Post n°84 pubblicato il 04 Ottobre 2015
Dei 143 test compresi nell'elenco delle prestazioni di laboratorio dell’elenco ministeriale la maggioranza è sottoposta a condizioni di erogabilità mentre per 8 si prevedono solo criteri di approppriatezza più soft:
Qualche
sera fa la ministra intervistata in TV sull'elenco delle prestazioni
soggette ai criteri di appropriatezza ha affermato, più o meno
testualmente, che un cittadino non va dal medico a chiedere un esame ma è
il medico che decide in proposito, dopo aver valutato i disturbi
riferiti e la situazione generale. Questa
considerazione può valere per l’assistito che lamenta un certo
disturbo, ma esiste anche la vasta categoria dei sani ed asintomatici
che richiedono esami a scopo rassicurativo e per una sorta di “check-up” periodico, come si diceva un tempo.
Si tratta di una realtà quotidiana: da almeno un ventennio registriamo il fenomeno della cosiddetta domanda indotta dagli assistiti, che non si limitano a riferire i loro sintomi da "pazienti", ma hanno un atteggiamento attivo da "esigenti" e tendono a negoziare prescrizioni, consigli ed azioni con il proprio medico, specie se sani, asintomatici ma desiderosi di fare controlli periodici per “prevenire le malattie”. Un esempio per tutti: la richiesta di una prescrizione per fare "tutti gli esami del sangue", spesso con periodicità annuale, rappresenta il 20-30% circa di tutte le richieste di esami di laboratorio. Le limitazioni prescrittive e della periodicità dei controlli dei test ematici riguardano in particolare questa tipologia di richieste. Il problema è annoso e mancano sicuri riferimenti EBM: se pensiamo che vi è una carenza di studi che dimostrino, ad esempio negli ipertesi in trattamento, l'utilità della ripetizione periodica dell'ECG o degli esami ematici ogni 1, 2 o 3 anni, a maggior ragione mancano chiare e provate indicazioni sulla prescrizione e la periodicità degli esami di screening nelle persone sane. Il caso del colesterolo è emblematico; la scadenza quinquennale prevista dalla bozza di decreto appare eccessivamente rigida rispetto alla gamma delle situazioni reali, in cui il controllo deve essere correlato alla valutazione complessiva dei fattori di rischio e a modificazioni fisiopatologiche correlate al ciclo vitale, che potrebbero consigliare esami più frequenti: basta pensare alle variazioni del peso corporeo, alle abitudini alimentari, alla menopausa etc... Insomma ci vuole flessibilità sia nei criteri di valutazione dei singoli casi sia nei parametri temporali per alcuni esami, tipo 3-5 anni invece del periodicità quinquennale. Chi ha stabilito quel lustro di distanza tra un controllo e l'altro dei lipidi ha espresso un'opinione non suffragata da dati scientifici probanti; in quanto tale ha scarso valore EBM e vale perlomeno quanto quella del medico curante, che dispone di molte più informazioni sul singolo assistito, alcune delle quali potrebbero consigliare un controllo più ravvicinato.
Insomma servirebbe
maggiore flessibilità e discrezionalità per favorire l'adattamento di
alcune limitazioni prescrittive rispetto alla varietà delle situazioni
pratiche e del profilo individuale di ogni assistito.
P.S.
Ad agosto la regione Lombardia ha emanato nuove regole che escludono la
prescrizione dei markers tumorali a scopo diagnostico, entrando in
palese contrasto con le indicazioni nazionali, che invece ne consentono
esplicitamente la prescrizione anche per la diagnosi (sic!). Ecco il
testo.
"In generale i marcatori tumorali devono essere prescritti unicamente solo per follow-up secondo linee guida nazionali e internazionali e quindi devono essere correlati alla diagnosi. In particolare i seguenti marcatori: CA19.9: è richiedibile solo per neoplasie del pancreas e vie biliari già diagnosticate o in fase di accertamento diagnostico differenziale in pazienti con imaging sospetto; - CA15.3: è richiedibile nelle donne o negli uomini con neoplasia della mammella già diagnosticata; - CA125: è richiedibile solo per neoplasie epiteliali dell’ovaio e dell’endometrio già diagnosticate o in fase di accertamento diagnostico differenziale in pazienti con imaging sospetto". |
Post n°83 pubblicato il 27 Settembre 2015
L’antidoto per evitare che la scissione tra percepito e reale sia troppo ampia e quindi “patologica” è la misurazione, la quantificazione statistica del rischio, che ad esempio dimostra quanto sia più probabile un incidente automobilistico rispetto al disastro aereo, a fronte della convinzione opposta della gente.Per stimare la propensione dei cittadini di una nazione a farsi idee che non collimano con i fatti è stato elaborato dagli inglesi l'Index of ignorance - http://www.huffingtonpost.it/2014/11/02/italia-prima-indice-ignoranza-ispos-mori_n_6089298.html - che vede il nostro paese al top planetario nella non commendevole classifica degli "ignoranti". Attorno ai farmaci generici si è realizzato negli ultimi anni un caso di studio relativo a queste dinamiche cognitive, individuali e sociali. La letteratura scientifica in proposito è concorde: da un decennio a questa parte sono stati condotti numerosi studi clinici a livello internazionale che hanno dimostrato in modo concorde la pari efficacia dei generici rispetto ai farmaci originali, i cosiddetti “griffati”. Ebbene, proprio a proposito dell’efficacia dei generici, la "percezione" della gente e di una parte consistente dei medici è di segno opposto, ovvero di scarso "beneficio" del farmaco generico rispetto a quello griffato. E’ ben vero che la componente soggettiva ed “affettiva” ha un ruolo piuttosto importante nella valutazione di efficacia, specie per i farmaci destinati a curare sintomi come dolore, ansia, insonnia etc.. Tuttavia talvolta sono stati segnalati problemi anche nel controllo di parametri clinici oggettivi, come pressione arteriosa, ritmo cardiaco etc.. che per loro natura possono essere verificati anche dal medico curante, al di la delle impressioni soggettive degli assistiti. Insomma sull’efficacia dei generici c’è in giro non poco scetticismo e diffidenza, nonostante la corposa dimostrazione oggettiva di pari efficacia, che allargano il fossato tra la percezione della gente e la realtà effettiva. Ora proprio recentemente è stata diffusa la clamorosa notizia del ritiro di ben 700 farmaci generici, disposta dall'EMEA, proprio per la presunta manipolazione delle prove cliniche a favore dei farmaci equivalenti, che evidentemente non erano poi così equivalenti (http://www.legalcorner.it/sentenze/%7BA5D4D3B0-3432-11E5-81B0-393038343031%7D). Una volta tanto quindi sono i fatti oggettivi che si incaricano di colmare la divaricazione rispetto alla percezione elaborata da una parte dei medici e degli assistiti, a dimostrazione che quel gap non era poi così soggettivo e campato in aria, come si poteva pensare sulla base di altre evidenze, evidentemente poco affidabili. Volkswagen docet! |
Post n°81 pubblicato il 21 Agosto 2015
Un
tempo nei paesi di campagna la gente si rivolgeva per piccoli acciacchi
fisici, in genere di natura ortopedica, alla guaritrce del posto dotata
di abilità manuali per rimettere a posto nervi o tendini "accavallati" e
quindi restituire il benessere. Molte sono ormai invecchiate e non
praticano più, ma alcune sono rimaste in campo ed hanno anche saputo
adeguare la loro metodologia all'evoluzione delle prassi mediche.
Ecco ad esempio gli esiti di alcune consultazioni di una guaritrice popolare ben nota in paese, alle prese con alcuni tipici problemi della MG, come riferiti da un collega in una lista di discussione medica.
Ecco ad esempio gli esiti di alcune consultazioni di una guaritrice popolare ben nota in paese, alle prese con alcuni tipici problemi della MG, come riferiti da un collega in una lista di discussione medica.
- "Doveva venire da me prima, ora faccio ciò che posso, intanto vada dal suo medico e si faccia fare una Risonanza e prenda : Voltaren e Soldesam forte 2 volte al giorno. Lasci un' offerta libera e vedrà che la guarirò! Ah dimenticavo: protegga anche lo stomaco, si faccia ordinare una....pompa, non ricordo come si chiama..!"
- "Ha mal di testa? Faccia subito, ma subito una TAC e si faccia mettere il bollino verde, il suo medico li ha...". "Non digerisce? Faccia un eco e meglio ancora una gastroscopia, non si sa mai!".
Anche a me è capitato
qualche anno fa un caso simile. Di fronte ad una caviglia tumefatta e
dolente, la signora che sistema i "tendini", aveva rinviato il paziente
al medico per fare una radiografia. In sostanza si era tutelata da un
possibile misconoscimento diagnostico, per la sottovalutazione di una
lesione ossea scambiata per semplice distorsione. L'episodio segnalava
un passo in avanti verso un approccio razionale e critico, per una
diagnosi di certezza (relativa, ovviamente) e non solo di presunzione.
La "guaritrice" dimostrava di aderire ad un impostazione (proto
)fallibilista, che parte dalla differenza tra realtà e rappresentazione,
tra mappa e territorio, per andare a verificare la fondatezza
dell'ipotesi diagnostica.
Nel caso in oggetto mi pare che la guaritrice nostrana faccia un'altro salto di qualità metodologica, in direzione di un approccio per problemi tipico della MG, che prende in considerazione un ventaglio di ipotesi diagnostiche per arrivare alla conferma di una di queste, dopo aver raccolto alcune informazioni di base per una valutazione probabilistica delle ipotesi stesse, seppur spannometrica. Gli esami che suggerisce segnalano un'ulteriore evoluzione metodologica: lo fa però in modo un po' rozzo applicando, in modo meccanico, lo schema se...allora (lombalgia=RMN della colonna, cefalea=TAC encefalo). Ma non c'e' da disperare, prima o poi anche l'approccio bayesiano fara' breccia nel suo (ancora) primitivo processo diagnostico.
Anzi, a ben vedere la guaritrice nostrana ha già adottato uno sguardo proto-bayesiano, perlomeno nel caso di dispepsia, funzionale alla sua strategia di approccio al problema. Grazie all'esperienza ha capito che il suo target ideale, i probabili responder alle sue tacniche curative, sono quei pazienti che hanno gia' provato di tutto, sia sul piano diagnostico che terapeutico. Sono i cosiddetti MUS (Medically Unenxplaned Symptom), ovvero gli sfortunati affetti da disturbi inspiegabili con gli accertamenti diagnostici usuali e ancor più difficili da trattare con l'armamentario farmacologico a disposizione del MMG.
Per cui di fronte ad un problema come la dispepsia si guarda bene dall'intervenire subito ed imposta un iter diagnostico differenziale tra le due ipotesi più probabili, ovvero dispepsia di origine epato-biliare piuttosto che gastroduedenale. Solo dopo aver escluso la natura organica del disturbo, da curare in modo specifico da parte del medico, avrà una sufficiente probabilità a priori di aver a che fare con un caso di MUS e potrà quindi sfoderare le sue armi terapeutiche con discreto successo, grazie al suo primo alleato ovvero l'effetto placebo.
E' proprio vero quello che annotava lo stagirita: "tutti gli uomini per loro natura tendono alla conoscenza". A quanto pare accede pure alle guaritrici nostrane e questa è una buona notizia! C'e' speranza se cio' accade anche nella bassa padana, per parafrasare un'altro motto celebre della pedagogia lombarda!
Nel caso in oggetto mi pare che la guaritrice nostrana faccia un'altro salto di qualità metodologica, in direzione di un approccio per problemi tipico della MG, che prende in considerazione un ventaglio di ipotesi diagnostiche per arrivare alla conferma di una di queste, dopo aver raccolto alcune informazioni di base per una valutazione probabilistica delle ipotesi stesse, seppur spannometrica. Gli esami che suggerisce segnalano un'ulteriore evoluzione metodologica: lo fa però in modo un po' rozzo applicando, in modo meccanico, lo schema se...allora (lombalgia=RMN della colonna, cefalea=TAC encefalo). Ma non c'e' da disperare, prima o poi anche l'approccio bayesiano fara' breccia nel suo (ancora) primitivo processo diagnostico.
Anzi, a ben vedere la guaritrice nostrana ha già adottato uno sguardo proto-bayesiano, perlomeno nel caso di dispepsia, funzionale alla sua strategia di approccio al problema. Grazie all'esperienza ha capito che il suo target ideale, i probabili responder alle sue tacniche curative, sono quei pazienti che hanno gia' provato di tutto, sia sul piano diagnostico che terapeutico. Sono i cosiddetti MUS (Medically Unenxplaned Symptom), ovvero gli sfortunati affetti da disturbi inspiegabili con gli accertamenti diagnostici usuali e ancor più difficili da trattare con l'armamentario farmacologico a disposizione del MMG.
Per cui di fronte ad un problema come la dispepsia si guarda bene dall'intervenire subito ed imposta un iter diagnostico differenziale tra le due ipotesi più probabili, ovvero dispepsia di origine epato-biliare piuttosto che gastroduedenale. Solo dopo aver escluso la natura organica del disturbo, da curare in modo specifico da parte del medico, avrà una sufficiente probabilità a priori di aver a che fare con un caso di MUS e potrà quindi sfoderare le sue armi terapeutiche con discreto successo, grazie al suo primo alleato ovvero l'effetto placebo.
E' proprio vero quello che annotava lo stagirita: "tutti gli uomini per loro natura tendono alla conoscenza". A quanto pare accede pure alle guaritrici nostrane e questa è una buona notizia! C'e' speranza se cio' accade anche nella bassa padana, per parafrasare un'altro motto celebre della pedagogia lombarda!
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