Tra le novità più significative della Legge 22/2021 sulla revisione del SSR lombardo vi è la costituzione della commissione per le cure primarie, incaricata “di predisporre annualmente linee guida, da sottoporre all’approvazione della Giunta regionale, relative alla presa in carico dei pazienti affetti da malattie croniche, nonché alla programmazione della formazione dei MMG e degli infermieri di famiglia e comunità”.
Con una delibera di fine aprile la giunta della Lombardia ha nominato i componenti della commissione – 14 MMG, 3 PLS, 2 infermieri e 2 dirigenti regionali - che a breve entrerà in attività. La scelta della Regione è innovativa e archivia di fatto la riforma del 2017, la Presa in Carico della cronicità e fragilità o PiC, arenata durante la pandemia per la fragilità del suo impianto che faceva leva sul quasi mercato interno, ispirato al New Public Management, e sulla managed competition ovvero la concorrenza verticale tra I e di II livello per compensare il deficit organizzativo delle cure primarie nella gestione della cronicità favorendo il passaggio dei pazienti dal MMG al Clinical Manager (CM) del Gestore ospedaliero, garanzia di maggiore efficacia ed efficienza organizzativa.
L’impatto del Covid-19 è stato particolarmente perturbante sulla filiera della cronicità, con 34 milioni di visite specialistiche non erogate nel 2021 e la paralisi della PiC prima maniera. La principale criticità della PiC lombarda è stata l’architettura informatica a silos che si è aggravata durante la pandemia per la proliferazione di piattaforme telematiche con ulteriori ricadute burocratiche sulla gestione ambulatoriale. Così nel 2022 si è avviata una nuova fase caratterizzata dal superamento del quasi mercato a favore di un nuovo ruolo dello stato: grazie alla sinergia tra norme centrali (Missione 6 del PNRR, DM 17 e ACN 2016-2018) e regionali (Legge 22/2021) si è aperta una finestra di opportunità per l’innovazione delle cure primarie in Lombardia, dopo un decennio di policy all’insegna della marginalizzazione.
La PiC si basava sulla concorrenza tra CM e MMG per la gestione dei cronici con rischi per l’integrazione e la continuità assistenziale. La maggioranza dei MMG pur non partecipando alla PiC ha curato i propri assistiti secondo le buone pratiche dei PDTA, mantenendo il rapporto di fiducia senza deleghe al CM specialistico. L’approccio olistico del MMG, grazie alla conoscenza della storia clinica, dell’ambiente familiare, sociale e lavorativo, degli stili di vita è garante della continuità delle cure nel singolo e nella popolazione per mantenere il buon compenso funzionale e prevenire l’aggravamento delle patologie.
Diverse esperienze locali hanno dimostrato che la MG è in grado di gestire proattivamente le fasi della cronicità, se adeguatamente supportata nell’organizzazione e con la consulenza specialistica, sia in presenza di fattori di asintomatici sia in caso di patologia conclamata (complicanze o danno d’organo da ipertensione e/o diabete tipo 2/dislipidemia, BPCO etc..); in entrambe le tipologie sono necessari interventi educazionali per modificare abitudini e stili di vita patogeni, prima ancora di cure farmacologiche e prestazioni specialistiche.
Di seguito si propongono alcuni spunti per la revisione della PiC, che ribadiscono la vocazione della MG alla cura globale dei pazienti cronici, mantenendo la centralità della persona e della relazione longitudinale, tipica della medicina di prossimità. I cardini per la ristrutturazione della PiC sono:
- le cure primarie si possono far carico delle patologie ad elevata prevalenza dell’area cardio-cerebro vascolare, metabolica e respiratoria per le quali sono già attivi i relativi PDTA: ipertensione arteriosa e diabete mellito, con le loro complicanze, scompenso cardiaco e fibrillazione atriale, insufficienza renale cronica, demenza, BPCO etc.;
- per questa coorte - il III livello della stratificazione epidemiologica ovvero 2 dei 3milioni di cronici lombardi - sarà sufficiente l’applicazione flessibile e personalizzata dei PDTA già attivi o da implementare con una formazione a tappeto per adattarli al contesto organizzativo dell’assistenza primaria, in particolare per la registrazione degli indicatori di processo ed esito previsti;
- per il monitoraggio degli indicatori basteranno le informazioni regolarmente registrate nei SW dei MMG previa interoperatività con i sistemi informativi regionali, onde evitare inutili ridondanze e ripetizioni di procedure;
- PAI e patto di cura saranno riservati ai pazienti complessi, pluripatologici, non autosufficienti etc. del II e soprattutto del I livello epidemiologico;
- sarà opportuno distinguere la dimensione clinica affidata al MMG singolo, integrato nella AFT o in una UCCP - salvo casi di formale passaggio in cura alle strutture specialistiche - da quella organizzativa, affidata al settore territoriale dell’ASST incaricata di coordinare assistenza specialistica, Case ed ospedali di Comunità, COT, assistenza domiciliare e ambulatori socio-sanitari territoriali.
La redazione del PAI e del Patto di Cura in caso di basso rischio cardio-cerebro-vascolare, in soggetti compensati, complianti alle cure e ai controlli, comporta un inappropriato spreco di risorse professionali ed organizzative, specie per la registrazione dei dati sulla infrastruttura informatica regionale. Nell’attuale fase di carenza di MMG, destinata a protrarsi nei prossimi anni, è impensabile estendere la compilazione del PAI al 25% della popolazione in carico, ovvero i cronici asintomatici portatori di semplici fattori di rischio, con una normale vita lavorativa e di relazione; comporterebbe un insostenibile aggravio di compiti per il MMG, specie se isolato e/o senza collaboratori. In un’ottica di appropriatezza organizzativa le risorse disponibili vanno indirizzate alla cura di quel 10% circa di pazienti appartenenti al II e soprattutto I livello della stratificazione epidemiologica.
Infine tre sono le conditio sine qua non per attuare una simile revisione della PiC in Lombardia
- la riduzione dei carichi burocratici e l’attuazione dell’interoperatività dei sistemi informatici, attingendo ai fondi del PNRR, senza la quale il percorso è destinato al fallimento sotto il peso di procedure insostenibili, come dimostra la sorte della PiC prima maniera;
- la collaborazione del personale di studio, segretariale e soprattutto infermieristico, con compiti di case manager nei casi più impegnativi;
- un investimento in formazione sul campo a piccoli gruppi, per la valutazione continua tra pari degli esiti, e in telemedicina, per concentrare sul territorio la tecnologia di base in alternativa al nosocomio.
Si tratta di un ambizioso cambio di paradigma che può far leva sulle potenziali risorse umane ed organizzative dell’assistenza primaria, attualmente soffocate da un accanimento burocratico centralista, da un ritardo normativo decennale e dall’abbandono del territorio per policy regionali caratterizzate da disinteresse e sfiducia preconcetta.
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