martedì 30 luglio 2024

Dalla "prima" alla "seconda" PiC lombarda: l'evoluzione delle politiche regionali per la conicità

Preceduta dalle regole di sistema del SSR per il biennio 2023-2024 è stata varata la “seconda” Presa in Carico (PiC) della cronicità e fragilità in Lombardia, che modifica in modo sostanziale la “prima” PiC del 2017. Tre sono le semplificazioni introdotte dalla DGR 2755 del 15 luglio 2024 per raggiungere gli obiettivi minimi di PiC a livello di AFT (si veda il PS e per ulteriori dettagli cliccare sul link):

·    l’eliminazione della redazione del patto di cura;

·    l’eliminazione del processo di validazione dei PAI da parte delle ATS

·    la possibilità per i medici di aderire in forma singola, ovvero senza l’iscrizione ad una Coop, con la mediazione delle COT ed utilizzando la futura piattaforma regionale per la gestione della PiC.

 

Oltre a queste obiettive novità migliorative ve ne è una quarta, non esplicita ma più importante, attinente alla “filosofia” della PiC; si tratta del venir meno del paradigma di governance della prima riforma che ha ispirato informalmente le policy regionali a partire dai CreG del 2011, capostipiti della prima PiC. Per un quadro evolutivo esaurente bisogna fare un passo indietro di quasi 15 anni, vale a dire al severo giudizio sulla MG contenuto nelle premesse ai CReG, che esordivano con questa diagnosi dei problemi di gestione della cronicità sul territorio

..la realtà dei fatti ha mostrato che l’attuale organizzazione delle cure primarie manca, in termini complessivi, delle premesse contrattuali e delle competenze cliniche, gestionali ed amministrative richieste ad una organizzazione che sia in grado di garantire una reale presa in carico complessiva dei pazienti cronici al di fuori dell’ospedale.

 Sulla base di questa teoria causale sono state elaborate le policy regionali per la cronicità. Nel 2017 veniva archiviata la sperimentazione dei CReG, per risultati poco soddisfacenti, e per rimediare alle criticità evidenziate le politiche regionali aderivano in modo tacito al paradigma manageriale del quasi mercato amministrato, confidando nella concorrenza verticale tra I livello generalista e II livello specialistico per spostare il baricentro organizzativo delle cure dal territorio al nosocomio. 

La formalizzazione del ruolo chiave dei Gestori e dei Clinical Manager nosocomiali della PiC segnava una cesura nelle relazioni tra cure primarie e specialistiche e così dal 2018 le strutture di II livello scendevano in campo per arruolare i cronici in concorrenza con i medici convenzionati. Tale impostazione era implicitamente riconducibile ai principi del New Public Management (NPM), ovvero alla cosiddetta managed competition tra professionisti al fine di incrementarne efficienza ed efficacia delle cure in un quadro di empowerment e libera scelta del cittadino.

All’indomani delle prime DGR del 2017 i commenti degli addetti ai lavori prevedevano un impatto positivo della concorrenza verticale tra I e II livello per l’assistenza ai cronici mentre una minoranza evocava la possibilità di una privatizzazione strisciante a seguito dell’ingresso dei privati sul quasi mercato territoriale. Tra i commentatori ospitati dalla rivista bocconiana Mecosan il professor Zanchetti salutava l’ingresso dei Gestori a supporto di un malato cronico “privo o carente di un esperto o di una equipe di esperti che si prendano cura dell’insieme della sua salute” mentre il professor Remuzzi paventava il rischio che le strutture private potessero “valutare quali tipologie di pazienti scegliere, in base alla convenienza della tariffa”.

E’ curioso che nessuno degli autorevoli opinion leader prefigurasse le difficoltà di implementazione incontrate di lì a poco dalla PiC, in particolare per l’irrisorio numero di cronici arruolati dai Gestori privati. All’inizio del 2020, alla vigilia della tempesta pandemica, la conta dei pazienti dava il seguente esito: il 95% dei cronici aderiva alla PIC per iniziativa dei MMG in Coop e il restante 5% con la mediazione dei Gestori, nella stragrande maggioranza pubblici. A fare la differenza è stata la spinta gentile (nudge) del medico di famiglia che ha sfruttando l'architettura della scelta favorevole al mantenimento di un familiare status quo rispetto ai costi logistici e all’incertezza di un cambiamento radicale come la PiC ospedaliera da parte di un anonimo Clinical manger. Evidentemente i pazienti ritenevano di essere seguiti correttamente dal proprio medico.

Alla base dei deludenti esiti della “prima” PiC troviamo una governance che antepone la concorrenza verticale all’integrazione collaborativa tra comparti del SSR. Alla prova dei fatti la concorrenza verticale tra I e II livello non ha mantenuto le promesse per il contributo irrilevante dei Gestori nosocomiali, specie privati accreditati. Non è un caso, in quanto l’ipotesi di delegare la PiC alle logiche competitive del NPM confliggeva con due tendenze sistemiche in atto da tempo: da una parte la mission ospedaliera a farsi carico di interventi in acuto ad alta intensità tecnologica in una dimensione prestazionale e, dall’altra, quella naturale delle cure primarie a prendersi cura sul lungo periodo dei soggetti portatori di rischi asintomatici o polipatologie croniche, nella dimensione diacronica di prossimità e continuità relazionale, biopsicosociale e culturale.

La revisione della PiC del 2024 prende implicitamente atto di questa contraddizione e dei suoi esiti empirici: nella delibera manca ogni riferimento alla figura del Gestore e del Clinical manager, attori protagonisti della prima PiC alternativi al MMG. L’implicita messa da parte dei Gestori ospedalieri, con l’eccezione dei cornici “complessi”, certifica l’irrilevanza del quasi mercato a concorrenza verticale, che in modo tacito era stato introdotto con la prima riforma. Dopo 7 anni il declino della filosofia del NPM riporta quindi il baricentro organizzativo della cronicità sul territorio, ovvero nelle sedi in cui si realizzerà l’integrazione dei medici dell’assistenza primaria, singoli o associati in gruppo e AFT, con le COT, le Case e gli Ospedali di Comunità. 

P.S. Ogni AFT, in raccordo con le ASST di riferimento, dovrà raggiungere l’obiettivo della presa in carico di almeno il 15% di pazienti cronici sul totale del numero di assistiti cronici di competenza, garantendo un mix di complessità così definita:

  • 5% pazienti di livello di complessità I (con più di 3 patologie concomitanti);
  • 40% pazienti di livello di complessità II (con 2-3 patologie concomitanti);
  • 55% pazienti di livello di complessità III (monomorbidi)

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