L'obiettivo è di promuovere la misurazione, il confronto e la rappresentazione del livello dell'offerta sanitaria tra le regioni partecipanti attraverso la selezione di circa 300 indicatori - 150 di valutazione e 150 di semplice osservazione - che consentono il processo di benchmarking delle performance del sistema sanitario per quanto riguarda: stato di salute della popolazione, capacità di perseguire le strategie regionali, dinamica economico-finanziaria ed efficienza operativa, esperienza degli utenti e dei dipendenti, Emergenza-Urgenza, prevenzione collettiva, governo e qualità dell'offerta, assistenza farmaceutica.
La regione Lombardia prende parte al sistema di valutazione nel
2017 e dal 2018 gli operatori sanitari sono invitati, tramite report individuali,
a confrontarsi con alcuni indicatori che riguardano la loro pratica
assistenziale. Ai MMG sono stati recapitati report relativa a: prescrizioni di
oppiacei, antibiotici, sartani o ACE inibitori, partecipazione a screening per
il SOF e vaccinazioni influenzali, ricoveri evitabili. Il report propone una
sorta di classifica di riferimento (ranking) a 5 parametri che permette al
medico di auto-valutarsi, per una sorta di banchmarking individuale, rispetto
al gruppo di colleghi della propria zona, della propria ATS e in teoria della
regione etc..
METODOLOGIA
DELLA VALUTAZIONE
Quali sono i presupposti metodologici dell'iniziativa? Qual’è la
“filosofia” della Valutazione delle Performances Regionali? Lo chiarisce
l'introduzione al report 2017 della ricerca a partire dal concetto di
benchmarking, cardine del processo valutativo, nel senso del “imonitoraggio dei risultati da comparare con un qualche standard di riferimento
che determina ‘rewards’ o correzioni di linea di azione”. Infatti il
“benchmarking, ossia il processo sistematico di confronto delle performance,
rappresenta lo strumento fondamentale per scongiurare l’autoreferenzialità e
per attivare processi di apprendimento dalle best practice”. Tuttavia, ammette
il documento, “per molti indicatori non esistono standard di riferimento su cui
basare la valutazione e le organizzazioni possono solo verificare se il
risultato ottenuto risulti migliore o peggiore rispetto all’anno precedente”.
Per ovviare a questo limite, tipicamente autoreferenziale, la
Scuola S.Anna propone la valutazione rispetto ad “altri servizi
comparabili in quanto a struttura e missione in territori limitrofi” per cui
diventa essenziale “adottare il confronto con altri soggetti quale metodo di
lavoro sistematico” anche al fine di attivare processi di cambiamento
organizzativo. Altro obiettivo del benchmarking è la necessità di “ridurre la
variabilità evitabile”, fondamentale in un sistema sanitario a copertura
universale che intenda garantire pari diritti a tutti i cittadini, e
finalizzato a “riorganizzare i servizi, in modo da garantire una risposta
adeguata ai bisogni, con la massima produttività delle risorse in termini di
servizio reso e partendo dalle esigenze dell’utenza”.
Il modello di valutazione
proposto è "capace di monitorare i risultati delle istituzioni sanitarie non
solo in termini economico-finanziari, ma anche in quelli di qualità clinica e
di soddisfazione dell’utenza”. In sostanza il sistema di valutazione intende “fornire a ciascuna
Regione una modalità di misurazione, confronto e rappresentazione della
performance delle proprie Aziende sanitarie, a confronto con quella delle altre
Regioni (benchmarking inter-regionale) ma anche il confronto “in ottica
intra-regionale, tra le Aziende di ciascuna Regione”.
INDICATORI
E STANDARD DI VALUTAZIONE
Gli indicatori prescelti
evidenziano le dimensioni fondamentali della performance in un sistema
sanitario complesso, vale a dire:
- lo stato di salute della popolazione;
- l’efficienza e la sostenibilità;
- la soddisfazione dell’utenza, quella del personale e i processi di comunicazione;
- la capacità di perseguimento delle strategie sanitarie regionali;
- la presa in carico dell’emergenza-urgenza;
- la prevenzione collettiva;
- il governo e la qualità dell’offerta;
- l’assistenza farmaceutica.
A circa 120 indicatori di cui si compone il sistema è attribuito
un punteggio valutativo d 1 a 5 – corrispondenti ad un giudizio ottimo, buono,
medio, scarso e molto scarso - ottenuto dal confronto degli indicatori ricavati
dai flussi informativi con tre diverse tipologie di standard valutativi:
· riferimenti riconosciuti a livello internazionale (ad esempio, la
percentuale di parti cesarei, indicata dall’OMS)
·
performance delle Aziende del Network confrontate con quelle
registrate a livello europeo,
·
confronto e distribuzione inter-aziendale dei dati.
Gli indicatori prendono in considerazione parametri statistici piuttosto eterogenei, riconducibili ad alcune categorie:
- variabili finanziarie: costo medio pro-capite, consumo di categorie di farmaci, spesa farmaceutica pro-capite etc..
- appropriatezza organizzativa e temporale: percentuali di ricoveri, interventi, numero di accessi, tempi di attesa medi, tassi di ospedalizzazione per residenti, efficienza produttiva etc,
- appropriatezza diagnostico-preventiva: adesione della popolazione a campagna vaccinali e di screening etc..
- appropriatezza prescrittiva: aderenza terapeutica per categorie di pazienti, prescrizioni diagnostiche, rispetto delle indicazioni delle linee guida in gruppi omogenei etc..
Gli indicatori selezionati nel 2017 per la costruzione
delle mappe di performance sono 28; quelli pertinenti alle cure primarie
territoriali sono i seguenti:
- Percentuale di anziani in Cure Domiciliari con valutazione
- Tasso di amputazioni maggiori per diabete per milione di residenti
- Tasso di prestazioni RM muscolo-scheletriche per 1.000 residenti ( 65 anni)
- Drg LEA Medici: tasso di ospedalizzazione std per 10.000 residenti
- Consumo di antibiotici sul territorio
- Spesa farmaceutica territoriale pro capite
- Costo sanitario pro capite
DISCUSSIONE E
COMMENTO
Innanzi
tutto è d’obbligo un’annotazione lessicale e semantica: per performance si
intendono in economia, i risultati
ottenuti seguendo una determinata linea di condotta di politica economica; per
estensione, risultato considerevole in attività sportive (detto di persone),
nella tecnica (detto di macchine) e, nel linguaggio pubblicitario,
nell'affermazione di un prodotto. La performance in campo organizzativo è
riferita ad un complesso di azioni messe in atto da diversi attori, in modo
coordinato e sistemico, per il raggiungimento di alcuni obiettivi rilevanti, più
che ad azioni parcellari o decisioni di singoli individui isolati. Nel settore sanitario le
performances organizzative possono avere a che fare con il rispetto di
parametri temporali, con l’efficacia gestionale di processi, percorsi o filiere
complesse in cui sono implicati servizi operativi funzionalmente differenziati,
interdipendenti e tra loro integrati. Una tipica performance organizzativa è quella di un PS dove gli accessi con codice verde vengono visitati entro 1 ora o, per una chirurgia, la percentuale di fratture del collo del femore operate entro 2 giorni.
L’iniziativa
della Scuola S.Anna ha finalità prettamente economiche, in rapporto alle
performanaces organizzative a livello macro (confronto tra regioni) e meso
(confronto tra Aziende Sanitarie Locali od Ospedaliere all’interno della stessa
regione); in questa cornice molte performances prese in esame non possono
essere estese meccanicamente dal livello organizzativo sovraindividuale al comportamento individuale (il singolo professionista) o a livello di
micro aggregazioni locali (distretto o AFT) per mancanza di uno standard di riferimento univoco e
appropriato al contesto. Ad esempio, il singolo professionista con quale standard di
riferimento si deve confrontare? Con le medie del proprio distretto/AFT, della
propria ASL/ATS, con la media ragionale o con quelle di altre regioni?
Gli
indicatori sono quindi relativi all’appropriatezza organizzativa più che
prescrittiva individuale ed anche quei pochi che hanno natura vicina alla
dimensione clinica si riferiscono sempre al livello aziendale ospedaliero, come nel caso dell’indicatore che valuta la
percentuale di prescrizioni di farmaci alla dimissione post-IMA. Nella
valutazione delle performances delle Aziende Ospedaliere non sono comprese
quelle private, no profit e for profit, che invece in un sistema misto, basato
sulle pari condizioni tra pubblico e privato accreditato, sarebbe logico ed
anche giusto inserire.
Il monitoraggio delle performances regionali della Scuola S,Anna propone una nuova architettura della
valutazione, una diversa cornice del giudizio di appropriatezza: dalla dispersione gaussiana
degli indicatori attorno alla media, intesa come standard di riferimento a cui riferirsi, si passa ad una gradazione gerarchica top/down, nel senso
che il gold standard si identifica con il valore più elevato - o più basso a
seconda del parametro scelto - dello spettro statistico registrato nella distribuzione inter-aziendale o inter-regionale. Il messaggio implicito nell'impostazione è di "fare di più" per raggiungere il top della graduatoria delle performance, a differenza della regressione alla media implicita nella tradizionale impostazione "gaussiana", che implicitamente proponeva di ricondurre alla media le due "code" dello spettro.
Per
alcuni indicatori l’obiettivo a cui far riferimento è per sua natura incrementale e quindi coerente
con questa impostazione: ad esempio per gli screening di popolazione o per
l’adesione a campagne vaccinali si deve mirare alla più ampia partecipazione
possibile, che in teoria si avvicina alla totalità della popolazione
interessata (ad esempio il 95% per quanto riguarda l’immunità di gregge nelle
vaccinazioni dell’infanzia). Per altri indicatori invece lo standard
incrementale non appare idoneo, come nel caso di parametri ricavati dalle medie
tra le singole regioni che partecipano al monitoraggio, esaminate più sotto.
In altri casi invece l’indicatore documenta piccoli scostamenti rispetto alla media per cui è difficile stabilire qual è il "top standard" da assumere come pietra di paragone a livello organizzativo: è il caso del tasso di accesso in PS per 1000 residenti o della percentuale di prescrizioni di farmaci generici, che registrano una ridotta variabilità tra le ATS lombarde.
Questo
tema introduce un’altra criticità teorico-pratica: non è chiaro a quale
dispersione gaussiana si riferisca l'obiettivo di contenere la variabilità "evitabile" degli indicatori di performnces. La variabilità è
per certi versi “naturale” e un certo spettro di dispersione statistica attorno alla media è da considerare
fisiologico e inevitabile. Chi stabilisce e in base a quale criterio il confine
tra una variabilità “normale” ed una invece “anormale”, in un certo senso patologica, e quindi da
evitare? Quale delle due "code" della gaussiana deve essere riportata in media?In altri casi invece l’indicatore documenta piccoli scostamenti rispetto alla media per cui è difficile stabilire qual è il "top standard" da assumere come pietra di paragone a livello organizzativo: è il caso del tasso di accesso in PS per 1000 residenti o della percentuale di prescrizioni di farmaci generici, che registrano una ridotta variabilità tra le ATS lombarde.
Questo
problema si pone soprattutto per la valutazione dell’appropriatezza delle
prescrizioni diagnostiche e farmaceutiche sul territorio. Nel recente passato
per valutare l’appropriatezza sono state utilizzate le medie di spesa ad esempio
farmaceutica che, per un giudizio ponderato, dovrebbero considerare
criticamente sia gli iper-prescrittori che gli ipo-prescrittori; in realtà in
alcuni contesti locali sono stati siglati accordi sindacali che a priori
“censuravano” i primi e “premiavano” i secondi. Va da sè che non è affatto
detto che lo scostamento individuale “patologico” rispetto alla media, in un
senso o nell’altro, sia censurabile in modo assoluto a prescindere da una
valutazione più ampia che attiene all’appropriatezza clinica e non al mero
confronto tra astratte e acontestuali medie statistico-finanziarie.
E’
il caso di alcuni indicatori di performance presenti nel panel delle
prescrizioni farmaceutiche monitorate dalla Scuola S.Anna. Mi riferisco ad
esempio al parametro statistico di confronto tra prescrizioni di sartani o
ace-inibitori. Chi stabilisce la corretta Incidenza
percentuale dei sartani sulle prescrizioni complessive di sostanze ad azione
sul sistema renina - angiotensina, vale a dire rispetto agli ACE-inibitori? Le
più recenti linee guida hanno messo sullo stesso piano i farmaci
antiipertensivi superando il concetto di molecole di prima scelta a priori,
rispetto ad altre di seconda linea, a prescindere dalle caratteristiche
cliniche del singolo paziente. Inoltre i sartani sono ormai tutti “genericati”: in precedenza quando il divario di prezzo era elevato, nell'ordine del doppio o del triplo, la prescrizione era limitata dalla Nota 73, ma con l'ingresso sul mercato dei generici, da almeno 5 anni a questa parte, i prezzi si sono allineati a quelli degli ACE inibitori, con differenze dell'ordine del 10-20%.
Per altre linee guida invece, ad esempio quelle sullo
scompenso, è mandatoria la prescrizione di una molecola ad azione sul sistema
renina-angiotensina. Ciò che conta è che la stragrande maggioranza degli
scompensati assuma una molecola appartenente ad una delle due categorie ed è su
questo parametro prescrittivo che deve essere tarato lo standard di riferimento,
non sulla percentuale differenziale delle prescrizioni dell’una rispetto all’altra.
In altri termini per valutare l’appropriatezza clinico-prescrittiva della
terapia dello scompenso si dovrà “misurare” quanti pazienti sono stati posti in
terapia con un ACE inibitore o un sartano in relazione ad uno standard di
riferimento che sarà il più elevato possibile, ovvero prossimo al 100% come nel
caso della prevenzione collettiva. Se questo è l’obiettivo prioritario di
appropriatezza clinico-prescrittiva poco importa l’incidenza percentuale dei
sartani rispetto agli ACE in quanto entrambe le due categorie sono parimenti
efficaci ed indicate.
Analoghe difficoltà nella determinazione di gold standard
univoci si incontrano per numerosi altri indicatori, come la prescrizione di molecole
con brevetto scaduto, gli inibitoti della ricaptazione della serotonina, il
consumo territoriale di antibiotici, gli inibitori di pompa protonica, i farmaci
oppioidi, la spesa farmaceutica territoriale pro-capite, il tasso di RMN
scheletriche per 1000 abitanti, i tassi di ospedalizzazione per scompenso
cardiaco, diabete mellito, BPCO, accessi in PS o a cure palliative etc..
Ad esempio su quali evidenze è possibile affermare che un livello contenuto di spesa farmaceutica complessiva sia un indicatore affidabile di buone pratiche assistenziali, senza correlare i consumi farmaceutici ad indicatori epidemiologici e di processo/esito clinico? Oppure, specularmente, che livelli elevati di prescrizioni farmaceutiche sono a priori inappropriati? In pratica qual'è lo standard di spesa farmaceutica pro-capite che garantisce la migliore appropriatezza, coniugando efficacia, efficienza, qualità e soddisfazione dei pazienti? I 144 € a cittadino delle ASL di Imperia e delle Dolomiti o i 248 € rilevato in quelle di Matera, Taranto e Pavia?
Ad esempio su quali evidenze è possibile affermare che un livello contenuto di spesa farmaceutica complessiva sia un indicatore affidabile di buone pratiche assistenziali, senza correlare i consumi farmaceutici ad indicatori epidemiologici e di processo/esito clinico? Oppure, specularmente, che livelli elevati di prescrizioni farmaceutiche sono a priori inappropriati? In pratica qual'è lo standard di spesa farmaceutica pro-capite che garantisce la migliore appropriatezza, coniugando efficacia, efficienza, qualità e soddisfazione dei pazienti? I 144 € a cittadino delle ASL di Imperia e delle Dolomiti o i 248 € rilevato in quelle di Matera, Taranto e Pavia?
Infine, sempre per quanto riguarda le prescrizioni farmaceutiche o
diagnostiche territoriali, bisogna considerare che non tutti i consumi sono
riconducibili al solo MMG, poichè una quota variabile è in realtà indotta o
riconducibile a livelli professionali specialistici, sia ambulatoriali pubblici
o privati che ospedalieri. Per alcuni farmaci o prescrizioni diagnostiche, ad
esempio la RMN muscolo-scheletrica, la medicina generale è solo il terminale di
una filiera prescrittiva che inizia in altri contesti organizzativi e clinici.
Appendice 1 – Link alle sezioni del
report
Report della valutazione delle performaces
regionali
Introduzione metodologica alla valutazione
delle performances
Analisi regionale per singolo indicatore
Sintesi delle performances della Lombardia
Report analitico delle performaces della
Lombardia (ATS e ASST)
Indicatori di appropriatezza diagnostica e
farmaceutica
APPENDICE 2 – Sintesi
delle performances della regione Lombardia
Innalzamento
del livello di salute della popolazione: la Lombardia registra
una bassa mortalità infantile, in leggera ulteriore contrazione e una copertura
vaccinale in incremento, specie nell’ambito pediatrico. Per quanto riguarda la
sicurezza sul lavoro la copertura del territorio, in leggero peggioramento rispetto
al 2016, potrebbe migliorare.
Governo e
qualità dell’offerta: il tasso di ospedalizzazione è piuttosto contenuto
(126.8 per 1.000 residenti, in ulteriore riduzione rispetto al 2016) anche se
la casistica sia di tipo medico che chirurgico presenta alcune criticità
(percentuale superiore alla media di ricoveri medici oltre soglia per pazienti
con più di 65 anni ed elevato tasso di ospedalizzazione per patologie sensibili
alle cure ambulatoriali). Un maggiore investimento sulle cure domiciliari potrebbe
contribuire ad un’ulteriore riduzione del ricorso al setting ospedaliero. Casistica chirurgica: resta bassa la
percentuale di colecistectomie laparoscopiche effettuate entro un giorno mentre
la durata delle degenze mediche è leggermente più alta delle altre Regioni, con
quella chirurgica complessivamente in linea.
Organizzazione
dei processi ospedalieri: cresce in modo molto significativo la percentuale
di fratture del collo del femore operate entro due giorni (passa dal 67.9% del
2016 al 74.5%). La percentuale di dimissioni volontarie – indicatore proxy
della soddisfazione dell’utenza rispetto all’assistenza ospedaliera – è in
linea con le altre Regioni.
Attività
diagnostica: la prescrizione di risonanze magnetiche
muscolo-scheletriche a pazienti anziani (una prestazione ad alto rischio di
inappropriatezza) è allineata rispetto alle altre Regioni; la percentuale di
pazienti che ripetono una risonanza magnetica lombare entro 12 mesi dalla
precedente si conferma tra le più contenute del network.
Governance
farmaceutica: spesa territoriale è elevata (229.4 Euro pro
capite), a fronte di buone performance in termini di appropriatezza e di
aderenza, e di alcuni margini di miglioramento per quanto concerne l’efficienza
(ovvero la scelta dell’opzione farmaceutica a costo minore, a parità di
efficacia). L’attenzione verso la gestione del dolore, misurata tramite il
consumo di farmaci oppioidi, èin linea con le altre Regioni del network, e in
aumento rispetto al 2016.
Gestione
dei percorsi: quello materno-infantile si conferma buono, come
pure quella del percorso oncologico, i tempi di attesa per la chirurgia
oncologica e l’adesione allo screening mammografico; nella media l’adesione a
quello colorettale. Una maggiore concentrazione della casistica nel trattamento
del tumore maligno alla mammella potrebbe contribuire a sfruttare ulteriormente
le economie di scala e di apprendimento.
Tassi di
ospedalizzazione per patologie croniche: i ricoveri per scompenso
cardiaco si conferma meno frequente della media a diferenza di quelli per
diabete e per BPCO che restano più elevati rispetto alle altre Regioni, per
quanto in contrazione rispetto al 2016.
Percorso
Emergenza-Urgenza: a fronte di un tasso di accesso al PS relativamente
elevato, i tempi di attesa si confermano lievemente superiori alla media con
una percentuale di abbandoni seppur di poco superiore alla media del network (e
in crescita rispetto al 2016).
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