giovedì 3 gennaio 2019

Buon compleanno SSN! Ma attenzione alla "crisi di coppia".....

Nell’ultimo scorcio del 2018 il dibattito pubblico sul pianeta sanità è stato monopolizzato dal “compleanno” del SSN. La fondazione GIMBE nella persona del suo presidente Nino Cartabellotta ha celebrato i 40 anni del varo della legge 833 con un approfondito documento che analizza l’attuale situazione di crisi della sanità pubblica (https://www.gimbe.org/pagine/1200/it/un-logo-per-i-40-anni-del-servizio-sanitario-nazionale ; ma da sempre sanità, medicina e società hanno dovuto fare i conti con una crisi!). 

L'analisi del GIMBE utilizza la metafora della patologia cronica di cui soffre il sistema sanitario: la sua salute sarebbe gravemente compromessa “da quattro “patologie” (definanziamento pubblico, ampliamento del “paniere” dei nuovi LEA, sprechi e inefficienze, espansione incontrollata del secondo pilastro) e due “fattori ambientali” (collaborazione Stato-Regioni e aspettative di cittadini e pazienti)”.

Vorrei provare ad abbozzare una “diagnosi” della sofferenza del sistema partendo da un diverso approccio, ovvero ricostruendo l’anamnesi patologica remota e la storia recente dei segni di quella patologia/crisi attualmente in fase conclamata, dal punto d'osservazione del territorio. Lo farò ricorrendo ad un’altra chiave metaforica, ovvero le alterne vicende di una relazione di coppia, iniziata alla fine degli anni settanta, tra due partner: il SSN e la società, o per meglio dire i suoi utenti. Le alterne vicende della nostra coppia si possono ricostruire in quattro fasi storiche così schematizzabili.

1.L’idillio. Per tutti gli anni Ottanta, dopo il felice matrimonio celebrato nel dicembre 1978, la relazione è andata avanti a gonfie vele con grande soddisfazione per entrambi i partner.  Le promesse di felicità, implicite nella definizione di salute dell'OMS, sembravano realizzarsi con la soddisfazione tipica della fase nascente di una relazione: grande attenzione, premura e soprattutto disponibilità da parte di lui (il SSN) verso i bisogni  e i desideri di lei (la gente). Nulla veniva negato al partner o condizionato da vincoli economici: dai farmaci alla degenza ospedaliera la parola d’ordine era “tutto gratis a tutti”, di cui potevano godere in particolare le categorie che erano state escluse dal sistema mutualistico. Si poteva uscire dalla farmacia come da un superarket con il carrello della spesa ricolmo di ogni ben di dio: dai mucolitici ai polivitaminici, dagli epatoprotettori ai neurotrofici, dai gangliosidi ai cardiotonici, dai ricostituenti alle creme di ogni tipo, nulla veniva lesinato di un prontuario terapeutico che coincideva di fatto con l’intera offerta del mercato farmaceutico. 

Per non parlare dell’ospedale, dove la componente alberghiera era garantita a tutti indistintamente, con degenze lunghe che potevano sconfinare nella convalescenza. Insomma, un vero e proprio idillio, di cui potevano godere anche i medici, specie quelli “di base”, reduci dalla prima Convenzione nazionale che aveva incrementato la quota capitaria in proporzione inversamente proporzionale alla riduzione del massimale di assistiti. Insomma l’orizzonte ideale del SSN era quello dello stato sociale, della tutela a 360 gradi del bene pubblico salute, della socializzazione dei costi e dei servizi sanitari per tutta la popolazione e per ogni bisogno, condizione ritenuta giustamente necessaria per garantire e salvaguardare della salute per tutti.

2. La crisi. All’inizio degli anni Novanta si profilavano i primi segni di quella crisi di coppia che avrebbe contrappuntato tutto il decennio, complice la crisi finanziaria del 1992; la seconda riforma sanitaria tentava di mettere una pezza ai problemi economici, emersi nel frattempo dopo il periodo di generosità oblativa verso tutto e tutti. Una data in particolare segnava se non una vera e propria rottura perlomeno un momento di insoddisfazione, quasi una crisi coniugale: l’entrata in vigore all’alba del gennaio 1994 del nuovo Prontuario Terapeutico Nazionale (PTN) partorito dalla CUF faceva piazza pulita dell’ampia gamma di (pseudo)farmaci concessi gratuitamente e senza particolari condizioni a tutti. 

Da quel momento in avanti molti bisogni e desideri restavano insoddisfatti, parallelamente all’uscita dal PTN di intere categorie farmaceutiche, mentre si profilava un concorrente pronto a soddisfare le esigenze frustrate da parte di un SSN improvvisamente diventato severo e rigoroso: il mercato. Già la riforma del 1992, sulla spinta della crisi finanziaria, aveva socchiuso la porta al terzo incomodo con la priorità data all’aziendalizzazione delle strutture e con l’introduzione della logica efficientistica dei DRG. Per tornare ad usufruire di tutto ciò che il libero mercato farmaceutico proponeva, dopo la separazione rispetto ad un Prontuario ridotto all’osso, bastava recarsi in farmacia e mettere mano al portafoglio per ottenere ogni rimedio giudicato necessario, a partire dall’ampia gamma di medicine alternative.

3-La separazione. Dopo un terzo tentativo di riforma sul finire del secolo, che con l’obbligo di appropriatezza riduceva formalmente la conflittualità tra medico e paziente per le prescrizioni soggette a Nota, il clima tra i due tornava ad essere pesante, nonostante un certo allentamento sul fronte delle limitazioni dei farmaci con l'ingresso dei generici nel PTN. Nella seconda metà del decennio si inaugurava il capitolo, a lungo rinviato e che arriverà a compimento con il LEA 2016, delle limitazioni prescrittive nel settore della diagnostica per immagine mentre si inasprivano i relativi ticket, complice l’inizio della crisi economica nel 2008. 

La progressiva riduzione dei posti letto segnava l'arroccamento del'ospedale rispetto al territorio con alcune prevedibili conseguenze: allungamento ulteriore dei tempi d'attesa per i ricoveri, intasamento del PS per l'effetto collo di bottiglia e per il mancanza di strutture ambulatoriali alternative su cui far confluire lo squilibrio tra domanda inevasa ed offerta "razionata".  Insomma si accentuava ancora la divaricazione tra le attese, ipertrofizzate dall’apparato industrial-comunicativo e assecondate dalla politica, e ciò che era in grado di passare il convento, con conseguente frustrazione e insoddisfazione per la delusione patita dopo le reiterate promesse di salute/felicità per tutti.  

4-Il divorzio(?). A partire dalla fine del primo decennio del nuovo secolo, all’acme della recessione economica, la crisi di coppia sfociava nel prevedibile divorzio, sebbene non ancora formalizzato, con code di recriminazioni, dispute e insoddisfazione reciproca. Il cahier de dolenaces alla base della rottura è presto redatto  

  • lo sfondo resta quello della crisi economico-finanziaria epocale e dei perduranti i vincoli di bilancio per un debito pubblico inarrestabile su cui si innestano
  • il sottofinanziamento della sanità pubblica e la prevedibile carenza di medici per il pensionamento della generazione 833, spesso anticipato per "sfinimento", senza un'adeguata programmazione del ricambio generazionale
  • l’allungamento delle liste e dei tempi di d’attesa per prestazioni specialistiche ambulatoriali, ipertrofizzate dalla medicina difensiva, nonostante un tentativo razionalizzazione con l'introduzione dei codici di priorità
  • un'offerta di prestazioni cash, da parte del privato "puro", sempre pronta e abbondante 
  • nuovi balzelli per moderare i consumi, a partire dai tickett farmaceutici e soprattutto dai super-ticket per le prestazioni diagnostiche
  • l’esplosione di internet con conseguente attenuazione dell’asimmetria informativa tra medico e paziente che alimentava la disintermediazione rispetto alla “dominanza” professionale di un tempo
  • la diversificazione dell'offerta privata per soddisfare la richiesta di quel mitico “stato di completo benessere” promesso 50 anni prima dall’OMS
  • la rivalsa legale per le aspettative frustrate, alimentate da episodi di presunta malasanità ed ipotetici errori medici enfatizzati dai media
  • l’epidemia di malattie croniche, polipatologie, disabilità, invalidità, fragilità a fronte di un ritiro delle strutture nosocomiali nella sfera dell’acuzie
  • il continuo rilancio delle attese da parte dell’apparato tecnologico-industriale, in sinergia con le èlites professionali, oggetto peraltro della contestazione populista verso l’establishement
  • il rinvio sine die del rinnovo dei contratti e delle convenzioni che, con il nuovo anno, è arrivato ad uno storico record decennale, non certo invidiabile e da inserire a pieno titolo nel Guinnes dei primati
  • una riforma delle cure primarie, la Balduzzi del 2012, rimasta sulla carta per il disinteresse di alcune regioni a fronte di politiche sanitarie periferiche disomogenee e contraddittorie, specie sul fronte della Presa in Carico della cronicità.
Per rintracciare il filo conduttore dell'evoluzione quarantennale del sistema ci si deve rivolgere prima ancora del mercato o del "secondo pilatro", come suo sostituto, alla tecnologia, principale motore del cambiamento strisciante che ha investito il rapporto tra SSN e cittadini e causa prima della rottura relazionale; la ricerca biomedica d'avanguardia e la tecnologia applicata alla clinica hanno dettato l'agenda del cambiamento ed impresso il loro marchio sull'intero sistema, facendo da sponsor al supermarket della salute e comandando le danze con la sua formidabile spinta propulsiva per tutto il sistema. 

Dalla socializzazione dei costi per la salute della 833 si è via via scivolati verso il predominio culturale del mercato grazie alla sinergia con le innovazioni tecnologiche: basta osservare il gap di incremento della spesa farmaceutica ospedaliera, per farmaci biologici innovativi di nicchia, rispetto a quella territoriale, ormai "genericata" per l'80% e quindi sotto controllo. Per non parlare della telemedicina, della robotica, dell'informatica medica, dei trapianti d'organo o di staminali, della farmacogenomica, dell'immunoterapia oncologica, della bioingegneria, dell'editing genetico, delle protesi e della medicina rigenerativa, dell'IA applicata alla clinica, della nanomedicina etc.. Chi poteva immaginare, solo 15 anni fa, tutti questi sviluppi tecnologici e le loro ricadute sulla pratica?

C'è poco da fare, il grimaldello per aggirare i vincoli di bilancio pubblico sta nelle ricadute diagnostico-terapeutiche del tecno-medicale, a cui prima o poi il SSN si deve "arrendere" ed adattare, con l'inevitabile lievitazione dei costi e la riduzione della copertura sociale. Come rifiutare l'introduzione di un nuovo farmaco biologico/oncologico o dell'ultimo robot chirurgico se possono documentare riduzione di rischi e delle degenze, miglioramento di esiti clinici, qualità della vita e sopravvivenza?  

Il fattore tecno entra in sinergia con quello umano, indotto dal bisogno di benessere totale promesso della definizione di salute del 1948; il mercato si candida a vicariare le carenze del servizio pubblico per una piena tutela della "salute completa", grazie alle suadenti proposte del marketing e del disease mongering, in un circolo virtuoso (o vizioso a seconda dei punti di vista) difficile da scardinare. La tecnologia biomedica ed informatica hanno avuto un impatto determinante e fatto la differenza tra il panorama culturale degli anni settanta e l'odierna prevalenza del mercato. 

Insomma, è la tecnologia (più che il mercato) bellezza!

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