sabato 30 giugno 2018

La gestione delle malattie croniche secondo il Professor Assal

Il professore ginevrino Philippe Assal è il pioniere dell'elaborazione culturale e della pratica assistenziale verso le malattie croniche; da decenni si occupa in particolare di diabete ed è il padre dell’educazione terapeutica di questa ed altre condizioni croniche. Il suo modello formativo e gestionale è un riferimento per tutti gli operatori sanitari ed è stato fatto proprio dall’OMS. Vale quindi la pena di riproporre sinteticamente le sue idee nel momento in cui la gestione della cronicità è al centro dell’attenzione della politica e al vertice dell’agenda pubblica, sia per gli addetti ai lavori che per i diretti interessati.

La tesi di fondo dell’educazione terapeutica è semplice e chiara: l'approccio alla malattia cronica rappresenta per tutti gli operatori sanitari una sfida epocale che obbliga a confrontarsi con vari sistemi di pensiero e di azione, oltre a quello biomedico tradizionale, vale a dire la sfera educativa e psicosociale per un nuovo approccio culturale ed organizzativo alle cure. L’obiettivo è di riallineare i modelli esplicativi della malattia più diffusi e radicati tra la gente, vale a dire la condizione infettiva acuta, con la nuova realtà della malattia cronica, praticamente sconosciuta fino allo sviluppo della medicina scientifica. 

Nell’arco di pochi decenni, grazie alla scoperta e all’uso clinico dell’insulina negli anni trenta del 900, il destino di schiere di malati, come i diabetici ad esordio giovanile, è cambiato quasi “miracolosamente”: da una vita segnata da stenti e non di rado dall’exitus in giovane età, ad una lunga sopravvivenza in buone condizioni, seppur a prezzo di cure e controlli assidui e con il rischio di complicazioni tardive. Il punto di partenza del modello di educazione terapeutica di Assal è la differenza tra condizione acuta e cronicità.

Infatti nella malattia acuta
·         segni e sintomi sono evidenti e si manifestano in modo più o meno repentino;
·         la crisi costituisce un momento critico, talvolta a rischio della vita, e si conclude con la restitutio ad integrum
·         bisogna formulare urgentemente una diagnosi rapida e dare inizio al trattamento terapeutico
·         l’approccio è di tipo riduzionista, si presta attenzione solo all’essenziale
·         il processo diagnostico-terapeutico in acuto è il modello di riferimento della formazione medica e influenza l’identità professionale
·         rappresenta meno del 10% dell’insieme delle visite del medico.

Nella malattia cronica invece
  • la guarigione e/o la restitutio ad integrum di regola non è possibile
  • mancano sintomi evidenti e spesso il decorso resta silente per anni al di fuori delle riacutizzazioni o delle crisi
  • se sono presenti dolori, questi tendono a persistere o a recidivare
  • spesso non vi è correlazione tra sintomi soggettivi e parametri biologici
  • l’evoluzione clinica resta incerta sul lungo periodo
  • può dipendere ed essere influenzata dallo stile di vita e dalle abitudini voluttuarie
Queste differenze hanno importanti conseguenze sull’identità professionale dei medici, sulle aspettative dei pazienti, sulle concezioni e sulle valutazioni di entrambi circa la natura della malattia, la qualità dell’assistenza e gli obiettivi delle cure. Oggi grazie a nuovi modelli di formazione degli operatori e di educazione dei pazienti l’arsenale terapeutico si è arricchito di un nuovo approccio che consente di migliorare il compenso metabolico, ridurre l’incidenza delle complicanze acute e croniche più gravi del diabete. Tuttavia per raggiungere questi risultati è necessario un coinvolgimento e un elevato grado di interazione tra medico e assistito (ad esempio i contatti telefonici sono frequenti) in un contesto organizzativo-gestionale di tipo quasi “militare”.

Secondo il Prof. Assal il cambiamento necessario per seguire i malati cronici è cruciale e comporta una nuova attenzione, da parte degli operatori sanitari, per la persona, le sue idee, la famiglia e l'ambiente sociale. Ognuno di questi livelli sistemici, oltre a quello biologico vero e proprio, può influenzare il decorso della malattia cronica e deve essere preso in attenta considerazione. Occorre un salto di qualità culturale per passare dal mondo biologico (i processi metabolici implicati nella malattia diabetica) a quello psicosociale (il malato nella sua interezza “ecologica”). Questo obiettivo comporta un riallineamento culturale tra i modelli esplicativi della malattia della gente (la cosiddetta ilness degli antropologi medici) rispetto agli schemi concettuali prevalenti a livello di formazione, "incorporati" nelle pratiche assistenziali e nelle organizzazioni sanitarie (il desease, ovvero la concezione biomedica della malattia).

In tutti i paesi e nelle diverse realtà culturali i malati cronici hanno in comune il senso di solitudine per la loro malattia.  I bisogni dei pazienti affetti da una patologia cronica sono ormai noti:
ü  ricevere cure di qualità
ü  avere la possibilità di manifestare attese e timori
ü  confidare che i curanti tengano conto delle opinioni e delle credenze della gente
ü  essere aiutati nel processo di adattamento alla malattia
ü  acquisire un saper fare per gestire la malattia in modo da
ü  conservare l’autonomia potendo nel contempo collaborare con i curanti.

Di conseguenza la relazione tra medico e assistito deve evolvere verso nuove forme che contemplino
ü  la condivisione del sapere e del potere in un modello di rapporto in cui l'operatore accetti di essere "guidato" dal paziente
ü  il superamento del riferimento teorico-pratico alle cure intensive che evoca un medico attivo e un paziente passivo recettore delle prescrizioni
ü  un accordo-compromesso tra schemi concettuali biomedici e credenze-logiche dell'assistito
ü  una nuova sensibilità per i problemi psicosociale e per il mondo della vita dei malati.

Strategie e tecniche di apprendimento, messe in atto nel corso del processo di educazione terapeutica, sono ispirate a queste principi programmatici. Ad esempio è richiesto al medico di adattarsi ai desideri del diabetico, anche se non si può rinunciare all’obiettivo pedagogico per eccellenza, ovvero l’evoluzione delle idee preconcette sulla malattia e il tentativo di integrare le nuove conoscenze con le abitudini di vita.

Assal sottolinea il fatto che le abilità pratiche acquisite dai pazienti sono il prodotto di turbamenti personali che richiedono l’elaborazione di nuovi significati della propria esperienza di malattia. A livello personale ogni malato è uno scienziato che sperimenta la validità dei consigli e delle prescrizioni del medico, ad esempio sospendendo il farmaco per verificarne l'efficacia. Così in certi casi la non-compliance è un processo quasi scientifico di validazione delle cure. La reazione del medico a questi esperimenti deve prendere in considerazione un franco confronto tra credenze del paziente e sapere medico ufficiale.

Per facilitare l'apprendimento è necessaria empatia, un'atmosfera positiva e, talvolta, anche un pizzico di spirito umoristico che non guasta. E’ dimostrato che l'educazione terapeutica riduce le complicanze acute e croniche, le ospedalizzazioni, i costi diretti e indiretti e migliora la qualità di vita della gente. Per raggiungere questi obiettivi si richiede una formazione terapeutica sistematica che superi la frammentarietà di una gestione orientata ad affrontare solo gli aspetti organici ed episodici della malattia.

Purtroppo però nell’attuale assetto dei servizi sanitari non sempre i medici che interagiscono con il diabetico sono in grado di comunicare efficacemente tra loro. E’ quindi necessario che anche l’organizzazione dell’assistenza evolva verso modelli che mettano al centro processi di integrazione e di continuità assistenziale tra i vari attori che si alternano alla cura dei malati cronici in una dimensione sistemica a rete.

L’approccio biomedico tradizionale trascura una dimensione molto importante dell’esperienza di malattia: le idee, le credenze, le attese e i pregiudizi del malato che deve essere aiutato ad esprimere le sue preoccupazioni nascoste. E’ quindi prioritaria una formazione continua che abitui gli operatori sanitari a considerare non solo l’equilibrio metabolico ma anche quello psicosociale e a prestare attenzione alle rappresentazioni mentali del malato, vale a dire i modelli esplicativi ed interpretativi della sua condizione di malato.

sabato 23 giugno 2018

Proposta di revisione della presa in Carico della Cronicità in Lombardia

Dopo la divulgazione dei dati sulla Presa in Carico (PiC) al mese di maggio, a fronte dell'insuccresso della riforma (adesioni inferiori al 5%), si è riaperto il dibattito sulla possibile revisione della modalità di PiC del paziente cronico in Lombardia.

Il punto di riferimento per ovviare alle evidenti criticità della versione meneghina della PiC restano i principi generali e le indicazioni pratiche del Piano Nazionale per la Cronicità (PNC), a cui tutte le regioni devono fare riferimento, a partire dal ruolo di Hub proattivo delle cure primarie e della centralità del Distretto.

Quatto sono i cardini per delineare un modello organizzativo più avanzato, efficace ed appropriato di PiC in sintonia con il PNC:

    adottare una logica qualitativa e funzionale nella valutazione dei bisogni e dell’offerta socio-sanitaria, invece che puramente quantitativa (come la sommatoria delle patologie prevista nella stratificazione dei pazienti della PiC)
    graduare gli interventi medici e l’organizzazione in funzione dell’intensità clinica e socio-assistenziale (il paziente monopatologico può avere un profilo di intensità superiore a quello multipatologico stabile e ben compensato)
    ancorare il modello alle pratiche cliniche, organizzative, informatiche e alla cultura del contesto ecologico-sociale delle cure primarie, intese come punto centrale (hub) dei processi assistenziali (sul modello del Governo Clinico dell’ASL/ATS di Brescia)
    tenere distinta la dimensione clinica affidata al MMG in un’ottica di prossimità - salvo casi di formale passaggio in cura alle strutture specialistiche - da quella organizzativa, delegata ad un Gestore specie per gli assistiti con elevata intensità clinico-assistenziale.

In un'ottica organizzativa eco-sistemica questi principi si traducono in alcune scelte strategiche:

eliminare la figura del Clinical Manager ospedaliero, inidoneo alla PiC, per la sua visione settoriale, salvo pazienti del I livello con situazioni cliniche complesse, come polipatologici, fragili, con frequenti ospedalizzazioni etc... Il MMG è il naturale Clinical Manager responsabile in toto della PiC e del processo clinico-assistenziale specie se affiancato da un Case Manager per i casi complessi;
limitare il PAI ai pazienti multipatologici complessi e fragili, specie in assistenza domiciliare, eliminandolo per i cronici a bassa intensità clinico-assistenziale, per i quali basta applicare il relativo PDTA;
arruolare gradualmente i cronici nell'arco di 2-3 anni, a partire da quelli più "complessi" e ad elevato rischio cardiovascolare, e prevedere il tacito rinnovo annuale della PiC salvo revisione in occasione di complicanze, comorbilità, aggravamenti funzionali etc..;
attribuire ai Gestori esclusivamente funzioni organizzative di erogazione di prestazioni previste dai PDTA e dal PAI per i pazienti polipatologici;
semplificare e ridurre le procedure informatiche (tutte le prescrizioni sono già intercettate dal SISS), prevedendo l'estrazione periodica degli indicatori di processpo/esito dalle cartelle informatizzate dei MMG, per i mono-bi-patologici a basso rischio senza danno d'organo o complicazioni (ipertesi e/o diabetici/dislipidemici);
investire nelle forme associative territoriali (AFT e Unità Complesse), prevedere la diffusione dei Case manager e degli incentivi per il personale amministrativo/infermieristico per favorire la proattività delle cure primarie;
potenziare i CUP, completare la dematerializzzaione delle prescrizioni eliminando il pro-memoria cartaco e applicare concretamente le classi di priorità delle prescrizioni diagnostiche e specialistiche ambulatoriali, attualmente in gran parte disattesi.

Lettera pubblicata in data odierna sul quotidiano BresciaOggi: https://app.box.com/s/gb535oscqj7o06ntyz7gwl09191qy2hm

Brescia giugno 2018

Hanno sottoscritto il presente documento:
Dott.ssa Marialuisa Badessi, MMG a Nuvolera
Dott. Giuseppe Belleri, MMG a Flero
Dot. Giuseppe Beltrami, MMG a Brione
Dott. Francesco Bondioli, MMG a Brescia
Dott.ssa Iside Maria Bono, MMG a Brandico
Dott. Gigi Bonvini, MMG a Borgosatollo
Dott.ssa Annamaria Bottanelli, MMG a Collebeato
Dott. Roberto Cocconcelli, MMG a Gussago
Dott.ssa Barbara Felisetti, MMG a Capriano del Colle
Dott.ssa Adriana Loglio, MMG in pensione
Dott. G.Franco Michelini, MMG in pensione
Dott. Luigi Pialorsi, MMG a Rezzato
Dott. Gianni Piazza, MMG a Botticino
Dott. Dario Pontoglio, MMG a Palazzolo sull'Oglio
Dott.ssa Mara Rozzi, MMG a Brescia
Dott.ssa Francesca Samoni, MMG a Brescia
Dott. G.Paolo Smillovich, MMG a Botticino
Dott. Alessandro Zadra, MMG a Brione

martedì 5 giugno 2018

Analisi statistica delle adesioni alla PiC dei cronici in Lombardia al 5 giugno

Il processo di adesione alla Presa in Carico si svolge in 2-3 tempi. Una volta ricevuta la lettera con la proposta di PiC, contenente l'elenco dei Gestori accreditati dall'ATS, il cronico può metterla da parte oppure

1. telefonare al Cal Center per manifestare il proprio interesse alla Presa in Carico a cui segue la fissazione di un appuntamento presso il Gestore

2. durante il primo colloquio in caso positivo sottoscrive il "Patto di Cura" ed accetta il PAI che tuttavia, in mancanza di tempo, viene rimandato

3. al II colloquio, che sancisce il formale avvio della PiC da parte del Gestore, a meno che l'assistito decida di non accettare il Patto di Cura ritirandosi dalla PiC.

Ecco i dati sulla Presa in carico dei Cronici in Lombardia al 5 giugno, comunicati nella conferenza stampa dall'assessore Gallera:
http://www.quotidianosanita.it/regioni-e-asl/articolo.php?articolo_id=62537

Su 3.057.519 lettere inviate ai cronici lombardi in tre tranches (1.250.000 per il primo gruppo, 600.000 il secondo e 1.250.000 il terzo, si veda il PS) tra il 30 gennaio e il 15 maggio:

257.998 pazienti hanno espresso una manifestazione di interesse, ovvero hanno telefonato al call center regionale per prendere un appuntamento con il Gestore (Coop di MMG o struttura sanitaria)

⦁ di questi 217.865 si sono rivolti ad un MMG (l'84,4%) mentre hanno contattato una struttura pubblica o privata 40.133 cittadini (15,6%)

⦁ complessivamente sono stati arruolati con Patto e PAI 140.724 cronici su oltre 3 milioni; di questi il 99%, ovvero 139.347 assistiti (il 64% di coloro che si erano rivolti al proprio MMG) hanno sottoscrizione il Patto di Cura e il PAI con il medico curante e solo l'1%, cioè 1.377, presso un Gestore pubblico o privato (il 3,4% degli oltre 40000 che hanno contattato il Call Center).

In sintesi: sugli oltre 3 milioni di cronici che hanno ricevuto l'invito il 4,6% è stato arruolato con Patto e PAI a tutto il 5 giugno 2018 - la metà dei quali aveva a suo tempo già aderito ai CReG - vale a dire 64% di chi ha espresso una manifestazioni di interesse.

La differenza tra le manifestazioni di interesse e l'adesione formale alla PiC è dovuta al fatto che possono intercorrere diverse settimane tra la telefonata di "interesse" e l'arruolamento, che avviene con la sottoscrizione del Patto di Cura e l'accettazione del PAI, atti che non sempre vengono portati a termine al primo appuntamento (il PAI può essere compilato in un secondo tempo dopo la sottoscrizione del Patto).

La differenza del 35% circa può essere dovuta sia allo sfasamento temporale tra la telefonata e l'adesione, specie per la terza tranche dei cronici che hanno ricevuto la lettera dalla fine di aprile e hanno contattato successivamente una struttura organizzata, oppure ad un abbandono della PiC dopo il primo appuntamento a seguito del colloquio di presentazione del percorso di cura.

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale il maggior numero di adesioni si è avuto nelle ATS in cui erano stati attivati i CReG (dal 10% circa fino ad un massimo del 15% di adesioni) mentre nell'ATS di Brescia la percentuale è tra le più basse (4%, nonostante il 50% di medici partecipanti) assieme a Pavia (1.2%). Rispetto ai MMG aderenti alla PiC, in qualità di gestori o cogestori, i dati dimostrano un arruolamento medio di una cinquantina di assistiti cronici a testa, con punte massime nelle ATS sempre dove sono stati sperimentati i CReG.

Considerando che il termine della fase di arruolamento è fissato per la fine di giugno - vale a dire per altri 25 giorni dalla rilevazione dei dati odierni e con un ritmo di 1000 PAI al giorno - è ipotizzabile che si arrivi ad un'adesione del 7-9% degli oltre 3 milioni di cronici lombardi coinvolti. Un risultato che non si può certo definire brillante.

P.S. Le lettere con la proposta di PiC sono state inviate con questo cronoprogramma:
  • dal mese di gennaio a 1.250.000 assistiti che erano già stati arruolati nei CReG o che erano seguiti da un MMG gestore o cogestore;
  • dal mese di marzo a 600.000 "frequent user", ovvero a cronici che frequentano abitualmente una struttura ospedaliera;
  • dal mese di aprile a 1.250.000 pazienti i cui medici non avevano aderito alla PiC.

sabato 2 giugno 2018

La Regione Veneto ha approvato il Piano per la Presa in Carico della cronicità

A poche settimane dalla delibera dalla regione Piemonte anche il Veneto si dota di un Piano regionale per la Presa in Carico della Cronicità e della Multimorbilità (PiCCM) per intensità di cura e di assistenza: https://app.box.com/s/031txnzhqpcwwaqcpau57fxswrl6bg7o

La PiCCM è inserita all'interno del Piano Sanitario Regionale 2019-2021 ( http://www.quotidianosanita.it/veneto/articolo.php?articolo_id=62369 ) in coerenza con il Piano Nazionale per la Cronicità. Ecco i punti organizzativi qualificanti.

La dimensione distrettuale

Il Distretto Socio sanitario è l'articolazione dell'USSL incaricata di integrare i diversi servizi per assicurare una risposta coordinata e continua ai bisogni dei cronici, diventando il "gestore" di alcune categorie di bisogno complesso. Gli obiettivi strategici della gestione distrettuale della PiCCM sono: analisi, misura e stratificazione dei bisogni della popolazione (case mix), definizione e attuazione dei percorsi assistenziali integrati per le principali patologie croniche e per l'assistenza alla fragilità, assistenza integrata h 24 e 7gg7 tra tutti i soggetti preposti alla PiCCM nei diversi nodi della rete dei servizi.

La stratificazione della popolazione dei cronici

I cronici vengono stratificati in quattro categorie epidemiologiche sulla base della co-prevelenza:
  • assistiti con una singola patologia o condizione non complicata: 19,9%
  • patologie multiple non complesse: 19%
  • cronicità complessa: 3,3%
  • cronicità avanzata: 1%
Le prime due categorie, definite conicità "semplice", saranno seguite dai Team Multiprofessionali di Asssistenza Primaria, mentre la cronicità complessa e avanzata viene assegnata ai Team Multiprofessionali dedicati alla complessità.

La gestione della conicità semplice

Le medicine di Gruppo Integrate e i neonati Team Multiprofessionali di Assistenza Primaria saranno il punto di contatto per la gestione della PiCCM e il riferimento della comunità per:
  • prevenzione della malattia e trattamento della sua cronicizzazione;
  • riconoscimento dei malati cronici; 
  • inserimento nei percorsi di presa in carico integrata;
  • sviluppo della gestione dell’assistenza in team.
Per fare questo sono richiesti: 
  • la valorizzazione del rapporto di fiducia tra medico e paziente; 
  • un elevato livello di integrazione dell’assistenza primaria nel sistema;
  • lo sviluppo del lavoro per percorsi assistenziali con applicazione dei PDTA; 
  • una forte crescita e valorizzazione del ruolo degli infermieri nell‘assistenza primaria;
  • la dimostrazione del contributo al raggiungimento degli standard di sostenibilità del Sistema.
La gestione della cronicità semplice sarà garantita da tre tipologie di Team Multiprofessionali di Assistenza Primaria:
  1. aggregazioni di medici convenzionati, organizzate e dimensionate rispetto alle specifiche caratteristiche del contesto; 
  2. team che coinvolgono medici dipendenti dei SSN nell’assistenza medico-generica, in conformità a quanto stabilito dalla legge n.833/1978;
  3. team di assistenza primaria gestiti da un soggetto privato accreditato in rapporto ad uno specifico bacino territoriale.
Al fine di tutelare la libera scelta, il cittadino potrà aderire ad una sola tipologia di team, che si configurano come alternativi e non potranno essere fruiti contemporaneamente dallo stesso assistito.

Sulla base di questi principi generali anche i pediatri potranno costituire Team analoghi. Spetterà al direttore del Distretto organizzare le risorse affinché vengano attuati i PDTA, definendo:
  • gli obiettivi da raggiungere; 
  • le risorse disponibili ed i criteri del loro utilizzo;
  • le modalità di monitoraggio e verifica dei risultati;
  • il budget delle prestazioni specialistiche necessarie.
Per la Presa in Carico e la gestione della cronicità semplice non è previsto il PAI, come invece accade in Lombardia. Strutture, dotazioni, personale e servizi per i Team di assistenza primaria potranno essere messi a disposizione dalle USSL, oppure da soggetti fornitori esterni di servizi infermieristici o amministrativi (con apposita gara d'appalto) o ancora attraverso una procedura di accreditamento di erogatori con il SSSR. Infine potranno essere avviate procedure di accreditamento per l'erogazione di servizi sanitari dell'assistenza primaria nel suo complesso.

Gestione della cronicità "complessa ed avanzata": i Team multiprofessionali "dedicati"

Sarà affidata a Team composti da specialisti con prevalente competenza geriatrica/internistica, dipendenti del SSN, e infermieri, assistenti sociali e altri professionsiti con legami funzionali anche con le strutture ospedaliere. La rete curerà l'attuazione dei PAI o Piani Integrati di Cura, condivisi dal team con il paziente, con l'obiettivo di mantenere la persona nel proprio ambiente di vita e nel proprio domiclio. Sono previste tre tipologie di servizi:  ambulatori territoriali dedicati,  assistenza domicliare (ADIMED/ADI e cure palliative) e strutture per le cure intermedie (Hospice, Ospedale di Comunità e Unità Riabilitativa Territoriale).

Strumenti di supporto

La PiCCM prevede: un sistema informativo integrato, sistemi di valutazione della gestione integrata, una formazione specifica degli operatori per favorire l'approccio multidimensionale e il governo delle reti territoriali integrate con l'ospedale, un sistema di analisi dei costi e di tariffazione per gli obiettivi di budget.

COMMENTO

Il Veneto, a differenza della Liguria e del Piemonte, applica alla PiC della Cronicità il modello di "quasi mercato" interno della Lombardia, che mette in concorrenza la MG con altri erogatori pubblici e privati, con alcune differenze. Per la croncità semplice non è previsto nè il Patto di Cura nè il PAI, riservato alla cronicità complessa e avanzata, gestita in toto da Team multidiprofessionali specialistici, in cui non figura il MMG.

La cronicità semplice avrà come riferimento clinico e gestionale i Percorsi Diagnostici e Terapeutici, senza l'appesantimento burocratico del PAI e del Patto di cura come in Lombardia. Vi è un'altra importante differenza tra la PiCCM veneta e la PiC lombarda: la scelta del cronico lombardo è tra Gestore territoriale (la Coop di MMG) e Gestori organizzati (ospedale pubblico o struttura private) mentre in Veneto potrà optare solo tra Team collocati sul territorio a livello Distrettuale.

Viene riaffermato il ruolo del Distretto come perno organizzativo di tutte le forme di gestione della cronicità, a differenza della scelta lombarda che attribuisce ai Gestori Ospedalieri pubblici e privati compiti assistenziali anche per la cronicità semplice. I Team multiprofessionali di assistenza primaria sono assimilabili alle Unità Complesse dell'ACN nazionale (in Veneto Medicine di gruppo Integrate) mentre per i medici single le AFT potrebbero evolvere in Team.

Per i pazienti si profila una doppia opzione: il malato cronico dopo aver scelto il MMG di fiducia dovrà anche optare per  una delle tre tipologie di Team Multiprofessionale di Assistenza Primaria disponibili sul "quasi mercato" regionale (quello composto da medici dipendenti del SSR e il Team dei privati accreditati). Per la MG nel suo complesso si apre quindi una fase di incertezza per la sfida che le viene lanciata dalla concorrenza da parte degli altri Team di assistenza primaria presenti sul territorio. La sfida assume carattere ancor più diretto nell'ipotesi che possano essere accreditati sul territorio altri enti erogatori di "servizi sanitari dell'assistenza primaria nel suo complesso".