GESTIRE LA CRONICITÀ
La
cronicità e la salute al nostro tempo: il Sistema Sociosanitario Pubblico si
ridisegna, la comunità si organizza e il cittadino si rafforza
La cronicità è ormai la nuova sfida per i sistemi sanitari. Le
malattie croniche sono causa di mortalità prematura e di disabilità evitabile,
rappresentano il principale problema di salute pubblica nei paesi occidentali e
minacciano la sostenibilità dei sistemi di welfare. Il sistema sociosanitario
deve affrontare la cronicità superando approcci settoriali, adottando adeguati
modelli di prevenzione e cura, attuando politiche integrate coi settori
sociali, educativi, della formazione, dell’ambiente e dell’industria.
L’esperienza toscana già oggi offre più di un esempio in tal senso, con risposte
efficaci nella sfida alle malattie croniche.
In
sintonia con il Piano Nazionale Cronicità (Ministero della Salute 2016) il
PSSIR della Toscana individua quattro aree strategiche di intervento:
● stratificazione e targeting della popolazione
● promozione della salute, prevenzione e diagnosi precoce
● presa in carico e gestione del paziente (definizione dei PDTAS)
● erogazione di interventi personalizzati
● valutazione della qualità delle cure erogate.
Stratificazione e
targeting della popolazione
Non si può parlare di una cronicità ma di tante cronicità: la
defnizione OMS di malattia cronica (“problemi di salute che richiedono un
trattamento continuo durante un periodo di tempo da anni a decadi”) delinea una
grande categoria in cui entrano condizioni molto diverse.
La cronicità comprende un ampio spettro di
condizioni patologiche. Alcuni fattori che descrivono questo panorama variegato
di patologie sono:
● prevalenza:
vi sono condizioni ad alta o altissima prevalenza (vedi: diabete tipo 2 e
ipertensione) e condizioni a bassa prevalenza o rare (vedi: SM, SLA, Lupus eritematoso
sistemico, ecc.);
● insorgenza:
alcune condizioni hanno un’insorgenza improvvisa (es: diabete tipo 1), mentre
in altri casi si ha uno sviluppo lento e una lunga latenza (es. diabete tipo 2,
ipertensione, ecc.);
● sintomatologia:
vi sono condizioni che comportano dolore, impotenza funzionale, astenia
e in generale sintomatologia importante (es: artriti, malattie infiammatorie intestinali,
asma), mentre in altre i sintomi possono essere anche meno rilevanti (es: insufficienza
renale cronica, diabete tipo 2, ipertensione);
● controllabilità:
alcune condizioni croniche, come la demenza ad esempio, non sono
al momento controllabili con una terapia specifica, mentre altre (es: SM, Parkinson,
diabete) trovano presidi terapeutici in grado di controllarne il decorso;
● evoluzione
verso la disabilità: c’è una relazione tra condizioni
croniche e disabilità: mentre le persone con disabilità hanno con più
probabilità condizioni croniche, le persone con condizioni croniche possono
sviluppare nel tempo limitazioni al funzionamento ed alla partecipazione, in
modo variabile a seconda della o delle condizioni presenti e della loro
evoluzione nel tempo.
Per la loro lunga durata le condizioni croniche hanno
un’evoluzione nel tempo e una variabilità legata a fattori individuali, sociali
e contestuali.
Un sistema evoluto di gestione delle condizioni croniche necessita
sia di standardizzare sia di personalizzare l’offerta di servizi e richiede
quindi di
● riconoscere
e valutare le persone che hanno livelli o fasce di complessità e rischio progressivamente
crescenti (STRATIFICAZIONE);
● garantire
un’offerta proattiva e continua nel tempo degli interventi
adeguati ai bisogni di ogni sottogruppo di pazienti (TARGETING).
L’offerta attiva richiede la creazione di un elenco
o registro di patologia.
Il modello consolidato utilizzato per la stratifcazione (Piramide
di Kaiser) punta a individuare:
● i
pazienti con rischi più bassi verso i quali mettere in atto azioni di prevenzione
primaria e secondaria;
● quelli
affetti da patologia conclamata ma di complessità medio bassa, verso i quali intervenire
con approccio Chronic Disease Management;
● i
malati più complessi, che hanno bisogno di una presa in carico clinica e sociosanitaria,
tipica dell’approccio Chronic Case Management.
Questa
schematizzazione, pur avendo un valore sia concettuale sia operativo, non è
però sufficiente a rispondere alla complessità dei pazienti con condizioni
croniche spesso coesistono nella stessa persona.
La
compresenza di più patologie porta alla necessità di riadattare i criteri di
stratifcazione, passando da quelli solo clinici a quelli funzionali e di rischio
aggregato e oggi più della metà della popolazione con patologie ha più di una
malattia cronica (il 52% - ISTAT 2015).
Le
malattie croniche a maggiore prevalenza, in particolare quelle cardiovascolari,
il diabete mellito, le malattie respiratorie croniche hanno alcuni fattori di
rischio comuni e modifcabili con interventi preventivi (stili di vita), altri fattori di
rischio cosiddetti “ intermedi” (dislipedemia); inoltre livello d’istruzione, condizioni
ambientali e assetto urbanistico, condizione occupazionale, professione svolta,
reddito medio familiare e stati di deprivazione, influenzano i fattori di
rischio citati. Riuscire ad intervenire sui fattori di rischio comuni, ma anche
sui determinanti distali consente un'efficace prevenzione delle condizioni
croniche e della loro evoluzione.
I programmi di promozione della salute e di prevenzione delle
patologie richiedono tre tipi di azioni:
1.
Epidemiologia e sorveglianza: per guidare e orientare le
priorità, nonché implementare e monitorare gli interventi più efcaci di
prevenzione a livello di popolazione;
2.
Azioni su ambiente, tessuto sociale e comunità di cittadini:
per favorire le abitudini positive e per individuare le risorse accessibili per
l’adozione di comportamenti sani;
3.
Azioni sui singoli individui: per identificare precocemente
coloro che hanno un rischio aumentato di malattia e intraprendere iniziative di
counselling motivazionale individuale o di gruppo.
Le evidenze derivanti dai sistemi di sorveglianza dovranno
essere recepite e utilizzate non solo in ambito sanitario e sociale, ma anche
dalle amministrazioni comunali, dalle istituzioni scolastiche ed educative,
dalle associazioni dei pazienti e dal terzo settore e diventare un patrimonio
delle comunità.
Presa in carico e
gestione del paziente:
interventi
sull’organizzazione
PRINCIPI DA GARANTIRE
● tempestività:
per assicurare l’ingresso precoce in un percorso diagnostico terapeutico
assistenziale e sociale (PDTAS);
● coordinamento
e continuità: perché le persone possano essere seguite senza soluzioni di
continuità né difcoltà d’accesso nelle diverse fasi della malattia nei tre
classici livelli assistenziali, assistenza primaria, specialistica
territoriale, degenza ospedaliera che devono coordinarsi
● globalità
e multidimensionalità: perché le sole misure cliniche
oggettive non sono adeguate a comprendere le malattie croniche e come
trattarle.
● flessibilità:
perché le condizioni croniche evolvono nel tempo e determinano nuovi e
differenti bisogni ed interventi. I PDTAS non possono essere format rigidi con un’offerta
invariante;
● facilitazione:
perché è richiesto un impegno gravoso per tutti, pazienti e caregiver, nella
vita quotidiana e non si può appesantirlo con adempimenti burocratici e accessi
superflui;
● appropriatezza:
perché è vitale valorizzare percorsi di cura precisi e puntuali e in grado di
sfruttare tutte le risorse disponibili nell’ambiente di vita della persona e nella
sua comunità;
● autodeterminazione:
perché chi è malato ha il diritto di essere informato e consapevole e il dovere
di essere corresponsabile degli impegni che il sistema si assume per curarlo.
MAPPATURA
E GEOREFERENZIAZIONE DEI SERVIZI
Come azione preliminare per una migliore presa in carico ed a
supporto ella partecipazione del cittadino ad ogni azione di riorganizzazione
occorre procedere a una puntuale mappatura sul territorio (georeferenziazione)
delle varie tipologie di servizio sia istituzionale che gestito dal terzo
settore o da altre soggettività informali, con l’obiettivo di potere prima di
tutto conoscere la coerenza e la praticabilità dei livelli attuali di offerta
con i bisogni dei pazienti cronici.
Rendere
immediatamente visibile e fruibile la mappatura dei singoli servizi sul
territorio ai case manager che si trovino ad organizzare l’assistenza ai pazienti
cronici secondo gli standard defniti nei PDTAS in un qualsiasi punto del
territorio regionale diventi nrequisito minimo di funzionamento della rete.
REALIZZAZIONE
DELL’INTEGRAZIONE MULTIPROFESSIONALE
Ovunque, nell’ambito di sistemi a copertura universale e orientati
alle comunità, è stato dimostrato che una buona organizzazione delle cure
primarie migliora i risultati di salute ed è più efficiente.
L’incremento
della cronicità, della disabilità e lo sviluppo di bisogni complessi rinnova il
ruolo dei medici di medicina generale (MMG) e richiede uno sviluppo del lavoro
in team.
Un
sistema di cure che può usufruire del buon funzionamento di forme organizzate di
cure primarie, come in questa regione le Aggregazioni Funzionali Territoriali
(AFT) degli MMG, garantisce soddisfacenti risultati clinici e relazioni di
cura, anche a lungo termine, tra i pazienti e i curanti, in un contesto capace
di considerare le preferenze delle persone e i loro bisogni combinati,
biomedici, psicologici e sociali.
Per
abbattere barriere ancora significative tra l’organizzazione assistenziale
ospedaliera e territoriale, la soluzione non è la riallocazione della casistica
da una parte all’altra del sistema ma la riarticolazione dell’offerta utilizzando
criteri di stratificazione dei pazienti e mirando alle loro differenti
condizioni e ad un continuum di cure orientate ai bisogni individuali. Se è
evidente che la gestione della cronicità esclusivamente nell’ambito di
strutture specialistiche ospedaliere come è né appropriata né sostenibile, è
chiaro anche come essa non possa neanche essere una competenza esclusiva
dell’assistenza territoriale.
Ne
consegue che il livello specialistico e quello del setting ambulatoriale
ospedaliero dovranno partecipare, sulla base delle differenti fasi di evoluzione
delle specifiche malattie, a percorsi di presa in carico come i PDTAS e
integrarsi nella rete clinica territoriale.
PDTAS: Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali Sociali
L’articolazione e integrazione delle prestazioni e degli
interventi dovrà esplicitarsi nei percorsi terapeutico assistenziali sociali,
in cui il contributo di ogni segmento e attore del percorso sarà facilitato dal
miglioramento del supporto fornito dagli strumenti informativi e da sistemi
intelligenti per le decisioni cliniche. L’impegno futuro mira a mettere a punto
percorsi diagnostico-terapeutici-riabilitativi il più possibile
individualizzati, con buon rapporto costo/efcacia, che consentono l’empowerment
del paziente e della sua famiglia e una continuità nella collaborazione tra i
molteplici provider coinvolti. I PDTAS saranno anche il riferimento per il
principale strumento di lavoro oggi impiegato dai team multi professionali: i
Piani Assistenziali Individuali (PAI).
L’aspetto
clinico, necessario per un adeguata valutazione del paziente, dovrà essere arricchito
e completato con quello relazionale e comunicativo, per capire la singolarità della
persona malata e con quello economico-gestionale, per sviluppare l'efcienza e
la sostenibilità dei migliori risultati.
INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA
L’impatto
combinato di più condizioni croniche è la causa della progressiva
perdita di indipendenza, dell’evoluzione verso la
disabilità e dell’incremento del bisogno di supporto sociale. E’ ragionevole
prevedere che la domanda di servizi sociali e sociosanitari sia destinata a
crescere per l’aumento di bisogni e per loro natura complessa. Proprio in funzione
di tale caratteristica, la complessità, la risposta non può essere affdata solo
al SSR. Le necessità di riabilitazione e di supporto sociale, nonché
l’integrazione nella comunità locali, possono diventare più determinanti ai fni del risultato che non la sola
accessibilità alle cure mediche. Un
intervento sociale precoce migliora l’esperienza di cura del soggetto, può
evitarne l’ospedalizzazione o comunque ritardarne il ricorso. È quindi vitale
la sinergia e l’integrazione operativa tra sociale e sanitario che si attua con
i PDTAS, laddove la S evidenzia il loro forte coordinamento. Per farlo è
necessario potenziare
l’assistenza sul territorio, promuovendo il benessere delle persone con problemi
di cronicità con l’impiego di modelli di welfare di comunità.
Il
welfare di comunità significa disporre di una rete di
supporto sociale che integra e sostiene da un lato la rete familiare sempre più
debole e dall’altro la rete dei servizi per creare nella società civile
percorsi di auto-organizzazione e di autodeterminazione fondati sui valori
della solidarietà e della coesione sociale.
Le Case della Salute in quanto espressione di un modello integrato
e multidisciplinare di intervento rappresentano un driver fondamentale
dell’integrazione sociale e sanitaria, promuovono la medicina di iniziativa e
la prevenzione sociale e sanitaria, valorizzano il ruolo dei MMG, dei PLS e
delle professioni sanitarie e sociali, sollecitano un ruolo proattivo
dell’utenza e della società civile. Le Case della Salute si pongono come un punto
di riferimento rivolto ai cittadini per l’accesso alle cure primarie, un luogo
in cui si
concretizza l’accoglienza e l’orientamento ai servizi, la continuità
dell’assistenza, di integrazione con i servizi sociali per il completamento dei
principali percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali. Nel corso di vigenza
del Piano lo sviluppo delle Case della Salute e dei modelli organizzativi e
culturali che le caratterizzano dovrà trovare diffusione e presenza in tutto il
territorio regionale.
I VANTAGGI DELLA TECNOLOGIA NELLE CURE CONTINUATIVE: LA
TELEMEDICINA
L’uso
delle innovazioni tecnologiche nella gestione dei pazienti è un opportunità per
migliorare l’efcienza e la sostenibilità della continuità di cura.
La Telemedicina può essere di
supporto nelle diverse fasi della malattia:
● prevenzione:
attraverso servizi che aiutano mantenere adeguati stili di vita oppure a
monitorare parametri vitali importanti per ridurre il rischio di insorgenza di
complicazioni;
● diagnosi:
favorendo la circolazione delle informazioni diagnostiche tra i diversi operatori
sanitari;
● cura
e riabilitazione: con la trasmissione di dati relativi ai parametri vitali tra il
paziente (a casa, in farmacia, in strutture assistenziali) e una postazione di monitoraggio,
per la loro interpretazione e l’adozione delle scelte terapeutiche necessarie
(ad esempio, i servizi di Teledialisi).
La
telemedicina è uno strumento per promuovere l'equità di accesso all’assistenza sanitaria
nelle zone remote, favorire la continuità delle cure, sostenere la qualità
della vita di pazienti cronici attraverso soluzioni di auto-gestione e
monitoraggio remoto, rendere facilmente fruibile la comunicazione fra i diversi
attori.
LE
CURE DI FINE VITA E LA DOMICILIARITÀ
Sappiamo
anche che la maggioranza delle persone desidererebbero morire a casa. Si muore
ancora troppo in ospedale, la presa in carico da parte dei servizi palliativi domiciliari
e il ricorso all’hospice ha ancora livelli di risposta non adeguati al bisogno
e troppo spesso intervengono solo in fase terminale.
L’assistenza
alle persone in fine vita deve essere basata sulle evidenze e personalizzata sulle
preferenze e necessità del paziente al fine di creare piani assistenziali
individualizzata che tengano in considerazione gli obiettivi riconosciuti come
prioritari dal malato e la sua famiglia, la migliore qualità di vita possibile,
anche attraverso un adeguato controllo dei sintomi, un aumentata consapevolezza
rispetto alla situazione per favorire i processi di adattamento alla situazione
clinica e un supporto nelle decisioni relative alle scelte
terapeutiche-assistenziali
nelle fasi avanzate di malattia e alla fne della vita, come previsto dalla L
219/17 in materia di i consenso informato, di disposizioni anticipate di trattamento,
pianificazione condivisa delle cure.
Erogazione di interventi personalizzati
Negli ultimi anni si è spesso abusato del principio che
l’assistenza deve essere centrata sul paziente, senza che fosse davvero messo
in pratica. Anche quando questo approccio si è concretizzato, spesso è stato
concepito in modo superficiale. La gestione delle condizioni croniche insegna
due lezioni fondamentali:
● ci
si deve basare sull’esperienza e sulla prospettiva del paziente per la
defnizione dei suoi problemi clinici così come per giudicare l’efficacia del
successivo intervento;
● scopo
primario dell’assistenza è aumentare la capacità dei paziente di curarsi anche autonomamente.
L’assistenza
al paziente con malattie croniche centrata sulla persona richiede che il processo
decisionale clinico si concentri sulle priorità del singolo assistito e sui
suoi bisogni psico-sociali.
Personalizzare gli interventi per gli operatori sanitari significa
cambiare l’equilibrio di potere insito nella relazione di cura, co-produrre
salute e benessere in modo collaborativo con
individui, famiglie e comunità.
Oltre
alla competenze tecniche è necessaria la capacità nella “comunicazione/relazione”,
uno degli strumenti più importanti dell’assistenza sanitaria. Per sostenere la
capacità di auto-cura delle persone la gestione della malattia va contestualizzata
nella vita di tutti i giorni e le sue eventuali preoccupazioni. La relazione tra
la persona e il team di assistenza si sostanzia nel Patto
di cura, che è la traduzione concreta degli impegni che le due parti
reciprocamente assumono:
● il
sistema sociosanitario, con gli interventi definiti dal PDTAS e tradotti in un
piano individuale per la persona;
● la
singola persona, con l’adesione al piano e ai suoi impegni nei confronti della propria
salute.
E’
un cambiamento culturale, oltre che tecnico, che deve permeare tutto il sistema
ed essere sostenuto da una formazione capillare, adeguata ed efficace rivolta a
tutti e con particolare impegno agli infermieri, che sono il punto di contatto
principale tra i cittadini e il sistema di cura delle malattie croniche.
Valutazione della
qualità delle cure erogate
I sistemi informativi integrati permettono anche una puntuale
valutazione della qualità delle cure
erogate.
Relativamente a questo aspetto il Piano Nazionale Cronicità sollecita la
revisione del paradigma di fondo relativo al concetto di “esito”
concettualmente legato ad una visione della medicina caratterizzata da eventi
piuttosto che da percorsi. come era quella tipica del secolo scorso.
Si
propone oggi di considerare gli esiti come un “insieme di risultati intermedi”
e non solo finali, non solo clinici ma anche connessi alla disabilità e alla
qualità di vita. Tra gli esiti, sempre maggiore considerazione ricevono quelli
direttamente riportati dai pazienti, sia che riguardino aspetti tangibili delle
cure sia che abbiano a che vedere con l’esperienza che ogni singolo paziente
sperimenta. Ciò è realizzabile introducendo tecniche e strumenti efficienti per
misurare:
● il
benessere auto percepito dal paziente;
● la
qualità della vita;
● l’impatto
della condizione cronica sulla vita quotidiana;
● la
pratica dell’ “auto-cura”