Dal libro disponibile su Amazon: GUIDA AL PIANO NAZIONALE DELLA CRONICITA’
Dai fattori di rischio alle polipatologie croniche, una sfida organizzativa, educativa e culturale per l’assistenza primaria
La pandemia mondiale di cronicità impegna i sistemi sanitari su diversi fronti e coinvolge numerosi attori: l’organizzazione ospedaliera e quella territoriale, l’economia e la ricerca scientifica, i pazienti e le famiglie, i servizi sociali ed assistenziali, le comunità e gli enti locali, i professionisti e le loro associazioni, i decisori pubblici nazionali e regionali, gli erogatori accreditati, ecc. Così esordisce il Piano Nazionale della Cronicità (PNC):
La sfida alla cronicità è una sfida di sistema, che deve andare oltre i limiti delle diverse istituzioni, superare i confini tra servizi sanitari e sociali, promuovere l’integrazione tra differenti professionalità, attribuire una effettiva ed efficace centralità alla persona e al suo progetto di cura e di vita.
La gestione della Malattie Croniche Non Trasmissibili (MCNT) si differenzia da quelle acute perché in queste ultime è possibile isolare il problema biologico dalle altre dimensioni coinvolte nella condizione patologica, ad esempio con una soluzione chirurgica definitiva. Grazie alla separazione del paziente dal contesto di vita e alle risorse tecnologiche l’ospedale si fa pienamente carico dell’acuzie e porta a termine la sua mission grazie alla concentrazione spazio-temporale delle competenze professionali, alla differenziazione tecno-specialistica e all’organizzazione gerarchica “a catena di montaggio”.
Non è così per la cronicità. La separazione dall’ambiente di vita e lavoro e l’approccio specialistico non sono la regola ma l’eccezione: le patologie si sovrappongono e si influenzano reciprocamente, violando i confini disciplinari e la distinzione delle competenze; le MCNT sono a loro volta influenzate da condizioni socioeconomiche, ambientali e familiari, stili di vita e relazioni con i servizi, specie ai due estremi dello spettro che delimita il continuum compreso tra un singolo fattore di rischio isolato e la condizione di invalidità, non autosufficienza, fragilità e disabilità. Per questa differenza qualitativa la cronicità rompe schemi d’azione consolidati, mette indubbio routine di pensiero radicate, modelli decisionali standardizzati ed esige un “cambio di paradigma” che coinvolge gli attori professionali, assistiti, familiari ed organizzazione sanitaria.
L’alterità del profilo “fenomenologico” della cronicità, rispetto all’acuzie, reclama un cambiamento nel senso della complessità contrapposta al paradigma di semplificazione del modello biomedico meccanicistico. In modo schematico la sfida della cronicità attiene all’evoluzione da un approccio lineare, deterministico e riduzionistico - tipico dell’intervento tecnologico in acuto di matrice fordista – al quello multidimensionale dell’AP.
Tale sfida implica l’interazione tra sfera clinica, socio-assistenziale, educativa, culturale etc. che si realizza in una gestione orizzontale, aperta e non gerarchica dell’organizzazione a rete, dove i nodi sono i professionisti sanitari del territorio - ma anche le abitazioni dei pazienti e le strutture distrettuali - e i fili che li connettono le relazioni tra i diversi attori che si alternano alla cura sul lungo periodo delle MCNT. Va da sé che l’ospedale resta riferimento prioritario ogni volta che la condizione cronica va incontro ad una riacutizzazione, ad uno scompenso multiorgano, ad una complicazione o a un peggioramento funzionale etc. non più gestibili con le risorse del territorio.
Il MMG è coinvolto in prima persona nelle fasi estreme della storia naturale della condizione cronica per la sua collocazione spazio-temporale situata, in senso organizzativo e sociorelazionale, che viene definita territorio. Non è raro che il MMG accompagni un assistito lungo un decennale percorso clinico-assistenziale che esordisce con un fattore di rischio isolato ed esita dopo alterne vicende nella condizione di fragilità terminale. Ogni tappa della storia naturale ed individuale, unica e irripetibile nel caso delle polipatologie croniche, richiede un approccio clinico, culturale ed organizzativo appropriato allo stadio evolutivo.
La cronicità è per definizione un fenomeno sfaccettato che può essere rappresentato da diversi punti di osservazione e categorizzato in livelli che vedono l’AP territoriale come un crocevia di percorsi che si diramano e si intrecciano L’approccio interdisciplinare è la conseguenza dell’atteggiamento olistico adottato dai medici del territorio, non nel senso new age ed esoterico, ma di una visione che tiene conto delle inter-retroazioni tra livelli micro, meso e macro. La concettualizzazione e la valutazione del rischio, nell’incrocio tra visione individuale e di popolazione, è un esempio della necessità di ricorrere a diversi schemi interpretativi rispetto ai quali il sapere medico centrato sulla tradizionale triade - diagnosi, prognosi e terapia - che si rivela insufficiente a descrivere l’architettura delle scelte e delle policy sociosanitarie: si pensi, ad esempio, alla differenza tra diversi formati statistici dello stesso dato, alla comune avversione al rischio dei decisori “naturali”, alle euristiche/bias della valutazione probabilistica soggettiva, alla lettura deterministica della causalità stocastica, alla dicotomia tra scelte individuali e criteri di popolazione.
La multidimensionalità della condizione cronica si riverbera sulla gestione in Medicina Generale (MG), sulla rete territoriale e sulle relazioni tra i professionisti sanitari. Il PNC, in una fase di grande trasformazione per la medicina territoriale, offre alcuni strumenti idonei a migliorare la gestione delle MCNT, in sinergia con i cambiamenti introdotti dal PNRR e dal D.M. 77 nell’organizzazione della rete sociosanitaria territoriale. L’articolo propone una sintesi della prima fase del PNC, vale a dire la cornice epidemiologica e demografica che descrive e quantifica il fenomeno MCNT.
Obiettivi, criticità e revisione del PNC
Per coordinare la gestione delle patologie croniche nell’ottobre 2016 è stato varato il PNC (1) in risposta all’esigenza di armonizzare le politiche regionali, definendo una cornice culturale e normativa condivisa per promuovere un approccio unitario alla tutela delle persone affette da MCNT, riducendone il peso sull’individuo, sulla famiglia e sul contesto sociale. La medicina del territorio è chiamata in prima persona a rispondere alla sfida in quanto, come si legge nel PNC: “l’assistenza primaria rappresenta il punto centrale (hub) dei processi assistenziali con forti collegamenti con il resto del sistema, con un ruolo cardine svolto dal distretto” che “rappresenta l’ambito ove si valuta il fabbisogno e la domanda di salute della popolazione di riferimento rilevata dai professionisti, e riveste un ruolo di tutela e programmazione”.
Da allora le regioni hanno deliberato interventi locali che dovrebbero rientrare nella cornice degli elementi comuni ai modelli di Presa in Carico (PiC) dei soggetti cronici. Il PNRR e il D.M. 77 del 2022, con gli investimenti nelle strutture territoriali, può contribuire a rilanciare anche il PNC che la pandemia da COVID-19 ha rallentato. Il PNC assegna alle ragioni il compito di mettere in atto iniziative locali in sintonia con gli elementi comuni ai modelli regionali. Nel disegno del PNC è cruciale la funzione delle sedi fisiche di prossimità sul territorio per l’accesso e l’erogazione dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali rivolti alla popolazione di pazienti cronici.
L’obiettivo del PNC è quello di armonizzare a livello nazionale le attività sul territorio, definendo un disegno strategico comune per favorire interventi basati sulla unitarietà di approccio, centrati sulla persona, per una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza. Il fine di contribuire al miglioramento della tutela delle persone affette da MCNT, riducendone il peso sull’individuo, sulla famiglia e sul contesto sociale, migliorando la qualità di vita, rendendo più efficaci ed efficienti i servizi in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini.
Dall’approvazione del PNC del 2016 sono intervenuti numerosi cambiamenti, in particolare nell’ultimo lustro. È sorta quindi l’esigenza di una revisione della normativa che per alcuni versi appare superata – basti pensare all’impatto del D.M. 77 sulla governance del territorio - e sulla base di quanto è stato realizzato dalle regioni con i piani locali. A questo proposito l’Intergruppo parlamentare per la cronicità, dopo una ricognizione degli interventi messi in atto e dopo l’audizione degli stakeholders coinvolti, nel settembre 2022 ha prodotto un documento di analisi delle criticità, di seguito sintetizzate, a partire dal nodo dell’integrazione:
Il tema dell’integrazione e della continuità ospedale-territorio è un po’ il tallone d’Achille dei servizi sociosanitari territoriali e, di conseguenza, il mantra dei documenti ministeriali di politica e governance sanitaria ed anche il D.M. 77 ha fatto propria questa esigenza prioritaria. Nel testo dell’intergruppo parlamentare vengono analizzate le criticità e gli ostacoli che, a dispetto degli auspici e delle dichiarazioni di principio, si frappongono all’effettiva realizzazione dell’integrazione.
Dalle audizioni è emersa una criticità ricorrente ovvero la denuncia dello scollamento fra le varie componenti del Sistema salute, sia all’interno delle istituzioni sanitarie e non sia fra le varie istituzioni che hanno rapporti diretti o indiretti con la salute del cittadino e della comunità.
Per compensare tale scollamento servono interventi per formalizzare le necessarie azioni della cooperazione interistituzionale, comunitaria e interprofessionale, il favorire il lavoro comune, il condividere progetti, il definire obiettivi omogenei, per sviluppare tutto ciò che rientra nel quadro logico e metodologico di un più ampio, strutturato, incisivo e multiforme macro-processo di integrazione nelle sue varie espressioni organizzative, gestionali, operative, tecnologiche, professionali e istituzionali.
Tuttavia nella storia professionale di molti operatori sanitari e sociosanitari la volontà e la capacità di integrazione non è del tutto presente per cui è necessario un grande sforzo, soprattutto culturale, finalizzato a superare il retaggio storico del settorialismo.
In particolare per quanto riguarda l’integrazione ospedale territorio sarebbe utile:
- individuare e formalizzare strumenti e procedure per favorire il rapporto tra i medici/altre professioni sanitarie del territorio e i medici/altre professioni sanitarie ospedaliere al momento del ricovero, durante la degenza e in vista o al momento della dimissione e attivare, previa una valutazione multidimensionale e multiprofessionale in vista della dimissione eventuali soluzioni necessarie dopo la dimissione, al fine di;
- strutturare servizi orientati alle “dimissioni protette”, intesi come funzioni multiprofessionali con competenze nella valutazione multidimensionale e nel “case management” (modelli di PiC, afferenti alla riabilitazione, alle degenze di comunità, ai percorsi assistenziali per la terminalità, alla istituzionalizzazione, ai servizi residenziali socio-sanitari);
- incrementare “protocolli di integrazione” che si sviluppano fin dalle dimissioni ospedaliere, coinvolgendo altri setting, quali: cure domiciliari di acuzie/post acuzie, cure palliative, RSA, lungodegenze, assistenze domiciliari, ecc.
Il documento prosegue indicando le soluzioni che devono essere implementate adesso e nel futuro – sul territorio nazionale - e di cui si cercherà di evidenziare le ragioni che sono la base fondamentale per determinare un cambiamento e si proporranno alcuni elementi costitutivi, presenti in esperienze già mature, o in fase avanzata di sperimentazione che ne rendono, possibile la realizzazione e la replicabilità in ogni contesto regionale.
In questa cornice dovrebbero essere ricondotti i processi di integrazione, connessi al D.M. 77, riguardanti:
- le reti clinico-assistenziali sociosanitarie;
- i percorsi di PiC e continuità assistenziale;
- le forme della integrazione sociosanitaria;
- la strutturazione di modalità di cooperazione organica con le risorse del volontariato di “prossimità”.
Contenuti e struttura del PNC 2025
Nel 2024 si è concluso l’aggiornamento del PNC del 2016 con la revisione di alcune fasi del processo e l’introduzione di tre nuove patologie ad integrazione dell’elenco del 2016.
Il PNC 2025 si articola in 4 sezioni.
La prima parte generale è dedicata agli aspetti epidemiologici, demografici e ai costi.
La seconda sezione descrive nei dettagli il macro-processo di gestione della persona con cronicità, suddiviso in 5 fasi, che vengono proposte in apertura dei rispettivi capitoli del libro:
- FASE I: stratificazione e targeting della popolazione;
- FASE II: promozione della salute, prevenzione e diagnosi precoce;
- FASE III: presa in carico e gestione del paziente attraverso il piano di cura;
- FASE IV: erogazione di interventi personalizzati attraverso il coinvolgimento del paziente e caregiver nel piano di cura;
- FASE V: monitoraggio e valutazione della qualità delle cure.
La terza parte descrive gli aspetti trasversali dell’assistenza alla cronicità:
- integrazione sociosanitaria;
- sanità digitale;
- umanizzazione delle cure;
- ruolo delle associazioni di tutela;
- il ruolo delle farmacie;
- sanità d’iniziativa ed empowerment;
- la cronicità in età evolutiva;
- il monitoraggio del piano.
L’ultima sezione comprende tre schede dedicate ad altrettante patologie, che si aggiungono a quelle della versione 2016:
- obesità;
- epilessia;
- endometriosi.
Nel PNC del 2016 questa sezione comprendeva le principali MCNT dell’adulto: malattie renali croniche e insufficienza renale, artrite reumatoide, rettocolite ulcerosa e malattia di Crohn, insufficienza cardiaca (scompenso cardiaco), malattia di Parkinson e parkinsonismi, BPCO e insufficienza respiratoria cronica.