lunedì 10 novembre 2025

Farmaci, quale appropriatezza prescrittiva?

Periodicamente le cronache sanitarie informano di iniziative locali contro MMG accusati di iperprescrizione inappropriata di farmaci, per lo scostamento della spesa individuale rispetto alle medie statistiche della zona. La valutazione dell’appropriatezza/inappropriatezza è formulabile in alcuni quesiti pratici, sui quali a mio avviso si dovrebbe fare chiarezza con una sorta di consenus conference tra gli stakholder coinvolti:

  •       Con quali strumenti individuare le deviazioni statistiche dalla media, che indicano in modo attendibile un eccesso inappropriato e difensivo di  farmaci o di accertamenti?
  •       Qual è la soglia tra variabilità accettabile e indesiderate e a quali attori dovrebbe essere “imputata” la devianza dalla “normalità)?
  •        Con quali strumenti e interventi si può ricondurre la devianza “patologica” entro la variabilità fisiologica?

 La questione viene formulata in questi termini da Evans

 […] se le differenze indicano l’esistenza di cure inappropriate, quali sono esattamente queste cure? Si tratta di un problema di sovra-utilizzo [over-use] da parte delle regioni (aree, strutture, professionisti) dove le frequenze sono più elevate? O piuttosto si è di fronte a un sotto-utilizzo [under-use] nel caso delle frequenze più basse? Oppure la frequenza ottimale sta da qualche parte nel mezzo? O persino al di là dell’uno o dell’altro estremo?[1]

 Le medie finanziarie in astratto, ovvero irrelate rispetto ai comportamenti clinici (indicatori di processo ed esito) e all'epidemiologia del singolo medico (composizione anagrafica e prevalenza delle patologie croniche) sono prive di basi culturali, giustificazione EBM e argomentazioni razionali. L'utilizzo improprio delle media della spesa farmaceutica per valutare e sanzionare alcuni medici, rei di inappropriatezza, rappresentano la componente (repressiva) ex post della medicina amministrata mentre quella ex ante è riconducibile ai vincoli normativi (prescrittivi), vale a dire le Note AIFA per l'appropriatezza, Piani Terapeutici specialistici e LEA sugli accertamenti. Il problema è ben più complesso e delicato come ha osservato Mulley

 Se tutte le variazioni osservate fossero “cattive”, le soluzioni sarebbero semplici. La difficoltà sta nel ridurre la quota di variabilità “cattiva”, che riflette i limiti delle conoscenze professionali e i fallimenti nelle rispettive applicazioni; e nel contempo preservare la variabilità “buona”, che mantiene l’attenzione sulle esigenze dei singoli pazienti. Siamo di fronte a un fallimento quando offriamo servizi a pazienti che non ne hanno bisogno – o non li sceglierebbero – negando gli stessi servizi alle persone che ne beneficerebbero, e producendo errori di sovrautilizzo generalmente più costosi rispetto a quelli legati al sottoutilizzo[2].

 Vediamo perché queste iniziative, ancorché concordate con alcuni sindacati medici, sono improponibili partendo da alcune premesse generali. Prima di tutto il concetto si presta ad iniziative improprie a causa della sua complessità: basti pensare che il documento ministeriale sul governo clinico del 2012 cita oltre una dozzina di definizioni nazionali ed internazionali, accomunate dal carattere multidimensionale e sfaccettato afferente alla galassia della qualità. Se è già difficile orientarsi nel concetto positivo si può immaginare quanto sia arduo definire e valutare l'inappropriatezza di un professionista.

La valutazione dell'appropriatezza delle prescrizioni di farmaci, oggetto di contestazioni ad personam per eccesso rispetto alle medie nelle Commissioni per l'appropriatezza, pone alcune specifiche questioni di metodo così sintetizzabili:

  1. in base a quale razionale scientifico viene stabilito il range di normalità del +/- 20% rispetto alla media, oltre il quale scattano gli accertamenti e le eventuali sanzioni; il 20% riguarda la media statistica di tutte le prescrizioni, singole categorie ATC o farmaci per pazienti specifici?
  2. in alcune ASL i controlli e le contestazioni scattano per chi supera del 20% la media, ad esempio per categoria ATC, o anche per chi va sotto di oltre il 20% rispetto alla media, come sarebbe logico e razionale?
  3. in base a quali considerazioni epidemiologiche si utilizza una media, ad esempio regionale in base ai dati Osmed, rispetto a quella del distretto, di un'altra regione o la media nazionale?
  4. in che misura viene presa in considerazione l'influenza sui parametri statistici regionali e locali dei fattori epidemiologici, socio-economici e culturali locali?

 La definizione dell’appropriatezza prescrittiva recita: una terapia è considerata appropriata se effettuata all'interno delle indicazioni cliniche per le quali il farmaco si è dimostrato efficace e all'interno delle sue indicazioni d'uso (dose e durata del trattamento).

Nelle commissioni locali sull’appropriatezza prescrittiva in MG si discute dei criteri di valutazione? Esistono linee guida aziendali, validate scientificamente e condivise con i professionisti, che esplicitano le basi razionali e metodologiche dell'uso di alcuni parametri in alternativa ad altri per la valutazione? In caso negativo sarebbe rischiosa la mancanza di criteri definiti in modo consensuale, ad esempio la difformità di parametri tra una regione e l'altra o tra Aziende della stessa regione.

In assenza di un accordo preventivo sul metodo si rischiano incomprensioni e valutazioni divergenti, ad esempio giudicando "patologico" per eccessiva discrezionalità uno scostamento statistico che in realtà è "fisiologico" ed atteso in un certo contesto.

 In secondo luogo viene un’argomentazione teorica di fondo. La valutazione ragionieristica finanziaria dello scostamento dalla media è altra cosa rispetto alla logica economica, che attiene al miglior utilizzo delle risorse (efficienza ed economicità) in relazione ad obiettivi di salute e risultati (efficacia) attesi in rapporto a scelte e buone pratiche raccomandate dalle linee guida e dai Percorsi. Al di fuori di questa cornice concettuale i parametri finanziari non correlati agli esiti clinici sono ininfluenti per valutare l'operato del MMG, sotto il profilo dell'appropriatezza che, è bene ricordarlo, si riferisce alla valutazione di casi singoli e non di una popolazione. Come sottolinea il documento ministeriale nella pratica l’appropriatezza attiene alla “procedura corretta sul paziente giusto al momento opportuno e nel setting più adatto”, evitando rischi non proporzionati ai benefici, sovra e sotto utilizzo dei servizi e l’ingiustificata variabilità prescrittiva.

 L'ultima premessa è di tipo statistico. La spesa farmaceutica di una popolazione ha in genere una distribuzione più o meno gaussiana, attorno alla media, correlata al case mix dei singoli medici e alle scelte prescrittive influenzate dalla rete sociosanitaria locale di cui fanno parte. La componente preponderante della spesa farmaceutica è riconducibile per i 3/4 circa alle terapie croniche, rispetto al ciclo terapeutico breve per un evento acuto.  Le medie di popolazioni diverse e la dispersione della spesa dei singoli soggetti variano nello spazio in rapporto alle caratteristiche demografiche, geografiche e socioculturali delle popolazioni, come dimostrano chiaramente i dati OSMED relativi alle categorie ATC, dal consumo di antibiotici agli antidepressivi etc... Tra le regioni italiane si registra una distribuzione più o meno “normale” delle medie regionali di spesa, che vede alcune regioni discostarsi in eccesso ed altre in difetto dal dato medio nazionale.

Come si può stabilire quale tra le regioni “devianti” dalla norma è virtuosa, e quindi da imitare, e quale viziosa da biasimare? In un contesto assistenziale in cui prevalgono sotto diagnosi, sotto trattamenti e scarsa compliance dei malati cronici chi registra consumi sopra la media per alcune categorie ATC dovrebbe essere lodato e preso ad esempio per efficacia e professionalità. Se si allarga l’orizzonte alla dimensione internazionale le cose si complicano ulteriormente: la spesa italiana come può essere valutata rispetto alla media europea? Quale regione si discosta in difetto o in eccellenza dagli standard internazionali, ammesso e non concesso che quelli di una nazione possano essere un oggettivo parametro di riferimento per tutte le altre?


[2] Citato in Rodella S, Botturi D a cura di (2015) Appropriatezza, una guida pratica, Il pensiero Scientifico, Roma, p. 20.

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