La prestigiosa Scuola pisana si era già segnalata per ricerche valutative poco aderenti al contesto delle cure primarie, come quella del 2018 sulle performances dei SSR (https://curprim.blogspot.com/2018/10/piccola-quida-per-la-valutazione-delle.html) ed anche in questa occasione il report ha fatto riferimento al set di indicatori utilizzati nel 2017 per comprare i risultati ottenuti dai vari SSR.
La sezione dedicata all’analisi della riforma della PiC si chiude con un giudizio tutto sommato positivo, a dispetto di altre evidenze di segno contrario non prese in considerazione, a partire dal numero di pazienti arruolati dopo tre anni dal suo varo. Di seguito si può trovare uno schema sintetico a punti del rapporto, comprensivo di alcune criticità in relazione agli esiti della Presa in Carico nel primo triennio di applicazione.
VALUTAZINE DELLA PIC
· L'analisi dei risultati della PiC propone il confronto tra due gruppi di pazienti numericamente sbilanciati: la valutazione statistica è stata condotta su un campione di 190.450 pazienti in PiC a confronto con un gruppo di controllo di ben 940.023 No PiC , rispetto alla popolazione di 3.461.728 cronici censiti in Lombardia. Perchè questo rapporto cosi asimmetrico, di 1 a 5, tra le due coorti? Non sarebbe più corretto un rapporto 1 a 1 per il raffronto statistico? Peraltro per la valutazione dei risultati complessivi della riforma è stato scelto il macro confronto con due regioni, Veneto e Toscana, per "la relativa comparabilità con la Regione Lombardia in termini di dimensione geografica, complessità
· Nella relazione non sono stati presi in considerazione specifici indicatori di processo/esito nella gestione delle principali patologie croniche, come la prevalenza, il numero e regolarità dei controlli, il valore target della PA, emoglobina glicata, lipidi ematici, farmaci ed esami prescritti etc… Il motivo è semplice: questi dati non sono stati raccolti e/o non sono disponibili.
· Nella valutazione dell’efficacia della PiC non è stato considerata l’entità dei pazienti presi in carico e seguiti dai Gestori ospedalieri, che ammontano ad un esiguo 5% del 10% di soggetti arruolati su quasi 3,5 milioni di cronici. Eppure l’introduzione dei Gestori ospedalieri, in alternativa al MMG, era la novità sostanziale e qualificante della PiC.
· Nel campione di arruolati, per il confronto con i No PiC, sono stati esclusi i pazienti seguiti dai Gestori ospedalieri, per evidente inconsistenza statistica, e considerati solo quelli seguiti dai MMG, a ulteriore riprova della latitanza dei Gestori nosocomiali.
· La (presunta) efficacia della PiC viene dimostrata dal miglioramento di indicatori che hanno poco a che fare con la gestione della cronicità, vale a dire il tasso di ospedalizzazione e gli accessi in PS. Solo la riduzione dei ricoveri evitabili può essere correlata ad una migliore cura dei pazienti, sebbene riguardi l’intero spettro clinico, gli eventi acuti e non la gestione della cronicità. Non si capisce la relazione tra una modesta riduzione di parametri aspecifici con la gestione delle patologie croniche, valutabile in termini di processi o esiti specifici. Si tratta di indicatori generici che probabilmente segnalano una maggiore attenzione verso tutta la popolazione, e non necessariamente verso la fetta dei cronici, probabilmente attribuibile ad una sorta di bias di selezione dei medici che hanno deciso di impegnarsi nella riforma più dei colleghi che ne sono rimasti estranei.
VALUTAZINE GENERALE DELLA RIFORMA
· Dei 34 indicatori compresi nel Sistema di valutazione delle performance dei sistemi sanitari Regionali (Network regionale) solo 4 hanno dimostrato un miglioramento nel confronto con le altre regioni esaminate nel report (Toscana e Veneto), in riferimento alla popolazione generale e non ai cronici: tasso di ospedalizzazione per 1.000 residenti per età e sesso, tasso di ospedalizzazione (ricoveri ordinari acuti) per 1.000 residenti, tasso di ospedalizzazione per DRG Medici acuti (0-64 anni) per 1.000 residenti e tasso di ospedalizzazione per diabete globale per 100.000 residenti (35-74 anni). Quest’ultimo parametro, visto il suo andamento positivo in tutta la popolazione, poteva essere valutato anche nei due gruppi di cronici considerati, cioè PiC versus No Pic.
· L'analisi dei risultati della PiC propone il confronto tra due gruppi di pazienti numericamente sbilanciati: la valutazione statistica è stata condotta su un campione di 190.450 pazienti in PiC a confronto con un gruppo di controllo di ben 940.023 No PiC , rispetto alla popolazione di 3.461.728 cronici censiti in Lombardia. Perchè questo rapporto cosi asimmetrico, di 1 a 5, tra le due coorti? Non sarebbe più corretto un rapporto 1 a 1 per il raffronto statistico? Peraltro per la valutazione dei risultati complessivi della riforma è stato scelto il macro confronto con due regioni, Veneto e Toscana, per "la relativa comparabilità con la Regione Lombardia in termini di dimensione geografica, complessità
organizzativa e performance storiche".
· Nella relazione non sono stati presi in considerazione specifici indicatori di processo/esito nella gestione delle principali patologie croniche, come la prevalenza, il numero e regolarità dei controlli, il valore target della PA, emoglobina glicata, lipidi ematici, farmaci ed esami prescritti etc… Il motivo è semplice: questi dati non sono stati raccolti e/o non sono disponibili.
· Nella valutazione dell’efficacia della PiC non è stato considerata l’entità dei pazienti presi in carico e seguiti dai Gestori ospedalieri, che ammontano ad un esiguo 5% del 10% di soggetti arruolati su quasi 3,5 milioni di cronici. Eppure l’introduzione dei Gestori ospedalieri, in alternativa al MMG, era la novità sostanziale e qualificante della PiC.
· Nel campione di arruolati, per il confronto con i No PiC, sono stati esclusi i pazienti seguiti dai Gestori ospedalieri, per evidente inconsistenza statistica, e considerati solo quelli seguiti dai MMG, a ulteriore riprova della latitanza dei Gestori nosocomiali.
· La (presunta) efficacia della PiC viene dimostrata dal miglioramento di indicatori che hanno poco a che fare con la gestione della cronicità, vale a dire il tasso di ospedalizzazione e gli accessi in PS. Solo la riduzione dei ricoveri evitabili può essere correlata ad una migliore cura dei pazienti, sebbene riguardi l’intero spettro clinico, gli eventi acuti e non la gestione della cronicità. Non si capisce la relazione tra una modesta riduzione di parametri aspecifici con la gestione delle patologie croniche, valutabile in termini di processi o esiti specifici. Si tratta di indicatori generici che probabilmente segnalano una maggiore attenzione verso tutta la popolazione, e non necessariamente verso la fetta dei cronici, probabilmente attribuibile ad una sorta di bias di selezione dei medici che hanno deciso di impegnarsi nella riforma più dei colleghi che ne sono rimasti estranei.
VALUTAZINE GENERALE DELLA RIFORMA
· Dei 34 indicatori compresi nel Sistema di valutazione delle performance dei sistemi sanitari Regionali (Network regionale) solo 4 hanno dimostrato un miglioramento nel confronto con le altre regioni esaminate nel report (Toscana e Veneto), in riferimento alla popolazione generale e non ai cronici: tasso di ospedalizzazione per 1.000 residenti per età e sesso, tasso di ospedalizzazione (ricoveri ordinari acuti) per 1.000 residenti, tasso di ospedalizzazione per DRG Medici acuti (0-64 anni) per 1.000 residenti e tasso di ospedalizzazione per diabete globale per 100.000 residenti (35-74 anni). Quest’ultimo parametro, visto il suo andamento positivo in tutta la popolazione, poteva essere valutato anche nei due gruppi di cronici considerati, cioè PiC versus No Pic.
· Nella sezione di analisi dei risultati della riforma vengono presi in considerazione tre indicatori tratti dalla BDA, relativi proprio alla cura di una condizione cronica come lo scompenso nella popolazione generale, vale a dire la continuità nell’assunzione di beta bloccanti, ace inibitori o sartani e l'esecuzione di un ecocardiogramma durante l’anno. Peraltro nella gestione dello scompenso le performances regionali sono complessivamente stabili e allineate a quelle della Toscana. Questi indicatori di processo sarebbero stati adatti alla valutazione delle performances dei pazienti PiC rispetto ai No Pic: per quale motivo non sono stati utilizzati come sarebbe logico attendersi da una valutazione in itinere della riforma?
· La riforma risulta associata ad un peggioramento di un parametro, come la Percentuale di anziani in Cure Domiciliari con valutazione per l’ADI, che non sembra aver contribuito alla riduzione del tasso di ospedalizzazione, ma anzi è l’indicatore che registra un effetto riforma in senso peggiorativo. Proprio il miglioramento dell’assistenza ai pazienti polipatologici, fragili e non autosufficienti a domicilio era uno degli obiettivi qualificanti della riforma, in particolare per l’apporto e il ruolo prioritario dei Gestori ospedalieri.
· Per numerosi indicatori, attinenti alle condizioni croniche, non sono stati registrati scostamenti rispetto alle altre regioni: percentuale di abbandono di pazienti in terapia con antidepressivi e in terapia con statine, consumo di SSRI sul territorio, Tasso di ospedalizzazione per Scompenso Cardiaco per 100.000 res. (50-74 anni), Tasso di amputazioni maggiori per Diabete per milione di res. (triennale), Tasso di osped. per BPCO e per angioplastica coronarica, Percentuale di anziani in Cure Domiciliari. Alcuni di questi parametri sono correlabili alla gestione della cronicità e ci si poteva aspettare un loro utilizzo per valutare i pazienti PiC rispetto ai No PiC.
· A tale riguardo nel report si osserva che la PiC potrebbe aver supportato una migliore gestione del percorso assistenziale con conseguente minor accesso alle strutture ospedaliere, ma questa ipotesi per quanto riguarda le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, BPCO e amputazioni maggiori in diabetici, non ha fatto emergere un effetto riforma statisticamente significativo.
· La variabilità intraregionale, in riferimento ai 28 indicatori selezionati a tale scopo, evidenzia esiti diversificati e per quanto non possano essere tratte conclusive per il loro numero limitato, l’esame dei dati indica:
a) un trend di miglioramento strutturale per quanto concerne alcuni indicatori di sistema, quali i tassi di ospedalizzazione complessivi;
b) un trend di miglioramento, eterogeneo, per quegli indicatori indirettamente correlati alle patologie croniche, rispetto ai quali pare essere l’associazione con la PiC (la disomogeneità sul territorio)
c) l’esigenza di una più forte regia regionale nella gestione dell’offerta territoriale, segnatamente nella sua declinazione specifica dell’assistenza domiciliare.
CONCLUSIONI. Nel complesso si registra un effetto riforma statisticamente significativo solo su un numero piuttosto ristretto di indicatori (4 dei 34 analizzati) e solo di tre indicatori “spuri” per quanto riguarda la PiC. Per valutare una riforma complessiva di gestione della cronicità servono, com’ è intuitivo, tempi lunghi ed indicatori di esito hard, che possono documentare il raggiungimento di obiettivi di efficacia possibilmente definiti ex-ante.
Proprio per questo motivo una valutazione in itinere come quella contenuta nel documento Agenas doveva prendere in esame indicatori di processo più adatti al breve periodo, da quelli epidemiologici alla rilevazione degli stili di vita, dall’appropriatezza e frequenza dei controlli ai parametri di buon compenso funzionale, dalla qualità della vita alla compliance dei pazienti etc..
Tra questi ha un rilievo preponderante, ai fini degli esiti empirici, lo zoccolo duro di avvio della PIC, ovvero il tasso di adesioni degli attuatori e, soprattutto, dei destinatari della riforma stessa; va da sé che senza una percentuale rilevante di arruolamento dei pazienti è difficile immaginare un impatto significativo sul lungo periodo del programma di gestione della cronicità. Nessuno di questi parametri è stato considerato nel report dell’Agenas.
· La riforma risulta associata ad un peggioramento di un parametro, come la Percentuale di anziani in Cure Domiciliari con valutazione per l’ADI, che non sembra aver contribuito alla riduzione del tasso di ospedalizzazione, ma anzi è l’indicatore che registra un effetto riforma in senso peggiorativo. Proprio il miglioramento dell’assistenza ai pazienti polipatologici, fragili e non autosufficienti a domicilio era uno degli obiettivi qualificanti della riforma, in particolare per l’apporto e il ruolo prioritario dei Gestori ospedalieri.
· Per numerosi indicatori, attinenti alle condizioni croniche, non sono stati registrati scostamenti rispetto alle altre regioni: percentuale di abbandono di pazienti in terapia con antidepressivi e in terapia con statine, consumo di SSRI sul territorio, Tasso di ospedalizzazione per Scompenso Cardiaco per 100.000 res. (50-74 anni), Tasso di amputazioni maggiori per Diabete per milione di res. (triennale), Tasso di osped. per BPCO e per angioplastica coronarica, Percentuale di anziani in Cure Domiciliari. Alcuni di questi parametri sono correlabili alla gestione della cronicità e ci si poteva aspettare un loro utilizzo per valutare i pazienti PiC rispetto ai No PiC.
· A tale riguardo nel report si osserva che la PiC potrebbe aver supportato una migliore gestione del percorso assistenziale con conseguente minor accesso alle strutture ospedaliere, ma questa ipotesi per quanto riguarda le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, BPCO e amputazioni maggiori in diabetici, non ha fatto emergere un effetto riforma statisticamente significativo.
· La variabilità intraregionale, in riferimento ai 28 indicatori selezionati a tale scopo, evidenzia esiti diversificati e per quanto non possano essere tratte conclusive per il loro numero limitato, l’esame dei dati indica:
a) un trend di miglioramento strutturale per quanto concerne alcuni indicatori di sistema, quali i tassi di ospedalizzazione complessivi;
b) un trend di miglioramento, eterogeneo, per quegli indicatori indirettamente correlati alle patologie croniche, rispetto ai quali pare essere l’associazione con la PiC (la disomogeneità sul territorio)
c) l’esigenza di una più forte regia regionale nella gestione dell’offerta territoriale, segnatamente nella sua declinazione specifica dell’assistenza domiciliare.
CONCLUSIONI. Nel complesso si registra un effetto riforma statisticamente significativo solo su un numero piuttosto ristretto di indicatori (4 dei 34 analizzati) e solo di tre indicatori “spuri” per quanto riguarda la PiC. Per valutare una riforma complessiva di gestione della cronicità servono, com’ è intuitivo, tempi lunghi ed indicatori di esito hard, che possono documentare il raggiungimento di obiettivi di efficacia possibilmente definiti ex-ante.
Proprio per questo motivo una valutazione in itinere come quella contenuta nel documento Agenas doveva prendere in esame indicatori di processo più adatti al breve periodo, da quelli epidemiologici alla rilevazione degli stili di vita, dall’appropriatezza e frequenza dei controlli ai parametri di buon compenso funzionale, dalla qualità della vita alla compliance dei pazienti etc..
Tra questi ha un rilievo preponderante, ai fini degli esiti empirici, lo zoccolo duro di avvio della PIC, ovvero il tasso di adesioni degli attuatori e, soprattutto, dei destinatari della riforma stessa; va da sé che senza una percentuale rilevante di arruolamento dei pazienti è difficile immaginare un impatto significativo sul lungo periodo del programma di gestione della cronicità. Nessuno di questi parametri è stato considerato nel report dell’Agenas.
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