giovedì 28 novembre 2024

I quasi errori diagnostici, un'occasione di riflessione e apprendimento dall'esperienza

 Itinerari diagnostici nelle cure primarie 

 Pluralismo ed integrazione metodologica in medicina generale.

Edizioni KDP, versione cartacea e in formato Kindle

Capitolo 4. Decisioni, mismatch e quasi errori diagnostici

I quasi errori diagnostici, descritti schematicamente in calce, sono un'occasione di riflessione autocritica e meta-cognitiva, per imparare dall’esperienza ed evitare in futuro simili “sviste” e illusioni cognitive, trabocchetti e trappole mentaliin quanto come ha osservato il filosofo della scienza Karl Popper

 la diagnosi consiste, quasi interamente, in un abile processo di prova ed errore

In questo senso, dato il loro carattere “fisiologico”, più che quasi errori si potrebbero definire pseudo-errori, nel senso che rientrano nel normale bagaglio di strumenti di orientamento lungo l’itinerario che porta alla diagnosi. Inoltre offrono l’opportunità di verificare in che misura la cassetta degli attrezzi metodologici e le tappe degli itinerari sono utili ad interpretare i fatti narrati, che sono comunque di un “tenore” patologico inferiore ai quasi errori, visto che sono gli stessi protagonisti che percepiscono gli pseudo errori e li utilizzano per aggiustare il percorso (ogni volta che si prende in considerazione un’ipotesi che viene poi scartata mentalmente non si evita forse uno errore virtuale?).


La tentazione di giustificare o censurare i protagonisti di un quasi errore è forte e scatta quasi di default. Per valutare gli eventi senza una posizione pregiudiziale bisogna sgombra il campo dalle due speculari tendenze che possono condizionare un esame spassionato ed oggettivo, vale a dire:

(1) il bias del senno di poi, che tende in automatico a giudicare responsabile del presunto errore l’attore, quando si è a conoscenza dell’esito di una vicenda in cui un professionista si è trovato a decidere facendo i conti con la propria “razionalità limitata”;

(2) la posizione innocentista che a priori lo "assolve" perché le cose non potevano andare diversamente, in quanto per una sorta di determinismo gli eventi erano destinati ad un esito inevitabile, vista la particolarità o complessità della situazione.

 Tuttavia le caratteristiche delle vicende narrate negli aneddoti clinici aiutano ad evitare queste forme speculari di partito preso, per due motivi. In primo luogo perché sono narrate in prima persona del protagonista, in genere il medico coinvolto, in modo colloquiale e senza l’abituale stile distaccato e impersonale che hanno i casi clinici utilizzati a fini didattici.

In secondo luogo è lo stesso narratore che ammette il suo “inciampo”, che descrive il caso ammettendo onestamente il  proprio quasi errore, ovvero che non tutto è andato per il verso giusto a causa di una disattenzione, di un equivoco interpretativo, di una falsa pista imboccata, che non sono altro che bias cognitivi intervenuti a deviare l’itinerario diagnostico.

Caratteristiche del quasi errore in medicina

  • è prevalentemente diagnostico, in quanto attiene più alla rappresentazione e alla categorizzazione dei fatti osservati che all’azione terapeutica
  • implica uno o più bias, ovvero il ricorso acritico a scorciatoie (euristiche) cognitive del giudizio probabilistico e del riconoscimento diagnostico, schematiche o semplificate;
  •  è spesso latente e inavvertito, ma senza conseguenze clinico-prognostiche o medico-legali, ed emerge nel corso del procedimento clinico;
  • non sempre un ritardo diagnostico si rivela dannoso, perché con il tempo e con l’acquisizione di nuove informazioni viene rivista la diagnosi inappropriata e formulata quella corretta, proseguendo quindi lungo l’iter appropriato ed efficace.

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