mercoledì 30 agosto 2023

Il rumore in medicina generale: fisiologia e patologia

Il principale problema della MG italiana è il suo "rumore", come titola il libro di Khaneman & Soci, ovvero l'eccessiva variabilità/disomogeneità dell'assistenza primaria sul territorio, che affligge storicamente la categoria a partire dal lascito "mutualistico". In modo schematico il rumore da eccessiva variabilità organizzativa è di due tipi
  • fisiologico, in rapporto alla diversificazione dei contesti demografici, orografici e logistici, culturali e socioeconomici locali, che fanno del nostro paese un unicum a cui i singoli medici si devono adattare, specie nei piccoli comuni e in zone disagiate (non è sempre possibile per motivi oggettivi organizzare un medicina di gruppo o una Casa della Comunità per una popolazione dispersa)
  • patologico, collegato all'eccesso di individualismo, in certi contesti ancora venato di paternalismo e di clientelismo vecchio stampo, e alla disomogeneità dell'offerta che caratterizza la MG, per via della scelta/revoca, dell'eccessiva concorrenzialità interna, della mancanza di standard minimi e di anomala personalizzazione dell'assistenza (che peraltro viene retoricamente promossa da una ventina di anni a questa parte assieme all'empatia).
Gli sforzi devono essere indirizzati a ridurre il rumore patologico, incentivando il più possibile l'aggregazione fisica e funzionale dei medici dispersi sul territorio, obiettivi che si proponeva la riforma Balduzzi del 2012, con la creazione di UCCP e AFT, purtroppo rimasta lettera morta per un decennio per il disinteresse della parte pubblica.
 
Su UCCP e AFT la MG sconta un ritardo per il disinteresse decennale dei sindacati maggioritari e di alcune amministrazioni, che non hanno applicato la legge evitando di investire su un territorio abbandonato a se stesso come nel caso lombardo. I sindacati sono sempre stati preoccupati di distribuire a pioggia le scarse risorse - come l'indennità di Governo Clinico - senza preoccuparsi della valutazione della qualità e delle performances, con un appiattimento professionale che ha impedito l'innovazione gestionale e la cooperazione, ad esempio nell'applicazione condivisa dei PDTA documentata con indicatori specifici di processo ed esito per rendere conto della quantità e qualità del lavoro svolto.
 
Fino a quando si è dovuto fare i conti con lo shock del Covid-19 che ha indotto alcuni cambiamenti e contribuito a ridurre il rumore patologico. Non a caso dopo il disastro della prima ondata nell'autunno del 2020 in Lombardia sono stati attivati i CRT, per migliorare il coordinamento del territorio, che in seguito sono finalmente evoluti nelle AFT. Sempre per effetto della pandemia è stato varato il PNRR, che riempie il vuoto decennale delle policy in alcune regioni, ovvero con Case della Comunità hub buone per le grandi città ma che lasceranno scoperte le aree interne con popolazione sparsa; invece le UCCP, di cui però non vi è traaccia nel DM77, potrebbero svolgere il ruolo di Case Spoke, malauguratamente non finanziate nonostante l'esempio delle case della salute Emiliano Romagnole a tre tipologie, piccole, medie e grandi. 

Anche sul tema cronicità, PDTA, peer-audit, accountability, benchlearning etc.. si può fare riferimento a diverse esperienze locali come quella di Governo Clinico promossa a partire dal 2005 e fino al 2028 l'esperienza di Governo Clinico dell'ATS (da ora GC), coinvolgendo l'80% dei 700 MMG di una provincia con 1,25 milioni di abitanti sui PDTA di ipertensione, diabete, BPCO, scompenso cardiaco.

L'iniziativa ha interessato centinaia di migliaia di pazienti cronici, con scarse risorse, superando l'ostilità dei sindacati regionali e il disinteresse della regione che ha chiuso il progetto per fare spazio alla fallimentare PiC, a cui ho dedicato vari articoli di analisi critica e comparata rispetto al GC, l'ultimo dei quali uscirà in autunno sulla rivista dell'Istituto Nazionale di Analisi delle Politiche Pubbliche. In estrema sintesi il GC è stato un esperimento di AFT ante litteram, basato sullo spirito e sui principi formativi e sociali delle Comunità di Pratica, in un'ottica di professionalismo organizzativo o comunitario per ovviare ai limiti del professionalismo classico e rispondere alla sfida del New Public Management.
 
In provincia di Brescia hanno aderito al GC 500 MMG su 700 che hanno reso conto del loro lavoro con l'invio periodico di report contenenti decine di indicatori di processo ed esito relativi ai PDTA attivati, senza bisogno di cambiare lo status giuridico. Gli obiettivi sono stati discussi e condivisi con le rappresentanze sindacali e professionali della categoria ed implementati con una formazione in piccoli gruppi a tappeto sull'utilizzo delle codifiche informatiche e sull'applicazione dei PDTA. Si è trattato di un tipico intervento di Governace dei processi clinico-assistenziale in cui si sono combinate logiche top-dow con una iniziativa dal basso di promozione e coltivazione della Comunità di pratica, senza la quale il progetto avrebbe fatto una misera fine, come quella della PiC calata dall'alto senza un condivisione con la rete assistenziale. Al link l'ultimo report del 2017, mentre i precedenti sono tutti scaricabili dal sito ATS di BS: http://curprim.blogspot.com/2018/12/e-stato-pubblicato-dallats-di-brescia.html

Bisogna mettere in campo formazione di qualità tra pari, risorse ed incentivi adeguati per promuovere la valutazione continua della qualità professionale, che è anche un modo indiretto per rafforzare l'identità e la legittimità della categoria. Invece nel biennio 2020-2021 è andata in onda la campagna di delegittimazione mediatica a base di pregiudizi ideologici, generalizzazioni aneddotiche e bias cognitivi di vario genere, del tipo "sono libero-professionisti corporativi, che lavorano poche ore al giorno da burocrati, non rispondono al telefono, non fanno visite domiciliari ma solo i propri comodi" (affermazioni che possono valere per una coda della gaussiana, specie nelle realtà metropolitane come quella milanese, ma non per tutta la curva). 
 
Ora resta da capire come sia possibile che con un profilo così appetitoso a Milano abbiano presentato domande solo 48 candidati al bando per reclutarne 424 nell'intera ATS, pari al 10 per cento dei posti disponibili, e che molti posti del Corso non vengano assegnati. Secondo i sindacati "Il problema è che il nostro lavoro non vuole più farlo nessuno". Non è strano con tutti quei privilegi castali? Come si spiega questo paradosso?
 
Per una questione organizzativa e di costo-opportunità bisogna prima di tutto tener conto della prevalenza delle patologie croniche, dell'incidenza di quelle acute e della prevalenza life-time di molte altre per poter ipotizzare l'opportunità e l'appropriatezza dell'utilizzo della tecnologia in MG: la gestione dei rischi e delle patologie croniche ad alta prevalenza, delle infezioni comuni a livello respiratorio urinario ed intestinale e della patologia ortopedica e psichiatrica minore rappresentano oltre il 80% del lavoro sul territorio.

Può il MMG medio, magari solitario e con 1800 assistiti, avere l'occasione di farsi una solida esperienza nell'uso di queste tecnologie senza eccessivi rischi medico-legali e soprattutto quanto tempo potrà dedicare a questi esami in una giornata di lavoro, specie nei picchi influenzali invernali. Non si sta chiedendo forse un po' troppo ad una categoria che nel contempo viene squalificata, delegittimata a mezzo stampa ed oberata di una inutile burocrazia? L'alternativa è il teleconsulto specialistico più adatto, completo e accessible, come quello cardiologo + ECG che ho avuto modo di sperimentare una decina di anni fa.

Il rapporto di dipendenza ve benissimo in un contesto istituzionale di tipo gerarchico-burocratico ma meno in organizzazioni a legame debole, come la rete sociosanitaria territoriale che ha le caratteristiche dei corpi intermedi tra società e apparato statale, con la funzione di mediazione tra le due entità, e che richiede quei margini di discrezionalità e autonomia organizzativa per un buon adattamento al contesto, fatto salvo l'obiettivo di ridurre l'eccessivo rumore e disomogeneità gestionale che caratterizza l'attuale medicina generale. Se la dipendenza non è una garanzia per il funzionamento di una organizzazione a legame forte figuriamoci quanto può funzionare in un territorio così diversificato, turbolento e ingovernabile. 

Scrive in proposito il sociologo dell'organizzazione Stefano Zan: “Il sistema dei medici di base è un sistema a legame debole perché i singoli medici sono unità organizzative di base, sono autonomi, non sono condizionati da interdipendenze gerarchiche e solo in parte da interdipendenze tecnologiche. Viceversa i medici ospedalieri e gli ospedali in generale sono sistemi a legame tendenzialmente rigido, perché la cura del paziente 24 ore su 24 è garantita da una serie di interdipendenze tecnologiche (diagnostica, cura, ricovero, trattamento farmaceutico, alimentazione ecc.) strettamente connesse, nonché dalla presenza di precisi sistemi gerarchici (primario, aiuto, assistente)”.

Per quanto riguarda le risposte adeguate, tempestive e attente ai bisogni basterebbe eliminare un 50% della opprimente burocrazia che affligge il lavoro, dovuta al fatto che veniamo considerati dalla controparte poco più che impiegati esecutivi ligi agli ordini burocratici e trascrittori delle prescrizioni indotte dagli specialisti privati, in modo spesso autoreferenziale, opportunistico e di dubbia appropriatezza, pena la ricusazione in caso di negazione dell'esame suggerito.

I cambiamenti sociali ed organizzativi sono il frutto di interventi coordinati e articolati di lungo periodo, prima di tutto formativi e socio-comunitari, e le scorciatoie ideologiche ed ontologiche al cambiamento, come il passaggio alla dipendenza, sono semplificazioni di problemi tremendamente complessi. Tre sono le condizioni per un progetto di cambiamento organizzativo dal basso
  • l'ascolto e la considerazione di coloro che devono affrontare i problemi sul campo con una razionalità limitata e contestuale
  • la promozione della cooperazione tra chi condivide lo stesso sapere pratico situato per favorire la condivisione dell'innovazione
  • liberando energie, risorse e intelligenze presenti nel sistema organizzativo ma che sono il più delle volte schiacciate dalla gabbia d'acciaio della burocratica.
Saranno se mai i tempi lunghi della specializzazione, superando i limiti del Corso regionale, a colmare il gap ultradecennale della MG italiana rispetto a quella continentale, per il disinteresse della controparte. Peraltro i colleghi diplomati nell'ultimo decennio dal Corso, per la mia esperienza di tutor, sono spesso preparati e motivati ma rischiano di venire tarpati dalle condizioni di lavoro.

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