le età. A tal fine e con riferimento specifico 50/153 a questa tipologia di assistiti attivano l’integrazione con gli altri servizi sanitari di secondo e terzo livello, con diritto all’accesso in ospedale dei medici convenzionati;
b) contribuire all’integrazione fra assistenza sanitaria e assistenza sociale a partire dall’assistenza domiciliare e residenziale in raccordo con le strutture territoriali di riferimento e in sinergia con i diversi soggetti istituzionali e con i poli della rete di assistenza.

9. I medici del ruolo unico di assistenza primaria sono funzionalmente connessi tra loro mediante una struttura informatico-telematica di collegamento tra le schede sanitarie individuali degli assistiti che consenta, nel rispetto della normativa sulla privacy e della sicurezza nella gestione dei dati, l’accesso di ogni medico della AFT ad informazioni cliniche degli assistiti degli altri medici operanti nella medesima AFT per una efficace presa in carico e garanzia di continuità delle cure.

10. L’Accordo integrativo Regionale può integrare compiti e funzioni delle AFT, in attuazione di quanto stabilito dalla programmazione regionale, implementando modelli correlati al grado di complessità della presa in carico assicurata alla popolazione di riferimento.

11. Le attività, gli obiettivi ed i livelli di performance della AFT sono parte integrante del programma
delle attività territoriali di cui alla all’articolo 3-quater, comma 3 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. La valutazione dei risultati raggiunti dalla AFT, secondo indicatori stabiliti negli Accordi Integrativi Regionali, costituisce un elemento per l’erogazione delle parti variabili del trattamento economico dei medici componenti la stessa AFT.

12. Il funzionamento interno della AFT è disciplinato da un apposito regolamento definito nel Comitato aziendale.

ART. 30 – IL REFERENTE DI AFT.

1. I medici componenti la AFT individuano al loro interno, con modalità definite nel regolamento di
funzionamento di cui all’articolo 29, comma 12, un referente ed il suo sostituto. I medici proposti devono essere disponibili a svolgere tale funzione, garantendone la continuità per la durata
prevista. Gli Accordi Integrativi Regionali disciplinano la durata del mandato e le modalità di svolgimento. Tale funzione non incide sull’incarico convenzionale in essere. 

2. Il referente si occupa, per la parte che riguarda la AFT, dell’integrazione dei servizi e dei percorsi
assistenziali volti a garantire continuità dell’assistenza con gli altri servizi aziendali, incluso il raccordo funzionale con la forma organizzativa multiprofessionale di riferimento. 

3. Il referente coordina altresì l’attività dei medici componenti della AFT allo scopo di garantire la continuità della assistenza per tutto l’arco della giornata e per tutti i giorni della settimana. 

4. Il referente predispone annualmente la relazione dell’attività svolta dalla AFT per il raggiungimento degli obiettivi assegnati, sulla base di indicatori di processo e di risultato concordati con l’Azienda.

5. Il referente collabora con l’Azienda, in particolare con l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP), per risolvere disservizi inerenti alla AFT a seguito di segnalazioni.

6. Al referente è riconosciuto un compenso commisurato alle funzioni assegnate e ai risultati ottenuti. Gli Accordi Integrativi Regionali definiscono l’entità della remunerazione destinata alla funzione di “referente”, il cui onere è finanziato con risorse attinte preventivamente dal fondo di cui all’articolo 47, comma 2, lettera B, punto II.

7. Il Direttore Generale dell’Azienda ratifica la designazione e valuta annualmente il referente di AFT in relazione ai compiti di cui al presente articolo. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati di cui all'articolo 29, comma 11 del presente Accordo e sentiti i componenti della AFT, ovvero su richiesta dei componenti della AFT secondo quanto previsto dal regolamento di funzionamento di cui all'articolo 29, comma 12 del presente Accordo, il Direttore Generale dell'Azienda può procedere, anche prima della scadenza, al subentro del sostituto nella funzione fino alla nuova designazione ai sensi del precedente comma 1.

8. Tra i referenti di AFT del Distretto è individuato il rappresentante dei medici di medicina generale componente di diritto dell'Ufficio di coordinamento delle attività distrettuali.

9. L’attuazione di quanto previsto dal presente articolo è demandata al regolamento di funzionamento di cui all’articolo 29, comma 12 del presente Accordo

ART. 31 – RUOLO UNICO DEL MEDICO DI ASSISTENZA PRIMARIA.

1. Dall’entrata in vigore del presente Accordo i medici già titolari di incarico di:
a) Assistenza Primaria;
b) Continuità Assistenziale;
assumono la denominazione di medici del ruolo unico di assistenza primaria.

2. Il ruolo unico di assistenza primaria di cui D.L. 13 settembre 2012, n. 158 convertito con modificazioni dalla Legge 8 novembre 2012, n. 189 prevede che i medici del ruolo unico di assistenza primaria svolgano attività professionale a ciclo di scelta e/o su base oraria, operando nelle AFT e nelle forme organizzative multiprofessionali (UCCP) come disciplinato dal presente Accordo.

3. Ai medici del ruolo unico di assistenza primaria operanti a rapporto orario a tempo indeterminato nelle AFT è consentita l’iscrizione negli elenchi di scelta a seguito del conferimento di incarico secondo le procedure di cui all’articolo 34. Ai medici del ruolo unico di assistenza primaria a ciclo di scelta operanti a tempo indeterminato nelle AFT è consentita l’attribuzione di incarico orario secondo le procedure di cui all’articolo 34.

4. All’entrata in vigore del presente Accordo i medici già titolari di concomitanti incarichi di cui al comma 1, lettere a) e b) confluiscono nel ruolo unico dell’Azienda dove svolgono attività a ciclo di scelta. Resta in capo alle singole Aziende la gestione dei distinti incarichi convenzionali.

ALLEGATO 1 – MEDICINA DI INIZIATIVA.

1. La medicina di iniziativa prevede l'interazione tra il paziente reso esperto da opportuni interventi di formazione e addestramento ed un team mono/multiprofessionale. Assicura, sulla base di un piano di cura personalizzato, attività educative e clinico assistenziali volte alla correzione degli stili di vita, alla diagnosi precoce e al monitoraggio delle malattie croniche conclamate al fine di rallentarne l'evoluzione e prevenirne le complicanze e consiste in un richiamo attivo periodico del paziente per sottoporlo a quanto previsto dal piano di cura.

2. Il
team monoprofessionale è composto dai medici della AFT, dal personale appositamente formato a svolgere sia i compiti segretariali che quelli di supporto alle attività cliniche, valutative e di empowerment del paziente.

3. Il
team multiprofessionale è composto dai medici della AFT e dai professionisti della forma organizzativa multiprofessionale (UCCP) di riferimento individuati nel piano di cura per la gestione del caso.

4. Per ogni AFT si identificano i cittadini affetti da condizioni di rischio, patologie croniche e condizioni di disagio socio-assistenziale a cui assicurare assistenza, assegnandoli, sulla base della gravità e gravosità dello stato di salute, a due gruppi di pazienti:
a) pazienti affetti da una o più patologie croniche privi di importanti problemi socioassistenziali;
b) pazienti con patologie croniche associate a problematiche socio-assistenziali.

5. I pazienti di cui al comma 4, lettera a) sono presi in carico e assistiti prevalentemente dal
team
monoprofessionale di cui al comma 2 o dal team multiprofessionale di cui al comma 3 in relazione alla erogazione delle prestazioni previste dallo specifico PDTA.

6. I pazienti di cui al comma 4, lettera b) sono assistiti dal
team monoprofessionale di cui al comma
2 o dal
team multiprofessionale di cui al comma 3 e dal Distretto per le problematiche socioassistenziali.

7. Il piano individuale di cura dettaglia le attività cliniche, valutative, di
empowerment e family learning necessarie per ogni specifico paziente, la periodicità della loro ripetizione e individua le figure professionali del team deputate ad eseguire le succitate attività e a determinare la periodicità dei momenti di rivalutazione comune.

8. Il responsabile clinico della formulazione e della applicazione del PDTA è il medico di scelta del paziente.

martedì 1 febbraio 2022

Lettera aperta alle istituzioni

 Comunicato alle Istituzioni

Siamo un gruppo di Medici di Medicina Generale (MMG) della ats di Brescia, spontaneamente creatosi e di natura non sindacale, unito dalla comune preoccupazione per il presente ed il futuro della nostra professione.

Da circa due anni, ovvero dall’inizio della pandemia, ognuno di noi si è impegnato in risposta alle nuove richieste dettate dalla pandemia: la nostra attività è stata stravolta dall’emergenza. In particolare, la quarta ondata ha caricato il Medico di Medicina Generale di ulteriori compiti, per lo più di natura burocratica, sradicando il nostro ruolo clinico, diagnostico ed assistenziale, per sopperire a compiti che non ci spetterebbero, ma di cui ci siamo incaricati solo per il fatto che siamo l’interfaccia diretta del ssn con il paziente e poiché è mancato e manca tutt’ora il ruolo di regista di ats e di regione Lombardia.

Tutti i Medici di Famiglia sono esasperati dalla situazione lavorativa: l’abbandono della nostra professione è realtà per alcuni, mentre molti altri la stanno contemplando. In una già nota situazione di carenza di Medici di Famiglia, le attuali condizioni di lavoro non permettono ai giovani di intraprendere la nostra professione, in aiuto e coprendo i posti vacanti, in quanto professionalmente non recettiva: il carico burocratico attuale non è tollerabile.

In questi due anni, ma in verità anche in periodo pre-pandemico, la nostra dignità professionale è stata svilita da compiti meramente burocratici ed amministrativi, siamo stati allontanati sempre più dalla nostra funzione clinica primaria e spesso utilizzati alla stregua di “parafulmini” a copertura di evidenti disfunzioni del sistema. Tuttavia rimaniamo l’unico vero riferimento dei cittadini sempre più smarriti in un sistema confuso ed iper-informatizzato, dove i meno abbienti ed i fragili hanno spesso il Medico di Famiglia come figura di riferimento per le problematiche socio-sanitarie.

Così le nostre linee telefoniche risultano sempre occupate dalle innumerevoli richieste dei cittadini ed il paziente percepisce il disagio di non riuscire a mettersi in contatto con noi come scarsa disponibilità. Le chiamate, costanti nelle 12 ore giornaliere, sono incessanti e generate dai motivi più svariati, spesso di origine amministrativa: certificati di malattia, richieste di attestazioni, green pass, segnalazioni di casi positivi e di contatti…

Dopo 2 anni di pandemia il dipartimento di igiene e sanità pubblica è stato snaturato a call center, dove lavora un numero esiguo di assistenti sanitarie, incapaci di sopperire alle richieste di migliaia di cittadini. Questo scenario è lo stesso del 2020, intollerabile dopo 2 anni di pandemia e con una quarta ondata a cui ci si doveva preparare per tempo. Le mancanze dimostrate dal sistema di tracciamento erano imprevedibili alla prima ondata, evitabili alla seconda, inammissibili alla terza, da denuncia all’attuale situazione pandemica.

La situazione è aggravata dalle problematiche di malfunzionamento del siss che riscontriamo ormai ogni giorno: l’introduzione di nuovi portali informatici, talvolta diversi, appesantisce ulteriormente il nostro lavoro. Le problematiche informatiche sono in primis da risolvere, poiché è in atto solo un tentativo di aumentare il carico informatico, senza risolvere i disservizi su esistenti (il siss in primis).

La situazione è aggravata dalle problematiche di malfunzionamento del SISS (Sistema Informativo Socio Sanitario di Regione Lombardia) che riscontriamo ormai ogni giorno: l’introduzione di nuovi portali informatici, talvolta diversi, appesantisce ulteriormente il nostro lavoro. Le problematiche informatiche sono in primis da risolvere, poichè è in atto solo un tentativo di aumentare il carico informatico, senza risolvere i disservizi su esistenti (il SISS in primis).

Da un ruolo professionale prettamente incentrato sulla diagnosi, cura, prevenzione delle malattie ed assistenza sociosanitaria, siamo passati a compiti di segreteria, che non permettono la presa in carico del paziente acuto e cronico.

Siamo perciò a segnalarvi e a denunciare tale situazione. E, contestualmente, a comunicarvi la nostra intenzione di organizzare una manifestazione di protesta con i Medici del gruppo e di tutti coloro che vorranno sostenerci (sindacati, ordine dei medici, associazioni di pazienti).

Riteniamo tuttavia corretto, per il rispetto che nutriamo nei confronti delle nostre Istituzioni, richiedere un confronto preventivo su quelli che, secondo noi, devono essere interventi IMMEDIATI che possano alleggerire il nostro carico burocratico, così da permetterci di tornare a curare i pazienti e a sopravvivere, non solo in senso professionale

1. risolvere i problemi informatici che riguardano ogni aspetto del nostro lavoro: a tal proposito è auspicabile un confronto tra coloro che progettano i sistemi informatici ed una rappresentanza di MMG che è l’utente utilizzatore

2. la presa in carico delle prenotazioni dei tamponi da parte di ats: mai nella storia del sistema sanitario nazionale il medico, come è accaduto negli ultimi mesi, si è dovuto occupare della prenotazione di un esame, le cui tempistiche, modalità di esecuzione e disponibilità sono dettate dalle asst, a cui rimandiamo il compito

3. correggere le comunicazioni rivolte ai cittadini riguardo alla chiusura delle quarantene, stampa di green pass, richiesta di ricette per esecuzione tamponi…. è inammissibile il contrasto tra le comunicazioni date al numero 1500 e dal dipartimento malattie infettive (ex igiene pubblica) e le indicazioni fornite dal dipartimento cure primarie. Si sottolinea inoltre che durante tutta la pandemia, le sporadiche prese in carico (solo telefoniche tramite intervista, la maggior parte delle volte dopo parecchi giorni dalla positività) da parte del dipartimento malattie infettive dei casi di positività sono andate in contrasto con le nostre indicazioni ai pazienti (che sono invece chiare, immediate, coerenti e avvalorate dal rapporto fiduciario medico-paziente)

4. pretendiamo una linea diretta per poter comunicare con il dipartimento di igiene e sanità pubblica in ats con un referente che si interfacci con i medici di famiglia. Non è tollerabile l’irreperibilità del dipartimento, chiuso tra le mura dell’ats, non reperibile via mail e telefonicamente

5. provvedere ad annullare la richiesta di caricamento su portale dedicato del piano terapeutico elettronico della nota 97 (prevista per il 31 Gennaio 2022), ulteriore carico burocratico che non abbiano intenzione di accettare. La prescrizione degli anticoagulanti è già soggetta a nota AIFA, di cui redigiamo piano terapeutico cartaceo, di cui una copia tratteniamo noi ed una copia viene rilasciata al paziente. Nessun altro compito è dovuto.

6. verificare che gli specialisti ambulatoriali del servizio sanitario effettuino le prescrizioni degli accertamenti prescritti su ricettario regionale e non le deleghino a noi. Altresì, che il pronto soccorso provveda sempre all’erogazione delle impegnative per gli esami suggeriti, alla prescrizione della malattia INPS o infortunio INAIL e alla ricettazione della farmaceutica necessaria e che ogni prescrizione in dimissione ospedaliera sia sempre accompagnata dalla prescrizione di farmaci, dalle certificazioni INPS e da tutto quello che necessiti al paziente.

7. che le ricette con una priorità non differibile siano prese in carico dal CUP, senza che il paziente debba tornare dal proprio Medico di Famiglia per nuove prescrizioni: qualora il sistema sanitario non riesca a garantire la prestazione nei tempi richiesti non è compito nostro la revisione della priorità (che se urgente non è differibile!)

8. chiarire alcuni aspetti delle certificazioni di malattia INPS:

  • negli attestati di quarantena o isolamento è riportata la seguente frase: “il lavoratore deve farsi rilasciare il certificato di malattia dal proprio medico curante senza necessità di alcun ulteriore provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica”. Tale frase è da interpretare come non necessità di effettuare la visita in presenza in questi casi? Stiamo da mesi cercando di ottenere una risposta, ma senza successo. Perché pretendere che si visiti al domicilio, o in ambulatorio, un paziente che ha ricevuto un certificato di isolamento, ci pare ai limiti dell’assurdo. Chiediamo una definitiva risposta al nostro quesito.
  • non è possibile utilizzare i certificati di isolamento o quarantena ATS per certificare la copertura dell’indennità INPS?
  • infine, siamo nuovamente a sollecitare l’approvazione dell’autocertificazione per i primi tre giorni di malattia.

9. chiediamo che gli uffici INAIL riaprano al pubblico. Di fatto non accettano più i pazienti e li rinviano tutti al medico curante. Riteniamo questa un’omissione di atti di ufficio e chiediamo un recapito (mail o telefonico) per segnalare le inadempienze che ogni giorno ci troviamo a gestire

10. deve essere possibile redigere elettronicamente anche le ricette in classe C. Con sgomento non abbiamo trovato, nel crono programma reso pubblico la scorsa settimana dalla stampa, la data di attivazione di tale servizio per la Regione Lombardia. È necessario che questo sia attivato il prima possibile, per evitare che i pazienti facciano inutili accessi nei nostri ambulatori, come già avviene per la farmaceutica veterinaria

11. da clinici poniamo una riflessione sul senso delle attuali regole di tracciamento e di gestione dei pazienti positivi asintomatici. I numeri sono talmente alti che rischiano di sommergere e occultare i pazienti più fragili, proprio quelli che avrebbero bisogno di un’attivazione precoce delle cure (come monoclonali o antivirali). È possibile ipotizzare l’esecuzione del tampone solo sui pazienti sintomatici?

12. a tutt’oggi, i numerosi adempimenti burocratici in carico ai medici di famiglia non possono essere delegati al personale amministrativo, in quanto è necessario che vengano redatti con la firma digitale personale del medico, utilizzando la tessera SISS. Pertanto, di fatto, neanche il personale di segreteria aiuta ad allentare il carico di lavoro amministrativo, che resta in capo al MMG. Chiediamo che, anche in una prospettiva di lavoro nelle case della comunità, si studino delle soluzioni in questo senso. Diversamente il personale di studio non potrà mai essere sufficientemente efficace, in qualsiasi setting

13. da alcuni mesi è stata modificata la modalità di invio dei referti in posta elettronica. Questo nuovo sistema ci mette in forte difficoltà, poiché non sono più disponibili l’anteprima dei referti e, pertanto, non vengono più evidenziati gli accessi in pronto soccorso, le dimissioni dalle strutture ospedaliere e i referti di anatomia patologica. Questo non ci consente più di distinguere i sopra citati accertamenti rispetto a quelli routine. Si richiede l’invio dei risultati degli esami in cartella clinica informatizzata, affinché il lavoro venga alleggerito dalle ore che ogni giorno dedichiamo all’apertura dei referti (spesso non visualizzabili a causa dei disservizi del siss) ed alla copiatura in cartella.

Nell’ultimo e recentissimo rapporto CREA SANITA’, alla domanda sugli elementi di maggior soddisfazione nei confronti del servizio sanitario nazionale, oltre la metà del campione ha indicato come punto di forza il proprio MMG. Questo ci fa riflettere su quale sia il ruolo del Medico di Famiglia oggi, di quale attività si stia realmente occupando e quale sia il percepito di assistiti ed istituzioni rispetto al nostro impegno e alle nostre incombenze lavorative. Il nostro quotidiano prevede, oltre all’attività ambulatoriale, la gestione del triage telefonico, la risposta alle sempre maggiori richieste che ci pervengono tramite mail, sms, whatsapp, telefonate disseminate nelle 12 ore di reperibilità telefonica e, ovviamente, l’assistenza domiciliare. Tuttavia, all’interno del documento redatto da regioni e ministero per la nuova convenzione, non ci risultano essere affatto contemplate tutte queste attività nelle 38 ore previste. Quando e chi se ne dovrebbe occupare?

I Medici firmatari ATS di Bergamo e di Brescia