Le indicazioni che emergono dai primi anni di riforma della Presa in Carico (PiC) della cronicità e fragilità in Lombardia sono anche la causa del
suo fallimento, che il Covid-19 ha messo in risalto: la PiC lombarda
proponeva di spostare il baricentro della gestione della cronicità dal
territorio all’ospedale, “appaltando” la cura dei cronici ai Gestori
accreditati, ruolo che poteva essere assunto da Aziende ospedaliere, pubbliche
o private, in una cornice di quasi mercato amministrato. In pratica la
concorrenza tra Gestori privati e MMG in Coop doveva migliorare
l’organizzazione e gli esiti clinici delle patologie, sulla base della libera
scelta dei pazienti, che potevano migrare dall’assistenza primaria territoriale
alla presa in carico dei Clinical Manager ospedalieri. Ma così non è stato.....
Gli “arruolamenti” hanno dimostrato lo scarso interesse dei diretti interessati, ovvero i pazienti e soprattutto i Gestori privati: complessivamente al gennaio 2020 meno del 10% degli
oltre 3 milioni di cronici lombardi ha accettato la PiC e di costoro solo
esiguo 5% ha optato per una gestione ospedaliera abbandonando i generalisti,
che per parte loro hanno arruolato il restante 95%. Il dato più sorprendente e inatteso è stato il sostanziale “boicottaggio” della riforma
da parte di coloro che dovevano, nelle intenzioni dei decisori regionali, rivestire
il ruolo di protagonisti del passaggio dei cronici dal territorio al nosocomio,
vale a i dire i Gestori privati che si sono sfilati fin dall'inizio e si sono ben guardati da arruolare pazienti. ( http://curprim.blogspot.com/2021/08/riforma-della-legge-23-in-lombardia-e.html )
Un
esito controintuitivo per i decisori pubblici che ha messo in
discussione il quasi mercato a concorrenza verticale, cioè la competizione tra assistenza
primaria e di II livello per la cura delle condizioni croniche. La cronicità
più che antagonismo tra comparti del SSR richiede integrazione e coordinamento
verticale tra professionisti I e II livello, come ha messo in evidenza anche
l’emergenza infettiva. La pandemica dal canto suo ha riportato in primo piano
il ruolo delle strutture ospedaliere nella gestione degli eventi acuti ed
emergenziali e quello della MG e dell’assistenza sul territorio per far fronte
ai bisogni di salute della popolazione, in controtendenza rispetto all’ipotesi
opposta della PiC, ovvero l’emarginazione delle cure primarie dalla cura della
cronicità.
L’esito complessivo della riforma lombarda ha
sicuramente inciso sulla decisione di rivedere l’impianto della Legge Regionale
23 del 2015 - la “madre“ della PiC - determinando un nuovo orientamento nella programmazione
e nella governance del territorio, come testimonia il Progetto Di Legge di
sviluppo del SSR lombardo approvata alla fine di luglio del 2021 ( http://curprim.blogspot.com/2021/07/progetto-di-legge-di-riforma-del-lr.html ). Lo dimostra l’articolo
13 del PDL che prevede “l’utilizzo delle tecnologie informative per
incrementare il ricorso alla telemedicina, al teleconsulto e al
telemonitoraggio, in modo da potenziare e migliorare la presa in carico del
paziente affetto da patologie croniche” ma soprattutto l’istituzione del
“comitato di indirizzo cure primarie con funzioni di coordinamento al fine di
predisporre annualmente linee guida, da sottoporre all’approvazione della
Giunta regionale, relative alla presa in carico dei pazienti affetti da
malattie croniche, nonchè alla programmazione della formazione dei medici di
medicina generale”. Si tratta di una importante novità che formalizza il
rapporto tra le istituzioni e la comunità professionale dalla MG al di fuori
delle logiche sindacali che contraddistinguono l’applicazione dell’ACN e
soprattutto gli AIR.
Inoltre
il PNRR approvato dal parlamento italiano e soprattutto il documento AGENAS sugli
standard e modelli della futura assistenza primaria ridisegna gli assetti
organizzativi del territorio, introducendo a livello regionale gli Ospedali e
le Case della Comunità dopo che le norme sulle omologhe Case della Salute,
risalenti al 2007, sono state disattese in buona parte delle regioni. Le Case
della Comunità potranno far fronte anche alla “pandemia” di condizioni
croniche, con un’appropriata assistenza di prossimità che la rete ospedaliera
non può certo garantire, impegnata com’è sul fronte degli interventi
tecnologici e specialistici per eventi acuti, come ha dimostrato il Covid-19.
La carenza di un network di interfaccia e collegamento tra assistenza primaria
e strutture ospedaliere si è fatta sentire soprattutto nella prima parte
dell’ondata pandemica, quando ancora le USCA non erano a regime, e sarà dirimente
anche per la revisione e il rilancio della PiC in chiave non competitiva ma di
governance. Nel secondo semestre la revisione della riforma Maroni del 2015 dovrà integrarsi con il ridisegno della rete d’offerta territoriale previsto dal PNRR.
Queste
novità introducono rilevanti cambiamenti e le premesse per un rilancio della MG e
dell’assistenza primaria in generale. Il futuro della PiC è legato alla promozione di quella Comunità di Pratica,
formazione, ricerca e apprendimento dei medici del territorio, che purtroppo in Italia è in ritardo
rispetto al resto dell’Unione Europea. Emblematica è a questo proposito la
vicenda del Corso di Formazione Specifica in MG che, proprio per le carenze
della Comunità professionale, non ha ancora conseguito gli standard
qualitativi, il riconoscimento economico e lo status specialistico che i
colleghi in formazione si attendono. Ora grazie alle strutture previste dal
PNRR è possibile al rilancio dell’organizzazione e della comunità professionale delle cure primarie, a partire dalla definizione delle AFT nell'ambito delle Case della comunità, dalla nomina e dalla formazione dei coordinatori.
La qualità
della formazione continua e quella dei futuri MMG può essere garantita dall’esperienza
di full immersion nel tirocinio professionalizzante, a contatto con le pratiche
della comunità sotto la guida di un valido tutor. Naturalmente anche la formazione
permanente, in particolare quella sul
campo e con il metodo dell’audit, è un punto chiave del rilancio della MG a
condizione però che si traduca nella verifica empirica delle ricadute
comportamentali nel contesto sociale della Aggregazioni Funzionali Territoriali, che sono il primo passo per ricostruire e coltivare la Comunità di Pratica. Per
la valutazione dell’apprendimento sul campo avranno sempre più importanza i
sistemi informativi di raccolta ed elaborazione dati delle decisioni e il
confronto tra pari sugli esiti. La MG è uno snodo informativo, in cui vengono
generate e registrate un numero impressionante di informazioni, depositate in
una ricchissima banca dati dispersa sul territorio che può e deve essere aggregata e “sfruttata”.
Per
quanto riguarda l’assistenza ai pazienti cronici e fragili le politiche
sanitarie dovrebbero favorire l’evoluzione dell’organizzazione nel senso di una
maggiore integrazione con il II livello, sempre evocata retoricamente ma contraddetta
dai fatti, specie in Lombardia come il proposito di “far migrare” i cronici verso
le strutture ospedaliere, antitetico alle pratiche integrative. L’esperienza
della PiC ha dimostrato che sono stati i pazienti per primi a diffidare della
managed competition che proponeva loro una sorta di aut/aut tra la conferma
dello status quo e l’implicita ricusazione del MMG, per delegare una porzione
della propria salute ad un professionista concorrente ed alternativo.
Condizioni per il superamento del
modello di PiC della LR 23/2015
· Interoperabilità tra i Software dello studio e i sistemi informativi
regionali di gestione dei dati (SISS, piattaforme della PiC) senza la quale è improponibile
il monitoraggio delle condizioni croniche;
· Formazione continua in piccoli gruppi sulla gestione delle informazioni e
sull’applicazione pratica dei principali PDTA già attivati a livello
periferico;
· differenziazione degli interventi e dell’organizzazione in funzione
dell’intensità assistenziale del paziente, da quello con monopatologia ben
compensata al soggetto pluripatologico, fragile, non autosufficiente;
· per i pazienti monopatologici o portatori asintomatici di uno o più fattori
di rischio l’applicazione personalizzata del PDTA può essere sufficiente, riservando
il PAI ai pazienti complessi con danno d’organo;
· la PiC deve essere collegata alle pratiche cliniche, organizzative e
informatiche già in atto nel contesto delle cure primarie, intese come “punto
centrale (hub) dei processi assistenziali” (PNC);
· distinzione tra dimensione clinica affidata al MMG ‐ salvo casi
di passaggio in cura ‐ da quella organizzativa, delegata ad un Gestore nei
pazienti con PAI ad elevata intensità clinico-assistenziale;
· valorizzazione delle informazioni abitualmente registrate nei SoftWare dei
MMG per evitare duplicazioni con i moduli informatici della piattaforma
regionale;
· adozione di una logica qualitativa e funzionale nella valutazione dei
bisogni e dell’offerta sanitaria e socio-assistenziale, invece che puramente
prestazionale.