lunedì 5 agosto 2024

Compiti professionali e guerriglia "giurisdizionale" per marcare il territorio

«Presa in carico dei pazienti affetti da patologie croniche: pericoloso e controproducente, per la sicurezza del cittadino, che siano i farmacisti a gestire tale delicato percorso, che rimane rigorosamente una prerogativa dei professionisti sanitari».

Il testo completo al link

A prima vista la dichiarazione potrebbe essere attribuita ad un esponente della "corporazione" medica a difesa del professionalismo e del monopolio della categoria nell'area della cronicità. Invece è uno dei tanti conflitti giurisdizionali sorti negli ultimi anni tra attori organizzativi (i laboratori privati) e professionali (i farmacisti) della scena sanitaria, tema su cui era intervenuto puntualmente nel 2015 il compianto Luigi Conte sul Quotidiano Sanità

Storicamente il professionalismo e la dominanza medica - sul mercato, sui clienti, sull'organizzazione del lavoro, sulla formazione e sulle altre professioni - vengono ricondotti al concetto di “giurisdizione”, coniato dal sociologo britannico Abbott nel 1988, nel senso della capacità delle singole professione di ritagliarsi una sfera di competenze specifiche ed esclusive, rivendicando una sorta di monopolio grazie alla legittimazione pubblica e alla istituzionalizzazione (Ordine o albo). Sul piano culturale la giurisdizione esclusiva si fonda sulla capacità di far prevalere la propria competenza cognitiva e pratica per risolvere problemi di carattere pubblico e rilevanza sociale.

Sul territorio la dominanza medica è tramontata da tempo per il combinato disposto della burocratizzazione, del managerialismo e della medicina amministrata mentre la sua limitata giurisdizione è stata erosa dalla differenziazione specialistica e delle professioni sanitarie; la frammentazione tecno-specialistica, dei saperi e delle pratiche ha avuto come conseguenza la necessità di promuovere l'integrazione tra i diversi attori professionali - oltre venti quelli formalmente riconosciuti - che dovrebbero convergere sugli obiettivi di salute definiti dal SSN, pur con conoscenze e competenze diverse, coltivate da comunità professionali gelose della propria specificità e non sempre in sintonia con le altre nelle decisioni sul campo. 

La sinergia tra proliferazione delle professioni sanitarie sul mercato e la privatizzazione di fatto per via delle liste d'attesa ha accentuato tensioni e conflitti per la definizione dei confini giurisdizionali, fino alla moltiplicazione dei contenziosi per legittimare un allargamento della propria sfera d'azione oppure per respingere tentativi di "espropriazione" di compiti ritenuti esclusivi e minacciati dai concorrenti.

La lotta tra i gruppi è diretta sia a far accettare la propria soluzione come la più adatta per risolvere un determinato problema, sia a definire il problema al fine di ricondurlo ad una specifica sfera di competenza e di intervento pertinente. Intorno al medesimo problema diversi gruppi in competizione si contendono la legittimità e l'allargamento dei propri confini giurisdizionali proponendo nuove definizioni dello stesso problema ed offrendo soluzioni di policy innovative più efficaci, efficienti ed economiche per il sistema. Ogni attore tende ad allargare la propria sfera di influenza/competenza sul mercato e nell'organizzazione a spese dei concorrenti che di riflesso difendono i propri confini giurisdizionali dall' "usurpazione" di compiti tradizionali, ricorrendo nelle sedi giudiziarie contro le invasioni di campo e il "bracconaggio" nella propria riserva di caccia e reddituale.

Nel sistema interprofessionale gli equilibri di potere ed influenza sono mobili e i conflitti di competenza sono oggetto di negoziazioni con i decisori pubblici all'interno di tre arene: quella politico istituzionale normativa, quella dell'organizzazione sanitaria formale informale e nella "giungla" del mercato sanitario. Talvolta la politica è disposta ad assecondare queste richieste sui tavoli negoziali, sfruttando la "guerriglia" giurisdizionale per ottenere posizioni di forza da "divide ed imperat". A volte le negoziazioni mediate dai decision making per mantenere l'equilibrio solo inefficaci o sbilanciate per interessi clientelari verso gli uni e ai danni di altri, per cui si apre il vasto scenario dei ricorsi al TAR o al Consiglio di Stato avviati da alcuni attori per difendere il proprio profilo o aspetti della propria competenza esclusiva.

Gli esempi sono innumerevoli, riempiono le cronache sanitarie e giudiziarie da anni e riguardano sia professioni concorrenti sia rivendicazioni di competenze all'interno della stessa categoria. Ad esempio la prima PiC lombarda era il tentativo di allargare informalmente la giurisdizione dei Gestori ospedalieri per erodere quella della medicina territoriale, arruolando i cronici in antagonismo con il MMG nel quasi mercato regionale a concorrenza verticale, poi fallito per il disinteresse dei Gestori privati accreditati. Recentemente sono insorti gli oculisti, appoggiati dall'Ordine dei medici milanese, contro la possibilità di effettuare valutazioni optometriche nei negozi di ottica: “Non si può risolvere il problema delle liste di attesa per le visite mediche, nel nostro caso per quelle oculistiche, pensando di affidarle a personale non medico”. I MMG dal canto loro si lamentano per il fatto che gli specialisti delegano loro la "trascrizione" di indagini diagnostiche, per rispondere al quesito clinico del medico curante, che per legge spetta allo specialista pubblico o accreditato.

Nella difesa della propria giurisdizione la fisiatra Caredda critica la proposta di accesso alla fisioterapia su prescrizione del MMG rivendicandone l'esclusiva, con l'argomento che "solo un medico può refertare una diagnosi" e tirando in ballo il MMG con questa argomentazione analogica

“Ragion per cui, così come il medico di base non si sognerebbe mai di sostituirsi per la diagnosi del paziente e per l’approccio terapeutico mirato, ad esempio, ad un cardiologo o un radiologo, altresì non si può sostituire ad uno specialista in medicina fisiatrica. E’ impensabile proporre di consentire al medico di famiglia di ‘sorvolare’ la visita del paziente presso uno specialista in fisiatria, ed inviarlo direttamente alla terapia di riabilitazione dal fisioterapista”.

A stretto giro di lettera al direttore la presidente dell'ordine dei Fisioterapisti ribatte sul QS che "l’accesso diretto alle prestazioni fisioterapiche rappresenta una soluzione efficace per la gestione della lombalgia".  Il QS pubblica spesso lettere di infermieri che reclamano maggiori spazi di autonomia e compiti professionali che erodono quelli medici. Per parte loro gli infermieri non esitano a ricorrere al TAR contro gli sconfinamenti degli OSS nell'area dei loro compiti specifici. Recentemente è stato respinto il ricorso dei massiofisioterapisti che chiedevano l'annullamento del provvedimento Ministeriale che non accettava la  richiesta di essere considerati “professionisti sanitari” e non semplici “operatori sanitari”. In precedenza era stato bocciato il ricorso, sempre dei fisioterapisti, contro l’istituzione della professione sanitaria dell’osteopatia, mentre varie associazioni di categoria, dai biologi ai laboratori privati, avevano minacciato ricorsi contro la possibilità di eseguire esami nelle "farmacie di servizio" e recentemente per gestire la cronicità.

La leva culturale ed operativa per spostare gli equilibri giurisdizionali è la riproposizione della razionalità tecnica astratta e decontestualizzata, a base di protocolli, algoritmi, criteri generali, schemi cognitivi e procedure standardizzate che in teoria tutti possono indifferentemente applicare in modo automatizzato, in quanto garantiti "scientificamente": come ha affermato il professor Remuzzi “non è importante chi fa diagnosi e chi prescrive”. La motivazione di queste iniziative è spesso quella di allargare l'offerta di prestazione per soddisfare una domanda crescente e ridurre i tempi di attesa.

La principale arma di pressione su cui fare leva per allagare la giurisdizione è quella della competenza specialistica, che tende a prevalere su quella generalista a minore differenziazione, nell'impostazione e nella soluzione dei problemi. Ad esempio gli infermieri puntano sulle "competenze avanzate" e soprattutto sulle "competenze specialistiche" per allargare i confini professionali nel SSN, rivendicando la possibilità di prescrivere farmaci, accertamenti e di fare diagnosi, all'interno della cornice organizzativa del SSN, o con la legittimazione di aree di task shifting organizzativo, come la gestione infermieristica degli Ospedali di Comunità.

Sul libero mercato invece sono le professioni emergenti che fanno la differenza nelle dispute giurisdizionali, come accade con l'entrata sul mercato di osteopati, fisioterapisti, biologi nutrizionisti, optometristi etc.. che accerchiano la medicina di I livello per la sua delicata posizione di interfaccia tra SSN e mercato sanitario, indifferente ai criteri di appropriatezza delle prescrizioni. In palio c'è il business della domanda non coperta dall'offerta del SSN, che con la medicalizzazione della società diventa un fiume in piena e promette lauti introiti a chi utilizza tecniche di marketing sanitario per indurre la propria domanda.

In questo complicato scenario tensioni e aperti conflitti inter-professionali, per difendere o ampliare i confini giurisdizionali, convivono paradossalmente con la retorica sulla necessità di una maggiore integrazione e collaborazione multiprofessionale, spesso evocata nei documenti ministeriali quanto difficile da attuare in un contesto dominato dalla concorrenza, che non fa certo bene alla coesione e all'efficacia del sistema. È il mercato, bellezza...

Continua al link: https://curprim.blogspot.com/2024/08/la-guerriglia-giurisdizionale-tra.html 

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