L'equivoco sta in una formazione definita “specifica” che in
realtà si riferisce ad una professione che non ha nulla di specifico, nella
connotazione semantica che accomuna specifico a "specialistico"; la
medicina del territorio è per definizione non-specialistica,
a-specifica/generale, mentre il resto del mondo ha imboccato la strada delle
super-ultra-specializzazioni sempre più parcellari, riduzionistiche e
segmentate, salvo poi esaltare la multidisciplinarietà e la personalizzazione.
In questo quadro un medico “specialista in generalità” è un palese ossimoro, un
paradosso identitario, se si hanno come riferimento
organi, apparati, tecnologie o funzioni “specifiche”. In che modo può essere specifico un corso di formazione per una professione (ontologicamente) generalista, ovvero a-specifica?
La formazione professionalizzante si concretizza in una
progressiva sedimentazione di competi e abilità operative nel contesto sociale della
cosiddetta partecipazione periferica legittimata alla comunità di riferimento,
a partire dai compiti più semplici e parcellari per terminare con l’acquisizione di quelli più impegnativi e qualificanti. Per tutte le specializzazioni la formazione si configura com un percorso, più o meno lungo, di progressiva e informale adesione alla comunità, che sfocia nella dichiarazione formale di appartenenza sancita dal diploma. Per lo specialista ospedaliero il percorso è più strutturato e codificato, per via della specificità d'organo o di apparato del contesto formativo. Diverso è il caso del CFSMG proprio per quel deficit di "specificità" a cui si è accennato.
Le nozioni e le abilità di base del MMG in formazione sono date per scontate al termine primo anno del CFSMG, centrato sui tirocini ospedalieri, che spesso si sommano ad esperienze di CA o di sostituzioni in MG accumulate dai corsisti più avanti negli anni: mancano quelle relazionali e decisionali legate al contesto epidemiologico ed organizzativo, che si possono affinare solo con l’esperienza sul campo, in una sorta di "alternanza formazione-lavoro" e soprattutto con la contestualizzazione della teoria alla pratica. Il salto di qualità identitario del CFSMG si ha al II° anno con il tirocinio semestrale in MG, vera palestra formativa in cui si affinano le soft skill professionali.
Le nozioni e le abilità di base del MMG in formazione sono date per scontate al termine primo anno del CFSMG, centrato sui tirocini ospedalieri, che spesso si sommano ad esperienze di CA o di sostituzioni in MG accumulate dai corsisti più avanti negli anni: mancano quelle relazionali e decisionali legate al contesto epidemiologico ed organizzativo, che si possono affinare solo con l’esperienza sul campo, in una sorta di "alternanza formazione-lavoro" e soprattutto con la contestualizzazione della teoria alla pratica. Il salto di qualità identitario del CFSMG si ha al II° anno con il tirocinio semestrale in MG, vera palestra formativa in cui si affinano le soft skill professionali.
Non mi
scandalizza quindi che un medico in formazione al secondo o al terzo anno del
CFSMG possa già iniziare la sua attività professionale in autonomia, visto che
le basi teoriche sono già state acquisite: infatti i tirocinanti del CFSMG si
lamentano del fatto di ripetere per l'ennesima volta nella loro carriera
seminari su diabete, ipertensione etc... (si veda il PS). La MG si insegna/impara facendo ed
assai meno nelle aule dove si può acquisire una cornice teorica, esperienze di simulazione e/o di confronto sui casi in piccolo
gruppo. Se poi i seminari vengono tenuti in forma di lezioni frontali da
specialisti privi di esperienza pratica sul territorio il dubbio sulla loro
utilità è legittimo.
Quella in MG è una formazione SITUATA, TACITA ed
ESPERIENZIALE, che ha senso e valore se si concretizza nel learning by
doing del tirocinio, cioè nell’utilizzo degli strumenti che mediano relazioni e
decisioni, in primis la cartella informatizzata, le regole esplicite e
implicite, vincoli normativi e risorse organizzative, caratteristiche
socio-demografiche del setting, confronto con i modelli esplicativi di matrice culturale etc... Certo, l’accesso alla convenzione già al
primo anno è una forzatura e probabilmente sarà una rara eccezione: ma dopo il
tirocinio semestrale del II° anno e ovviamente dopo quello del terzo mi sembrerebbe
naturale, perchè la svolta formativa si ha proprio con i full immersion della
formazione sul campo guidata dal tutor. La soluzione del problema formativo non
sta nei due o tre anni di CFSMG ma nel post, nel senso che l’apprendimento non si esaurisce nel triennio di frequenza ma
dovrebbe continuare con adeguati strumenti di richiamo e di riflessione, che
purtroppo mancano nell’ECM, ridotta alla scontata lezione frontale in grande
gruppo di dubbia utilità.
Se queste premesse sono valide la "specialità" del
generalista si concretizza in due tratti distintivi, necessari e sufficienti:
in pratiche SITUATE nel contesto professionale e nel riferimento alla persona
nella sua interezza olistica. La “specificità” della MG è correlata alle
interazioni con l’ambiente, alle relazioni con la comunità professionale,
all’ecologia sociale e familiare e si acquisisce con l’esperienza del
tirocinio, non nello spazio d’aula in modo astratto e acontestuale. Insomma la
MG è una specialità sui generis, ovvero non di organi/apparati o tecniche ma di
un sapere pratico che dipende “dall’intero sistema ambientale composto di
fattori fisici (materiali) e sociali” nel quale “vengono portate a temine
azioni nell’ambito della specifica situazione, utilizzando le caratteristiche
materiali e sociali del contesto dell’azione”*.
* Parolin Lucia Laura, Tecnologia e sapere pratico nella società della conoscenza. Il caso della telemedicina. Franco Angeli, Milano, 2011.
P.S. Gli obiettivi educativi di un corso per MMG sono correlati al contesto formativo ambulatoriale, alla relazione tutoriale e schematizzabili in quattro dimensioni, in ordine di importanza e di impegno crescente per i partecipanti:
* Parolin Lucia Laura, Tecnologia e sapere pratico nella società della conoscenza. Il caso della telemedicina. Franco Angeli, Milano, 2011.
P.S. Gli obiettivi educativi di un corso per MMG sono correlati al contesto formativo ambulatoriale, alla relazione tutoriale e schematizzabili in quattro dimensioni, in ordine di importanza e di impegno crescente per i partecipanti:
- Sapere: sul piano cognitivo e nozionistico talvolta durante il tirocinio si invertono i ruoli, nel senso che il tutor ha l’opportunità per imparare dal collega tirocinante fresco di laurea e di studi specialistici, in particolare riguardo ai più recenti contributi della ricerca biomedica e specialistica
- Saper fare: è l’occasione per il tirocinante per acquisire soprattutto abilità e competenze nella semeiotica fisica, che è stata ridimensionate nella formazione di base per il ruolo prevalente della tecnologia diagnostica
- Saper essere: la dimensione comunicativa e relazionale è certamente quella più trascurata nella formazione curricolare, specie per la specificità e le caratteristiche del contesto territoriale nella gestione del rapporto medico-paziente
- Compiti e sapere “metodologico”: si tratta della competenza pratica in cui si fondono i precedenti saperi durante la consultazione ambulatoriale o domiciliare, nel senso dell’elaborazione delle informazioni per il problem solving e il ragionamento diagnostico, della valutazione prognostica e del rischio, della presa di decisione appropriata, della negoziazione e pianificazione condivisa del percorso di cura etc, tenuto conto dei limiti tecnologici e dei vincoli normativi della medicina extra-ospedaliera.
Per
“insegnare” e acquisire le ultime due competenze è rilevante la
dimensione tacita, “qualitativa”, informale ed esperienziale della formazione,
vale a dire l’apprendimento “sul campo” dell’approccio
per problemi all’interno della relazione medico-paziente; conta più la
riflessione nel corso dell’azione e a posteriori della decisione che non l’applicazione
“automatica” di schemi e di indicazioni tecniche tratte da protocolli, linee
guida, percorsi diagnostico-terapeutici etc..
La formazione efficace dei futuri
MMG, in parallelo ai momenti teorici seminariali, non può che essere “situata”
nell’esperienza ambulatoriale, centrata sul sapere/apprendimento pratico e
calata nella relazionale e tre della consultazione.