Periodicamente le cronache sanitarie informano di iniziative locali contro MMG accusati di iperprescrizione inappropriata di farmaci, per lo scostamento della spesa individuale rispetto alle medie statistiche della zona. La valutazione dell’appropriatezza/inappropriatezza è formulabile in alcuni quesiti pratici, sui quali a mio avviso si dovrebbe fare chiarezza con una sorta di consenus conference tra gli stakholder coinvolti:
- Con quali strumenti individuare le deviazioni statistiche dalla media, che indicano in modo attendibile un eccesso inappropriato e difensivo di farmaci o di accertamenti?
- Qual è la soglia tra variabilità accettabile e indesiderate e a quali attori dovrebbe essere “imputata” la devianza dalla “normalità)?
- Con quali strumenti e interventi si può ricondurre la devianza “patologica” entro la variabilità fisiologica?
La valutazione dell'appropriatezza delle prescrizioni di farmaci, oggetto di contestazioni ad personam per eccesso rispetto alle medie nelle Commissioni per l'appropriatezza, pone alcune specifiche questioni di metodo così sintetizzabili:
- in base a quale razionale scientifico viene stabilito il range di normalità del +/- 20% rispetto alla media, oltre il quale scattano gli accertamenti e le eventuali sanzioni; il 20% riguarda la media statistica di tutte le prescrizioni, singole categorie ATC o farmaci per pazienti specifici?
- in alcune ASL i controlli e le contestazioni scattano per chi supera del 20% la media, ad esempio per categoria ATC, o anche per chi va sotto di oltre il 20% rispetto alla media, come sarebbe logico e razionale?
- in base a quali considerazioni epidemiologiche si utilizza una media, ad esempio regionale in base ai dati Osmed, rispetto a quella del distretto, di un'altra regione o la media nazionale?
- in che misura viene presa in considerazione l'influenza sui parametri statistici regionali e locali dei fattori epidemiologici, socio-economici e culturali locali?
Nelle commissioni locali sull’appropriatezza
prescrittiva in MG si discute dei criteri di valutazione? Esistono linee guida
aziendali, validate scientificamente e condivise con i professionisti, che
esplicitano le basi razionali e metodologiche dell'uso di alcuni parametri in
alternativa ad altri per la valutazione? In caso negativo sarebbe rischiosa la
mancanza di criteri definiti in modo consensuale, ad esempio la difformità di
parametri tra una regione e l'altra o tra Aziende della stessa regione.
In assenza di un accordo preventivo sul metodo si
rischiano incomprensioni e valutazioni divergenti, ad esempio giudicando
"patologico" per eccessiva discrezionalità uno scostamento statistico
che in realtà è "fisiologico" ed atteso in un certo contesto.
In secondo
luogo viene un’argomentazione teorica di fondo. La valutazione ragionieristica
finanziaria dello scostamento dalla media è altra cosa rispetto alla logica
economica, che attiene al miglior utilizzo delle risorse (efficienza ed
economicità) in relazione ad obiettivi di salute e risultati (efficacia) attesi
in rapporto a scelte e buone pratiche raccomandate dalle linee guida e dai
Percorsi. Al di fuori di questa cornice concettuale i parametri finanziari non
correlati agli esiti clinici sono ininfluenti per valutare l'operato del MMG,
sotto il profilo dell'appropriatezza che, è bene ricordarlo, si riferisce alla
valutazione di casi singoli e non di una popolazione. Come sottolinea il
documento ministeriale nella pratica l’appropriatezza attiene alla “procedura
corretta sul paziente giusto al momento opportuno e nel setting più adatto”,
evitando rischi non proporzionati ai benefici, sovra e sotto utilizzo dei
servizi e l’ingiustificata variabilità prescrittiva.
L'ultima
premessa è di tipo statistico. La spesa farmaceutica di una popolazione ha in
genere una distribuzione più o meno gaussiana, attorno alla media, correlata al
case mix dei singoli medici e alle scelte prescrittive influenzate dalla rete
sociosanitaria locale di cui fanno parte. La componente preponderante della
spesa farmaceutica è riconducibile per i 3/4 circa alle terapie croniche,
rispetto al ciclo terapeutico breve per un evento acuto. Le medie di popolazioni diverse e la
dispersione della spesa dei singoli soggetti variano nello spazio in rapporto
alle caratteristiche demografiche, geografiche e socioculturali delle
popolazioni, come dimostrano chiaramente i dati OSMED relativi alle categorie
ATC, dal consumo di antibiotici agli antidepressivi etc... Tra le regioni
italiane si registra una distribuzione più o meno “normale” delle medie
regionali di spesa, che vede alcune regioni discostarsi in eccesso ed altre in
difetto dal dato medio nazionale.
Come si può stabilire quale tra le regioni “devianti” dalla norma è virtuosa, e quindi da imitare, e quale viziosa da biasimare? In un contesto assistenziale in cui prevalgono sotto diagnosi, sotto trattamenti e scarsa compliance dei malati cronici chi registra consumi sopra la media per alcune categorie ATC dovrebbe essere lodato e preso ad esempio per efficacia e professionalità. Se si allarga l’orizzonte alla dimensione internazionale le cose si complicano ulteriormente: la spesa italiana come può essere valutata rispetto alla media europea? Quale regione si discosta in difetto o in eccellenza dagli standard internazionali, ammesso e non concesso che quelli di una nazione possano essere un oggettivo parametro di riferimento per tutte le altre?
[1]
Citato in Rodella S, Botturi D a cura di (2015) Appropriatezza,
una guida pratica, Il pensiero Scientifico, Roma, p. 20.
[2]
Citato in Rodella S, Botturi D a cura di (2015) Appropriatezza, una guida
pratica, Il pensiero Scientifico, Roma, p. 20.
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