Dall'inizio
dell'anno i dati rilevati dai medici aderenti alla rete influnet
confermano la percezione di chi lavora sul territorio: a tutt'oggi
l'epidemia influenzale
stagionale
è solo all'inizio
(http://www.iss.it/binary/iflu/cont/Influnet_2016_02.pdf)
con un'incidenza al
di sotto della soglia minima da settimane, assai
inferiore a quella
della precedente stagione. Sul
territorio prevale il
normale e fisiologico “rumore di fondo” epidemiologico, a base di
riniti, rinofaringiti virali e di sindromi influenzali minori,
respiratorie e gastroenteriche, tipiche di tutto il periodo
autunno-inverno. Quando arriverà la vera e propria epidemia gli
influenzati avranno modo di sperimentare su di sè la differenza, a
meno che il virus non si faccia proprio vivo e ci conceda un inverno
di tregua, come è successo qualche anno fa. Eppure dall'inizio
dell'anno giornali e siti internet segnalano gli ormai consueti
“intasamenti” dei PS, specie nelle aree metropolitane, dovuti
all'afflusso di influenzati, a fronte di un virus che peraltro ancora
non si è affacciato al belpaese. Una clamorosa divaricazione tra
percezione e realtà? Fobia sociale del virus?
Sull'influenza
si registra da sempre una gran confusione tra la gente: da novembre a
marzo tutte le virosi respiratorie, anche i banali raffreddori con
lievi rialzi febbrili, vengono etichettate come "influenze"
mentre la vera e propria virosi influenzale inizia in genere nel
periodo più freddo dell'anno, dura al massimo 6 settimane e
soprattutto da sintomi ben più impegnativi delle altre virosi
respiratorie minori: febbre elevata ed improvvisa, in pieno benessere
e preceduta da brividi intensi, estrema spossatezza, tosse secca
persistente, astenia e mialgie, mancanza di appetito e soprattutto un
decorso febbrile che dura non meno di tre giorni e non di rado fino a
cinque o più etc...
L'influenza
è un esempio paradigmatico degli effetti “macro”, cioè a
livello di funzionalità della rete ospedaliera, delle decisioni
individuale “micro”, prese della gente come reazione alla
diffusione del virus. A causa della gran confusione concettuale sopra
delineata, alimentata dalle notizie allarmistiche e generiche dei
media, allorchè un'influenza esordisce con il "febbrone"
la gente viene presa alla sprovvista, si spaventa e per l'ansia in
alcuni casi finisce per rivolgersi in PS con il timore di essere
affetta da malattie ben più impegnative, ad esempio una polmonite,
specie nelle grandi città metropolitane. Tuttavia l'ospedale è il
luogo meno adatto per "curare" l'influenza, anche perché è
noto che non vi è alcun farmaco efficace su questi virus, come
invece accade con gli antibiotici nella terapia delle infezioni
batteriche. In mancanza di farmaci antivirali efficaci, nei casi di
dubbia diagnosi vengono prescritti antibiotici, specie nel timore di
sottovalutare una forma batterica e per non sbagliare etc.. Ma gli
anti-batterici sono utili tutt'al più per prevenire le complicazioni
negli anziani polipatologici a rischio o nei soggetti con deficit
immunitari. Insomma attorno all'influenza si è creta una gran
confusione concettuale, organizzativa e pratica, figlia della nostra
incapacità di gestione razionale dell'epidemia con strumenti
diagnostici e terapeutici efficaci!
Questa
confusione si riverbera sulle strutture d'emergenza, a cui si rivolge
un certo numero di influenzati, già di per se sovraccariche di
accessi più o meno impropri ed impossibilitate a deviare il surplus
di domanda verso i reparti di degenza. A causa del taglio dei di
posti letto e
del personale
ospedaliero
(posti
letto -70.000 negli ultimi 10 anni; personale -26.000 dal 2007)
le astanterie dei PS risultano quindi sovraccariche e in difficoltà
a smaltire il carico di accessi per un tipico effetto collo di
bottiglia. La riduzione dei posti letto è il modo più facile ed
occulto
di razionare
le prestazioni sanitarie
perchè
colpisce alla cieca, in modo anonimo e senza possibilità di
alternativa, le persone nel momento del maggiore bisogno.
L'eliminazione dei posti letto è
contemporaneamente anche un razionamento
del
tempo di assistenza e cura, ma l'interessato non ne è consapevole e
quando avrà bisogno di un ricovero gli verrà negato per la causa di
forza maggiore "fisica" (mancano i letti) senza possibilità
alternativa, come accade invece con il farmaco non
prescrivibile,
se ce
lo si
può permettere. Nel caso del farmaco il bene non è scarso in quanto
comunque disponibile in farmacia, mentre i posti letto eliminati
garantiscono il razionamento e il presunto risparmio, perchè
banalmente il letto mancante non può essere occupato da chi ne
avrebbe diritto e bisogno, anche se lo zoccolo duro dei costi è
costituito da quelli fissi, indipendentemente dalla presenza e
dall'occupazione del letto.
La
rigidità dell'organizzazione, incapace di flessibilità in caso di
emergenza epidemica, viene pagata da tutta la filiera ospedaliera
e soprattutto dei servizi che stanno a monte del reparto di degenza e
al confine tra ospedale e ambiente, ovvero le strutture di emergenza
sottoposte ad un sovraccarico di accessi e di permanenza in PS per il
blocco del turn-over dei
degenti,
che non possono essere ricoverati
per l'effetto imbuto della carenza di letti nelle
corsie.
Inoltre il sistema di pagamento a DRG è un disincentivo per i
reparti di medicina generale, a vantaggio di quelli chirurgici
economicamente più "sicuri", mentre sarebbero più utili
per fronteggiare le emergenze epidemiche. La differenziazione
funzionale iper-specialistica dell'organizzazione e delle
professionalità emargina i reparti "generalisti" che in
queste circostanze potrebbero farsi carico di situazioni di scompenso
multiorgano, magari in sinergia con il territorio. Per non parlare,
infine, del blocco ormai decennale del
turn-over ospedaliero,
dei
contratti, delle
convenzioni
e delle
innovazioni organizzative, specie in
MG.
L'emergenza
influenza è
la risultante
del
combinato
disposto
di
decisioni dall'alto
di
politica sanitaria (riduzione
dei posti letto ospedalieri e
dei dipendenti) con le
decisioni dal basso di
una parte di assistiti (recarsi in ospedale) i cui effetti
perturbanti coinvolgono gli
assistiti stessi e gli operatori
delle
strutture di emergenza/urgenza.
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