domenica 15 gennaio 2023

Chi paga il conto "salato" del miracolo sanitario italiano?

Bindi e Dirindin: la Sanità svenduta in nome del mercato, ma l’Italia rimane un piccolo miracolo.

Dal numero di decessi evitabili con le cure (-30% rispetto alla media Ue) ai pazienti sopravvissuti ai tumori. Il servizio sanitario è malato ma svela le nostre capacità: raggiungere grandi risultati con poche risorse. Ecco il testo dell'articolo pubblicato su La Stampa.

COMMENTO. Certo sono gli operatori sanitari a pagare il conto più salato per i grandi risultati vantati, in termini di stress, sovraccarico di lavoro, mancate tutele, precarietà lavorativa, tensioni con la gente fino alle aggressioni ormai qusi quotidiane, annosi rinvii di contratti e convenzioni, burocratizzazione asfissiante, deprofessionalizzazione etc.; non è un caso che per molti non restano che le dimissioni, semplicemente perchè "non ce la fanno più"! 

Per non parlare delle liste d'attesa infinite e delle decine di miliardi sborsati annualmente dagli italiani, molti dei quali per giunta rimasti senza medico di famiglia, per acquistare dal privato le prestazioni che non garantisce più il pubblico ( https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=110245 )

Sembra quasi che le due esponenti del centrosinistra siano state su un altro pianeta negli ultimi due decenni e non in parlamento e nelle ovattate stanze ministeriali. Ma se non ci fosse il privato a compensare il deficit di offerta del pubblico a chi si dovrebbe rivolgere la gente per avere in tempi decenti accertamenti diagnostici forniti nel pubblico ad un anno? Se non ci fosse la libera professione chi garantirebbe visite specialistiche adeguate al bisogno?

Durante la pandemia la flotta pubblica per restare a galla si è disfata della zavorra ambulatoriale chiudendo i battenti dei poliambulatori; con il lento tramonto del Covid-19 è arrivato il prevedibile rebound per il combinato disposto tra la spontanea rinuncia della gente e per i milioni di prestazioni annullate e rinviate sine die, rendendo incolmabile per i prossimi anni la voragine che si è aperta tra domanda ed offerta. 

I codici di priorità potevano rappresentare una ragionevole via di fuga per mantenere un precario equilibrio, ma sia la sanità pubblica sia quella convenzionata non sono state in grado di utilizzarli in modo razionale ed efficace. Da qui il ricorso al cosiddetto out of pocket, che significa in modo edulcorato mettere mano al portafoglio per esami e visite.

Nessuno ha deliberato la resa della salute pubblica al mercato, che è solo l'effetto empirico dei vasi comunicanti sanitari, per via dell'equilibrio dinamico tra offerta di prestazioni private a compensazione dei tempi d'attesa biblici delle strutture pubbliche, conseguente allo stress test pandemico. Tanto vale prenderne atto, senza la scontata retorica della svendita e senza lacrime di coccodrillo.

La specialistica ambulatoriale è l'anello debole del sistema, ormai irrecuperabile anche perchè con l'invecchiamento della popolazione e l'incremento della cronicità il trend è in costante crescita: bisogna farsene una ragione e senza ipocrisie ideologiche aprire alla sanità integrativa con sostanziosi sgravi fiscali per polizze sanitarie selettivamente indirizzate a coprire il gap creato dalla pandemia nella specialistica. A quando un'onesta operazione verità?

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