venerdì 10 gennaio 2020

Dal tirocinio valutativo alla laurea abilitante, novità e problemi formativi

Con il mese di gennaio termina la sessione invernale del tirocinio valutativo trimestrale post-laurea, propedeutico all’esame di stato, che comprende un mese di frequenza in un reparto di medicina, uno in chirurgia ed uno presso lo studio del MMG. Dal 2020 verrà sostituito dalla cosiddetta laurea abilitante, che prevede la stessa formula ma anticipata al quinto o sesto anno di corso, a patto che lo studente abbia superato tutti gli esami previsti al quarto anno. Gli ordini dei medici hanno programmato corsi di formazione ad hoc per i MMG che si candidano a svolgere la funzione di tutor del tirocinio, che a partire da prossimo mese di marzo dovrà consentire agli studenti iscritti la sesto anno di laurearsi nella prima sessione del 2020.

Le modalità di svolgimento del tirocinio e il sistema di valutazione non dovrebbero discostarsi da quelli previsti fino ad ora: il libretto per la certificazione finale, dopo il mese di tirocinio sul territorio, prevede decine di parametri di valutazione nelle aree clinica, relazionale, comunicativa, diagnostica, comportamentale, etica etc.., che mettono a dura prova le competenze valutative del tutor, creando una situazione quasi paradossale. Come valutare la preparazione del candidato se lo stesso non ha un bagaglio teorico-nozionistico sulle cure primarie e non ha avuto precedenti esperienze pratiche di medicina del territorio?
  
Il neo-laureato durante il mese di presenza sul territorio scopre, spesso con una certa sorpresa, le differenze tra approccio ospedaliero, con le sue risorse tecnologiche, e pratica “a mani nude” nelle cure primarie, che ad esempio obbliga ad una tolleranza per l'incertezza sconosciuta nel contesto specialistico. Idem per l'orientamento clinico per problemi, tipico delle cure primarie, o per le competenza comunicative ed educativa nelle gestione delle patologie croniche. Come può valutare il tutor le abilità nella gestione delle infezioni prevalenti sul territorio, a partire dall’epidemia influenzale, se queste malattie non hanno spazio nell’insegnamento universitario? Come saggiare le sensibilità e la metodologia diagnostica se il tirocinante ha una vaga idea dell’epidemiologia del territorio? E che dire delle competenze nella raccolta e gestione dei dati, se non ha mai utilizzato la carella clinica informatizzata orientata per problemi? 

Insomma il sistema di valutazione del tirocinio presuppone un unico modello di professione decontestualizzata, trasmesso dalla formazione curricolare, e scotomizza le caratteristiche organizzative, di contesto sociorelazionale ed epidemiologico del territorio, che comportano un apprendimento specifico e situato, in senso multidimensionale ed "ecologico". Ma ancor più stridente è la discrasia tra i contenuti "teorici" della formazione curricolare e il sapere pratico, tacito, riflessivo ed esperienziale che caratterizza le comunità di pratica delle cure primarie. Alla fin fine il tirocinio evolve in modo inintenzionale da valutativo ad esperienza di insegnamento/apprendistato sul campo, grazie al full immersion nella pratica ambulatoriale, che i neolaureati non hanno avuto l’occasione di sperimentare durante gli ultimi anni di formazione universitaria.

Se questo è il profilo contraddittorio del tirocinio post-laurea, collocato pur sempre al termine di un lungo ed impegnativo ciclo di studi, la situazione potrebbe essere altrettanto problematica nel momento in cui il tutor seguirà studenti del sesto anno, specie se non avranno ancora sostenuto gli esami clinicamente più rilevanti (e che dire dello studente già fuori corso con la prospettiva di altri anni di studio prima di laurearsi?). Per non parlare della mancanza - tranne casi a livello locale, nonostante siano previsti 2 CFU per corsi di MG - di un insegnamento curricolare introduttivo alla medicina del territorio, che dovrebbe costituire la base cognitiva e nozionistica per la successiva valutazione certificativa. Insomma con la laurea abilitante le contraddizioni del tirocinio post laurea potrebbero riproporsi costringendo il tutor a rimediare in modo informale con la formazione sul campo alle carenze del corso universitario.

La conferenza permanente dei presidi delle facoltà di Medicina ha dedicato un quaderno (il n. 79 del 2018) al TPV (Tirocinio Pratico Valutativo) della cosiddetta Laurea Abilitante, che andrà a regime dalla sessione di laurea del luglio 2020

P.S. Le principali caratteristiche del paradigma riflessivo per il pedagogista M. Lipman sono:
1) l'educazione è il risultato della partecipazione alla comunità di ricerca guidata dall'insegnante, tra i cui obiettivi vi è l'acquisizione della capacità di comprendere e di giudicare bene;
2) gli studenti sono spinti a pensare al mondo ogni volta che la nostra conoscenza del mondo si rivela ai loro occhi ambigua, incerta e misteriosa;
3) le discipline coinvolte nella ricerca sono sovrapponibili ma non sono esaustive; le relazioni con i loro argomenti sono, di conseguenza, alquanto problematiche;
4) la posizione dell'insegnante è fallibile e non autoritaria;
5) gli studenti devono essere attenti e riflessivi e sempre più ragionevoli e giudiziosi;
6) la parte fondamentale del processo educativo non è l'acquisizione di informazioni, bensi la comprensione delle relazioni interne e reciproche tra gli argomenti oggetto di indagine.
A questo punto, dovrebbe essere chiaro che il paradigma riflessivo, a differenza di quello standard, considera l'educazione al pari di una ricerca (Educare al pensiero, Via & Pansiero, 2003, pag. 29).

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