La situazione della pandemia rispetto a marzo è cambiata per tanti motivi e quindi anche l’approccio diagnostico-gestionale deve evolvere per adattarsi al nuovo contesto epidemiologico: basta considerare i tempi e la quantità di tamponi processati giornalmente, che sono passati da poche decine di migliaia ad oltre 100 mila, grazie ai quali si è scoperta la galassia dei positivi asintomatici che rappresenta i 2/3 di tutti i positivi quotidiani. Allora la diagnosi fu condizionata dei criteri “geografici” per cui il cao 1 fu sospettato e diagnosticato non grazie alle indicazioni ministeriali, ma contravvendo le regole ufficiali, ovvero violando le linee guida ministeriali che dettavano le condizioni per consentire/escludere la prescrizione del tampone.
Nel gergo della psicologia cognitiva l’euristica della disponibilità/evocabilità del sospetto diagnostico era vincolata dal primo decreto ministeriale, successivamente modificato in senso meno restrittivo e più aderente alla clinica, ma che cmq vietava al MMG di prescrivere il tampone spingendo la gente in PS. Tant’è che molte diagnosi e denunce di malattia sul territorio sono state fatte senza la conferma del test molecolare, specie dopo la fine dell’epidemia influenzale che ha fatto schizzare in alto la probabilità a priori di una malattia da Covid-19, senza necessità di conferma del tampone (in particolare nelle aree ad elevata prevalenza ed in presenza di sintomi aspecifici di virosi respiratoria, a parte la specificità di anosmia/parosmia o ageusia).
Oggi il contesto epidemiologio, diagnostico e clinico è cambiato in modo considerevole - basti pensare che i positivi sono meno del 2 per cento dei tamponi quotidiani - e cambierà ancora di più con l’arrivo delle virosi respiratorie autunnali prima e con l’epidemia influenzale invernale dopo, che portano in primo piano il problema della diagnosi clinica differenziale rispetto al Covid-19. A differenza delle prime settimane di febbraio/marzo l’euristica della evocabilità scatterà in automatico per tutte le sindromi febbrili delle via aeree ed anche per le virosi intestinali, tanto da richiedere necessariamente il tampone per dirimere il dilemma diagnostico eziologico. Quindi saranno necessari test molecolari con grande disponibilità per risolvere tutti i dubbi, specie a livello pediatrico e tra i giovani adulti in età scolare o lavorativa.
Ovviamente con i tempi e le modalità burocratiche delle attuali procedure, specie in alcune regioni, che richiedono anche una settimana per essere portate a termine, si rischia il caos scolastico e di generare inutile e controproducente allarmismo tra le famiglie. Inoltre ha poco senso denunciare come sospetta malattia da Covid-19, quello che appare un semplice raffreddore o una banale gastroenterite, tanto da fare scattare con l'eventuale denuncia le misure di contenimento e tracciamento che potrebbero sovraccaricare fino alla paralisi tutto il sistema per un eccesso di domanda (e di probabili falsi negativi).
Come uscire da questa prevedibile impasse? Due sono le condizioni:
1-poter contare su una grande offerta di tamponi prescrivibili sul territorio e con esiti in tempi rapidi (24-48 ore) senza le attuali procedure farraginose, tramite la semplice prescrizione dematerializzata del MMG, da eseguire nella rete capillare dei car Covid, dalle USCA o come si ventila negli stessi studi di MG (queste ultime due ipotesi sono a mio avviso poco praticabili per questioni logistiche, organizzative e legali).
2-procedere alla denuncia di malattia da Covid-19 solo DOPO l’eventuale esito positivo del tampone e non come ora sulla base del sospetto contagio, che metterebbe in moto tutto l’apparato dei servizi di igiene a sanità pubblica, in molti casi del tutto inutilmente e in modo inappropriato per l'effetto dell'euristica di disponibilità.
La seconda condizione è drasticamente subordinata alla prima, ovvero alla combinazione tra ipotesi diagnostica clinica e conferma eziologica che, solo dopo l’esito del test, farebbe scattare la procedura formale-legale di denuncia. In altri termini si tratta di invertire le priorità, che hanno visto penalizzata la clinica per una gestione prevalentemente epidemiologica e “burocratico-amministrativa”, come quella della prime settimane di marzo, che ha avuto la sua massima espressione nella preclusione della prescrizione del tampone sul territorio.
Si riuscirà in poche settimane, prima del prevedibile caos autunnale nelle scuole, a modificare l’ordine delle priorità pratiche e burocratiche? Purtroppo lo dubito, conoscendo le rigidità delle burocrazie ministeriali e la distanza del CTS dalle pratiche sul campo…
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