Fino alla fine di
luglio
il gran numero di asintomatici in circolazione da oltre 2 mesi non ha provocato
aumento di ricoveri, necessita di terapia intensiva e ulteriori decessi, stabili
o in lenta e riduzione nonostante l’allentamento delle misure di contenimento a
partire da maggio, che molti paventavano ad alto rischio di ripresa dei
contagi. Tutti i 200 asintomatici, scoperti più o meno casualmente ogni giorno
da giugno, hanno avuto contatti sociali, familiari e lavorativi per settimane prima
di essere intercettati dallo screening senza che questo fatto abbia provocato
nuovi cluster, con tutte le potenziali conseguenze come nel caso dei due focolai
lombardi di marzo.
Due nuove
variabili possono spiegare l'evoluzione in atto. In primo luogo il periodo di
vacanze estive, che ha favorito viaggi, incontri ed assembramenti ha accentuato la diffusone del virus tra i giovani tanto da ridurre in maniera
significativa l’età mediana dei nuovi casi, passata da 68 a 39 anni e con
contagi decuplicati tra gli under 19. Di conseguenza si è riequilibrato il
rapporto tra nuove diagnosi per sospetto diagnostico e per screening, che ora
sono quasi alla pari rispetto al precedente rapporto di 4 a 1. Fortunatamente
tra gli oltre 10 mila asintomatici intercettati e tra le nuove diagnosi di
agosto non si sono ancora manifestati grandi diffusori in grado di innescare un
“incendio” locale.
In secondo luogo dagli ultimi dati si
ricava che il 30% dei nuovi casi di malattia è di importazione o dovuti a
contagi comunitari a partire da un caso clinico che fa scoprire "a
ritroso" decine o centinaia di portatori sani: gli esempi di focolai lavorativi
sono numerosi dalle aziende di trasporti e logistica all’industria degli
insaccati del cremonese etc.. All'origine dell'impennata di nuovi portatori
asintomatici dell’ultima decade, ora in fase di ridimensionamento dopo la conclusione
degli screening, c’è però un dato nuovo. Dell'azienda agricola mantovana dove
lavorano indiani e pachistani agli migranti sbarcati in Sicilia, dell'ex
caserma di Treviso adibita a residenza per migranti al centro di accoglienza di
Udine le condizioni socioeconomiche ed abitative hanno fatto la differenza
nella diffusione del contagio, peraltro in forma prevalentemente asintomatica, come
nei 400 micro focolai familiari censiti in tutta Italia nelle ultime settimane.
Chi conosce per esperienza le condizioni
dei lavoratori immigrati dall’asia nella bassa lombarda sa quanto possano
essere affollate e malsane le abitazioni in cui vivono, spesso vecchie cascine
semi-abbandonate nella pianura, e sa quanto siano restii ad andare dal medico
per qualche disturbo di poco conto. E’ quindi probabile che nei mesi scorsi alcuni
abbiano avuto sintomi minori di Covid-19, complice un’età media bassa, non riferiti
ai MMG anche per il timore di dover restare due settimane in quarantena o in
isolamento fiduciario senza lavoro. E’ in questo contesto socioeconomico che verosimilmente
si è allargato senza clamore il focolaio di Covid-19 della bassa lombarda, fino
a quando un sintomatico è stato intercettato dal MMG ed è partito lo screening
dei contatti familiari e lavorativi che fatto emergere il cluster.
Infine non sorprende che in una
condizione abitativa affollata, come quella dell’ex caserma Serena di Treviso
che ospita migranti da anni, sia divampato un macro-focolaio di contagi
peraltro innescato da un operatore sociale sintomatico. Se c'era un sito e
un'occasione ideale perché un super diffusore appiccasse un incendio virale di
proporzioni lombarde era la caserma di Treviso, dove risiedono quasi 300
migranti, di cui ben 248 sono risultati positivi al tampone. Questo esito è
anche il riflesso dell’abbandono del sistema di accoglienza diffusa
precedentemente in vigore e smantellato nell’ultimo anno e mezzo. Invece è stato
un operatore sociale a portare il virus nell’edificio, diffuso peraltro in
forma asintomatico tra la maggioranza degli ospiti; più o meno analogo è il
caso di Mantova con 127 positivi su 400 dipendenti, contagiati in misura minore
in quanto distribuiti nei paesi del circondario rispetto alla concentrazione
abitativa di Treviso. Insomma il trend in atto ha a che fare con i riflessi
sulla salute delle condizioni di vita e delle note disuguaglianze socio-economiche.
Si può facilmente immaginare il numero
di asintomatici potenzialmente presenti nelle baraccopoli della Calabria e
della Puglia, se tutti i lavoratori agricoli stagionali immigrati nella zona
dovessero essere sottoposti a tampone!
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