sabato 7 novembre 2020

Tamponi rapidi: affidabilità, sicurezza e organizzazione territoriale

Dopo il recente provvedimento che obbliga i medici di MG ad eseguire i tamponi antigenici rapidi nei propri studi si è animato il dibattito pubblico, anche con il contributo della Federazione regionale degli Ordini dei medici.  Il provvedimento propone due rilevanti e delicate questioni, attinenti all’efficacia dei test e alla sicurezza dei medici che saranno chiamati ad seguirli.

1.Come ha osservato il Prof. Crisanti i tamponi antigenici scontano il limite di una sensibilità non ottimale, nel senso che un 30% dei soggetti pur negativi al test potrebbe essere portatore del Covid-19 con intuibili rischi per coloro con cui dovessero venire a contatto. Per questa ragione i test antigenici sono ritenuti più affidabili per interventi di screening in asintomatici che non per la diagnosi in soggetti sintomatici, come indica l'accordo nazionale.

2.Per mesi alcune strutture poliambulatoriali e distrettuali sul territorio sono rimaste chiuse al pubblico. Per metterle in sicurezza dal punto di vista del rischio infettivo sono necessari alcuni requisiti, oltre naturalmente ad idonei DPI individuali per gli operatori sanitari addetti: distinti percorsi organizzativi tra pazienti Covid e non Covid, come negli ospedali, entrata separata dall'uscita, aree filtro per la vestizione/svestizione del personale sanitario e per lo smaltimento dei DPI usati in appositi contenitori, sanificazione dei locali adibiti ad attività diagnostiche dopo l'utilizzo etc... Due sono le circostanze in cui è più elevato il rischio di contagio:

  • durante la manovra di esecuzione del tampone naso-faringeo, sia per il venire meno del distanziamento dal paziente sia per la possibilità di essere investiti dalle secrezioni a seguito di colpi di tosse e starnuti,
  • ma ancor di più durante la svetizione, quando l'operatore sanitario si può auto-contaminare venendo in contatto con i propri DPI "infetti".

Senza adeguate misure il rischio è quello di "contagiare" la struttura, come è accaduto con i PS in primavera, e di mettere a repentaglio la salute degli operatori. Per prevenire queste eventualità i tamponi non vengono eseguiti nei laboratori analisi ma all’aperto nei cosiddetti Car-covid. Il motivo è intuitivo: in carenza di adeguate misure di sicurezza, rispetto agli standard strutturali e logistici sopra accennati, l’esecuzione del tampone in auto evita l’accesso dei pazienti in locali inidonei ed affollati. Tuttavia anche in queste particolari circostanze un numero significativo di infermieri dei Car-Covid, pur bardati di tutto punto, è stato contagiato.  

 Come afferma il Rapporto ISS COVID-19 · n. 2/2020 Rev. Sulla sicurezza i “DPI. devono essere considerati come una misura efficace per la protezione dell’operatore sanitario solo se inseriti all’interno di un più ampio insieme d’interventi che comprenda controlli amministrativi e procedurali, ambientali, organizzativi e tecnici nel contesto assistenziale sanitario. Pertanto, in situazione di ridotta disponibilità di risorse, i DPI disponibili dovrebbero essere utilizzati secondo un criterio di priorità per gli operatori a più elevato rischio professionale che svolgano procedure in grado di generare aerosol e che operino in un contesto di elevata intensità assistenziale e prolungata esposizione al rischio. In questo scenario, risulta di particolare importanza l’implementazione nelle strutture sanitarie di tutti icontrolli di tipo amministrativo-organizzativi, tecnici e ambientali in ambito di infection control”.

Ebbene nonostante queste raccomandazioni secondo il recente accordo nazionale i tamponi dovrebbero essere eseguiti negli studi dei MMG, generalmente molto più a rischio e del tutto inadeguati dal punto di vista logistico, per non parlare della loro collocazione in affollati condomini con grande via vai di gente. La probabilità del contagio può essere ridotta solo eseguendo i tamponi con le stesse protezioni personali garantite agli operatori dei Car-Covid (tuta, occhiali, visiera, idonea mascherina, doppio paio di guanti etc..) e soprattutto nelle stesse condizoni logistiche, ambientali e strutturali (accesso del paziente in automobile, area filtro per la vestizione/svestizione, adeguatamente ventilata e dotazione di appositi contenitori per lo smaltimanto dei DPI utilizzati, formazione degli operatori etc..). Solo a queste condizioni si può evitare che gli ambienti e i medici vengano contagiati, come è accaduto a decine di colleghi durante la prima ondata epidemica (si veda il PS).

3-Per quanto riguarda le presunte carenze della medicina del territorio è bene ricordare alcuni dati di fatto in proposito. Dal mese di marzo i MMG hanno continuato a seguire i malati cronici in studio ed in assistenza domiciliare, mentre le strutture poliambulatori e distrettuali sono rimaste chiuse al pubblico, anche per espletare solo atti amministrativi in nuffici protetti dal contatto con gli utenti.

I medici di famiglia hanno continuato a curare e gestire le situazioni acute i problemi di salute "a mani nude" facendo fronte ad una crescente domanda di prestazioni, mentre venivano annullati ricoveri, visite specialistiche ed accertamenti diagnostici già programmati per lo spostamento dei medici nei reparti Covid, anche da giugno fino a settembre quando il coronavirus era in letargo ma non era possibile accedere a nuove prestazioni.

I medici di MG rispondono giornalmente a decine di telefonate della gente spaventata e disorientata, dando informazioni, appuntamenti, prescrivendo farmaci ed accertamenti mentre è praticamente impossibile comunicare con molte strutture sanitarie, come testimoniano le lettere al direttore dei quotidiani e come sanno per esperienza i malati.

Si sente dire che la medicina del territorio è impreparata a fronteggiare la pendemia, ma non è certo per volontà dei medici che l'ACN, già superato all’epoca dell'ultimo rinnovo, è fermo al 2009, cioè all’era internet. Per seguire i malati a domicilio i medici di famiglia dovrebbero distogliere tempo ed energia indirizzate alle cure di tutti gli assistiti con problematiche croniche ed acute, che peraltro lamentano l’impossibilità di accedere alle prestazioni ospedaliere se non per problemi urgenti. 

In primavera tutte le risorse umane e tecnologiche interne all'ospedale sono state deviate sulla gestione dell'emergenza pandemica, con l'effetto di paralizzare di fatto le altre attività assistenziali rivolte all'ambiente esterno al nosocomio, dalle visite specialistiche agli accertamenti diagnostici. Sul territorio invece la MG per le sue caratteristiche organizzative (distribuzione a rete, frammentazione degli studi, spesso di piccole dimensioni, modesta dotazione tecnologica e di personale etc..) ha continuato ad operare seppur imponendo la consultazione per appuntamento al posto del libero accesso, onde evitare affollamento delle sale d'attesa. 

Si provi ad immaginare gli effetti di una chiusura degli studi dei MMG sul territorio, così come sono stati inaccessibili al pubblico i poliambulatori e servizi diagnostici ospedalieri e territoriali. In sostanza il coronavirus ha avuto un impatto destabilizzante sulle strutture a più elevato tasso di tecnologia e concentrazione specialistica, che si sono dovute riconvertire e ristrutturare in poche settimane per fare fronte all'emergenza; la medicina del territorio più distribuita, meno organizzate e meno "tecnologica" ha potuto continuare la propria attività clinico-assistenziale rivolta a 360 gradi alle patologie acute e croniche sul territorio, fronteggiando anche i casi di Covid-19 paucisintomatici e meno impegnati sul piano respiratorio, con i propri limitati mezzi e risorse diagnostico-terapeutiche. 

Certamente si poteva fare di più anche sul territorio se le cure primarie fossero state supportate da un'organizzazione più articolata e solida e non lasciate a se stesse da tempo senza adeguati investimenti. Sempre da una decina di anni si attende in Lombardia l’applicazione della Riforma Balduzzi, che doveva incentivare le aggregazioni dei medici di MG o AFT e le strutture multiprofessionali della medicina territoriali. In compenso nella nostra regione è stata smantellata all’inizio del secolo la rete dei distretti sanitari, in nome della concorrenza tra aziende e gestori sul mercato sanitario, che invece potevano costituire assieme alle AFT un valido supporto organizzativo per far fronte alla pandemia sul territorio. Di questo vuoto organizzativo stiamo pagando tutti le conseguenze.

Infine la terapia e la gestione domiciliare dei pazienti Covid-19 da marzo è garantita dalle USCA, appositamente create, dotate dei DIPI e formate per questi compiti, compresi i tamponi a domicilio; il MMG fino a poche settimane fa aveva il preciso mandato di evitare i contatti con i pazienti sospetti o affetti, onde evitare ciò che è accaduto in primavera quando quasi un centinaio di colleghi sono stati contagiati e non sono più tra noi.

P.S. Speranza sui test rapidi in MG: "I test devono però avvenire in piena sicurezza e stiamo  lavorando perché insieme ai tamponi che arriveranno ai nostri medici di medicina generale possano sempre arrivare tutti i dispositivi di protezione”

Il ministro ritiene che bastino i DPI per fare i tamponi in sicurezza ma c’è chi ha una visione del problema diversa e più ampia. Infatti le cose non sono così semplici, come ribadiscono a chiare lettere vari documenti ministeriali sulla sicurezza in corso di pandemia, per non parlare delle linee guida dell'INAIL sul rischio biologico.

 Ecco, a proposito di vestizione/svestizione e decontaminazione, le indicazioni della CIRCOLARE MINISTERIALE DEL 24-2-2020

 Si raccomandano le seguenti procedure di vestizione/svestizione, rispettando le sequenze di seguito indicate.

Vestizione: nell’anti-stanza/zona filtro:

 1. togliere ogni monile e oggetto personale. Praticare l’igiene delle mani con acqua e sapone o soluzione alcolica;
2. controllare l’integrità dei dispositivi; non utilizzare dispositivi non integri;
3. indossare un primo paio di guanti;
4. indossare sopra la divisa il camice monouso;
5. indossare idoneo filtrante facciale;
6. indossare gli occhiali di protezione;
7. indossare secondo paio di guanti.

Svestizione: nell’anti-stanza/zona filtro:

 Regole comportamentali

  • evitare qualsiasi contatto tra i DPI potenzialmente contaminati e il viso, le mucose o la cute;
  • i DPI monouso vanno smaltiti nell’apposito contenitore nell’area di svestizione;
  • decontaminare i DPI riutilizzabili;
  • rispettare la sequenza indicata:

1. rimuovere il camice monouso e smaltirlo nel contenitore;
2. rimuovere il primo paio di guanti e smaltirlo nel contenitore;
3. rimuovere gli occhiali e sanificarli;
4. rimuovere la maschera FFP3 maneggiandola dalla parte posteriore e smaltirla nel contenitore;
5. rimuovere il secondo paio di guanti;

 Una cadenza superiore è suggerita per la sanificazione delle superficie a maggior frequenza di contatto da parte del paziente e per le aree dedicate alla vestizione/svestizione dei DPI da parte degli operatori. Per la decontaminazione ambientale è necessario utilizzare attrezzature dedicate o monouso. Le attrezzature riutilizzabili devono essere decontaminate dopo l'uso con un disinfettante a base di cloro. I carrelli di pulizia comuni non devono entrare nella stanza. Il personale addetto alla sanificazione deve essere formato e dotato dei DPI previsti per l’assistenza ai pazienti e seguire le misure indicate per la vestizione e la svestizione (rimozione in sicurezza dei DPI).

2 commenti:

  1. perfetto!!!! tutto quello che c'è da sapere,per i non addetti, è scritto qui ....grazie

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  2. Una dimenticanza:l'eventuale infezione del MMG del PLs del 118 della guardia medica non e' considerato dallenormative in vigore infortunio sullavoro come per i medici dipendenti

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