Dopo il recente provvedimento che obbliga i medici di MG ad eseguire i tamponi antigenici rapidi nei propri studi si è animato il dibattito pubblico, anche con il contributo della Federazione regionale degli Ordini dei medici. Il provvedimento propone due rilevanti e delicate questioni, attinenti all’efficacia dei test e alla sicurezza dei medici che saranno chiamati ad seguirli.
1.Come ha osservato il Prof. Crisanti i tamponi antigenici scontano il
limite di una sensibilità non ottimale, nel senso che un 30% dei soggetti pur
negativi al test potrebbe essere portatore del Covid-19 con intuibili rischi
per coloro con cui dovessero venire a contatto. Per questa ragione i test
antigenici sono ritenuti più affidabili per interventi di screening in
asintomatici che non per la diagnosi in soggetti sintomatici, come indica
l'accordo nazionale.
2.Per mesi alcune strutture poliambulatoriali e distrettuali sul territorio
sono rimaste chiuse al pubblico. Per metterle in sicurezza dal punto di vista
del rischio infettivo sono necessari alcuni requisiti, oltre naturalmente ad
idonei DPI individuali per gli operatori sanitari addetti: distinti percorsi
organizzativi tra pazienti Covid e non Covid, come negli ospedali, entrata
separata dall'uscita, aree filtro per la vestizione/svestizione del personale
sanitario e per lo smaltimento dei DPI usati in appositi contenitori,
sanificazione dei locali adibiti ad attività diagnostiche dopo l'utilizzo
etc... Due sono le circostanze in cui è più elevato il rischio di contagio:
- durante la
manovra di esecuzione del tampone naso-faringeo, sia per il venire meno
del distanziamento dal paziente sia per la possibilità di essere investiti
dalle secrezioni a seguito di colpi di tosse e starnuti,
- ma ancor
di più durante la svetizione, quando l'operatore sanitario si può
auto-contaminare venendo in contatto con i propri DPI "infetti".
Senza adeguate misure
il rischio è quello di "contagiare" la struttura, come è accaduto con
i PS in primavera, e di mettere a repentaglio la salute degli operatori. Per
prevenire queste eventualità i tamponi non vengono eseguiti nei laboratori
analisi ma all’aperto nei cosiddetti Car-covid. Il motivo è intuitivo: in
carenza di adeguate misure di sicurezza, rispetto agli standard strutturali e
logistici sopra accennati, l’esecuzione del tampone in auto evita l’accesso dei
pazienti in locali inidonei ed affollati. Tuttavia anche in queste particolari
circostanze un numero significativo di infermieri dei Car-Covid, pur bardati di
tutto punto, è stato contagiato.
Ebbene nonostante queste raccomandazioni secondo il recente accordo
nazionale i tamponi dovrebbero essere eseguiti negli studi dei MMG,
generalmente molto più a rischio e del tutto inadeguati dal punto di vista
logistico, per non parlare della loro collocazione in affollati condomini con
grande via vai di gente. La probabilità del contagio può essere ridotta solo
eseguendo i tamponi con le stesse protezioni personali garantite agli operatori
dei Car-Covid (tuta, occhiali, visiera, idonea mascherina, doppio paio di
guanti etc..) e soprattutto nelle stesse condizoni logistiche, ambientali e
strutturali (accesso del paziente in automobile, area filtro per la
vestizione/svestizione, adeguatamente ventilata e dotazione di appositi
contenitori per lo smaltimanto dei DPI utilizzati, formazione degli operatori etc..). Solo a queste
condizioni si può evitare che gli ambienti e i medici vengano contagiati, come
è accaduto a decine di colleghi durante la prima ondata epidemica (si veda il PS).
3-Per quanto riguarda le
presunte carenze della medicina del territorio è bene ricordare alcuni dati di
fatto in proposito. Dal mese di marzo i MMG hanno continuato a seguire i malati
cronici in studio ed in assistenza domiciliare, mentre le strutture
poliambulatori e distrettuali sono rimaste chiuse al pubblico, anche per
espletare solo atti amministrativi in nuffici protetti dal contatto con gli
utenti.
I medici di famiglia
hanno continuato a curare e gestire le situazioni acute i problemi di salute
"a mani nude" facendo fronte ad una crescente domanda di prestazioni,
mentre venivano annullati ricoveri, visite specialistiche ed accertamenti
diagnostici già programmati per lo spostamento dei medici nei reparti Covid,
anche da giugno fino a settembre quando il coronavirus era in letargo ma non
era possibile accedere a nuove prestazioni.
I medici di MG rispondono
giornalmente a decine di telefonate della gente spaventata e disorientata,
dando informazioni, appuntamenti, prescrivendo farmaci ed accertamenti mentre è
praticamente impossibile comunicare con molte strutture sanitarie, come
testimoniano le lettere al direttore dei quotidiani e come sanno per esperienza
i malati.
Si sente dire che la medicina del territorio è impreparata a fronteggiare la pendemia, ma non è certo per volontà dei medici che l'ACN, già superato all’epoca dell'ultimo rinnovo, è fermo al 2009, cioè all’era internet. Per seguire i malati a domicilio i medici di famiglia dovrebbero distogliere tempo ed energia indirizzate alle cure di tutti gli assistiti con problematiche croniche ed acute, che peraltro lamentano l’impossibilità di accedere alle prestazioni ospedaliere se non per problemi urgenti.
In primavera tutte le risorse umane e tecnologiche interne all'ospedale sono state deviate sulla gestione dell'emergenza pandemica, con l'effetto di paralizzare di fatto le altre attività assistenziali rivolte all'ambiente esterno al nosocomio, dalle visite specialistiche agli accertamenti diagnostici. Sul territorio invece la MG per le sue caratteristiche organizzative (distribuzione a rete, frammentazione degli studi, spesso di piccole dimensioni, modesta dotazione tecnologica e di personale etc..) ha continuato ad operare seppur imponendo la consultazione per appuntamento al posto del libero accesso, onde evitare affollamento delle sale d'attesa.
Si provi ad immaginare gli effetti di una chiusura degli studi dei MMG sul territorio, così come sono stati inaccessibili al pubblico i poliambulatori e servizi diagnostici ospedalieri e territoriali. In sostanza il coronavirus ha avuto un impatto destabilizzante sulle strutture a più elevato tasso di tecnologia e concentrazione specialistica, che si sono dovute riconvertire e ristrutturare in poche settimane per fare fronte all'emergenza; la medicina del territorio più distribuita, meno organizzate e meno "tecnologica" ha potuto continuare la propria attività clinico-assistenziale rivolta a 360 gradi alle patologie acute e croniche sul territorio, fronteggiando anche i casi di Covid-19 paucisintomatici e meno impegnati sul piano respiratorio, con i propri limitati mezzi e risorse diagnostico-terapeutiche.
Certamente si poteva fare di più anche sul territorio se le cure primarie fossero state supportate da un'organizzazione più articolata e solida e non lasciate a se stesse da tempo senza adeguati investimenti. Sempre da una decina di anni si attende in Lombardia l’applicazione della Riforma Balduzzi, che doveva incentivare le aggregazioni dei medici di MG o AFT e le strutture multiprofessionali della medicina territoriali. In compenso nella nostra regione è stata smantellata all’inizio del secolo la rete dei distretti sanitari, in nome della concorrenza tra aziende e gestori sul mercato sanitario, che invece potevano costituire assieme alle AFT un valido supporto organizzativo per far fronte alla pandemia sul territorio. Di questo vuoto organizzativo stiamo pagando tutti le conseguenze.
Infine la terapia e la
gestione domiciliare dei pazienti Covid-19 da marzo è garantita dalle USCA,
appositamente create, dotate dei DIPI e formate per questi compiti, compresi i
tamponi a domicilio; il MMG fino a poche settimane fa aveva il preciso mandato
di evitare i contatti con i pazienti sospetti o affetti, onde evitare ciò che è
accaduto in primavera quando quasi un centinaio di colleghi sono stati
contagiati e non sono più tra noi.
P.S. Speranza sui test rapidi in MG: "I test
devono però avvenire in piena sicurezza e stiamo lavorando perché insieme ai
tamponi che arriveranno ai nostri medici di medicina generale possano sempre
arrivare tutti i dispositivi di protezione”
Il ministro ritiene che bastino i DPI per fare
i tamponi in sicurezza ma c’è chi ha una visione del problema diversa e più
ampia. Infatti le cose non sono così semplici, come ribadiscono a chiare lettere vari documenti ministeriali sulla sicurezza in corso di pandemia, per non
parlare delle linee guida dell'INAIL sul rischio biologico.
Vestizione: nell’anti-stanza/zona filtro:
2. controllare
l’integrità dei dispositivi; non utilizzare dispositivi non integri;
3. indossare un
primo paio di guanti;
4. indossare
sopra la divisa il camice monouso;
5. indossare
idoneo filtrante facciale;
6. indossare
gli occhiali di protezione;
7. indossare
secondo paio di guanti.
Svestizione: nell’anti-stanza/zona filtro:
- evitare qualsiasi contatto tra i DPI
potenzialmente contaminati e il viso, le mucose o la cute;
- i DPI monouso vanno smaltiti nell’apposito
contenitore nell’area di svestizione;
- decontaminare i DPI riutilizzabili;
- rispettare la sequenza indicata:
1. rimuovere il
camice monouso e smaltirlo nel contenitore;
2. rimuovere il
primo paio di guanti e smaltirlo nel contenitore;
3. rimuovere
gli occhiali e sanificarli;
4. rimuovere la
maschera FFP3 maneggiandola dalla parte posteriore e smaltirla nel
contenitore;
5. rimuovere il
secondo paio di guanti;
perfetto!!!! tutto quello che c'è da sapere,per i non addetti, è scritto qui ....grazie
RispondiEliminaUna dimenticanza:l'eventuale infezione del MMG del PLs del 118 della guardia medica non e' considerato dallenormative in vigore infortunio sullavoro come per i medici dipendenti
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