Quotidianamente la cronaca sanitaria offre
esempi di situazioni paradossali, al limite della schizofrenia, che ormai da
anni affliggono il nostro sistema di default. Ecco in sintesi quelli della scorsa
settimana.
1-Piemonte. Ottocento euro al medico
reclutato dalla cooperativa per il lavoro notturno in PS, 750 euro a chi fa il
turno diurno di dodici ore. L'azienda sanitaria di Chieri si è rivolta alla
cooperativa di medici Med-right, che ha vinto il bando, per coprire i turni
diurni e notturni rimasti privi di personale dipendente.
2-Campania. Incubo Pronto soccorso al
Cardarelli di Napoli: in arrivo dimissioni di 25 medici della prima linea
dell'ospedale in servizio al più grande pronto soccorso della Campania. I
medici sono pronti ad inviare alla direzione sanitaria dell'ospedale una
lettera di predimissioni per denunciare la mancanza di agibilità per un
intollerabile sovraffollamento del PS, che mette a rischio la sicurezza e la
capacità clinica, e l'assistenza ai pazienti.
In un ospedale del Nord non si trovano
medici dipendenti perché il lavoro in PS è tra i più stressanti, difficili e
rischiosi, tanto che si deve ricorrere ad agenzie esterne dai costi non
indifferenti; per le stesse motivazioni i medici del grande ospedale del sud
minacciano le dimissioni in massa per un insostenibile sovraffollamento mentre
in tutta la penisola si segnalano dimissioni dal servizio e concorsi per assunzioni
deserti. Una situazione nota da anni, ripetutamente segnalata di cui però non
si intravvede il termine della caduta verso il baratro della desertificazione
del servizio.
3- Italia. Trentaquattro milioni di visite
in meno nel 2021. L'eredità del Covid pesa ancora sull’offerta di prestazioni
specialistiche che non si è fatta sentire solo nel 2020, anno di un sostanziale
blocco delle visite, ma è continuata anche nel 2021. L'Agenas ha pubblicato i
dati 2021, dai quali si ricava che anche l'anno scorso il sistema non è
ripartito e ha erogato solo una prestazione specialistica su 2 richieste.
Una buona parte delle prescrizioni di visite
specialistiche inevase ha giocoforza preso la via dell’offerta libero-professionale.
Giustamente i commenti dei giornali, come quello a firma Minerva de La Repubblica, hanno sottolineato il fatto che in 13 regioni su 21, le
prestazioni a pagamento hanno superato del 100% quelle eseguite in area pubblica,
mentre in Campania per un ECG più visita cardiologica si è passati nel rapporto
fra libera professionale e visite in regime SSR dal 72% nel 2019 e al 206% nel
2020, il che significa che per una visita cardiologica eseguita nel canale
istituzionale ne sono state richieste due in intramoenia e senza contare quelle eseguite in sede privata extra ospedaliera. Un razionamento occulto ma di fatto che segnala la voragine creata tra domanda ed offerta di prestazioni
specialistiche con il blocco delle attività per l'emergenza Covid-19. Serviranno anni per colmare il gap: nel frattempo però la gente continua ad ammalarsi e si è rassegna alla visita “a pagamento” sempre disponibile, per quella che appare una
privatizzazione empirica ormai consolidata, alla faccia della retorica imperante sull’universalità ed
equità dell’accesso.
Come risolvere i problemi? Invece di sborsare
800€ a notte forse converrebbe rendere il lavoro meno difficile, stressante,
rischioso, magari rinnovando un contratto scaduto da 3 anni e 4 mesi e fors’anche
con indennità adeguate al carattere usurante del lavoro in PS, per incentivare
i giovani, altrimenti sarà sempre peggio per tutti e per gli ospedali sarà crisi
endemica. La medicina del territorio soffre di una analogo stato che però non
raggiunge le prime pagine delle TV con immagini eclatanti, perché la diffusa
carenza dei generalisti trova uno sbocco vicariante in una rete territoriale
sufficientemente ridondante per riassorbire il surplus di domanda, senza il
ricorso alla libera professione.
Di fronte a questi dati che dimostrano
quanto siano intrecciati i problemi a livello sistemico la tentazione della
semplificazione è sempre forte e talvolta prende la mano del commentatore del
grande quotidiano. Ecco quindi riaffacciarsi la narrazione che nel biennio
orribile del Covid ha contrappuntato i servizi giornalistici: sul banco degli
imputati vengono posti i medici di MG per il loro status libero professionale garantito
da una convenzione comprendente mansioni e (pochi) obblighi, che legittimerebbe
interessi personali a scapito dei pazienti, possibilmente da mettere in riga
con la dipendenza. Il tutto mentre nel 2021 è esplosa le spesa privata per visite
specialistiche, quella sì in regime di libero mercato puro, la convenzione
triennale della MG scaduta a fine 2018 è entrata in vigore alla fine di aprile
2022 e della successiva, anch’essa già terminata a fine 2021, si sono perse le
tracce. Non male per dei liberi professionisti che stando al Codice Civile
dovrebbero avere la massima autonomia nell’organizzazione del lavoro e nella
definizione dei propri compensi! In compenso da gennaio a fine aprile sono stati
registrati 11,8 milioni di casi di omicron seguiti con tutte le procedure
cliniche e burocratiche dai medici del territorio e solo in minima parte
ospedalizzati, per una media di 10mila ricoveri al dì e con un picco di 22mila
a fine gennaio.
Ma la narrazione mainstream non recede, imputando
implicitamente anche il sovraffollamento da codici bianchi al medico del
territorio e non ad esempio al deficit di offerta pubblica di visite
specialistiche, documentate da Agenas. Oppure al ben noto fenomeno del boarding
da tempo segnalato dal SIMEU: gli sfortunati cittadini che stazionano in
barella per ore e talvolta giorni nei PS non sono certo “pseudo” malati da codice
bianco, ansiosi per lievi o transitori disturbi, ma pazienti con pluripatologie
croniche complicate o scompensate che richiedono un ricovero per ulteriori
accertamenti e cure, in letti che sono stati nel frattempo eliminati dalle corsie.
Ecco quindi la code all’ “embargo” per una degenza ospedaliera sempre deficitaria
e il conseguente intasamento da collo di bottiglia del PS. La controprova è
arrivata da li a 24 ore anche al Cardarelli: una volta deviato il flusso eccedente
verso altra “imbarcazione” le telecamere del TG serale hanno documentato il
ritorno al fisiologico affollamento della sala d’attesa del nosocomio partenopeo.
Chissà se anche i cronisti avranno preso atto dei dati empirici che inficiano una narrazione riproposta in modo routinario ma ormai trita e lisa come un vestito troppo messo. Il problema italiano è squisitamente cognitivo: un deficit di definizione del problema e di programmazione razionale per una carente percezione, valutazione e interpretazione della realtà, con il conseguente vuoto decisionale che lascia incancrenire i problemi stessi, generando paradossi e ricadute organizzative su punti caldi o anelli deboli. O forse, come sostengono altri, era tutto previsto e messo nel conto di una privatizzazione prima "strisciante" ed ora palese?
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