sabato 26 maggio 2018

Te lo do io il PAI....

L’introduzione del Piano Assistenziale Individuale (PAI) per la presa in carico (PiC) dei pazienti cronici in Lombardia ha fatto emergere diversi atteggiamenti tra gli attori della gestione della cronicità. Tre sono le categorie di pazienti candidati alla PiC:
1.       Assistiti portatori di uno o più fattori di rischio ad elevata prevalenza (ipertensione arteriosa e/o diabete di tipo II e/o dislipidemia) ma senza danno d’organo o complicanza: per questa categoria il PAI in realtà appare superfluo in quanto coincide di fatto con le indicazioni del relativo PDTA, applicato in modo flessibile e personalizzato. Si tratta della parte più consistente dei cronici, costituita da un 25% circa di ipertesi e un 10% di diabetici e/o dislipidemici (la stragrande maggioranza dei diabetici è anche iperteso o dislipidemico)
2.       Pazienti dello stesso gruppo portatori di uno o più danni d’organo o affetti da monopatologia evoluta ad elevata intensità clinico-assistenziale (Diabete tipo I o II in fase di complicanze, esiti di ictus, coronaropatia, vasculopatia cerebrale o periferica, IRC, Scompenso cardiaco, FA, demenza, BPCO grave etc..): il PAI è elettivamente indicato in caso di polipatologie concomitanti e dovrebbe essere redatto e condiviso dal MMG con lo specialista di riferimento o Clinical Manager (CM)
3.       Assistiti multipatologici, disabili, invalidi civili con accompagnamento, fragili, non autosufficienti etc.. che richiedono valutazione funzionale e multidimensionale, con PAI clinico e socio-assistenziale, redatto dal team multi-professionale distrettuale, coordinato da un casa/care manager, specie nei pazienti in ADP/ADI. 
L’impegno del Clinical Manager della struttura (CM) o del MMG nella redazione del PAI si deve quindi concentrare sulle categorie 2 e 3, al fine di un’appropriato utilizzo delle risorse umane ed organizzative disponibili. E’ quanto indica in modo esplicito anche il Piano Nazionale per la Cronicità (PNC) quando traccia il profilo e gli obiettivi del PAI: l’approccio integrato alla cronicità è “ancorato al riconoscimento degli elementi di complessità che connotano sia l’individuo, con il suo fenotipo e i suoi specifici bisogni, sia il contesto nel quale questo si colloca e interagisce con persone, servizi e strutture sanitarie e sociosanitarie”, mentre nei pazienti con condizioni cliniche multiple si renderebbe necessario seguire le indicazioni di due o più linee guida (una per ogni singola malattia) con la conseguenza di far fronte ad eventuali incompatibilità o eventuali scelte da compiere tra i vari percorsi diagnostico-terapeutici presentati singolarmente ma non nella loro complessità interazionale”.

E’ quindi necessaria la “programmazione di un percorso di cura individuale” vale a dire l’esecuzione effettiva nel tempo di prestazioni sanitarie per i pazienti con malattia cronica” previa conoscenza e identificazione dipercorsi alternativi fattibili adeguati alla gestione di pazienti cronici con multimorbidità”. In soldoni il PAI dovrebbe operare una sintesi pratica dei PDTA o delle Linee Guida di riferimento per armonizzare il percorso gestionale delle varie patologie di cui è portatore il singolo paziente cronico "complesso".

Proprio sulla redazione e gestione del PAI nella polipatologia si sono verificate differenti valutazioni e talvolta divaricazioni pratiche tra MG e CM ospedaliero. Ad esempio nel documento critico verso la PiC, stilato dai Primari Ospedalieri lombardi dell’ANPO, si legge che il CM “è un professionista con competenze tuttologiche, non definito”, incaricato di redigere “un fantasmagorico PAI sintetizzando Linee Guida, PDTA e Consensus di più specialità, di scrivere terapie ed esami per un periodo definito anche di un anno” con una “coercizione metodologica che comporta gravi difficoltà….e risvolti medico-legali non indifferenti”

Non meno problematico è il documento elaborato dall’Ordine Milanese, che sottolinea specifica-tamente i rischi medico-legali del PAI per lo specialista ospedaliero, in quanto “comporterà maggiori difficoltà rispetto all'abituale attività svolta in passato nel dover estendere il proprio operato, in particolare per i casi di pluri-patologie, a branche specialistiche plurime e diverse rispetto a quella del proprio titolo”. Si profila quindi come soluzione a questi problemi il ricorso ad una girandola di consulenze specialistiche propedeutiche alla compilazione del PAI, anche per prevenire il rischio di malapratica.

Il PNC, dal canto suo, indica il profilo del professionista più adatto alla redazione del PAI nei pazienti polipatologici complessi, ovvero quello che si sintonizza con “il concetto di medical generalism, in cui la conoscenza della persona nel suo intero e dei suoi bisogni, la visione continua degli eventi (non solo) sanitari del singolo soggetto - integrate con le conoscenze basate sulle evidenze - determinano scelte più appropriate e fattibili per il singolo paziente (evidence based practice)”.

L’ “imbarazzo” dello specialista ospedaliero di fronte al compito di redigere “un fantasmagorico PAI” è comprensibile poiché il malato cronico multiproblematico mette in crisi la visione settoriale e monodimensionale del processo clinico-assistenziale. E’ comprensibile che il CM, di fronte per la prima volta ad un cronico complesso, provi disagio per l'incertezza di doversi confrontare con una multiproblematicità non abituale, nella misura in cui risulta “privo di quella conoscenza della persona nel suo intero e dei suoi bisogni” e della “visione continua degli eventi (non solo) sanitari del singolo soggetto”. Il malato cronico separato dal suo contesto di vita, irrelato rispetto alle sue vicende anamnestiche e al flusso di eventi che hanno condotto alla situazione attuale, appare un oggetto misterioso, di difficile inquadramento e pianificazione clinica per il futuro.

La polipatologia cronica per la sua natura viola i confini disciplinari, codificati dall’organizzazione ospedaliera e dalle suddivisioni accademiche, come ha efficacemente sottolineato Mauro Ceruti nel suo ultimo libro, dedicato al “tempo della complessità (R.Cortina Editore, pag. 94-95)”.

“Scienziati, filosofi, intellettuali compiono allora una ritirata [dalla quale] nasce quella figura dello specialista che prevale ancor oggi nei laboratori e nelle accademie. La sconfinata estensione del sapere e del cosmo viene limitata, intersecata, imbrigliata da netti confini disciplinari. In una parola: viene territorializzata [....] attraverso la collaborazione fra tanti individui e tanti gruppi, ognuno dei quali si incarica di esplorare un tassello sempre più ristretto dell’immenso mosaico dell’universo. [….]. La giustapposizione delle singole conoscenze parcellari, locali, è considerata la strategia adeguata per ottenere un panorama adeguato e dettagliato dell’“oggetto” globale e [.…] ha modellato l’idea stessa di università, erigendo confini tra discipline e tra dipartimenti. E in ciascun dipartimento, in ciascuna disciplina lo specialista opera da padrone a casa propria, convinto che le poche interazioni necessarie fra i vari territori del sapere siano facilmente garantite da alcune regole e da alcune occasioni ritualizzate. Questa fase della modernità ha anche modellato l’idea delle professioni extra-accademiche. L’esperto è dotato di una conoscenza analitica di porzioni ristrette della conoscenza: esercita scelte a breve termine, e rifugge dagli scenari a lungo termine. Più in generale, questa fase della modernità ha fatto sorgere l’idea stessa dell’inevitabilità della separazione funzionale, che ha prodotto il modello dell’organizzazione industriale fordista”.

Può il MMG, non specialista per eccellenza ma con una naturale vocazione alla visione multidimensionale, rivendicare per sè il ruolo di “medical generalism”, ovvero di “professionista con competenze tuttologiche”? Per i “veri” specialisti, a disagio con la compilazione del PAI, potrà apparire una sorta di improprio sconfinamento nella sfera delle competenze altrui. Tuttavia il numero di arruolamenti alla PiC, a 2/3 del percorso semestrale di adesione (si veda il post precedente), sembra accreditare il MMG come professionista di riferimento per operare quella sintesi clinica indispensabile alla gestione appropriata  e integrata della cronicità.

P.S. Da anni nei più diversi contesti, dalla medicina di precisione a quella narrativa, dalla farmacogenomica all'antropologia medica, si enfatizza la necessità di una personalizzazione delle cure, sovente in modo retorico. Oggi al contrario clinici e medici legali trovano una convergenza nella critica al PAI per la polipatologia cronica, che con tutta evidenza costituisce uno strumento per adattare le indicazioni generali ed impersonali delle linee guida alla singola persona in carne, ossa, emozioni, relazioni e storia.

sabato 12 maggio 2018

Primi dati sull'arruolamento dei pazienti cronici lombardi nella Presa in Carico

Per poter valutare in modo oggettivo e ponderato i primi dati sul coinvolgimento dei pazienti cronici nella Presa in Carico (da ora PiC) è necessario partire dai dati relativi alla popolazione di cittadini lombardi coinvolti nel processo, dei MMG aderenti alla PiC, delle strutture sanitarie coinvolte e soprattutto delle lettere inviate ai pazienti potenzialmente “arruolabili” a partire dal gennaio 2018.
  •        N. di MMG che partecipano alla PiC come Gestori o Co-gestori: 2575 su circa 6300 MMG in attività, pari a 36,4% Gestori e 4,5% Co-gestori
  •        N. di Cooperative di MMG accreditate come Gestori: 41
  •        N. di organizzazioni (ASST, ospedali, cliniche etc..) accreditate come Gestori: 253
Stratificazione della popolazione lombarda affetta da una o più patologie croniche, composta da 3.350.000 cittadini lombardi:
  •         Livello 1. Fragilità clinica e/o funzionale con bisogni prevalenti di tipo ospedaliero, residenziale, assistenziale a domicilio (150000 assistiti). 
  •         Livello 2. Cronicità polipatologica con prevalenti bisogni extra- ospedalieri, ad alta richiesta di accessi ambulatoriali integrati/ frequent users e fragilità sociosanitarie di grado moderato (1.300.000 cittadini). 
  •         Livello 3. Cronicità in fase iniziale prevalentemente monopatologica e fragilità sociosanitarie in fase iniziale a richiesta medio-bassa di accessi ambulatoriali integrati e/o domiciliari /frequent users (1.900.000). 
Patologie croniche individuate nella prima fase della PiC (2018) secondo la delibera del gennaio 2017:

Insufficienza respiratoria/ossigenoterapia, scompenso cardiaco, diabete tipo I e tipo II, cardiopatia ischemica, BPCO, ipertensione arteriosa, vasculopatia arteriosa, vasculopatia cerebrale, miocardiopatia aritmica, insufficienza renale cronica.

La delibera attuativa della PiC, n. 7655 del 28 dicembre 2017, ha previsto: 
  •         Durata del periodo di arruolamento alla PiC: primi 6 mesi del 2018
  •         Inizio della fase di arruolamento con l’invio delle lettere di proposta di adesione alla PiC: 15 gennaio 2018
  •     Tappe dell'arruolamento: manifestazione di interesse telefonico, appuntamento per la sottoscrizione del Patto di Cura, secondo appuntamento per la compilazione del PAI e la sottoscrizione dei consensi (1 ora circa).
 Cronoprogramma dell’invio delle lettere di proposta per la PiC: 
  •         Pazienti già arruolati con il modello CReG, appartenenti a tutti i tre livelli della PiC (180000 circa, concentrati nella ATS di Milano, Bergamo, Como, Lecco e Varese).
  •         Pazienti appartenenti al livello 3 in cura presso MMG idonei come Gestori/Cogestori.
  •          Pazienti appartenenti ai livelli 1 e 2, in cura presso MMG Gestori/Cogestori qualificati idonei alla PiC
  •      Pazienti appartenenti ai livelli 1, 2 e 3 classificati come “super frequent sers” e “elevato frequent users” delle strutture sanitarie accreditate
  •          Pazienti per i quali non è possibile individuare una o più strutture di riferimento, con MMG non aderente. 
Sulla base di questi dati e delle prevalenze delle principali patologie croniche è possibile un primo bilancio dell’arruolamento alla PiC a tre mesi dall’inizio dell’operazione, ovvero a metà aprile 2018. Secondo il segretario della società italiana dell’ipertensione arteriosa i pazienti affetti da ipertensione arteriosa e/o diabete mellito sono il 90% circa dell’intera coorte di cronici (80% ipertesi e 30% diabetici). Se a queste due categorie nosologiche si aggiungono le altre 9 patologie previste nella prima fase di arruolamento della PiC (DGR N. 6164 del gennaio 2017 ) non è irrealistico quantificare nel 90% dei cronici lombardi la percentuale di coloro che sono stati coinvolti nella fase di arruolamento iniziata il 15 gennaio, vale a dire 3 milioni circa di cittadini su 3.350.000 cronici.

Non è dato sapere con precisione quante siano le lettere inviate a livello regionale; è pero possibile, a partire dai dati resi noti dll’ATS di Brescia (1.177.000 abitanti) una prima sommaria stima. Al mese di marzo infatti sono state recapitatele le lettere alle prime categorie di cronici bresciani (ovvero a 224000 cronici sul totale di 350000 interessati) mentre da aprile è iniziato l’invio ai restanti 126000 assistiti dell'ultimo gruppo previsto dalla delibera di fine 2017. In sostanza a livello regionale dovrebbero aver ricevuto le lettere i 2/3 circa dei 3.000.000 di cronici lombardi, vale a dire 2 milioni circa di assistiti.

Dati ufficiali sui pazienti arruolati nei prime tre mesi non sono disponibili. Le uniche cifre rese pubbliche sono quelle presentate dalla segretaria regionale della FIMMG lombarda, dott.ssa Levato (si veda il PS), in un convegno tenutosi a Milano lo scorso 10 maggio ( https://goo.gl/AfFfMGhttps://goo.gl/WgSsyt ).

Si tratta di informazioni frammentarie e soprattutto incomplete. Ecco comunque le cifre “ufficiose” in sintesi schematica:
  •         pazienti che si sono rivolti al proprio MMG dopo aver ricevuto la lettera con la proposta di PiC: 20%
  •         pazienti arruolati complessivamente da tutti i Gestori nei primi 4 mesi dell’anno: 103.000
  •         pazienti arruolati dai MMG nello stesso periodo: 99.900
Partendo da questi dati, rapportati al numero di cronici che verosimilmente hanno già ricevuto la lettera (2.000.000), è possibile dedurre le seguenti cifre, relative ed assolute:
  •         Percentuale di arruolamenti al mese di aprile: 5,15%, di cui il 4,99% da parte dei MMG, ovvero il 97% degli arruolati nei primi 4 mesi del 2018
  •         N. medio di assistiti arruolati dalle 41 Coop di MMG: 2437
  •         N. medio di assisti arruolati dai MMG Gestori o Co-gestori: 39
  •         N. medio di assistiti arruolati dai Clinical Manager delle strutture organizzative: 12
COMMENTO

La schiacciante prevalenza degli arruolamenti da parte della MG (il 97% dei cronici ha scelto come gestore il proprio MMG mentre solo 1 su 30 ha optato per una struttura organizzativa come Gestore) si spiega con l'invio prioritario delle lettere a 2 categorie di destinatari: quelli già arruolati a suo tempo nel progetto CReG (180000 cronici, concentrati nelle ATS dell'ovest lombardo) e quelli seguiti da MMG/Gestori soci di una Coop o come Co-gestori.

E' verosimile che una quota consistente degli arruolati siano proprio i cronici ex-CReG, che hanno goduto di una sorta di corsia preferenziale rispetto agli altri assistiti, grazie ad un passaggio al nuovo modello senza soluzione di continuità rispetto al rinnovo del PAI del CReG, in scadenza a fine 2017. Con l'arrivo delle lettere all'ultimo scaglione di assistiti, vale a dire a pazienti il cui medico non partecipa alla PiC, dovrebbe aumentare anche la quota di cronici che sceglieranno come Gestore una struttura sanitaria pubblica o privata accreditata. 

Infine, tenendo conto che restano ancora meno di 2 mesi allo scadere del semestre di arruolamento      (dopo di che con la stagione estiva il processo si arresterà) e che nei prossimi 45 giorni arriveranno a destinazione un altro milione di lettere, è possibile ipotizzare che l’arruolamento finale nel primo semestre del 2018 sarà compreso tra l’8 e il 12% dei potenziali 3 milioni di cittadini lombardi interessati alla PiC.

P.S.Gabriella Levato segretario Fimmg: «In Lombardia ci sono 3,3 milioni di pazienti con una o più cronicità, noi abbiamo sempre sostenuto la centralità del ruolo dei mmg, e difatti su 103 mila arruolamenti nei piani cronicità quasi 100 mila riguardano medici di famiglia; il "clinical manager" di estrazione ospedaliera che prende in carico i pazienti è residuale e ne abbiamo chiesto l'abolizione. Non si deve pensare più a strutture specialistiche che vanno sul territorio, ma come consulenti nella presa in carico fatta dal mmg».
Davide Lauri presidente della Coop CMMG a Milano «A fronte di 12240 milanesi prenotati da gennaio al 28 aprile, da quando hanno ricevuto il volantino che li informava della novità, l'80% è finito in carico al suo medico di famiglia gestore; è redatto nell'ente gestore dei mmg l'83% dei patti di cura, dal medico curante il 93% dei piani assistenziali individuali». Più in generale la sperimentazione in pochi mesi ha raggiunto la metà dei pazienti raccolti in quattro anni di sperimentazione Chronic related groups.