venerdì 3 novembre 2023

Le scelte degli specializzandi confemano la tendenza alla privatizzazione

Le preferenze dei futuri specialisti sono un segnale di disimpegno dal SSN che sposta gli equilibri del mercato del lavoro in sintonia con la privatizzazione strisciante in atto. Le specialità più ambite sono coerenti con la libera professione e confermano le tendenze in atto accentuando la crisi della sanità pubblica

Per effetto dell'allungamento dei tempi d'attesa, conseguente al rebound della domanda nella fase post Covid, è aumenta il ricorso al mercato libero-professionale per quella che ormai ha assunto i connotati di una privatizzazione strisciante e di fatto, a causa del deficit dell'offerta pubblica soprattutto nel settore della specialistica ambulatoriale.  

Per giunta due fenomeni tendono ad aggravare il quadro complessivo della carenza di personale medico, sia nel settore convenzionato che dipendente

·  un ricambio generazionale insufficiente tra i medici del territorio destinato nel prossimo lustro a lasciare senza assistenza fino a 5 milioni di cittadini e a sovraccaricare di assistiti i medici rimasti in servizio, con ulteriore incentivo all’uscita precoce;

·  un’imprevisto calo dell’accesso alle scuole di specializzazione rispetto agli scorsi anni, che nel 2023 si è ridotto di 1/3 dei posti disponibili (da 16mila a poco più di 10mila) con una distribuzione assai disomogenea delle mancate immatricolazioni tra le aree cliniche. 


Significativi sono i dati analitici delle scelte fatte dai neo laureati del 2023


  •    Le specializzazioni più attrattive, con posti assegnati superiori al 90%, sono: dermatologia, cardiologia, chirurgia plastica, pediatria, oftalmologia, gastroenterologia ed endocrinologia.  
  •    Al polo opposto, con posti vacanti superiori al 70%, troviamo: medicina di comunità e cure primarie, microbiologia, farmacologia, radioterapia, medicina d'urgenza, biochimica, cure palliative, medicina nucleare e statistica medica.

Questi dati sono un'assoluta novità rispetto al passato e la loro distribuzione non è casuale: le scuole meno attrattive sono quelle senza sbocchi sul mercato, ovvero quelle di natura clinica generalista a contatto diretto con gli utenti, come la medicina di comunità e quella di emergenza/urgenza, oppure quelle non cliniche strettamente legate ad un'organizzazione sanitaria pubblica (farmacologia, anatomia patologica, microbiologia, statistica, patologia clinica etc..). Invece le più gettonate sono le specializzazioni cliniche in sintonia con la privatizzazione strisciante in atto, in cui la professione viene esercitata sia in ambiente organizzativo sia in un contesto libero-professione, intra moenia o totalmente privato come dermatologia, cardiologia, oftalmologia, chirurgia plastca etc...


Le preferenze dei neo-laureati possono essere interpretate come una sorta di indice di fiducia nella futura carriera, assecondano la tendenza alla privazione di fatto e la domanda emergente sul mercato sanitario, un po' come fanno gli indicatori sulla fiducia dei consumatori o dei manager circa gli sviluppi a breve dell'economia, del proprio reddito o del businnes. In questo senso le scelte dei futuri specialisti - soprattutto quelle in negativo - potrebbero essere interpretate come l'innesco di una sorta di profezia che si auto-avvera, come fanno gli indici che testano l'ottimismo o il pessimismo della gente sulle prospettive di crescita economica, che possono indirettamente influenzare in tal senso il comportamento dei consumatori.


La defezione dalle specializzazioni cliniche meno "spendibili" sul piano libero-professionale assieme alle opzioni maggiormente selezionate degli specializzandi indicano una rottura degli equilibri sul mercato del lavoro dai prevedibili contraccolpi organizzativi, assieme ai tagli delle pensioni dei dipendenti statali destinati ad incentivare l’uscita a breve di migliaia di medici pensionandi, andando ad aggravare la carenza di professionisti del SSN. In tutti i tavoli sindacali prevaleva la convinzione che i rapporti di forza, storicamente a favore di un monopsonio statale indifferente al rispetto delle scadenze contrattuali e ad onorare gli impegni assunti, avrebbero garantito equilibri negoziali favorevoli alla parte pubblica e svantaggiosi per un fronte sindacale frammentato e debole. 

 

Se nei prossimi anni i concorsi dovessero confermare le scelte delle ultime generazioni, prima in MG ed ora anche nel settore specialistico, verrebbe vanificata la decennale posizione dominante del monopsonio, fondata sulla convinzione che per i professionisti non vi erano alternative all’impiego nella medicina pubblica. Invece i giovani medici hanno lanciato un chiaro segnale di disaffezione dal SSN che di fatto sposta gli equilibri del mercato del lavoro verso la privatizzazione in atto. Insomma stanno venendo al pettine decenni di politiche sanitarie caratterizzate dal disnteresse per le condizioni di lavoro dei medici e ispirate alla strategia del rinvio sine die dei contratti per mettere con le spalle al muro i sindacati e costringerli ad accettare le condizioni imposte della controparte.


Le preferenze espresse dai neo-laureati sposano le logiche del mercato e confermano la tendenza alla privatizzazione accentuando la crisi della sanità pubblica, difficilmente reversibile sul medio periodo; a mio parere il loro significato non è stato ben compreso e valutato dai decisori pubblici nei i suoi potenziali effetti di lungo periodo sulla tenuta di un sistema già in affanno. Insomma nuvole minacciose si addensano all’orizzonte annunciando per i prossimi anni una “perturbazione” perfetta.

 

P.S. Altre interessanti indicazioni potranno venire dagli esiti del concorso per l'accesso alla formazione regionale in MG. Per ora le domande di partecipazione nelle due principali piazze, ovvero Lombardia e Lazio, sono circa il doppio dei posti disponibili. Tuttavia alcune di queste potrebbero essere seconde scelte rispetto alla specializzazione e, come già accaduto in passato, molti potrebbero non presentarsi alla prova di selezione (lo scorso anno in Lombardia si registrò la dfezione di 1/3 dei candidati). Un altro dato rilevante sarà la composizione dei corsisti in MG, tra i quali potrebbe risultare infoltita la schiera di medici che scelgono di  lasciare la dipendenza per passare alla medicina convenzionata, a conferma del trend registrato al tra i neo-laureati.

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