sabato 16 gennaio 2021

Cure primarie tra ASST e ATS: quale scelta per il futuro?

La fine della sperimentazione quinquennale della riforma sanitaria lombarda, "scaduta" il 31 dicembre 2020, pone i decisori regionali di fronte ad un dilemma riguardo al futuro assetto del territorio: mantenere l'attuale gestione, affidata al settore sociosanitario delle ASST, oppure trasferire le cure primarie sotto l'ATS? Il punto di partenza per immaginare un futuro assetto è la valutazione dell'operato del "settore aziendale rete territoriale" delle ASST che doveva erogare le prestazioni distrettuale e promuovere l'integrazione delle funzioni sanitarie e sociosanitarie con quelle sociali.  I bracci operativi previsti dalle Legge 23 erano i POT e i PRESST, gestiti dalle ASST per garantire le prestazioni specialistiche a bassa e media complessità a livello periferico. Cosa che è avvenuta in modo disomogeneo, frammentario e soprattutto con grande ritardo sulla tabella di macia della Legge 23, tant'è che PREST e POT inaugurati si contano sulle dita di due mani. 

La situazione è naturalmente diversificata e compresa tra due estremi: da un lato i grandi ospedali provinciali hanno di fatto trascurato il rapporto con un territorio troppo vasto e quindi difficile da "coltivare", mentre le ASST a dimensione più ridotta sono riuscite a rapportarsi in modo più continuativo ed efficace con il proprio ambiente. Non ha ovviamente contribuito a rafforzare i legami dell'ospedale con il territorio la dicotomia di funzioni tra ATS e ASST: la prima in qualità di "datore di lavoro", nel senso dell'amministrazione e del controllo della MG, e le seconde come gestori della rete clinica e sociosanitaria territoriale, ma con scarso interesse per tale compito. 

Basti pensare che in un decennio non sono state attivate le AFT che dovevano costituire il ponte tra dirigenza di ASST/ATS e la rete dei MMG per garantire, a po' di mantra manageriali, due obiettivi prioritari: la continuità assistenziale e l'integrazione ospedale-territorio. Ora dopo lo sconquasso organizzativo del Covid-19 è emersa con l'evidenza dei fatti la necessità di potenziare la sanità territoriale, depauperata per un decennio in nome del quasi mercato fino all'attuale stato di abbandono e trascuratezza.

Le proposte per risolvere la dicotomia gestionale tra ATS e ASST vanno in due direzioni opposte: c'è chi vorrebbe ricondurre tutte le cure primarie sotto le ali delle ASST e chi invece l'esatto contrario, ovvero trasferire l'intera medicina territoriale sotto l'ombrello dell'ATS. Secondo indiscrezioni di stampa la nuova assessora Letizia Moratti vedrebbe bene la trasformazione degli attuali Centri Covid in Poliambulatori territoriali per offrire ai pazienti sul territorio servizi di diagnosi e di cura fino ad ora sporadici. La medicina territoriale, inoltre, tornerebbe sotto il controllo delle Ats e non più a gestione ASST e quindi gli ospedali non si occuperebbero più del settore socio sanitario.

La riforma propone il dilemma della modalità di gestione e di relazione dell'ospedale con la rete dei servizi territoriali. Il problema dell'integrazione e della continuità a livello ospedaliero è stato risolto dal modello organizzativo Hub and Spoke, che prevede una galassia di centri periferici di I livello (gli spoke) collegati in rete con una centro di II livello (l'hub) su cui far convergere casi difficili o complessi che richiedono interventi diagnostico-terapeutici ad elevata intensità tecno-specialistica. Nell'ultimo decennio su questo modello, variamente interpretato e messo in atto a livello regionale, si sono sviluppare diverse reti specialistiche per patologia, ovvero oncologiche, neonatali, cardiologiche, di emergenza, per ictus, malattie rare etc.. La formula Hub&Spoke costituisce “un modello di rete gerarchico basato su strutture che collaborano per garantire qualità, sicurezza e continuità di cura e assistenza"(Rosa e coll).

Per far fronte alla complessità dell'ambiente l'organizzazione ospedaliera ha imboccato la strada della differenziazione in sotto-unità specializzate, che in medicina è tipica ed evidente, tanto che si sono costituiti sotto-sistemi super specialistici all'interno della stessa specializzazione, come la virologia all'interno della microbiologia, l'aritmologia nel contesto della cardiologia o la rinologia nell'ambito dell'ORL e così via. Le reti Hub&Spoke si sono sviluppate in questo contesto organizzativo che ha posto in primo piano la necessita di una non facile integrazione tra Spoke e Hub. L’organizzazione delle reti infatti sconta la difficoltà "nel definire il grado di gerarchia e di centralizzazione di rete" condiviso tra i vari attori e perciò le "modalità di collaborazione tra le strutture devono essere il risultato di meccanismi di contrattazione tra più soggetti e non cadere dall’alto" (Rosa e coll). 

La rete territoriale invece ha una configurazione di tipo generalista e sui generis rispetto a questo modello per via di alcuni tratti peculiari dei network sociosanitari, così schematizzati:

  • un insieme di nodi reciprocamente autonomi a prevalente dimensione orizzontale e a bassa standardizzazione operativa;
  • con relazioni informali “cementate” da fiducia, conoscenza, cooperazione e legittimazione reciproca;
  • unità organizzative distinte, a bassa interdipendenza tecnologica e/o gerarchica, con proprie normative di riferimento;
  • una gestione auto organizzata e situata del singolo caso, cioè temporanea, personalizzata,  ed adattativa ad hoc.

Le pratiche del territorio riflettono queste caratteristiche organizzative e culturali che entrano in dissonanza con la cultura organizzativa dell'ospedale.

Ciononostante il rapporto tra ospedale e territorio tende ad essere posto nei termini di una proiezione dell'organizzazione ospedaliera sul territorio, a prescindere dalla specificità della MG. È la soluzione vecchio stampo, vagheggiata da alcuni decision maker, sul modello poliambulatorio INPS con specialisti SUMAISTI od ospedalieri distaccati sul territorio nel segno di una sorta di colonizzazione a mezzo servizio, destinata a scontentare un po' tutti. Servirebbe invece una soluzione multiprofessionale ed integrata che non è mai decollata per la carenza di specialisti extra-ospedalieri formati per relazionarsi con le caratteristiche tipiche della rete territoriale.

Va sa sè che affidare la gestione dei servizi sociosanitari alle ASST significa riproporre una relazione squilibrata tra ospedale e territorio, nel senso di una riproposizione del paradigma ospedaliero proiettato nell'ambiente. I distretti sociosanitari, assieme alle Unità Complesse delle cure primarie, potranno costituire l'interfaccia e il luogo fisico di integrazione e continuità assistenziale tra ospedale e territorio. Alla dissonanza tra identità, riferimenti normativi e schemi decisionali tra attori ospedalieri e delle cure primarie consegue l’esigenza di “integrare un sapere specialistico con uno di tipo olistico che considera le persone nella loro globalità” e che passa dalla reciproca legittimazione professionale, perchè la gestione delle condizioni croniche non può essere la “colonizzazione del territorio con la stessa cultura di governo utilizzata nella gestione dei sistemi ospedalieri” (Bertin). Gli spoke generalisti sparsi nel territorio, molto più dei grandi hub metropolitani, potranno assolvere questo compito di collegamento e relazione paritaria con la rete delle cure primarie.

Tuttavia serviranno anni ed ingenti risorse per ricostruire per ricostruire quella rete che è stata deliberatamente smantellata negli ultimi due decenni di politica sanitaria in Lombardia.

BIBLIOGRAFIA

  •   Bertin G. (2015): “Evoluzione o cambiamento dei sistemi sanitari: verso un nuovo paradigma”, in AA.VV. Medicina specialistica e Community care, Venezia, Ed. Ca Foscari.
  •     Cajazzo L., Longo F. (2018): Reti sanitarie: distinte finalità e assetti. Reti di patologia e reti di presa in carico in Lombardia, Mecosan.
  •       Longo F. (2011): Reti socio-sanitarie e strumenti di integrazione: quale ruolo per il distretto, I quaderni di Monitor.
  •      Noto G, Raschetti R, Maggini M (2011): Gestione integrata e percorsi assistenziali, Il pensiero Scientifico, Roma
  •    Palermo C, Brescia A, Rivetti C, (2014): Le moderne reti assistenziali: la centralità dei bisogni e l’integrazione del nuovo ospedale sul territorio, Gruppo di lavoro ANAAO
  •     Rosa A, Marolla G,  Gorgoni G. (2018): Il modello di rete Hub & Spoke: fattori critici di successo e barriere organizzative, MECOSAN, 107

1 commento:

  1. Nel blog "Movimento......." c'è la nostra proposta di riforma del Servizio Socio Sanitario della Regione Lombardia. Mi sembra tutt'altra cosa. Chi parla di "cure primarie" a mio avviso, parte con il piede sbagliato. Meglio Assistenza Sanitaria Primaria. Le parole sono pietre. Buon anno.

    RispondiElimina