martedì 14 febbraio 2017

Quali effetti pratici della Delibera sulla presa in carico dei "cronici"? (II°parte)

Con la discesa in campo del gestore, previsto dalla delibera sulla “presa in carico”, si affaccia sul territorio un nuovo soggetto organizzativo, che si affianca al MMG e con il quale il generalista dovrà fare i conti, nel caso in cui non siano gli stessi MMG associati in cooperativa a proporsi come gestori del percorso. Vediamo quindi di prospettare i possibili effetti della presenza di un nuovo giocatore sugli equilibri organizzativi, professionali ed assistenziali a livello territoriale. La delibera della regione Lombardia dovrebbe favorire l'evoluzione del sistema di gestione dei cronici da un modello “artigianale”, com'è stato fino ad ora quello della MG (si veda il caso del Governo Clinico), ad un modello più strutturato e complesso di matrice ospedaliera, che prevede il trasferimento sul territorio della formula del DRG e delle logiche aziendali alla gestione delle condizioni croniche.

Una sfida per le stesse strutture ospedaliere, che non si sono mai cimentate con i numeri imponenti dei cronici, e che pone anche non pochi problemi alla MG: in particolare non deve essere sottovalutato il rischio di una dicotomia o duplicazione tra gestore e MMG, qual'ora i due ruoli non coincidano, se non di una emarginazione del secondo, relegato ai margini del processo clinico, a vantaggio del primo. L'assistito dovrà scegliere tra la formula familiare e “artigianale” della MG e l'offerta, industriale e standardizzata, della struttura accreditata sbarcata sul territorio.

Va da sé che che le organizzazioni private aderiranno a condizione di intravvedere nella presa in carico un consistente interesse economico, come contropartita dell'assunzione del ruolo di gestore, tenuto conto delle gravose incombenze previste dalla delibera riguardo alla popolazione dei cronici (a parte forse l'occasione per attirare e fidelizzare nuovi “clienti” al fine di erogare altre prestazioni oltre a quelle previste dal PAI). Peraltro dalla Delibera non si evince se l'adesione alla presa in carico e al relativo patto/PAI sia in qualche misura obbligatoria, al di là della scelta dei gestore, mentre in diversi passaggi il Documento ribadisce la cetralità della libertà di scelta del paziente. 

Ad esempio a pagina 5, circa al patto di cura e il PAI, si afferma che "solo il cittadino può dare l’avvio o concludere il percorso di presa in carico, eventualmente facendo richiesta motivata all’ATS per la sostituzione del proprio Gestore". Nel senso che nè il MMG né tanto meno il gestore lo possono fare a suo nome, ma anche che la presa in carico è una libera scelta volontaria, mentre solo dopo la sottoscrizione del patto di cura scatta per l'assistito l'obbligo formale di ottemperare alle prescrizioni previste dal PAI.

Infine "la nuova modalità di gestione non elimina la modalità tradizionale di prescrizione ed erogazione delle prestazioni, ma vi si affianca" e quindi non la sostituisce. Si può immaginare che buona parte degli assistiti autosufficienti, affetti da monopatologia o pluripatologie croniche, in caso di scelta opzionale potrebbero declinare l'invito del gestore ad aderire al patto di cura, dato che la Delibera affida il III° livello proprio al MMG. Specie nelle località lontane dalla sede del gestore e dei punti di erogazione delle prestazioni previste dal PAI i cronici monopatologici potrebbero scegliere di mantenere la relazione esclusiva con il MMG, che da sempre si fa carico, seppur in modo informale ma globale, di gestire la salute dei propri assistiti (vedasi il post precedente).

La presa in carico da parte di un gestire, diverso dal MMG associato, potrebbe quindi sovrapporsi sia al generalista sia ad altri servizi, come quelli specialistici che spesso hanno già in carico assistiti affetti da polipatologie croniche complesse. Mi riferisco, ad esempio, ai diabetici di tipo I con pluricomplicanze d'organo seguiti dai centri diabetologici, ai nefropatici nelle fasi più avanzate di deficit funzionale, ai dializzati e ai trapiantati d'organo, ai cardiopatici con grave scompenso etc.. In questi casi il rischio di una duplicazione inappropriata degli interventi e delle prestazioni non è da sottovalutare. Servirà quindi un forte impulso al “case management” da parte del gestore per un efficace raccordo con le professioni sanitarie, “in termini di responsabilità clinica e di accompagnamento del paziente in relazione alla complessità clinica e ai bisogni assistenziali della classe di appartenenza”.

Un analogo problema di coordinamento e integrazione delle prescrizioni riguarderà i soggetti portatori di una condizione cronica prevalente non compresa nell'elenco stilato dalla delibera (neoplastici in fase di “cronicizzazione”, emopatici, epatopatici cronici, HIV, pre-terminali etc..) che sono abitualmente seguiti dai relativi servizi specialistici in collaborazione con il MMG. Questi assistiti possono essere anche portatori di uno o più comorbilità croniche previste dalla presa in carico e quindi il rischio che vengano “sballottati” tra i tre attori di cui sopra è elevato, con buona pace della riduzione dell'inappropriatezza organizzativa. Non sarebbe stato più semplice ed efficace investire risorse nelle forme organizzative complesse sul territorio e nella formazione degli operatori delle cure primarie, per migliorarne le capacità di integrazione e di coordinamento degli interventi sanitari nei pazienti multiproblematici?


A questo proposito il Piano Nazionale per la Cronicità (vedi allegato) dopo aver rilevato i limiti dei PDTA nei pazienti pluripatologici complessi sottolinea la centralità del concetto di medical generalism, in cui la conoscenza della persona nel suo intero e dei suoi bisogni, la visione continua degli eventi (non solo) sanitari del singolo soggetto - integrate con le conoscenze basate sulle evidenze - determinano scelte più appropriate e fattibili per il singolo paziente (evidence based practice).

La scelta di affiancare la presa in carico del gestore alla gestione dell'assistito da parte del MMG – mi si perdoni il gioco di parole – ha inevitabili riflessi sul monitoraggio degli indicatori di processo e di esito delle patologie. Infatti si rischia una duplicazione dei sistemi di gestione ed elaborazione dei dati clinici che lavoreranno in parallelo, senza occasioni di confronto e integrazione con intuibile pregiudizio per la qualità degli esiti: da un lato il sistema informativo del gestore, che privilegia l'aspetto amministrativo correlato all'esecuzione delle prestazioni periodiche del PAI (numero e frequenza degli esami prescritti ed eseguiti) e dall'altro la raccolta dati del MMG spiccatamente clinica, relativa alla registrazione di parametri biologici (valori di glicemia, glicata, creatinina, lipidi, stadiazioni cliniche, PA, frequenza cardiaca, BMI, abitudini di vita etc..) e al loro raffronto con le terapie croniche in atto (registrazione delle prescrizioni farmacologiche) ai fini della valutazione degli indicatori di processo ed esito clinico.

Infine non si può trascurare l'impatto burocratico-amministrativo delle procedure previste, assai impegnativo se si considerano i numeri delle coorti coinvolte, anche superiori alle 500 unità per medico massimalista. L'impegno necessario per la redazione del PAI e la sottoscrizione del patto di cura potrebbe appesantire la gestione dell'ambulatorio, come dimostra l'esperienza pratica dei CReG, specie per i generalisti singoli senza collaboratori, e soprattutto andare a scapito dell'attività clinico-assistenziale. 

Analogamente anche il gestore, nel caso in cui non dovesse delegare la stesura del PAI al MMG, dovrà mettere nel conto un notevole impegno di mezzi e risorse umane per adempiere alle incombenze previste dalla Delibera, che non brilla certo per linearità e semplificazione procedurale. Si pensi, ad esempio, solo alla necessità di convocare ogni anno presso la sede del gestore, o recandosi al domicilio in caso di grave disabilità, tutti i candidati alla presa in carico per espletare le procedure necessarie ad avviare l'iter del processo di presa in carico (sottoscrizione del patto di cura, del PAI, del consenso al trattamento dei dati etc…). Non a caso la delibera prevede un compenso di “euro 25,00 per ciascun paziente la valorizzazione economica da riconoscere al MMG per la predisposizione del PAI”.

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