venerdì 12 gennaio 2018

Quali saranno gli effetti pratici della Presa in Carico sui pazienti cronici?

Proviamo ad immaginare quale potrebbe essere l’impatto della PiC, dopo la Delibera 7655 (https://goo.gl/SqWMt5), sugli assistiti dei medici non aderenti alla PiC. Quali effetti pratici, voluti o inattesi, si possono aspettare i pazienti? Quali cambiamenti, quali vantaggi o svantaggi produrrà l'eventuale scelta, peraltro facoltativa, di un Gestore diverso dal proprio medico di MG?

Il problema non si pone nel caso in cui il MMG, inserito in una Cooperativa di MMG-Gestori, assuma anche il ruolo di Clinical Manager dei propri assistiti, come stabilito dalle Delibere sulla PiC. Viceversa se il paziente sceglie un Gestore ospedaliero il Clinical Manager della struttura diviene il responsabile unico del PAI e della conduzione del caso, emarginando il MMG dalla cura delle patologie croniche, per una sorta di "passaggio in cura" non concordato e in contrasto con le norme vigenti (si veda il PS).

La popolazione dei cronici si può suddividere in tre categorie, che ricalcano a grandi linee la stratificazione inserita nella prima Delibera di fine gennaio 2017:

A.      mono-bi patologici, senza complicanze e in buon compenso farmacologico.
B.      gli stessi del gruppo precedente con una o più complicanze d’organo e iniziale deficit funzionale, ma comunque autonomi
C.      pazienti pluripatologici, complessi, instabili, disabili, con grave deficit funzionale, non autosufficienti, in genere assistiti a domicilio.

Una premessa sul piano clinico-metodologico è d’obbligo. Nella “filosofia” della PiC il cardine della gestione è il PAI, che ad esempio nell’esperienza dei CReG comprendeva accertamenti periodici ed azioni cliniche mentre la prescrizione farmaceutica era per così dire data per scontata ed esclusa dal Piano Assistenziale. Il motivo è semplice ed attiene proprio a considerazioni di metodo: nella gestione della cronicità la terapia farmacologica non è assimilabile alla programmazione dei controlli periodici degli esami del PAI, ha altre logiche, altre priorità, un'altra "filosofia", un diverso sistema di monitoraggio clinico-terapeutico, come sanno per esperienza sul campo tutti i medici pratici. Inoltre le norme attualmente vigenti a livello nazionale non prevedono la prescrizione diretta dei farmaci da parte dello specialista, ma solo degli accertamenti per rispondere al quesito clinico del MMG (si veda il PS).

Il cognitivista Schoen parla di conversazione riflessiva con la situazione problematica che presuppone una costante adattamento delle decisioni in relazione all'evoluzione della patologia in ogni singolo assistito; questo approccio non può rientrare in uno schema rigido e prefissato per un anno intero, come quello del PAI per accertamenti sul modello CReG, ma richiede informalità e flessibilità, personalizzazione degli aggiustamenti terapeutici in funzione dell’obiettivo, della risposta o della non risposta alla cura etc.., in particolare per quanto riguarda gli anziani pluripatologici, specie se fragili.

Ad esempio nei pazienti in assistenza domiciliare la visita di controllo mensile o quindicinale si conclude spesso con una variazione dei tempi di somministrazione, con la sospensione di un farmaco, con la riduzione o un aumento del dosaggio, con l’introduzione di un nuova molecola etc.. Chi si assumerà l’onere e la responsabilità di queste delicate decisioni terapeutiche al domicilio dei pz. complessi? Chi ne risponderà dal punto di vista medico-legale? Chi si recherà al domicilio dell’assistito per monitorare i parametri clinici e verificare gli effetti di una nuova medicina? Il clinical manager? C'è da dubitarne.

Con il susseguirsi delle Delibere sulla PiC è cambiato significativamente il profilo del Clinical Manger (CM), figura che non compare nella prima delibere in cui si fa riferimento ad un generico "Case management in raccordo con le professioni sanitarie, in termini di responsabilità clinica e di
accompagnamento del paziente"; il CM vero e proprio compare nella seconda Delibera del maggio 2017, peraltro senza alcun accenno alle prescrizioni farmaceutiche. Infine solo con la quarta Delibera del dicembre 2017 gli viene assegnato il compito di occuparsi “in modo completo di tutte le sezioni del PAI, ivi compresa quella della farmaceutica” assumendosi “la responsabilità clinica delle prescrizioni ivi contenute” (si veda il post  https://goo.gl/9hL6D2 ).

GRUPPO A

Al primo gruppo più numeroso appartengono i mono/bi patologici non complicati, vale a dire diabetici e/o ipertesi e/o dislipidemici che rappresentano circa 3/4 di tutti i cronici. D'altra parte è la stessa Delibera ad affermare che questi pazienti “trovano naturale e prevalente risposta nell’ambito territoriale delle Cure Primarie”, e quindi è logico che sia il medico curante a seguirli, che abbia o meno aderito alla PiC.

Per questi assistiti il PAI ha poco significato perchè si identifica con il PDTA: che significato ha compilare PAI, patto di cura, consenso e tutto il processo informatico per un iperteso senza danno d'organo, asintomatico, ben compensato in monoterapia, senza altri fattori di rischio o con RCV basso che deve solo controllare la PA e, tutt’al più, fare una volta l’anno pochi esami? Vediamo in dettaglio il fabbisogno di prestazioni di queste categorie, come suggeriscono i vari PDTA

PAZIENTI AFFETTI DA IPERTENSIONE e/o DISLIPIDEMIA senza danno d'organo. Per il controllo annuale degli esami ematici (lipidi, glicemia e funzione renale) non serve la prenotazione. Basta recarsi con la prescrizione presso uno dei punti di prelievo distribuiti sul territorio, presenti ormai in quasi tutti i paesi, quando e dove è più comodo al paziente (per non parlare della città o delle località più popolose della provincia dotate di una struttura pubblica o privata). Per l'ECG/ECO di controllo annuale o biennale vale lo stesso discorso: in molte strutture non serve nemmeno la prenotazione e comunque si può eseguire un ECG in pochi giorni o settimane. D'altra per un esame di follow-up in un iperteso asintomatico e ben compensato non c’è alcuna urgenza o necessità di una corsia preferenziale.

PAZIENTI DIABETICI ED IPERTESI. La situazione non cambia a parte alcune prescrizioni in più secondo il relativo PDTA: almeno due esami ematici/anno, ECOcardio o ECG/Visita annuale e FO annuale/biennale, con eventuali altri accertamenti suggeriti e prescritti dagli specialisti (priorità breve o differita).

Inutile sottolineare che questi esami non hanno alcun carattere urgente, nel paziente ben compensato e asintomatico, e quindi non c'è bisogno di una corsia preferenziale. Bastano le prescrizioni redatte all'inizio dell'anno o ogni sei mesi che possono essere prenotare di volta in volta con i tempi d'attesa delle richieste programmabili. In pratica per gli assistiti portatori fattori di rischio, come ipertensione e/o diabete mellito tipo II senza danno d'organo, essere seguiti con PiC o da un medico non aderente è ininfluente. Diverso naturalmente è il caso di un assistito con sintomatologia recente o acuta, ad esempio con dispnea o dolore toracico, che seguirà il percorso delle prestazioni urgenti o differibili, a prescindere dalla PiC. 

GRUPPO B e C

A questi gruppi appartengono tipologie di pazienti più “impegnativi” e meno numerosi della categoria precedente, cioè i diabetici ipertesi con una o più complicanze, dall'IRC alla coronaropatia, dallo scompenso cardiaco/FA alla vasculopatia periferica, dalla neuropatia agli esiti di ischemia cerebrale  etc... . Si tratta di assistiti per i quali il PAI è effettivamente uno strumento per la gestione appropriata sul lungo periodo, in quanto sintesi dei vari PDTA, tanto più complesso e personalizzato quanto più numerose sono le patologie croniche concomitanti da monitorare, con la pianificazione organizzativa di follow-up specialistici. Questi pazienti si possono suddividere in due grandi categorie.

1-diabetici ipertesi, con una o più complicazioni, con diversi gradi di complessità o compromissione funzionale, ma ancora autonomi, discretamente compensati, in politerapia farmacologica che devono eseguire frequenti controlli ematochimici e/o strumentali/specialistici per monitorare e conservare un soddisfacente equilibrio clinico. Prototipi di questa categoria sono i diabetici in insulinoterapia con complicanze cardiovascolari o neurologiche e gli ipertesi con scompenso cardiaco e/o insufficienza renale cronica in fase avanzata, seguiti ambulatorialmente dallo specialista di riferimento con follow-up di 3-6 mesi o day-hospital periodici.

Costoro, nel caso in cui scelgano un Gestore ospedaliero, non potranno più rivolgersi al proprio MMG ma dovranno fare riferimento solo al CM del Gestore prescelto per tutte le prescrizioni di esami, visite specialistiche e farmaci ma anche per visite periodiche, monitoraggio dei parametri biologici (PA, FC, peso corporeo etc..), interpretazione degli esiti degli esami bioumorali, degli accertamenti diagnostici e delle visite specialistiche, modificazioni terapeutiche o posologiche, consigli dietetici e comportamentali, educazione terapeutica in generale etc... In pratica si recheranno dal MMG solo per disturbi intercorrenti minori di tipo infettivo, respiratorio, gastroenterico e osteoarticolare. Tuttavia non è sempre agevole distinguere tra evento acuto e cronico, come in caso di peggioramento funzionale, scompenso transitorio o comparsa di nuovi disturbi di incerta interpretazione.

2-gli stessi pazienti del gruppo precedente ma più gravi/complessi, instabili o fragili, in politerapia farmacologica, con una componente di disabilità motoria e/o cognitiva o problemi psicosociali più o meno gravi etc., generalmente geriatrici, assistiti a domicilio da una badante. Si tratta di pazienti abitualmente seguiti dal MMG in assistenza domiciliare e infermieristica, a cadenza mensile o quindicinale. Per questi assistiti ad elevata intensità assistenziale si porrà il problema di mantenere o meno in essere ADI e ADP e, in caso di passaggio completo al Gestore, il CM si dovrà recherà al loro domicilio per tutti gli atti necessari a mantenere il compenso clinico, come accade oggi con i pazienti terminali che passano sotto la gestione delle cure palliative domiciliari. La PiC in buona sostanza può essere assimilata all'istituto del "passaggio in cura" (si veda il PS) da sempre regolato da uno specifico articolo dell'ACN, con la differenza dell'assistenza domiciliare invece che ambulatoriale.

Per il Gestore rappresenteranno un notevole impegno, se si tiene conto che il numero di assistiti varia da 10 a 20 per ogni MMG, con accessi generalmente mensili o quindicinali. Resta aperta la questione pratica di come sia possibile separare in questi pazienti, per definizione fragili e in precario compenso, la gestione della patologia cronica da quella di un’affezione acuta intercorrente destinata spesso ad interagire con le condizioni di base.

Per quale motivazione e in vista di quali vantaggi pratici questi assistiti decideranno di affidarsi ad Gestore invece che al proprio medico curante? Di riflesso il Clinical Manager del Gestore cosa potrà offrire loro, in termini di assistenza globale, in più rispetto al MMG non aderente? Dal bilancio tra benefici e disagi dipenderà la scelta se aderire o meno alla proposta di Presa in Carico da parte di un gestore ospedaliero, in sostituzione del proprio medico di MG.

CONCLUSIONI. Come tutte le riforme anche quella della PiC si propone di rompere un equilibrio per spingere il sistema verso obiettivi organizzativi più avanzati e nuovi traguardi di efficacia ed efficienza. Ma è altrettanto risaputo, come osservava un secolo fa Max Weber, che l’indagine critica offre “a colui che agisce la possibilità di misurare fra loro le conseguenze non volute e quelle volute del suo agire, e di rispondere così alla questione: che cosa ‘costa’ l’attuazione dello scopo voluto, in forma di perdita prevedibile di altri valori?”. Nel caso della PiC l’equilibrio tra esiti attesi ed effetti collaterali non voluti è correlato a due parametri: da un lato la presa in carico da parte del MMG piuttosto che del Clinical Manager della struttura e, dall’altro, l’intensità clinica ed assistenziale del portatore di una o più condizioni o patologie croniche.

La combinazione di queste due variabili si distribuisce lungo un continuum delimitato, ai due estremi, da altrettanti idealtipi in ossequio all’insegnamento Weberiano: l’assistito “sano” con un solo fattore di rischio, seguito dal proprio MMG che sia Gestore o meno, e all’opposto il paziente multipatologico, complesso e fragile/disabile, preso in carico da una struttura sanitaria, pubblica o privata, dopo l’emarginazione del MMG, qual ora il paziente stesso scelga in sua vece un Gestore “organizzato”. Per quest'ultima categoria, come ho cercato di argomentare, sono maggiori i rischi del venire meno della continuità assistenziale e di una visione unitaria e globale della cronicità, sacrificata sull’altare di un’inedita frammentazione e disgregazione dei processi clinico-assistenziali e socio-sanitari sul territorio.

P.S. Norme nazionali e regionali per il passaggio in cura e l'utilizzo del ricettario del SSN da parte degli Specialisti.

Passaggio in cura
La richiesta di passaggio in cura viene formulata dal Medico curante esplicitando per iscritto sulla
ricetta “richiedo passaggio in cura” e motivando la scelta. Al di là dell’aspetto formale, è buona regola che in tali casi Medico curante e Specialista condividano, con comunicazione diretta, motivazioni, modalità e durata del passaggio in cura. Il passaggio in cura deve essere relativo alla singola condizione morbosa che lo ha motivato e si esaurisce di norma con la soluzione della stessa: per le patologie di lunga durata il Medico curante e lo Specialista concordano le fasi delle rispettive competenze, definendo per quel paziente il percorso assistenziale più opportuno. Lo Specialista può, conseguentemente, assumere in cura diretta il paziente su richiesta motivata del medico di fiducia oppure su propria decisione per urgenti necessità terapeutiche: in tal caso fornirà motivata  omunicazione al Medico curante.

Prestazioni specialistiche ambulatoriali
Gli Specialisti operanti all’interno delle strutture ospedaliere pubbliche e private accreditate e a contratto (compresi i Medici del Pronto Soccorso) prescrivono direttamente (ACN 23 marzo 2005) le
prestazioni ritenute necessarie al completamento dell’iter diagnostico a ciascun paziente inviato dal
curante, utilizzando il ricettario regionale, senza richiedere alcun ulteriore intervento da parte del
medico curante, né alcuna autorizzazione all’ASL. I controlli periodici ed i follow up, sia di breve sia di lungo periodo, devono essere obbligatoriamente prescritti dallo Specialista quando da questi ritenuti necessari e dada programmare entro un intervallo di tempo pari a 1 anno, equivalente al tempo di validità della ricetta.

DGR n. 5/12317 del 30 luglio 1991 della Regione Lombardia
Atti di indirizzo sulle procedure d’accesso ai servizi sanitari della Regione Lombardia:“lo specialista del servizio pubblico, sia ospedaliero che ambulatoriale, qualora ritenga necessario eseguire ulteriori indagini diagnostiche per rispondere ai quesiti del medico di medicina generale, deve prescriverle direttamente sul proprio ricettario senza alcun intervento del medico curante”

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