Nelle ultime settimane estive si è sviluppata una polemica tra generalisti e specialisti sulla competenza esclusiva, con il confronto tra dermatologi e sindadacalisti della MG sulla proposta di utilizzare i fondi già stanziati per 
dotare gli studi di medici di dermatoscopi, in modo da  consentire ai generalisti di effettuare un primo livello di 
valutazione e alleggerire le liste d’attesa. 
La proposta ha provocato la netta contrarietà dei dermatologi. Per Davide Melandri, presidente di Adoi, «la mappatura dei nei non è una 
semplice fotografia ma un’analisi che integra anamnesi, valutazione 
clinica e riconoscimento delle lesioni sospette», mentre per Domenico 
Piccolo, presidente di Aida, : «La prevenzione 
oncologica dermatologica non è un atto burocratico, ma una valutazione 
clinica complessa che richiede esperienza specialistica». 
Al di là degli aspetti strettamente "tecnici" la vicenda ripropone un'annosa questione del conflitto tra giurisdizioni professionli, nel senso del conflitto di competenza, più o meno esclusiva, su alcune meterie cliniche tra generalisti e specialisti. L'argomento può essere analizzato da due prospettive: l'approccio clinico del generalista e le releazioni inter-professionali tra categorie.
L'approccio clinico del MMG
Come valuta il MMG le lesioni dermatologiche quali decisioni adotta in presenza di incertezza diagnostica? In caso di dubbio diagnostico circa la natura di alterazioni della cute il MMG invia il paziente a consulenza specialistica, come avviene per tante altre situazioni in cui la diagnosi è difficile o problematica. 
Questa linea di condotta rientra tra i compito della MG, che si articolano in alcune tappe di un percorso metodologico standard: 
- primo inquadramento diagnostico del problema, 
- in caso di buona probabilità gestione autonoma con terapia appropriata 
- in caso di scarsa probabilità diagnostica prescrizione di 
accertamenti per acquisire ulteriori 
informazioni 
- e/o consulenze specialistiche per diagnosi e provvedimenti terapeutici adeguati.
Personalmente
 adotto informalmente il modello bayesiano probabilistico a due
 soglie (si veda il PS)
- se storia clinica, segni, sintomi ed esame clinico, ovvero la stima probabistica iniziale, superano la prima soglia vengono proscritti esami e/o consulenze per confermare un sospetto diagnostico
- se invece con gli stessi dati la probabilità è più elevata varrà superata la seconda soglia probabilistica, che sfocia in una terapia immediata.
Purtroppo ai MMG fa difetto la consapevolezza di agire da "bayesiano naturale", che utilizza tacitamente una metodologia riflessiva necessaria per valutare criticamente fino a che punto può 
gestire in sicurezza il caso - accettando margini di probabilità aleatoria e di incertezza  - e quando invece deve passare la mano al II livello per la percezione dei 
propri limiti professionali da "non specialista" per eccellenza. 
Ad esempio un MMG "medio", dopo un decennio di pratica, non invia al dermatologo come prima scelta un paziente con patologie abbastanza comuni - come herpes, micosi, pytiriasi di Gibert, piodermite, candidosi orale, erisipela, orticaria, dermatite seborroica o da contatto, puntura d'insetto e altre patologie frequenti sul territorio - se non in seconda battuta dopo un insuccesso terapeutico ed avendo eseguito alcuni esami di approfondimento. 
Si tratta di affezioni che possono essere diagnosticate di routine a partire dalla loro probabilità a priori (prevalenza o incidenza nel contesto) senza grandi rischi e spesso con il riconoscimento euristico dei casi analoghi accumulati con l'esperienza sul campo e che vengono facilmente rievocati per il confronto con un nuovo paziente.
Peraltro il dermatologo ha un duplice vantaggio rispetto al generalista, ovvero una 
preparazione teorica più ampia e specifica e un repertorio più  diversificato di esemplari, per varietà clinica e presentazioni 
atipiche, che consentono una agevole riconoscimento diagnostico soprattutto 
delle patologie meno frequenti, ovvero quelle con una probabilità a priori più 
bassa e quindi difficilmente riconoscibili per il non specialista. 
È
 chiaro che le performances del Mmg potrebbero migliorare se la formazione teorica e le lezioni frontali durante il corso fossero affiancate da alcuni mesi di tirocinio presso un ambulatorio 
dermatologico territoriale; potrebbe così accumulare quella esperienza pratica sul
 campo di esemplari caratterizzati da varietà e unicità di 
presentazione, come base del repertorio mnemonico per futuri 
riconoscimenti diagnostici meno incerti (euristica della 
rappresentatività e della disponibilità).
Per
 questo stesso motivo i sistemi di IA, in tanti settori in cui conta 
l'osservazione come la radiologia e l'istologia, sono già in grado ora 
di fare diagnosi paragonabili se non superiori a quelle umane, grazie 
all' apprendimento continuo dalla pratica di milioni di casi.E
 potranno essere d'aiuto al generalista in caso di incertezza per 
decidere se gestire il paziente, inviarlo o meno allo specialista e in 
che tempi.
La dimensione sociologica inter-professionale
Nel conflitto intra-professionale c'è altro rispetto alla rivendicazione "ubi majior minor cessat" verso i
 medici generici, che vorrebbero fare i tuttologi invece di 
inviare tutti i pazienti dello specialista come suggerito da qualcuno.
Sociologicamente
 parlando si tratta di un istruttivo episodio di conflitto per la 
giurisdizione professionale, descritto nei dettagli da Abbot alla fine 
del secolo scorso e andato in scena innumerevoli volate da allora in 
tutta Europa e in particolare in Italia, che si innesta con la gestione 
strategica dell'incertezza a livello mediatico e di compiti 
professionali tra generalista e specialista. Sintetizzo in modo rozzo i 
termini della questione (per approfondire basta interrogare Chat-Gpt). 
 
1- Abbott descrive un panorama professionale caratterizzato da:
- Competizione per le giurisdizioni esclusiva come leva del potere professionale e per la difesa del propria sfera di competenza e intervento a livello socioculturale.
- Lotta oer la giurisdizio è su più piani: operativo, culturale, legale, sociale e simbolico.
- Uso strategico di conoscenza e autorità simbolica nella negoziazione dei confini inter-professionali.
- Processi
 dinamici di definizione, contestazione e riconfigurazione dei confini 
professionali, a base di allargamento da un lato e difesa dall'ingerenza
 dall'altro tra professioni contigue, per la difesa della propria 
riserva di caccia dal bracconaggio professionale di altri attori 
in-competenti.
- Occasionali forme cooperative per superare il conflitto, quando la competizione lascia spazio all’interdipendenza.
2- Per Crozier nelle organizzazioni le regole riducono l’arbitrarietà ma non eliminano l’incertezza. L'egemonia professionale si fonda sul controllo delle aree di incertezza: chi gestisce
 una risorsa scarsa o un'area problematica (es. informazione tecnica, 
autonomia decisionale, interpretazione di regole, conoscenza 
specialistiche etc..) diventa indispensabile e può sfruttare una posizione di asimmetria di "potere". Gli equilibri tra gli attori non sono statici ma dinamici ed evolutivi: gruppi e 
individui sviluppano diverse strategie per difendere gli ambiti in cui 
possono gestire e tenere sotto controllo l'incertezza e allargare le
 aree di incertezza per gli antagonisti professionali od organizzativi, 
in modo da conservare un'asimmetria nel controllo 
dell'incertezza. 
 
Ovviamente
 sul mercato prevale chi è in grado di ridurre maggiormente 
l'incertezza, ovvero le professioni a più elevata differenziazione tecno-specialistica: ecco spiegato, ad esempio, il by-pass del Mmg per l'accesso diretto al II livello dei 
pazienti e la speculare generalizzazione della medicina specialistica, 
che tende ad allargarsi verso la sfera professionale del medico "generico". Ma anche la reazione dei dermatologi per la proposta di allargamento della competenza/giurisduzione generalista ai loro danni, di cui rivendicano l'esclusività.
 
3-  Dove si incontrano Abbott e Crozier.
Mettere
 insieme i due approcci porta a vedere le professioni come attori 
organizzativi che usano la gestione dell’incertezza per rafforzare le 
proprie giurisdizioni. Ecco alcuni punti chiave:
L’incertezza come risorsa strategica
- Per Crozier, l’incertezza è ciò che dà potere agli attori in quanto ne rivendicano la gestione più efficace e sicura.
- Per
 Abbott, la giurisdizione è la forma istituzionalizzata di quel potere: 
chi riesce a “chiudere” un’area di incertezza sotto la propria 
competenza si assicura una posizione dominante.
Knowledge claims e incertezza
- Le
 professioni, secondo Abbott, si legittimano tramite rivendicazioni di 
conoscenza (“noi sappiamo interpretare e risolvere questi problemi meglio di altri”).
- In
 chiave crozieriana, queste rivendicazioni servono a trasformare 
la migliore gestione dell'incertezza (diagnostica, tecnica, normativa) in monopolio 
professionale.
Conflitto come gioco politico-organizzativo
- Crozier
 mette l’accento sul fatto che il potere è relazionale e situato: si 
esercita solo se altri dipendono dal tuo controllo di un’incertezza.
- Abbott
 mostra come questo si traduca in scontri tra professioni che cercano di
 conquistare o difendere quelle aree (es. medici vs infermieri su 
pratiche cliniche; avvocati vs consulenti su consulenze legali).
Ci sarebbe molto altro da osservare, ad esempio il ruolo dell'IA nella riduzione dell'incertezza diagnostica per le sue 
superiori abilità nel riconoscimento della varietà e unicità dei quadri 
clinici in dermatologia, radiologia, istopatologia etc.
 
P.S. L’approccio
a soglia, secondo il clinico medico padovano Cesare Scandellari, "considera la
probabilità che il soggetto sia affetto da una determinata malattia e se tale
probabilità di malattia è inferiore ad un certo valore, si astiene dal proporre
test di accertamento per quella malattia e non prende alcun provvedimento
terapeutico specifico. Se invece la probabilità di malattia supera questo
particolare valore, decide di procedere con opportuni accertamenti clinici.
Questo valore in base al quale il clinico decide di eseguire o non eseguire
accertamenti diagnostici viene indicato come soglia d'esame. In quest'ultimo
caso, la terapia viene eseguita solo in base al risultato positivo del test.
Qualora la soglia d'esame sia superata, il clinico deve considerare un secondo
livello di probabilità di malattia, quello cioè oltre il quale egli decide di
passare al trattamento anche indipendentemente dall'esecuzione e dal risultato
di nuovi accertamenti (Scandellari 2005, La diagnosi clinica, Masson p 150)".
 
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