Nei prossimi mesi oltre 3 milioni di lombardi, affetti da
una o più patologie o fattori di rischio, saranno chiamati ad una scelta
cruciale: aderire o meno alla proposta di Presa in Carico (PiC) della loro
condizione cronica da parte di un gestore, pubblico o privato. L’offerta sarà
contenuta in una lettera inviata dalla Regione tra la fine dell’anno e i primi
mesi del 2018.
Si profila quindi una sorta di esperimento naturale, una
specie di ricerca empirica sulle scelte di milioni di cittadini, che sarà
certamente oggetto di studio da parte degli studiosi di psicologia ed economia comportamentale. Perché, come tutte le scelte importanti per la salute che si
compiono una tantum, l’adesione o meno alla presa in carico è gravata da
incognite ed esiti non prevedibili.
Proprio allo studio delle decisioni in condizioni di
incertezza si è dedicato l’economista comportamentale Richard Thaler, fresco
vincitore del premio Nobel per i suoi studi sul euristiche e bias decisionali della
gente di fronte a problemi di vari natura. La teoria della “spinta gentile”
(Nudge*) è una nuova strategia, definita anche paternalismo libertario, che
intende promuovere scelte razionali, finalizzate a massimizzare il benessere in
fatto di denaro, salute, felicità etc. senza forzare od obbligare il decisore.
1-Il rimpianto.“Chi
lascia la via vecchia per la nuova……”. La proverbiale saggezza popolare aveva
visto giusto, mettendo in guardia il decisore dal rischio del rimpianto, in
agguato dietro l’angolo del cambiamento, anche quando desiderabile. Infatti
secondo Thaler “quando si perde qualcosa si prova un’infelicità due volte
maggiore della felicità che si ottiene guadagnando quella stessa cosa”.
L’avversione alle perdite agisce come una sorta di “pungolo cognitivo” e
produce inerzia, ovvero l'attaccamento a ciò che già si possiede o si
conosce e la contrarietà al rischio.
2-Lo status quo. ”….sa
cosa perde ma non cosa trova”. Per via del rimpianto, ma anche per le influenze
del gruppo sociale, gli uomini sono portati ad un certo conservatorismo, sia
individuale che collettivo: si tratta del fenomeno definito dagli psicologi
comportamentali “distorsione verso lo status quo”, che porta le persone a
prediligere le situazioni già sperimentate ed abitudinarie, piuttosto che
accettare le novità e di correre qualche rischio. Il bias dello status quo viene rafforzato dal cosiddetto home bias, ovverosia la tendenza sistematica a prestare attenzione ciò che conosciamo meglio. Entrambi interessano in particolare le persone anziane, per loro natura poco propense ai cambiamenti se non apertamente diffidenti, come sanno per esperienza i medici pratici.
3-L’effetto framing.
Le modalità di presentazione di una decisione influenzano l’esito della
decisione stessa, talvolta in modo per così dire subliminale. E’ quella che
Thaler definisce l’“architettura della scelta”, capace in alcune circostanze di
fare da pungolo per spingere il decisore verso una certa direzione e in grado, a
torto o a ragione, di migliorare il suo benessere. Un’architettura della scelta
assai diffusa è la cosiddetta opzione di default - come quella proposta dal PC
quando si installa un nuovo programma- che viene adottata per la sua semplicità
ed appropriatezza.
4. La mappatura della
scelta. Per decidere se imboccare o meno un corso d’azione il soggetto deve
prefigurarsi mentalmente la relazione tra le opzioni alternative e il proprio
futuro benessere ad esse correlato. Finchè si tratta dell’acquisto di un
prodotto alimentare al supermarket questa sorta di contabilità degli effetti
della scelta è agevole, ma quando si affrontano, ad esempio, le alternative
terapeutiche per una malattia la “mappatura” della scelta è più complicata. In
queste circostanze si ricorre al parere di esperti, a chi ha avuto esperienze
analoghe, al passaparola e ultimamente alla rete, che offre molte occasioni per
acquisire pareri e giudizi di altre persone.
5-La distorsione da
disponibilità. La gente valuta la probabilità del rischi “a seconda della
facilità con cui riesce a pensare ad un esempio pertinente” o ad esperienze
analoghe vissute recentemente e quindi facili da evocare. Ad esempio dopo un
disastro aereo si tende a sopravvalutare il rischio di questo genere di eventi rispetto
a quello degli incidenti automobilistici, in realtà statisticamente più
frequenti.
In sintesi, per questi ed altri motivi, una buona
architettura della scelta “aiuta gli individui a perfezionare la propria capacità
di mappare le decisioni per scegliere le opzioni che possono accrescere il loro
benessere”. Spesso le persone scelgono l’alternativa che comporta il minimo
sforzo, ovvero l’opzione di default che prevede di non fare nulla, confermando
lo status quo, oppure scegliendo l'opzione che viene presentata come più semplice e "naturale". Quando la scelta è complicata o gravata da incertezza sugli
esiti “gli individui potrebbero gradire molto una ragionevole opzione di
default: non si capisce perché debbano essere costretti a scegliere”.
Quali motivazioni e quali dinamiche psicologiche
condizioneranno maggiormente la decisione se aderire o meno alla PiC? Chi sarà
in grado di esercitare la funzione di pungolo nella scelta del gestore della
cronicità? In quale direzione potrà andare la “spinta gentile” del MMG nei
confronti degli assistiti portatori di patologie croniche? Per abbozzare una
risposta a queste domande bisognerà verificare prima di tutto l’impatto
dell’architettura della scelta proposta nella lettera di presentazione della
PiC.
I pazienti cronici si troveranno di fronte due opzioni di defualt, tra loro alternative, circa la gestione della propria patologia: accettare l'offerta di PiC, se sarà presentata loro come vantaggiosa e quasi obbligatoria, oppure conservare la relazione di cura con il proprio MMG all'interno di un rassicurante status quo. Non è difficile immaginare, dopo questa schematica sintesi, in che misura le spiegazioni dell’economia comportamentale formulate da Thaler potranno influenzare gli attori coinvolti nella PiC, in particolare i diretti interessati all’eventuale scelta di un gestore organizzativo in sostituzione del proprio MMG.
I pazienti cronici si troveranno di fronte due opzioni di defualt, tra loro alternative, circa la gestione della propria patologia: accettare l'offerta di PiC, se sarà presentata loro come vantaggiosa e quasi obbligatoria, oppure conservare la relazione di cura con il proprio MMG all'interno di un rassicurante status quo. Non è difficile immaginare, dopo questa schematica sintesi, in che misura le spiegazioni dell’economia comportamentale formulate da Thaler potranno influenzare gli attori coinvolti nella PiC, in particolare i diretti interessati all’eventuale scelta di un gestore organizzativo in sostituzione del proprio MMG.
*Thaler R, Sunstein C, Nudge. La spinta gentile, Feltrinelli, Milano, 2008
Petrini P., Riccaboni M., Thaler: un Nobel alla conoscenza e non solo all'economia, Il Sole 24 Ore, 11 ottobre 2017 (http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2017-10-10/thaler-nobel-conoscenza-non-solo-all-economia-180308.shtml?uuid=AEB7QZjC)
Grazie Beppe per questo stimolo "cognitivo" che, se possibile, aggiunge frecce alla mia faretra per contrastare il progetto regionale. Ho sempre sostenuto che, stante il rapporto di fiducia che ci lega a molti pazienti, potrebbe bastare una alzata di sopracciglio o una lievissima smorfia della bocca per far passare un messaggio "cognitivamente" negativo su fatto se accettare o no! Queste considerazioni rafforzano la mia idea!
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