venerdì 5 gennaio 2024

Come contenere i codici bianchi in PS? La difficile gestione dell'incertezza, dalle case della comunità ai CAU

Il MMG secondo la vulgata mediatica sarebbe responsabile del 50% di codici bianchi afferenti al PS, che non gestisce in prima persona e che di conseguenza affollano le sale d’attesa. In realtà nei 3/4 dei casi i codici minori si auto presentano in PS senza la preventiva consultazione del medico curante e non è certo possibile impedire che lo facciano di propria iniziativa.


L’attribuzione del codice cromatico avviene al termine dell’iter in PS con la valutazione finale del medico, il quale in oltre la metà dei casi prescrive accertamenti diagnostici e visite specialistiche che prolungano di ore la permanenza, stipando la sala d'attesa e rallentando il turn over degli accessi.

In verità ci sarebbe un modo, apparentemente semplice, per abbattere in modo significativo i tempi di attesa: basterebbe che il medico del PS adottasse le stesse modalità di gestione del problema utilizzate abitualmente dal medico sul territorio “a mani nude”, ovvero una valutazione basata su anamnesi ed esame obiettivo senza la possibilità di ricorrere alla tecnologia diagnostica e a consulenze specialistiche “in tempo reale”.

Se ad esempio venisse dimezzato quel 50% di pazienti che eseguono in PS esami ematici, accertamenti per immagine e/o visite specialistiche si avrebbe una riduzione significativa del sovraffollamento ed un più celere turn-over degli accessi, a tutto vantaggio dei casi più problematici. Perché non accade ciò? Perché in PS si adotta un comportamento diverso da quello che viene rimproverato ai generalisti, i quali dovrebbero risolvere sul territoriale il problema dei codici bianchi senza le risorse organizzative disponibili ed utilizzate di routine nella struttura? 

Cosa impedisce di adottare nel nosocomio il metodo clinico utilizzato in sede extra ospedaliera per alleggerire il sovraffollamento, a parte il ricorso a prescrizioni diagnostiche a scopo difensivo. A fare la differenza è la disponibilità della tecnologia e delle consulenze specialistiche che consente di ridurre l’incertezza, quella che caratterizza il contesto organizzativo delle cure primarie e che in quello ospedaliero diviene intollerabile per il singolo professionista e ingestibile per tutta la filiera senza il ricorso alle risorse tecno-specialistiche prontamente disponibili per minimizzare il richio.

Ma anche sul versante organizzativo non mancano i problemi, a partire dalla ristrutturazione della rete sociosanitaria territoriale promossa dal PNRR e dal DM 77 che nelle intenzioni doveva costituire un'alternativa al PS per intercettare sul territorio i codici minori prima dell'auto-presentazione.

Le CdC potranno fornire un contributo al contenimento degli accessi inappropriati al PS ma non nelle proporzioni che adombra il dossier inviato a Bruxelles. Le schede del PNRR infatti prevedono una riduzione dei codici minori bianco/verdi rispettivamente del 90% e 60%, con un consistente risparmio di risorse destinato a finanziare in parte la realizzazione della CdC. Queste percentuali, rapportate al numero complessivo dell'attività dei PS, comporterebbero un calo di quasi il 60% di tutti gli accessi, cifra poco realistica e di difficile concretizzazione nel breve periodo.

In questo campo il punto di paragone per valutare le potenzialità delle future CdC resta l’esperienza decennale della più fitta rete sociosanitaria regionale, ovvero le 130 Case della Salute (CdS) emiliano romagnole. Una ricerca del 2020 ha valutato l’impatto delle CdS sugli accessi in PS, documentando una riduzione del 16,1%, più consistente tra i pazienti assistiti da MMG che svolgono la loro attività all’interno della Case della comunità (-25,7%) e con un effetto minimo sui ricoveri per diabete, scompenso cardiaco, BPCO, polmonite batterica. 

Queste percentuali sono ben lontane da quelle ipotizzate nelle schede di programma inviate a Bruxelles. Anche perché nel frattempo le iniziali 1400 CdC previste dal DM77 – 1 ogni 45-50 mila abitanti - si sono ridotte di 1/3 scendendo a 936 a seguito della rimodulazione del PNRR del luglio 2023, con un rapporto che sale a 1 ogni 63mila abitanti circa.

Ma c'è di più. Ci si potrebbe aspettare che le ingenti risorse del PNRR in arrivo in Emilia venissero utilizzate per estendere ulteriormente la rete delle CdS, anche in funzione di un maggiore contenimento dei codici minori. Invece la strategia regionale ha scelto tutt'altra strada, vale a dire l'implementazione su tutto il territorio della rete dei CAU, distinta e alternativa a quella della CdC. 

Quale più evidente ed empirica dimostrazione, seppur indiretta, della scarsa efficacia della rete organizzativa generalista nell'intercettare i codici minori sul territorio in alternativa al PS? Anche in questo caso a fare la differenza è la dotazione tecnologica disponibile H24 nei CAU, per ridurre l'incertezza e il rischio clinico, a differenza di quanto possono offrire le CdC. (al link la I parte)

Per approfondimenti si veda anche: 

Nessun commento:

Posta un commento