Le scelte dei clienti delusi da un prodotto o da un servizio sono state descritte in modo elegante e pragmatico dall'economista Hirschman mezzo secolo fa con il modello Lealtà, Defezione Protesta (EVL): quando viene meno la soddisfazione economica o lavorativa, rispetto alle esigenze del consumatore o ai bisogni del dipendente, si apre un'alternativa comportamentale. Il cliente/lavoratore può alzare la voce (voice) protestando, individualmente o in modo collettivo, per rivendicare un miglioramento della propria condizione, ad esempio con la mediazione del sindacato che proclama uno sciopero. In alternativa se la "voce" non sortisce cambiamenti significativi può propendere per la seconda opzione, ovvero l'uscita (exit) vale a dire la defezione del cliente o del lavoratore, che sceglie la strada delle dimissioni dal lavoro o preferendo un prodotto/servizio della concorrenza.
La lealtà (loyalty) è la terza variabile in gioco che regola l'equilibrio "idraulico" tra voce e defezione a mo' di vasi comunicati, nel senso che la fedeltà all'organizzazione “argina l’uscita ed attiva la voce”, “agisce da freno sulla decisione di uscire”. Alla rappresentanza sindacale spetta il compito di riportare la "voce" della base nella trattiva per ottenere un miglioramento delle condizioni economiche e normative mentre la “facile disponibilità dell’opzione uscita rende meno probabile il ricorso alle voce”. Per Hirschman la defezione è il principale meccanismo di regolazione del mercato ed il presupposto della libera concorrenza, fino all'equilibrio tra domanda ed offerta mediato dal prezzo; invece la voce è uno strumento utilizzato più che altro nella sfera pubblica, politica o sindacale.
Negli ultimi tempi sta emergendo a livello territoriale, come si è detto nel post precedente, un crescente gap tra domanda e offerta in un mercato non concorrenziale per la presenza di un monopsonio statale, che detta le regole del gioco come unico "acquirente" sulla piazza, salvo non rispettarle per il proprio interesse. Nel settore pubblico è una novità: si pensi all'esorbitante numero di concorrenti che partecipano abitualmente ai concorsi per posti nella PA. Invece all'ultima selezione per l'accesso al CFSMG in Lombardia, non sono stati assegnate tutte le borse disponibili in quanto si sono presentati oltre 100 candidati in meno rispetto ai 620 posti offerti (una tendenza simile viene segnalata ai concorsi per l'accesso ai corsi di specializzazione in medicina d'emergenza-urgenza).
Parallelamente è emersa l'incapacità del decision making a valutare il significato di questo gap e di sintonizzarsi sugli umori della categoria per anticipare e fronteggiare tendenze latenti, dovute ad una diffusa frustrazione professionale; in vari modi i MMG hanno testimoniano pubblicamente l'insoddisfazione della categoria ad una controparte che si è dimostrata sorda verso gli innumerevoli alert lanciati dalla base, a partire dalla lettera di denuncia del "territorio abbandonato" dei colleghi del basso lodigiano. Anzi hanno rincarato la dose della frustrazione con le reiterate dichiarazioni pubbliche di squalifica dei medici "fannulloni" che lavorano solo 15 ore la settimana. La delegittimazione pubblica ha rotto un patto di lealtà e di fiducia che assieme al deficit della "voce" sindacale ha aperto la strada a defezioni pensionistiche di massa e indirettamente alla crisi motivazionale/reputazionale dei giovani.
Disimpegno e defezione
Una soluzione alternativa alla voce e all'uscita è il cosiddetto disimpegno o distacco emotivo, come avviene in caso di burn out professionale: il soggetto in crisi motivazionale può decidere di ridurre il proprio impegno e la partecipazione sul lavoro, sviluppando atteggiamenti di distacco, disinteresse e trascuratezza nei confronti del lavoro, dell'organizzazione o della una comunità di pratica professionale. Probabilmente il basso numero di borse attribute al concorso per l'accesso al CFSMG o gli abbandoni durante il corso triennale sono dovuti ad un atteggiamento di questo tipo, per lo scarso appeal della professione di MMG o per l'eccessivo impegno che comporta, anche a motivo dell'accanimento burocratico raggiunto nel 2021 durante le ondate pandemiche.
Abitualmente “la facile disponibilità dell’opzione uscita rende meno probabile il ricorso alla voce” mentre sembra che “l’efficacia del meccanismo della voce sia rafforzata dalla possibilità di uscita”. Quando la voce non viene ascoltata o non produce effetti significativi e la delusione o l’insoddisfazione superano una certa soglia la lealtà viene meno e il lavoratore può ricorrere all’uscita dall’organizzazione: la defezione è l'ultima carta che può essere giocata in caso di stress eccessivo, frustrazione e sovraccarico professionale.
A livello collettivo l’opzione voce viene interpretata dal sindacato che dovrebbe far sentire il malcontento della base alla controparte. Negli ultimi 2 anni i sindacati hanno avuto una grande responsabilità per non aver avuto il coraggio di "alzare la voce", ignorando il disagio diffuso nella categoria. Il sindacato doveva rappresentare con forza la frustrazione covata nella base, ma vi ha rinunciato in nome della collaborazione ad ogni costo nella speranza di ottenere vantaggi mai arrivati, fino ad apparire quasi colluso con una controparte che, grazie alla sua posizione di monopsonista, ha imposto continui rinvii di trattative e sottoscrizione di ACN, senza trovare una significativa resistenza sindacale.
Per il medico convenzionato l’opzione uscita è meno praticabile nel corso della carriera, per mancanza di alternative sul mercato del lavoro, per costi elevati e i rischi economici, ma al termine la cornice decisionale cambia in particolare tra quanti superano i 60 anni e si avvicinano al pensionamento volontario anticipato. Si creano quindi le condizioni per una defezione precoce che sarà tanto più anticipata quanto maggiore è l'insoddisfazione per la degenerazione della professione e minore è la lealtà che il medico prova verso i pazienti e verso un datore di lavoro monopsonista, incapace di valutare le conseguenze della disaffezione professionale. Una possibile conseguenza è l'attivazione di un circolo vizioso che si autoalimenta: il sovraccarico di lavoro dei medici in attività, associato alla degenerazione burocratica, alle tensioni e ai conflitti con gli assistiti, alle difficoltà professionali per mancanza di sostituiti e tutele in paticolare per la componente femminilee alle incertezze per il futuro assetto delle cure primarie potrebbe incentivare ulteriori uscite pensionistiche anticipate.
Ora il malcontento covato per anni ha superato il livello di guardia, sia sul territorio sia nei reparti ospedalieri più esposti come i PS, per due spinte convergenti: all'incapacità dei sindacati di rappresentare gli umori della base si è aggiunta una controparte che, dall'altro, ha alternato accanimento tele-burocratico e denigrazione pubblica della categoria, al fine di additare un'agevole capro espiatorio alla riprovazione pubblica. Questa doppia frustrazione ha alimentato un fiume in piena di risentimento che ha trovato uno sbocco grazie all'equilibrio "idraulico" tra le due opzioni: quando la voce non produce effetti tangibili non resta che imboccare l'uscita di scena, precedentemente indisponibile per gli elevati costi ed ora praticabile con la quiescenza anticipata, che ha contagiato anche i potenziali futuri MMG. Ecco quello che sta accadendo e accadrà nei prossimi mesi/anni fino ad una massiccia emorragia pensionistica già in atto, che i decisori politici non riescono a comprendere: da apprendisti stregoni stanno giocando con il fuoco, incapaci di adottare provvedimenti efficaci e tempestivi per motivare i medici in attività, ridurre il rischio di uscita di massa e attirare nuove leve.
Nessun commento:
Posta un commento