L’aumento di 1/3 dei costi previsti nel 2021, per via dell’inflazione e dei rincari di materie prime ed energia, mette in discussione la possibilità di realizzare tutte le due strutture portanti del PNRR, vale a dire CdC e OdC. Da qui la necessità di rivedere alcuni parametri per adeguare il piano al nuovo scenario macroeconomico e alla patologica ipertrofia di attese sociali indotte dai reiterati annunci. Le ipotesi sul tavolo sono varie:
- le regioni potrebbero farsi carico dell’aumento dei costi con risorse proprie, soluzione piuttosto improbabile visto il sottofinanziamento lamentato proprio dai governatori regionali;
- l’Unione Europea potrebbe erogare fondi aggiuntivi, riconoscendo lo “stato di necessità” conseguente alla contingenza economico-finanziaria, ma il consenso sui tempi e modi del rifinanziamento non è garantito;
- potrebbe essere ridotto il numero o le dimensioni di CdC, OdC e COT oppure si potrebbero incrementare le sinergie tra le varie strutture, per contenere i costi di edificazione e manutenzione, integrando in un unico complesso le tre funzioni, come si augura Agenas nel suo recente documento sugli OdC;
- infine i finanziamenti deliberati per un capitolo potrebbero essere spostati su altre funzioni oppure, ancora, potrebbe essere diversificata la ripartizione dei fondi tra le varie regioni in base allo stato di attuazione delle reti locali, assai disomogeneo.
In un panorama così diversificato la distribuzione a pioggia, standardizzata e "ragionieristica", dei finanziamenti sui territori non appare la più razionale, anche se con i finanziamenti aggiuntivi regionali le CdC sono passate da 1350 a 1430; sebbene il PNRR attribuisca il 45% delle risorse alle regioini del sud dove risiede il 34% della popolazione non sarà agevole compensare le attuali differenze tra territori e risolvere l'annoso problema del disallienamento dell'offerta tra i "20 diversi SSR" che la proposta di regionalismo differenziato potrebbe accentuare. Ad esempio, qual è la ratio dei finanziamenti all’Emilia Romagna per realizzare 95 CdC quando nella stessa regione sono già in funzione ben 130 case della salute, buona parte delle quali assimilabili agli Hub del PNRR? Idem per il Veneto riguardo agli OdC. Sarebbe logico distribuire le risorse in modo più appropriato, in funzione della situazione esistente per allineare le regioni in ritardo a quelle più avanzate; non è difficile prevedere che una soluzione simile solleverebbe le proverbiali barricate delle una contro le altre per la penalizzazione finanziaria subita, con buona pace della retorica sulla solidarietà del SSN verso i territori meno dotati.
L’attuale situazione di stallo ha fatto emergere la principale criticità della Missione 6C1 correlata al passaggio dalla prima alla seconda versione del PNRR, vale a dire lo spostamento di ben 2 miliardi di € dal finanziamento delle strutture territoriali all’assistenza domiciliare. Una parte di quelle risorse potrebbero venir buone oggi per rafforzare le strutture territoriali diversificando la rete delle CdC, rispetto all’unico modello adottato nel 2021 e messo in forse dagli eventi del 2022. Anche perché gli operatori sociosanitari disponibili in futuro difficilmente saranno in grado di assicurare l’estensione dell’assistenza domiciliare garantendo nel contempo la funzionalità di CdC, OdC, telemdicine e COT .