I dati settimanali documentano un'inversione di tendenza rispetto a dicembre: aumenta l'incidenza dei nuovi casi e il numero di tamponi positivi, aumentano di poco i degenti in terapia intensiva, i decessi e i soggetti in isolamento domiciliare e si dimezza il calo dei ricoveri rispetto all'ultima settimana del mese scorso; la percentuale di positivi passa dal 10% al 13% e il numero dei decessi purtroppo è sempre elevato. Nel complesso la curva della seconda fase che si era appiattita a dicembre, rispetto al picco primavera, ha ripreso a salire seppur di poco rispetto all'ultima settimana del 2020.
Rimane elevata l'incidenza di dicembre in Veneto che è un caso nazionale in quanto da un mese supera ogni giorno la Lombardia. Dall'inizio di dicembre il Veneto registra 128 mila nuovi casi a fronte degli 82 mila della Lombardia, per una media giornaliera di 2mila. Le ipotesi di spiegazione del fenomeno puntano sul combinato disposto tra la mancata zona rossa e il massiccio uso dei test rapidi per screening tra operatori sanitari e delle RSA, noti per la bassa sensibilità e il rischio di falsi negativi.
2-Andamento mensile e confronto tra prima e seconda ondata
- incidenza: è aumentata in modo considerevole in autunno (da 60 mila a 460 mila in media al mese) per la possibilità di eseguire il tampone in sede extra ospedaliera, era preclusa in primavera ai MMG, con la conseguente sottostima dei casi gestiti a domicilio e/o non denunciati, emersi nella seconda fase
- tamponi: nonostante siano più che triplicati (da 1.347.000 a 4.488.000 in media al mese) la percentuale dei positivi è più del doppio (dal 4,4 al 10,2%), aumento parallelo all'incremento di nuovi casi
- ricoveri: in rapporto all'incidenza i ricoveri sono notevolmente ridotti in autunno rispetto alla primavera mentre di riflesso sono aumentati i dimessi guariti e i soggetti in isolamento domiciliare: in primavera il picco si è avuto all'inizio di aprile con circa 29.010 e nella seconda ondata alla fine di novembre con 34.577.
- terapie intensive: nonostante l'aumento dei nuovi casi il picco si è avuto in aprile con 3848 degenti e, nella seconda ondata, con quasi 4053 ricoveri all'ultima decade di novembre
- dimessi guariti: passano da quasi 200 mila della primavera a 1.255.458 in autunno
- isolamento domiciliare: l'elevatissimo numero di soggetti rimasti in isolamento domiciliare- con un picco di 800 mila in autunno rispetto agli 83 mila della primavera- dimostra la minor gravità dell'infezione e la prevalente gestione sul territorio dei nuovi casi rispetto al ricorso alla degenza
- decessi e letalità: in numero assoluto i decessi delle seconda fase eguagliano quelli della prima ma sempre per l'elevato numero di nuovi casi si abbatte in maniera drastica la letalità che passa dal 14,4 al 2,1%.
Nel complesso, nonostante le critiche rivolte alla gestione territoriale del Covid-19, la medicina extra-ospedaliera ha diagnosticato e gestito, seppur in modo disomogeneo e poco coordinato, un numero considerevole di casi, mentre il sistema ospedaliero ha retto un impatto che, in termini di ricoveri e di degenze in terapia intensiva, è stato di poco superiore rispetto alla primavera. Grazie alla prescrizione dei tamponi i medici del territorio (MMG, CA e medici USCA) hanno fatto emergere la stragrande maggioranza dei casi e hanno seguito in prima persona la parte sommersa dell'incidenza, che in primavera era rimasta sotto-diagnosticata. In primavera le stime sui casi sommersi variavano a 5 a 10 volte rispetto a quelli intercettati a livello ospedaliero. Il numero dei casi diagnosticati in autunno si colloca a metà circa di questa stima, con un andamento temporale dell'incidenza "piatto" rispetto al picco di marzo-aprile.
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