venerdì 19 maggio 2023

Davvero non è cambiato nulla negli ultimi 30 anni in MG (I parte)?


Negli ultimi 30 anni il SSN ha subito una irreversibile evoluzione sotto la spinta della transizione epidemiologica, della crisi finanziaria pubblica a vantaggio del marketing e della differenziazione organizzativa in risposta alle crescenti richieste ambientali. L’impatto è stato nel segno del disallineamento tra ospedale e territorio, che si è manifesta in diverse dimensioni così schematizzabili:
  • Professionale, tra approccio interventista in situazioni di crisi, da un lato, versus accompagnamento di persone alle prese con i cambiamenti del ciclo di vita biologico, psicologico, culturale e sociale;
  • Organizzativo, accesso selettivo al “nucleo tecnico” ospedaliero di matrice fordista, a tipo “catena di montaggio”, versus accessibilità alla rete sociosanitaria territoriale di prossimità alla famiglia e alla comunità;
  • Normativo, rapporto di lavoro subordinato e gerarchico versus lavoro autonomo parasubordinato, basato su fiducia, continuità relazionale e libertà di scelta;
  • Clinico, visione specialistica riduzionistica, centrata sulla malattia acuta e sulla tecnologia in una logica prestazionale versus presa in carico relazione continuativa per un approccio “olistico” al portatore di fattori rischio o patologie conclamate, fino alla multimorbilità, fragilità e complessità.
Questa “drammatica” divergenza si traduce in dissonanza tra identità, riferimenti culturali, pratiche situate, schemi valutativi e decisionali, dinamiche relazionali e di potere tra attori professionali di I e II livello. Il disallineamento si concretizza in una triplice morsa che soffoca il medico del territorio, quotidianamente alle prese con paradossi e doppi legami sociali ed organizzativi:
  • l’apparato burocratico del SSN prende di mira il terminale della filiera sanitaria, anello debole e squalificato dal lascito mutualistico del prof. Tersili, che ricopre l'incomodo ruolo di parafulmine, assieme al PS, su cui convergono i limiti e le false promesse di una “medicina impossibile”, in contrasto con le crescenti aspettative della gente;
  • da parte sua l’apparato industriale in sintonia con l’establishment accademico, politico e con la medicina difensiva libero-professionale rilancia in continuazione le attese di efficacia a 360°, all’insegna della parola d’ordine “sempre di più”, a fronte di bilanci pubblici risicati e in costante sofferenza che remano in direzione opposta;
  • l’utente ha subito allo stesso tempo una mutazione antropologica, anticipata all’inizio del secolo dal prof. Cavicchi, divenendo da paziente, reverente e collaborativo ad esigente, pretenzioso e rivendicativo fino all’aggressività verbale se non peggio, rivolta in primis alle colleghe, con buona pace della retorica sull’empatia e sull’alleanza terapeutica, di chi non ha esperienza sul campo del setting territoriale.

In un contesto a dir poco turbolento, aggravato dalla crisi economica e sociale, spicca il macroscopico ritardo nel rinnovo dell’ACN, latitante ormai da 15 anni, al pari del disinteresse della controparte per la riforma Balduzzi relegata in un cassetto per un decennio, non certo per volontà di un sindacalismo "corporativo" ad essa favorevole. Nella gestione della cronicità la divaricazione tra ospedale e territorio è divenuta un’emergenza e un impari sfida quotidiana per la MG. L'accanimento burocratico-regolatorio della medicina amministrata si concentra sull’atto prescrittivo, in particolare farmacologico, e con i Piani Terepuetici delle ultime “famigerate” Note Aifa – copyright dell’ex ministro prof. Veronesi - è fonte di tensioeni tra generalisti, pazienti e specialisti.

Al cospetto di questo scenario “catastrofico” qual è la ricetta di Polillo? Una formazione prevalentemente ospedaliera, a dispetto delle indicazioni comunitare sulla formazione specifica in MG, per trasformare lo studio del MMG in un mini PS, dove oltre alla gestioine della cronicità e della patologia acuta ordinaria si diagnosticano sindromi coronariche acute e si curano aritmie parossistiche, magari pure a domicilio con elevato rischio medico-legale; la soluzione sta nel trasferire al territorio i compiti clinici di una medicina interna che non esiste più nemmeno in ospedale, dove prevale la segmentazione delle competenze, la delega al super specialista e il sistematico ricorso alla tecnologia per motivazioni difensive.

La sproporzione tra soluzione semplice e problemi di palese complessità è condensata nell’aggettivo “anacronistico”, utilizzato dalla collega Mancin per commentare la comparazione tra la MG odierna e quella di tempi passati, che giustifica l’inemendabile dichiarazione di incompetenza del "medico di base".

La “crisi della medicina territoriale”Dalla pandemia alla gestione della cronicità tra rischio di declino ed opportunità di rinnovamento è il titolo del libro uscito all’inizio dell’anno, per le edizioni Book Sprint, in cui ho tentato di analizzare e sviluppare i temi sopra accennati.

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