mercoledì 6 gennaio 2021

Dati Covid-19: aggiornamento alla prima settimana 2021

1-Andamento settimanale

I dati settimanali documentano un'inversione di tendenza rispetto a dicembre: aumenta l'incidenza dei nuovi casi e il numero di tamponi positivi, aumentano di poco i degenti in terapia intensiva, i decessi e i soggetti in isolamento domiciliare e si dimezza il calo dei ricoveri rispetto all'ultima settimana del mese scorso; la percentuale di positivi passa dal 10% al 13% e il numero dei decessi purtroppo è sempre elevato. Nel complesso la curva della seconda fase che si era appiattita a dicembre, rispetto al picco primavera, ha ripreso a salire seppur di poco rispetto all'ultima settimana del 2020.

Rimane elevata l'incidenza di dicembre in Veneto che è un caso nazionale in quanto da un mese supera ogni giorno la Lombardia. Dall'inizio di dicembre il Veneto registra 128 mila nuovi casi a fronte degli 82 mila della Lombardia, per una media giornaliera di 2mila. Le ipotesi di spiegazione del fenomeno puntano sul combinato disposto tra la mancata zona rossa e il massiccio uso dei test rapidi per screening tra operatori sanitari e delle RSA, noti per la bassa sensibilità e il rischio di falsi negativi.



2-Andamento mensile e confronto tra prima e seconda ondata




I parametri monitorati dalla PC si dividono in due gruppi: statici, come il numero di nuovi casi, i decessi o i dimessi/guariti, e dinamici, come i degenti in terapia intensiva o nei reparti ordinari. Il dati delle presenze registrati quotidianamente in questo secondo gruppo sono la risultante dei flussi in entrata e in uscita.  Dal mese di dicembre sono cambiati alcuni parametri del prospetto giornaliero della protezione civile: sono stati eliminati i dati dei nuovi casi suddivisi tra positivi individuati per sospetto clinico (sintomatici) e per screening (asintomatici), che erano stati introdotti a giugno, e sono comparsi i nuovi ingressi giornalieri nelle terapie intensive, accanto al numero totale dei ricoverati. 



A grandi linee è possibile un confronto tra la prima ondata (marzo-giugno) e la seconda (settembre-dicembre) con l'avvertenza circa la sottostima dei casi registrati nella prima fase della pandemia, che inficia il raffronto statistico tra i principali parametri.

  • incidenza: è aumentata in modo considerevole in autunno (da 60 mila a 460 mila in media al mese) per la possibilità di eseguire il tampone in sede extra ospedaliera, era preclusa in primavera ai MMG, con la conseguente sottostima dei casi gestiti a domicilio e/o non denunciati, emersi nella seconda fase
  • tamponi: nonostante siano più che triplicati (da 1.347.000 a 4.488.000 in media al mese) la percentuale dei positivi è più del doppio (dal 4,4 al 10,2%), aumento parallelo all'incremento di nuovi casi
  • ricoveri: in rapporto all'incidenza i ricoveri sono notevolmente ridotti in autunno rispetto alla primavera mentre di riflesso sono aumentati i dimessi guariti e i soggetti in isolamento domiciliare: in primavera il picco si è avuto all'inizio di aprile con circa 29.010 e nella seconda ondata alla fine di novembre con 34.577.
  • terapie intensive: nonostante l'aumento dei nuovi casi il picco si è avuto in aprile con 3848 degenti e, nella seconda ondata, con quasi 4053 ricoveri all'ultima decade di novembre
  • dimessi guariti: passano da quasi 200 mila della primavera a 1.255.458 in autunno
  • isolamento domiciliare: l'elevatissimo numero di soggetti rimasti in isolamento domiciliare- con un picco di 800 mila in autunno rispetto agli 83 mila della primavera- dimostra la minor gravità dell'infezione e la prevalente gestione sul territorio dei nuovi casi rispetto al ricorso alla degenza
  • decessi e letalità: in numero assoluto i decessi delle seconda fase eguagliano quelli della prima ma sempre per l'elevato numero di nuovi casi si abbatte in maniera drastica la letalità che passa dal 14,4 al 2,1%.

Nel complesso, nonostante le critiche rivolte alla gestione territoriale del Covid-19, la medicina extra-ospedaliera ha diagnosticato e gestito, seppur in modo disomogeneo e poco coordinato, un numero considerevole di casi, mentre il sistema ospedaliero ha retto un impatto che, in termini di ricoveri e di degenze in terapia intensiva, è stato di poco superiore rispetto alla primavera. Grazie alla prescrizione dei tamponi i medici del territorio (MMG, CA e medici USCA) hanno fatto emergere la stragrande maggioranza dei casi e hanno seguito in prima persona la parte sommersa dell'incidenza, che in primavera era rimasta sotto-diagnosticata. In primavera le stime sui casi sommersi variavano a 5 a 10 volte rispetto a quelli intercettati a livello ospedaliero. Il numero dei casi diagnosticati in autunno si colloca a metà circa di questa stima, con un andamento temporale dell'incidenza "piatto" rispetto al picco di marzo-aprile.

3-Report della Protezione Civile: dati mensili e a 30 giorni
(aggiornati al 30 dicembre)




domenica 3 gennaio 2021

IL PRADOSSO DEL VACCINO ANTI-COVID!

La vaccinazione di massa anti Covid-19 ha un precedente storico istruttivo. Chi si ricorda del flop della vaccinazione anti aviaria del 2010? La campagna di vaccinazioni era iniziata alla fine dell'estate per proseguire a rilento nei mesi autunnali, anche per lo scetticismo della gente, fino al flop definitivo dell'inverno. Ricordo un'organizzazione pubblica delle vaccinazioni che definire a rilento è poco, tanto che la stragrande maggioranza delle dosi restò nei frigoriferi per mesi e fu smaltita con i farmaci scaduti l'hanno successivo, con grande sperpero di denaro pubblico e sollievo per i bilanci dell'azienda farmaceutica produttrice.

https://www.repubblica.it/cronaca/2010/01/16/news/vaccino_virus_a-1966773/

Eppure allora le vaccinazioni non si facevano solo in ospedale, con procedure complesse, modalità di stoccaggio, trasporto e conservazione particolari e del tutto nuove, tempi lunghi per la preparazione e l'inoculazione, come richiede il preparato della Pfizer. In alcune regioni il vaccino ha già messo in crisi le strutture ospedaliere sprovviste di adeguati sistemi di conservazione delle confezioni. Insomma il sistema si sta "incartando"... La complessità del vaccino a RNA non ha fatto i conti con il collo di bottiglia di una filiera organizzativa più complicata del previsto, che rischia il sovraccarico per carenza di strutture e di operatori.

Ora come ora con i servizi di igiene e prevenzione e le strutture distrettuali inesistenti, per via del loro smantellamento in alcune regioni, ci vorranno mesi e mesi per vaccinare in ospedale solo gli operatori sanitari, mentre milioni di dosi si accumuleranno nei mega-frigo fino a superne la capienza di stoccaggio, specie se a breve dovessero arrivare anche altri vaccini come Moderna, AstraZeneca etc... I 70 mila operatori sanitari del territorio (medici di MG, CA, delle USCA, dei servizi e infermieri di comunità) sono gli unici che possono evitare questo paradossale rischio affrontando realisticamente l'impresa storica di vaccinare la maggioranza della popolazione in modi e tempi appropriati.

Ma a una condizione: l'unica prospettiva realistica, per vaccinare a breve i pazienti a rischio e poi la popolazione generale, prima che si avveri la profezia di una terza ondata, è nella fornitura del vaccino AstraZeneca più facile da gestire, conservare, distribuire e somministrare nella capillare rete della medicina territoriale, come si fa ogni anno con il normale vaccino influenzale.

Ma purtroppo EMA /AIFA tardano a dare il via all'operazione perchè la richiesta di autorizzazione non è ancora (incomprensibilmente) stata presentata e bisognerà quindi attendere la fine di gennaio prima della consegna del nuovo dossier; nel frattempo in GB hanno già dato l'OK in tutta fretta al vaccino AstraZeneca e dalla prossima settimanea inizieranno le vaccinazioni di massa. La vicenda ha del paradossale e dell'incredibile....

giovedì 31 dicembre 2020

Bilancio 2020 Covid-19: evoluzione mensile da marzo e settimanale da settembre

 Confronto tra il periodo marzo-giugno e settembre-dicembre




A grandi linee è possibile un confronto tra la prima ondata (marzo-giugno) e la seconda (settembre-dicembre) con l'avvertenza circa la sottostima dei casi registrati nella prima fase della pandemia, che inficia il raffronto statistico tra i principali parametri.

  • incidenza: è aumentata in modo considerevole in autunno (da 60 mila a 460 mila in media al mese) per la possibilità di eseguire il tampone in sede extra ospedaliera, era preclusa in primavera ai MMG, con la conseguente sottostima dei casi gestiti a domicilio e/o non denunciati, emersi nella seconda fase
  • tamponi: nonostante siano più che triplicati (da 1.347.000 a 4.488.000 in media al mese) la percentuale dei positivi è più del doppio (dal 4,4 al 10,2%), aumento parallelo all'incremento di nuovi casi
  • ricoveri: in rapporto all'incidenza i ricoveri sono notevolmente ridotti in autunno rispetto alla primavera mentre di riflesso sono aumentati i dimessi guariti e i soggetti in isolamento domiciliare: in primavera il picco si è avuto all'inizio di aprile con circa 29.010 e nella seconda ondata alla fine di novembre con 34.577.
  • terapie intensive: nonostante l'aumento dei nuovi casi il picco si è avuto in aprile con 3848 degenti e, nella seconda ondata, con quasi 4053 ricoveri all'ultima decade di novembre
  • dimessi guariti: passano da quasi 200 mila della primavera a 1.255.458 in autunno
  • isolamento domiciliare: l'elevatissimo numero di soggetti rimasti in isolamento domiciliare- con un picco di 800 mila in autunno rispetto agli 83 mila della primavera- dimostra la minor gravità dell'infezione e la prevalente gestione sul territorio dei nuovi casi rispetto al ricorso alla degenza
  • decessi e letalità: in numero assoluto i decessi delle seconda fase eguagliano quelli della prima ma sempre per l'elevato numero di nuovi casi si abbatte in maniera drastica la letalità che passa dal 14,4 al 2,1%.

Nel complesso, nonostante le critiche rivolte alla gestione territoriale del Covid-19, la medicina extra-ospedaliera ha diagnosticato e gestito, seppur in modo disomogeneo e poco coordinato, un numero considerevole di casi, mentre il sistema ospedaliero ha retto un impatto che, in termini di ricoveri e di degenze in terapia intensiva, è stato di poco superiore rispetto alla primavera. Grazie alla prescrizione dei tamponi i medici del territorio (MMG, CA e medici USCA) hanno fatto emergere la stragrande maggioranza dei casi e hanno seguito in prima persona la parte sommersa dell'incidenza, che in primavera era rimasta sotto-diagnosticata. In primavera le stime sui casi sommersi variavano a 5 a 10 volte rispetto a quelli intercettati a livello ospedaliero. Il numero dei casi diagnosticati in autunno si colloca a metà circa di questa stima, con un andamento temporale dell'incidenza "piatto" rispetto al picco di marzo-aprile.

Andamento mensile e settimanale

2-I dati settimanali e mensili confermano la decrescita dell'incidenza dei nuovi casi, quasi dimezzati rispetto rispetto ai 920 mila di novembre, iniziata a fine novembre, con il continuo calo di ricoverati, dei degenti in terapia intensiva e dei soggetti in isolamento domiciliare a fronte di un consistente aumento dei guariti; la percentuale di positivi si è stabilizzata attorno al 10% e il numero dei decessi purtroppo è sempre elevato e in ritardo rispetto la picco dell'incidenza. Nel complesso la curva della seconda fase è più "piatta" rispetto al picco primavera ma temporalmente più ampia e con un numero assai più consistente di casi.

Rimane elevata l'incidenza di dicembre in Veneto che è diventato una caso nazionale in quanto da un mese supera giornalmente la Lombardia. Nel mese di dicembre il Veneto registra oltre 100 mila nuovi casi, a fronte di quasi 70 mila della Lombardia, per una media giornaliera sui 3mila, quasi doppia rispetto a quella lombarda. Le ipotesi di spiegazione del fenomeno puntano sul combinato disposto di due fattori: il fatto che il Veneto non sia stata dichiarata zona rossa e il massiccio uso dei test rapidi per screening tra operatori sanitari e delle RSA, noti per la bassa sensibilità e il rischio di falsi negativi:

https://tg.la7.it/cronaca/preoccupa-il-veneto-dove-lindice-di-diffusione-del-virus-sopra-l1-25-12-2020-156612?fbclid=IwAR0QIr3S2mPkuePL5EwPxrgIIAzaquSRx91AWtwT2jG5E29ILg9TYgioIi0





Evoluzione settimanale da ottobre



I parametri monitorati dalla PC si dividono in due gruppi: statici, come il numero di nuovi casi, i decessi o i dimessi/guariti, e dinamici, come i degenti in terapia intensiva o nei reparti ordinari. Il dati delle presenze registrati quotidianamente in questo secondo gruppo sono la risultante dei flussi in entrata e in uscita.  Dal mese di dicembre sono cambiati alcuni parametri del prospetto giornaliero della protezione civile: sono stati eliminati i dati dei nuovi casi suddivisi tra positivi individuati per sospetto clinico (sintomatici) e per screening (asintomatici), che erano stati introdotti a giugno, e sono comparsi i nuovi ingressi giornalieri nelle terapie intensive, accanto al numero totale dei ricoverati. 

3-Report della Protezione Civile: dati mensili e a 30 giorni
(aggiornati al 30 dicembre)





mercoledì 30 dicembre 2020

Sintesi e criticità del rapporto Agenas di revisione della Riforma del SSR lombardo

Gli esperti della scuola S.Anna di Pisa, assieme ai tecnici Agenas, hanno stilato il rapporto che analizza i 5 anni di riforma Lombarda e suggerisce le linee generali per la revisione a beve termine della Legge 23 del 2015 dopo il quinquennio di sperimentazione (le conclusioni al link: https://curprim.blogspot.com/2020/12/documento-ministeriale-analisi-del.html ).

La prestigiosa Scuola pisana si era già segnalata per ricerche valutative poco aderenti al contesto delle cure primarie, come quella del 2018 sulle performances dei SSR (https://curprim.blogspot.com/2018/10/piccola-quida-per-la-valutazione-delle.html) ed anche in questa occasione il report ha fatto riferimento al set di indicatori utilizzati nel 2017 per comprare i risultati ottenuti dai vari SSR.

La sezione dedicata all’analisi della riforma della PiC si chiude con un giudizio tutto sommato positivo, a dispetto di altre evidenze di segno contrario non prese in considerazione, a partire dal numero di pazienti arruolati dopo tre anni dal suo varo. Di seguito si può trovare uno schema sintetico a punti del rapporto, comprensivo di alcune criticità in relazione agli esiti della Presa in Carico nel primo triennio di applicazione. 

VALUTAZINE DELLA PIC

· L'analisi dei risultati della PiC propone il confronto tra due gruppi di pazienti numericamente sbilanciati: la valutazione statistica è stata condotta su un campione di 190.450 pazienti in PiC a confronto con un gruppo di controllo di ben 940.023 No PiC , rispetto alla popolazione di 3.461.728 cronici censiti in Lombardia. Perchè questo rapporto cosi asimmetrico, di 1 a 5, tra le due coorti? Non sarebbe più corretto un rapporto 1 a 1 per il raffronto statistico? Peraltro per la valutazione dei risultati  complessivi della riforma è stato scelto il macro confronto con due regioni, Veneto e Toscana, per "la relativa comparabilità con la Regione Lombardia in termini di dimensione geografica, complessità
organizzativa e performance storiche".

· Nella relazione non sono stati presi in considerazione specifici indicatori di processo/esito nella gestione delle principali patologie croniche, come la prevalenza, il numero e regolarità dei controlli, il valore target della PA, emoglobina glicata, lipidi ematici, farmaci ed esami prescritti etc… Il motivo è semplice: questi dati non sono stati raccolti e/o non sono disponibili.

· Nella valutazione dell’efficacia della PiC non è stato considerata l’entità dei pazienti presi in carico e seguiti dai Gestori ospedalieri, che ammontano ad un esiguo 5% del 10% di soggetti arruolati su quasi 3,5 milioni di cronici. Eppure l’introduzione dei Gestori ospedalieri, in alternativa al MMG, era la novità sostanziale e qualificante della PiC.

· Nel campione di arruolati, per il confronto con i No PiC, sono stati esclusi i pazienti seguiti dai Gestori ospedalieri, per evidente inconsistenza statistica, e considerati solo quelli seguiti dai MMG, a ulteriore riprova della latitanza dei Gestori nosocomiali.

· La (presunta) efficacia della PiC viene dimostrata dal miglioramento di indicatori che hanno poco a che fare con la gestione della cronicità, vale a dire il tasso di ospedalizzazione e gli accessi in PS. Solo la riduzione dei ricoveri evitabili può essere correlata ad una migliore cura dei pazienti, sebbene riguardi l’intero spettro clinico, gli eventi acuti e non la gestione della cronicità. Non si capisce la relazione tra una modesta riduzione di parametri aspecifici con la gestione delle patologie croniche, valutabile in termini di processi o esiti specifici. Si tratta di indicatori generici che probabilmente segnalano una maggiore attenzione verso tutta la popolazione, e non necessariamente verso la fetta dei cronici, probabilmente attribuibile ad una sorta di bias di selezione dei medici che hanno deciso di impegnarsi nella riforma più dei colleghi che ne sono rimasti estranei.

VALUTAZINE GENERALE DELLA RIFORMA

· Dei 34 indicatori compresi nel Sistema di valutazione delle performance dei sistemi sanitari Regionali (Network regionale) solo 4 hanno dimostrato un miglioramento nel confronto con le altre regioni esaminate nel report (Toscana e Veneto), in riferimento alla popolazione generale e non ai cronici: tasso di ospedalizzazione per 1.000 residenti per età e sesso, tasso di ospedalizzazione (ricoveri ordinari acuti) per 1.000 residenti, tasso di ospedalizzazione per DRG Medici acuti (0-64 anni) per 1.000 residenti e tasso di ospedalizzazione per diabete globale per 100.000 residenti (35-74 anni). Quest’ultimo parametro, visto il suo andamento positivo in tutta la popolazione, poteva essere valutato anche nei due gruppi di cronici considerati, cioè PiC versus No Pic. 

· Nella sezione di analisi dei risultati della riforma vengono presi in considerazione tre indicatori tratti dalla BDA, relativi proprio alla cura di una condizione cronica come lo scompenso nella popolazione generale, vale a dire la continuità nell’assunzione di beta bloccanti, ace inibitori o sartani e l'esecuzione di un ecocardiogramma durante l’anno. Peraltro nella gestione dello scompenso le performances regionali sono complessivamente stabili e allineate a quelle della Toscana. Questi indicatori di processo sarebbero stati adatti alla valutazione delle performances dei pazienti PiC rispetto ai No Pic: per quale motivo non sono stati utilizzati come sarebbe logico attendersi da una valutazione in itinere della riforma? 

· La riforma risulta associata ad un peggioramento di un parametro, come la Percentuale di anziani in Cure Domiciliari con valutazione per l’ADI, che non sembra aver contribuito alla riduzione del tasso di ospedalizzazione, ma anzi è l’indicatore che registra un effetto riforma in senso peggiorativo. Proprio il miglioramento dell’assistenza ai pazienti polipatologici, fragili e non autosufficienti a domicilio era uno degli obiettivi qualificanti della riforma, in particolare per l’apporto e il ruolo prioritario dei Gestori ospedalieri.

· Per numerosi indicatori, attinenti alle condizioni croniche, non sono stati registrati scostamenti rispetto alle altre regioni: percentuale di abbandono di pazienti in terapia con antidepressivi e in terapia con statine, consumo di SSRI sul territorio, Tasso di ospedalizzazione per Scompenso Cardiaco per 100.000 res. (50-74 anni), Tasso di amputazioni maggiori per Diabete per milione di res. (triennale), Tasso di osped. per BPCO e per angioplastica coronarica, Percentuale di anziani in Cure Domiciliari. Alcuni di questi parametri sono correlabili alla gestione della cronicità e ci si poteva aspettare un loro utilizzo per valutare i pazienti PiC rispetto ai No PiC.

· A tale riguardo nel report si osserva che la PiC potrebbe aver supportato una migliore gestione del percorso assistenziale con conseguente minor accesso alle strutture ospedaliere, ma questa ipotesi per quanto riguarda le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, BPCO e amputazioni maggiori in diabetici, non ha fatto emergere un effetto riforma statisticamente significativo.

· La variabilità intraregionale, in riferimento ai 28 indicatori selezionati a tale scopo, evidenzia esiti diversificati e per quanto non possano essere tratte conclusive per il loro numero limitato, l’esame dei dati indica:
a) un trend di miglioramento strutturale per quanto concerne alcuni indicatori di sistema, quali i tassi di ospedalizzazione complessivi;
b) un trend di miglioramento, eterogeneo, per quegli indicatori indirettamente correlati alle patologie croniche, rispetto ai quali pare essere l’associazione con la PiC (la disomogeneità sul territorio)
c) l’esigenza di una più forte regia regionale nella gestione dell’offerta territoriale, segnatamente nella sua declinazione specifica dell’assistenza domiciliare.

CONCLUSIONI. Nel complesso si registra un effetto riforma statisticamente significativo solo su un numero piuttosto ristretto di indicatori (4 dei 34 analizzati) e solo di tre indicatori “spuri” per quanto riguarda la PiC. Per valutare una riforma complessiva di gestione della cronicità servono, com’ è intuitivo, tempi lunghi ed indicatori di esito hard, che possono documentare il raggiungimento di obiettivi di efficacia possibilmente definiti ex-ante.

Proprio per questo motivo una valutazione in itinere come quella contenuta nel documento Agenas doveva prendere in esame indicatori di processo più adatti al breve periodo, da quelli epidemiologici alla rilevazione degli stili di vita, dall’appropriatezza e frequenza dei controlli ai parametri di buon compenso funzionale, dalla qualità della vita alla compliance dei pazienti etc..

Tra questi ha un rilievo preponderante, ai fini degli esiti empirici, lo zoccolo duro di avvio della PIC, ovvero il tasso di adesioni degli attuatori e, soprattutto, dei destinatari della riforma stessa; va da sé che senza una percentuale rilevante di arruolamento dei pazienti è difficile immaginare un impatto significativo sul lungo periodo del programma di gestione della cronicità. Nessuno di questi parametri è stato considerato nel report dell’Agenas.

sabato 26 dicembre 2020

Covid-19: confronto mensile tra prima e seconda fase della pandemia

Andamento mensile e settimanale



1-A grandi linee è possibile un confronto tra il trimestre marzo-maggio e ottobre-dicembre con l'avvertenza circa la sottostima dei casi registrati nella prima fase della pandemia, che inficia il raffronto statistico tra i principali parametri.

  • incidenza: è aumentata in modo considerevole in autunno, per la possibilità di eseguire il tampone in sede extra ospedaliera che era preclusa in primavera, con la conseguente sottostima dei casi gestiti a domicilio e/o non denunciati emersi nella seconda fase
  • tamponi: cala invece la percentuale di tamponi postivi rispetto ai soggetti testati per l'aumento considerevole del numero di tamponi processati quotidianamente, che è parallelo all'incremento di nuovi casi
  • ricoveri: in rapporto all'incidenza i ricoveri sono notevolmente ridotti in autunno rispetto alla primavera mentre di riflesso sono aumentati i dimessi guariti e i soggetti in isolamento domiciliare: in primavera il picco si è avuto all'inizio di aprile con circa 29000 e nella seconda ondata alla fine di novembre con 34500 circa.
  • terapie intensive: il picco si è avuto all'inizio di aprile con poco più di 4000 degenti e, nella seconda ondata, all'ultima decade di novembre con quasi 3500 ricoveri 
  • isolamento domiciliare: l'elevatissimo numero di soggetti rimasti in isolamento domiciliare, rispetto ai ricoveri, dimostra la minora gravità dell'infezione e la prevalente gestione sul territorio dei nuovi casi
  • decessi: in numero assoluto i decessi delle seconda fase eguagliano quelli della prima ma sempre per l'elevato numero di nuovi casi si abbatte in maniera drastica la letalità

Nel complesso, nonostante le critiche ricolte da più parti alla gestione territoriale del Covid-19, la medicina extra-ospedaliera ha diagnosticato, seppur in modo disomogeneo e poco coordinato, un numero considerevole di casi mentre il sistema ospedaliero ha retto un impatto che, in termini di ricoveri e di degenze in terapia intensiva, è stato solo lievemente superiore rispetto alla primavera. Grazie alla prescrizione dei tamponi i medici del territorio hanno fatto emergere la stragrande maggioranza dei casi e hanno gestito in prima persona la parte sommersa dell'incidenza, che in primavera era rimasta sotto-diagnosticata. 

2-I dati settimanali confermano la stabilità nell'andamento della pandemia, in particolare per la percentuale di positivi e il numero dei decessi mentre continua il calo di ricoverati, dei degenti in terapia intensiva e dei soggetti in isolamento domiciliare. La percentuale dei tamponi positivi sul totale ha invece un modesto ma significativo incremento segno della persistenza dell'infezione in alcune aree. 

Rimane elevata l'incidenza dei nuovi casi in Veneto che supera giornalmente la Lombardia. Nel mese di dicembre sono stati rilevati 89200 nuovi casi per una media giornaliera di quasi 3600, doppia rispetto a quella lombarda. Le ipotesi di spiegazione del fenomeno puntano sul combinato disposto di due fattori: il fatto che il Veneto non sia stata dichiarata zona rossa e il massiccio uso dei test rapidi per screening tra operatori sanitari e delle RSA, noti per comportare un elevato rischio di falsi negativi:

https://tg.la7.it/cronaca/preoccupa-il-veneto-dove-lindice-di-diffusione-del-virus-sopra-l1-25-12-2020-156612?fbclid=IwAR0QIr3S2mPkuePL5EwPxrgIIAzaquSRx91AWtwT2jG5E29ILg9TYgioIi0

I parametri monitorati dalla PC si dividono in due gruppi: statici, come il numero di nuovi casi, i decessi o i dimessi/guariti, e dinamici, come i degenti in terapia intensiva o nei reparti ordinari. Il dati delle presenze registrati quotidianamente in questo secondo gruppo sono la risultante dei flussi in entrata e in uscita.  Dal mese di dicembre sono cambiati alcuni parametri del prospetto giornaliero della protezione civile: sono stati eliminati i dati dei nuovi casi suddivisi tra positivi individuati per sospetto clinico (sintomatici) e per screening (asintomatici), che erano stati introdotti a giugno, e sono comparsi i nuovi ingressi giornalieri nelle terapie intensive, accanto al numero totale dei ricoverati. 










3-Report della Protezione Civile: dati mensili e a 30 giorni







venerdì 25 dicembre 2020

Covid-19: dati settimanali al 23 dicembre

1- Andamento settimanale e mensile

I dati settimanali confermano la stabilità nell'andamento della pandemia, in particolare per la percentuale di positivi e il numero dei decessi mentre continua il calo di ricoverati, dei degenti in terapia intensiva e dei soggetti in isolamento domiciliare. La percentuale dei tamponi positivi sul totale ha invece un modesto ma significativo incremento segno della persistenza dell'infezione in alcune aree. 

Rimane elevata l'incidenza dei nuovi casi in Veneto che supera giornalmente la Lombardia. Nel mese di dicembre sono stati rilevati 89200 nuovi casi per una media giornaliera di quasi 3600, doppia rispetto a quella lombarda. Le ipotesi di spiegazione del fenomeno puntano sul combinato disposto di due fattori: il fatto che il Veneto non sia stata dichiarata zona rossa e il massiccio uso dei test rapidi per screening tra operatori sanitari e delle RSA, noti per comportare un elevato rischio di falsi negativi:

https://tg.la7.it/cronaca/preoccupa-il-veneto-dove-lindice-di-diffusione-del-virus-sopra-l1-25-12-2020-156612?fbclid=IwAR0QIr3S2mPkuePL5EwPxrgIIAzaquSRx91AWtwT2jG5E29ILg9TYgioIi0

I parametri monitorati dalla PC si dividono in due gruppi: statici, come il numero di nuovi casi, i decessi o i dimessi/guariti, e dinamici, come i degenti in terapia intensiva o nei reparti ordinari. Il dati delle presenze registrati quotidianamente in questo secondo gruppo sono la risultante dei flussi in entrata e in uscita.  Dal mese di dicembre sono cambiati alcuni parametri del prospetto giornaliero della protezione civile: sono stati eliminati i dati dei nuovi casi suddivisi tra positivi individuati per sospetto clinico (sintomatici) e per screening (asintomatici), che erano stati introdotti a giugno, e sono comparsi i nuovi ingressi giornalieri nelle terapie intensive, accanto al numero totale dei ricoverati. 









3-Report della Protezione Civile: dati mensili e a 30 giorni







lunedì 21 dicembre 2020

Covid-19: dati settimanali al 16 dicembre

  1- Andamento settimanale e mensile

I parametri monitorati dalla PC si dividono in due gruppi: statici, come il numero di nuovi casi, i decessi o i dimessi/guariti, e dinamici, come i degenti in terapia intensiva o nei reparti ordinari. Il dati delle presenze registrati quotidianamente in questo secondo gruppo sono la risultante dei flussi in entrata e in uscita, che però non sono mai stati precisati, mentre le "uscite" possono essere dovute sia ai decessi sia al ritorno del paziente in un'unità sub-intensiva. Per quanto riguarda le "uscite" i dati dei ricoveri e delle TI nelle prime due settimane di dicembre sono in negativo proprio per la prevalenza dei malati dimessi rispetto ai nuovi ingressi.

Dal mese di dicembre sono cambiati alcuni parametri del prospetto giornaliero della protezione civile: sono stati eliminati i dati dei nuovi casi suddivisi tra positivi individuati per sospetto clinico (sintomatici) e per screening (asintomatici), che erano stati introdotti a giugno, e sono comparsi i nuovi ingressi giornalieri nelle terapie intensive, accanto al numero totale dei ricoverati. Peraltro la suddivisione dei positivi nei due gruppi è stata disomogenea da una regione all'altra: ad esempio nelle Marche e nelle provincia di Bolzano spesso non veniva segnalato giornalmente alcun caso positivo per screening.

La scorsa settimana tutti gli indicatori dimostrano una sostanziale stabilità dell'andamento della pandemia, in particolare la percentuale di positivi e il numero dei decessi mentre continua il calo di ricoverati, dei degenti in terapia intensiva e dei soggetti in isolamento domiciliare.











3-Report della Protezione Civile: dati mensili e a 30 giorni