In poche ore ha raccolto oltre 40000 adesioni una petizione, apparsa
in rete su un sito dedicato ad appelli pubblici, rivolta alla ministra della
salute per “introdurre una PET preventiva ogni tot anni” con l'obiettivo di una diagnosi precoce dei tumori (https://tinyurl.com/y7j2wdzk ).
L’appello si riferisce, con toni sofferti ed emotivi, ad una dolorosa
vicenda familiare che in quanto tale va rispettata e compresa, ma nel contempo
richiede alcune doverose precisazioni “tecniche” per non ingenerare speranze ed
aspettative poco realistiche se non controproducenti, rispetto agli intenti
dell’iniziativa e dei firmatari.
I nuovi casi di tumore non sono, a differenza di quanto
si legge nell’appello, “un'epidemia, più frequente
dell'influenza”, ma assai meno numerosi rispetto alle comuni sindromi
influenzali; ad esempio un medico di famiglia con 1500 assistiti diagnostica in media 1-2 forme
tumorali al mese, mentre le virosi respiratori sono di riscontro quotidiano e
durante il periodo invernale possono arrivare a decine di casi al giorno.
Gli esami di screening per la diagnosi precoce sono rivolti a
specifiche forme tumorali e solo ad alcune fasce di assistiti, ad esempio la
mammografia biennale nelle donne dopo i 45 anni o il sangue occulto nelle feci
a tutti gli ultra 50enni. Inoltre il test di screening deve avere alcune
caratteristiche per essere adottato ed applicato all’intera popolazione: sicuro,
accettabile, in grado di modificare il decorso della malattia, affidabilità diagnostica, semplicità di esecuzione ed
interpretazione, ampia diffusione sul territorio (laboratori e radiologie),
organizzazione appropriata e costi contenuti etc..
Ad esempio da anni si discute sull’opportunità di eseguire il
test del PSA, un semplice esame del sangue, tra i maschi ulta50enni per diagnosticare precocemente il tumore della prostata. Ad oggi mancano ancora ricerche svolte su
vaste popolazioni che dimostrino la validità di questo semplice esame nella
diagnosi e soprattutto per la riduzione della mortalità del tumore alla
prostata.
La PET non è un esame di primo livello nella diagnostica tumori, non è
rivolto ad una specifica forma oncologica e per giunta esistono diverse
tipologie di tomoscintigrafia ad emissione di positroni, da quella mirata al
singolo organo a quella per tutto il corpo. Inoltre è presente solo in ospedali
di grandi dimensioni, comporta una dose considerevole di radiazioni e qualche rischio di
effetti collaterali; si tratta di un esame complesso che richiede non poco tempo,
un’organizzazione adeguata e costosa. In base a queste ed altre
considerazioni, di ordine generale e tecnico, è assai improbabile che la PET
possa essere proposta come esame di screening per i tumori in genere e soprattutto
su vasta scala. Buone prospettive invece sono riposte nella cosiddetta biopsia liquida, ovvero il dosaggio di alcuni sostanze prodotte dal tumore e presenti nel sangue circolante.
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